Parchi della Basilicata
  1. Parco Nazionale del Pollino
Data: 28 Gennaio 2017
Regione e provincia: Basilicata,Potenza
Località di partenza: Rifugio Tellus Mater 1310 m
Località di arrivo: Timpa Corvo 1880 m
Grado di difficoltà: AD;55°,un pass. a 75° e uno a 90 non obblig. o III - 2 -(AI)
Descrizione delle difficoltà: Alle condizioni trovate da noi difficoltà a proteggere la via a causa della neve poco portante,un solo albero per attrezzare una buona sosta a parte un chiodo da roccia messo al primo tiro,fittoni e piccozze alla meno peggio per rinviare e sostare.
Periodo consigliato: ambiente innevato
Dislivello in salita: 600 m
Quota massima: 1880 m.
Accesso stradale: Uscita Lauria N (SA-RC) Seguire indicazioni per Castelsaraceno,poi girare al bivio per Carbone.Dopo qualche Km svoltare per il rifugio.

Descrizione
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Trascorsa l’ondata di freddo polare e le copiose nevicate del mese di Gennaio è finalmente tempo di tentare una salita alpinistica su ghiaccio. Purtroppo dopo la neve è arrivata anche tanta pioggia che l’ha un po’ “lavata”, specialmente nei versanti a sud. A nord invece i canali non hanno ancora svalangato e nell’ampio ventaglio di possibilità la scelta cade su Monte Alpi. Il suo culmine di 1900 m. non lo rende elevato come le cime maggiori del Pollino e questo vuol dire località di partenza raggiungibili e presenza di un manto nevoso contenuto.
Delle numerose vie presenti sulla Nord tra Santa Croce e Timpa Corvo avevamo scelto Titanic, elegante, lineare e impegnativa quanto basta, secondo la relazione. Alla fine però rivedendo la traccia gpx registrata mi rendo conto che quella realizzata non è Titanic ma una via più a sinistra, intrapresa per aver impegnato un attacco molto vicino ma diverso. Capita infatti che quando osservi la montagna da lontano, le creste, i canaloni e le vie sono più evidenti. Quando invece sei alla base della parete tra un dedalo di roccioni, anfratti e passaggi vari può essere facile sbagliarsi. Pensando forse di aver aperto una via nuova mi consulto con un alpinista pugliese, autore della guida “Sud Verticale” il quale mi dice che invece abbiamo fatto Hansel&Gretel e questo è l’antefatto.
Sabato 28 Gennaio. Insieme al mio compagno di cordata Pasquale partiamo alla volta di Castelsaraceno e deviando infine al bivio per Carbone all’altezza di un complesso di ripetitori telefonici raggiungiamo il rifugio Tellus Mater. Qualche chilometro prima troviamo strada ghiacciata e uno spalaneve in azione che ci facilita il raggiungimento della località di partenza. Il rifugio grava purtroppo in un pietoso stato di abbandono, ma da queste parti non è una novità. Subito dopo il rifugio dove si spiega la parete Nord di Monte Alpi parte una pista che in un’ora e mezza conduce alla Neviera. Si tratta del famoso fosso-canalone base di partenza di tutte le vie di ghiaccio-misto di quel versante. Di queste ne cito alcune fatte da me in passato quali “Coitus Interruptus”, due volte “Solco Dritto” e la “Via del Corvo”, oltre la Normale della Neviera sempre in discesa. Durante la marcia notiamo le tracce di una coppia di lupi tra cui un grosso maschio, impronte di capriolo e scoiattolo che si rincorrono.
Giunti alla Neviera, scendiamo sul fondo e percorriamo in salita qualche centinaio di metri procedendo su accumuli di neve abbondante e superando alcuni salti, finchè sulla destra si apre un corridoio nel bosco. A questo punto bisogna deviare risalendo un pendio di neve fino a raggiungere la base della parete. Quì traversiamo nettamente a sinistra il nevaio a 45°che si stende sotto le rocce puntando a uno sperone dietro il quale parte una forretta ostruita da un albero. A destra d’essa invece si sviluppa un bel canalino che costeggiando lo spallone roccioso descrive una S. Questo sarà il nostro attacco.
Facendo sosta a un albero sotto le rocce parto io affrontando la rampa a 50,55° piantando un fittone nella neve e più su un chiodo da roccia in parete. Purtroppo mi rendo conto da subito che la via è difficilmente proteggibile perché la neve non sufficientemente portante impedisce di attrezzare delle buone soste con le piccozze e di utilizzare fittoni che tengano bene. Comunque proseguo per circa una quarantina di metri e mi accorgo di non avere sufficiente corda ad arrivare all’albero in alto in corrispondenza di una fascia rocciosa per fare sicura.
Allora faccio sosta alla meno peggio su un rametto che spunta dalla neve e che mi sembra abbastanza robusto. Recupero Pasquale fino a raggiungere il chiodo, per la lunghezza sufficiente che occorre a me per arrivare con il tiro successivo all’albero in alto. Qui mi scivola anche un guanto che mi ero tolto per scattare qualche foto, ripreso per fortuna dal mio compagno. Che sofferenza però fare il tiro successivo a mano nuda nella neve. L’albero in alto sorge su una paretina di roccia e ghiaccio che bisogna vincere superando con le piccozze il risalto a 75°. La neve risulta però crostosa e questo mi costringe ad aiutarmi anche a forza di braccia sui rami dell’albero per superare l’intrico ma alla fine gli vado sopra. Per attrezzare la sosta sul tronco con una fettuccia devo scendere di qualche passo lavorando in una posizione quasi impossibile.
Tocca poi a Pasquale che nella sua progressione trova grossi problemi a superare l’ostacolo per via del passaggio “rovinato” da me. Di conseguenza si va a ingarbugliare fra i rami dell’albero ma alla fine ne esce fuori continuando in alto e fermandosi in un punto più comodo. Questa volta parto io da secondo e per raggiungerlo evito volutamente il passaggio più facile (si fa per dire), un breve pendio a 70°. Leggermente a destra affronto invece un risalto di misto a 90° bello tosto. Gesto più che altro gratuito che si poteva anche evitare.
A questo punto sembra che le difficoltà maggiori siano terminate perché davanti a noi si para una rampa a 55,60° senza problemi apparenti sormontata da una successiva fascia rocciosa ghiacciata. Invece questo sarà il passaggio più delicato. Infatti vado io da primo in progressione abbastanza tranquilla cercando un punto per attrezzare una sosta. Ho quasi esaurito tutta la lunghezza della corda ma gli esigui affioramenti rocciosi che incontro non sono adatti a piantare chiodi. Inoltre la neve in questo punto è poco compatta per infilare qualche fittone sicuro e le picche non tengono bene.
Non mi resta che scavare una buca nella neve per stare comodo e ben piantato con i ramponi lasciando lo spazio anche per raccogliere la corda. Posiziono le piccozze a monte della buca e vi faccio passare un cordino. Da qui recupero il compagno che mi raggiunge e successivamente prosegue sopra di me apprestandosi ad affrontare la fascia ghiacciata di rocce, ma il superamento del salto risulta molto complicato e rischioso.
Nel frattempo io sto in ansia perché la sosta dove sono posizionato è alquanto precaria e Pasquale non trova il bandolo della matassa. Allora decide di fare un traverso delicato verso destra puntando un altro gruppo di rocce dietro le quali pare ci sia un corridoio più tranquillo. Alla fine trova il passaggio, ma tanto per cambiare non riesce a mettere un fittone sempre per colpa della neve crostosa.
Un pò spazientito dalla situazione troppo statica smonto tutto e lo raggiungo dopo aver recuperato la corda e faccio un altro tiro fino a trovare un punto in cui la neve più compatta, sembra dare garanzie maggiori. Prendo le mie piccozze e questa volta le pianto bene attrezzando una sosta veramente sicura. Recupero il compagno e proseguiamo tranquillamente in conserva dirigendoci verso la spettacolare cresta ghiacciata della Via del Corvo dove le pendenze si abbattono a 35° circa e le difficoltà sostenute sono finalmente e definitivamente terminate.
Mentre facciamo un po’di foto alla cresta ricoperta di spettacolari cornici che danno alle rocce delle sembianze antropomorfe, una coppia sopraggiunge dalla Neviera guadagnando prima la cima di Timpa Corvo e poi Santa Croce. Il panorama da questa vetta è mozzafiato sul lontano massiccio del Pollino verso sud-est mentre più ravvicinate sorgono Monte La Spina e Zaccana con il lago Cogliandrino che occhieggia adagiato nella valle del fiume Sinni. A Ovest troneggia il mastodontico Monte Sirino, un altro gigante di 2000 metri e a nord spicca Monte Raparo.
Ora in attesa che le condizioni migliorino ulteriormente sperando di trovare neve compatta e portante incameriamo questa bella e delicata uscita su una delle montagne del Appennino Meridionale che sa regalare sempre grandi emozioni ed enormi soddisfazioni.
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complimenti, stupenda....e che innevamento! a proposito, mi sorge il dubbio che, senza saperlo, siamo amici su facebook (o abbiamo amici in comune), dato che i giorni scorsi ho visto le foto di una medesima scalata sul M.Alpi
 
complimenti, stupenda....e che innevamento! a proposito, mi sorge il dubbio che, senza saperlo, siamo amici su facebook (o abbiamo amici in comune), dato che i giorni scorsi ho visto le foto di una medesima scalata sul M.Alpi
Io su facebook non ci sono.Probabilmente o ti sei imbattuto in quello del mio compagno o in quello di Mimmo un altro mio amico che dopo due giorni ha fatto un'altra via più a sinistra.Su quel versante ce ne stanno molte.
 
A
Data: 28 Gennaio 2017
Regione e provincia: Basilicata,Potenza
Località di partenza: Rifugio Tellus Mater 1310 m
Località di arrivo: Timpa Corvo 1880 m
Grado di difficoltà: AD;55°,un pass. a 75° e uno a 90 non obblig. o III - 2 -(AI)
Descrizione delle difficoltà: Alle condizioni trovate da noi difficoltà a proteggere la via a causa della neve poco portante,un solo albero per attrezzare una buona sosta a parte un chiodo da roccia messo al primo tiro,fittoni e piccozze alla meno peggio per rinviare e sostare.
Periodo consigliato: ambiente innevato
Dislivello in salita: 600 m
Quota massima: 1880 m.
Accesso stradale: Uscita Lauria N (SA-RC) Seguire indicazioni per Castelsaraceno,poi girare al bivio per Carbone.Dopo qualche Km svoltare per il rifugio.

Descrizione
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Trascorsa l’ondata di freddo polare e le copiose nevicate del mese di Gennaio è finalmente tempo di tentare una salita alpinistica su ghiaccio. Purtroppo dopo la neve è arrivata anche tanta pioggia che l’ha un po’ “lavata”, specialmente nei versanti a sud. A nord invece i canali non hanno ancora svalangato e nell’ampio ventaglio di possibilità la scelta cade su Monte Alpi. Il suo culmine di 1900 m. non lo rende elevato come le cime maggiori del Pollino e questo vuol dire località di partenza raggiungibili e presenza di un manto nevoso contenuto.
Delle numerose vie presenti sulla Nord tra Santa Croce e Timpa Corvo avevamo scelto Titanic, elegante, lineare e impegnativa quanto basta, secondo la relazione. Alla fine però rivedendo la traccia gpx registrata mi rendo conto che quella realizzata non è Titanic ma una via più a sinistra, intrapresa per aver impegnato un attacco molto vicino ma diverso. Capita infatti che quando osservi la montagna da lontano, le creste, i canaloni e le vie sono più evidenti. Quando invece sei alla base della parete tra un dedalo di roccioni, anfratti e passaggi vari può essere facile sbagliarsi. Pensando forse di aver aperto una via nuova mi consulto con un alpinista pugliese, autore della guida “Sud Verticale” il quale mi dice che invece abbiamo fatto Hansel&Gretel e questo è l’antefatto.
Sabato 28 Gennaio. Insieme al mio compagno di cordata Pasquale partiamo alla volta di Castelsaraceno e deviando infine al bivio per Carbone all’altezza di un complesso di ripetitori telefonici raggiungiamo il rifugio Tellus Mater. Qualche chilometro prima troviamo strada ghiacciata e uno spalaneve in azione che ci facilita il raggiungimento della località di partenza. Il rifugio grava purtroppo in un pietoso stato di abbandono, ma da queste parti non è una novità. Subito dopo il rifugio dove si spiega la parete Nord di Monte Alpi parte una pista che in un’ora e mezza conduce alla Neviera. Si tratta del famoso fosso-canalone base di partenza di tutte le vie di ghiaccio-misto di quel versante. Di queste ne cito alcune fatte da me in passato quali “Coitus Interruptus”, due volte “Solco Dritto” e la “Via del Corvo”, oltre la Normale della Neviera sempre in discesa. Durante la marcia notiamo le tracce di una coppia di lupi tra cui un grosso maschio, impronte di capriolo e scoiattolo che si rincorrono.
Giunti alla Neviera, scendiamo sul fondo e percorriamo in salita qualche centinaio di metri procedendo su accumuli di neve abbondante e superando alcuni salti, finchè sulla destra si apre un corridoio nel bosco. A questo punto bisogna deviare risalendo un pendio di neve fino a raggiungere la base della parete. Quì traversiamo nettamente a sinistra il nevaio a 45°che si stende sotto le rocce puntando a uno sperone dietro il quale parte una forretta ostruita da un albero. A destra d’essa invece si sviluppa un bel canalino che costeggiando lo spallone roccioso descrive una S. Questo sarà il nostro attacco.
Facendo sosta a un albero sotto le rocce parto io affrontando la rampa a 50,55° piantando un fittone nella neve e più su un chiodo da roccia in parete. Purtroppo mi rendo conto da subito che la via è difficilmente proteggibile perché la neve non sufficientemente portante impedisce di attrezzare delle buone soste con le piccozze e di utilizzare fittoni che tengano bene. Comunque proseguo per circa una quarantina di metri e mi accorgo di non avere sufficiente corda ad arrivare all’albero in alto in corrispondenza di una fascia rocciosa per fare sicura.
Allora faccio sosta alla meno peggio su un rametto che spunta dalla neve e che mi sembra abbastanza robusto. Recupero Pasquale fino a raggiungere il chiodo, per la lunghezza sufficiente che occorre a me per arrivare con il tiro successivo all’albero in alto. Qui mi scivola anche un guanto che mi ero tolto per scattare qualche foto, ripreso per fortuna dal mio compagno. Che sofferenza però fare il tiro successivo a mano nuda nella neve. L’albero in alto sorge su una paretina di roccia e ghiaccio che bisogna vincere superando con le piccozze il risalto a 75°. La neve risulta però crostosa e questo mi costringe ad aiutarmi anche a forza di braccia sui rami dell’albero per superare l’intrico ma alla fine gli vado sopra. Per attrezzare la sosta sul tronco con una fettuccia devo scendere di qualche passo lavorando in una posizione quasi impossibile.
Tocca poi a Pasquale che nella sua progressione trova grossi problemi a superare l’ostacolo per via del passaggio “rovinato” da me. Di conseguenza si va a ingarbugliare fra i rami dell’albero ma alla fine ne esce fuori continuando in alto e fermandosi in un punto più comodo. Questa volta parto io da secondo e per raggiungerlo evito volutamente il passaggio più facile (si fa per dire), un breve pendio a 70°. Leggermente a destra affronto invece un risalto di misto a 90° bello tosto. Gesto più che altro gratuito che si poteva anche evitare.
A questo punto sembra che le difficoltà maggiori siano terminate perché davanti a noi si para una rampa a 55,60° senza problemi apparenti sormontata da una successiva fascia rocciosa ghiacciata. Invece questo sarà il passaggio più delicato. Infatti vado io da primo in progressione abbastanza tranquilla cercando un punto per attrezzare una sosta. Ho quasi esaurito tutta la lunghezza della corda ma gli esigui affioramenti rocciosi che incontro non sono adatti a piantare chiodi. Inoltre la neve in questo punto è poco compatta per infilare qualche fittone sicuro e le picche non tengono bene.
Non mi resta che scavare una buca nella neve per stare comodo e ben piantato con i ramponi lasciando lo spazio anche per raccogliere la corda. Posiziono le piccozze a monte della buca e vi faccio passare un cordino. Da qui recupero il compagno che mi raggiunge e successivamente prosegue sopra di me apprestandosi ad affrontare la fascia ghiacciata di rocce, ma il superamento del salto risulta molto complicato e rischioso.
Nel frattempo io sto in ansia perché la sosta dove sono posizionato è alquanto precaria e Pasquale non trova il bandolo della matassa. Allora decide di fare un traverso delicato verso destra puntando un altro gruppo di rocce dietro le quali pare ci sia un corridoio più tranquillo. Alla fine trova il passaggio, ma tanto per cambiare non riesce a mettere un fittone sempre per colpa della neve crostosa.
Un pò spazientito dalla situazione troppo statica smonto tutto e lo raggiungo dopo aver recuperato la corda e faccio un altro tiro fino a trovare un punto in cui la neve più compatta, sembra dare garanzie maggiori. Prendo le mie piccozze e questa volta le pianto bene attrezzando una sosta veramente sicura. Recupero il compagno e proseguiamo tranquillamente in conserva dirigendoci verso la spettacolare cresta ghiacciata della Via del Corvo dove le pendenze si abbattono a 35° circa e le difficoltà sostenute sono finalmente e definitivamente terminate.
Mentre facciamo un po’di foto alla cresta ricoperta di spettacolari cornici che danno alle rocce delle sembianze antropomorfe, una coppia sopraggiunge dalla Neviera guadagnando prima la cima di Timpa Corvo e poi Santa Croce. Il panorama da questa vetta è mozzafiato sul lontano massiccio del Pollino verso sud-est mentre più ravvicinate sorgono Monte La Spina e Zaccana con il lago Cogliandrino che occhieggia adagiato nella valle del fiume Sinni. A Ovest troneggia il mastodontico Monte Sirino, un altro gigante di 2000 metri e a nord spicca Monte Raparo.
Ora in attesa che le condizioni migliorino ulteriormente sperando di trovare neve compatta e portante incameriamo questa bella e delicata uscita su una delle montagne del Appennino Meridionale che sa regalare sempre grandi emozioni ed enormi soddisfazioni.
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Azz... chapeau! Scusa i francesismi...
 
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