Escursione Monte Aquila: bellezza,imprevisto,dolore e determinazione

Parchi d'Abruzzo
  1. Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Data: Martedì 26 novembre.
Percorso: Dal piazzale di Campo Imperatore al Rifugio Duca degli Abruzzi, per la cresta fino alla Sella di Monte Aquila , Monte Aquila , Sella e sentiero della via estiva fino al piazzale.
Grado di difficoltà: EAI+ A in due Tratti.
Difficoltà incontrate: tornare alla macchina, e anche guidare fino in ospedale, con una caviglia distorta malamente.
Dislivello circa 500 metri scarsi e quota maggiore Monte Aquila.

Descrizione:
ho provato tante volte a raccontare questa avventura e poi cancellato tutto o fermato senza saper come continuare per ore, giorni. Mi piace illudermi di, o, avere la sensazione di portare con me chi legge e provare insieme le stesse intense e belle emozioni di una escursione, ma stavolta è diverso perché le sensazioni sono di dolore e mi frena parecchio lasciare un brutto ricordo o magari un’emozione spiacevole. Il lieto fine è sempre assicurato se sono qui a scrivere, ma avrei preferito raccontarvi un’uscita più contemplativa, divertente e solitaria, ma in montagna, metafora della vita, non va sempre tutto liscio ed eccomi qui a riprovare a scrivere.
Ho voglia di neve, di panorami dipinti con tutte le sfumature del bianco e del blu, guardo in alto verso il rifugio e penso che tra poco sarò accontentato, cosi che Linda è già di corsa verso il Duca, le gambe volano, e scintillano anche le lame ai piedi sull’ultimo tratto. La giornata è magnifica, il sole specchia potente su distese di avorio a Campo Pericoli, qualche anima si aggira sulla Portella e vedo un gruppetto di uomini “cordati” tra loro che sale verso Monte Aquila. Attrezzo un the caldo e guardo titubante la traccia battuta che porta alla Sella di Monte Aquila. Mentre sorseggio il the un escursionista senza ramponi si dirige verso la Sella e cosi allungo la pausa contemplativa per vedere se torna indietro o riesce senza attrezzi, il ragazzo è saggio e torna indietro su altre lunghissime vie (il pomeriggio l’ho visto sulla statale del vasto che tornava a piedi verso il piazzale di Campo Imperatore).
E’ ancora presto quando mi incammino per provare anch’io ma con le lame ai piedi. La traccia è battuta di fresco, la cresta appare vetrata in punta, sulla sinistra scorgo pietre affioranti dalla scarsa neve e sulla destra almeno un metro di neve morbida e difficile. Avrei quasi preferito una traccia in punta sul ghiaccio, invece vedo che decine di persone hanno lasciato scritto i loro passi, come ad Hollywood, a mezzacosta sul versante Aquilano, probabilmente è stata la cordata vista in salita e che ora traversa verso il piazzale senza ripassare da qui per scambiare qualche parere sulla neve. Dopo un bel po’ di tempo sono tutto solo in escursione, l’ambiente si fa alpinistico e le gambe affondano fino alle cosce in qualche pedata. Sudo copioso non solo per l’assolatissima giornata, ma anche perché un errore sarebbe fatale con i soli bastoncini e poi vado contro una delle mie regole per escursioni solitarie in ambienti innevati o luoghi sconosciuti, ossia se non vedi nessuno neanche da lontano tornare indietro o esplorare angoli più semplici di montagna. Finalmente qualcuno sale dall’altro sentiero ma la tensione e l’attenzione sono al massimo in questi 50 passi, lentissimi, i cui provo l’appoggio con estrema cautela e soggezione dell’essere soli, la paura di andare giù insieme a questo mucchio di neve si fa sentire anche se la traccia è già sperimentata e ben battuta. Batte forte il petto fin su le tempie, la via finalmente diventa dura e morde sotto i ramponi, mentre l’animo si fa morbido, leggero e divertito di galleggiare “sull’acqua”.
La discesa la vedo proprio bene adesso, la neve è portante e camminare con i ramponi è un piacere che avevo quasi dimenticato. Lo stesso sentiero, dove in estate schivo sassi, è diventato liscio e morbido come una moquette di patine fritte. Si! Patatine fritte! Sembra questo il rumore gioioso che ho sotto gli scarponi. Perso tra le mie metafore condite di un po’ di fame, incontro l’altro solitario armato di anche di doppia piccozza, corda e imbraco. Mauro, di Roma, guida alpina sui trent'anni, sgambetta veloce e dalla sua imbracatura e doppia piccozza sono curioso di sapere se ha in mente qualcosa di particolare. Intavoliamo una rapida discussione ironica sulla condizione fisica legata all'età per giustificare sorridendo i miei affanni, e gli indico scherzosamente un terzo solitario che dovrebbe avere la sua età visto che vola letteralmente sopra la neve. Si presenta, chiedendo se va tutto bene, visto che mi reggo accasciato ai bastoni per riprendere fiato (in autunno ho fatto pochissime uscite e si sente quassù), e aggiunge qualche battutina sul cane e alcune zone del parco, al che gli indico una scondinzolante Linda e gli dico di spiegare direttamente a lei, ma che al Piazzale non sentiva ragioni se non la portavo sulla neve. Mi affianca e dice che oggi con gli sci mi sarei divertito e chiede se avessi rinnovato e fatto il corso di una sigla che ricordo tipo sciogli lingua, infine mi ribattezza e capisco che ha sbagliato persona. Mi fermo, sfilo gli occhiali e alzo il mio cappello di paglia per mostrarmi e presentarmi: “credo che mi hai confuso per qualcun altro, io mi chiamo Leonardo e vengo da Teramo, piacere”. Un po’ sbigottito Giuseppe: “non ci credo, ma sei uguale al mio amico di Morro d’Oro, aspetta che ti devo fare una foto”, e io: “mi vuoi far credere che il tuo amico va in giro per creste innevate con ramponi, una lupa e un cappello di paglia peruviano?”. In effetti la somiglianza era stata attribuita più che altro per la voce, l’accento, senza sapere di chi fosse il cane tra me e Mauro, e, a quanto pare, anche una notevole somiglianza fisica e del viso. Qualche risata, ancora qualche chiacchiera e si riparte.
Io e Mauro riprendiamo insieme la via per Monte Aquila, mentre Giuseppe evapora nel bianco verso la zona della direttissima. Mattinata veramente magnifica e Mauro comincia ad adocchiare qualche canale dove scendere con due piccozze. La salita procede bene adesso, non ho più affanni e le gambe sembrano finalmente leggere e toniche. Lo scenario sulla prima salita è invitante per una foto ricordo, così chiedo a Mauro se me ne fa una con il mio telefono insieme a Linda. Fatta la foto, sul tratto in falso appena sopra, il fotografo mi restituisce il telefono ma salta dalla tasca il suo e mi sfila davanti. Prendo a correre di puro istinto, senza pensare, salto per cercare di frenare il cellulare con i piedi, ma ho i ramponi e per non fracassarlo cambio l’appoggio al ultimo istante e frano con tutto il corpo sopra la caviglia, la punta del piede finisce per un attimo al posto del tacco e un tonfo da sacco di patate finisce sul ghiaccio dove scivolo in basso per un paio di metri insieme al telefono bloccato per caso da un ginocchio anch’esso in mal posizione. Rimango a terra e mi metto in ginocchio quasi in posizione da preghiera. Prego per non essermi fatto male ma un dolore intenso comincia a salire dal basso. Mauro si avvicina ignaro a tirarmi su ma gli dico con la testa bassa sulle ginocchia che credo di essermi fatto tanto male, ma sto talmente tranquillo in apparenza che quasi non mi crede, soprattutto quando mi alzo e guardando la croce a venti metri di salita e un rettilineo esclamo: “non è possibile!”,” è la seconda volta che Monte Aquila mi ferma prima della vetta ma stavolta sto così vicino che salgo anche solo di mani se serve”. La guida mi guarda perplessa e preoccupata perché vede che ingaggio l’ultima salita in uno strano andare zigzagando per non appoggiare le punte che non mi reggono, mi chiede un paio di volte se me la sento e poi si arrende alla mia rabbiosa determinazione. Per tranquillizzarlo gli dico che questa breve salita non mi preoccupa e che probabilmente frenare in discesa sarà il vero problema, comunque alla croce levo lo scarpone e valuto cosa fare e lo stato della caviglia, per adesso sono ancora “caldo” e non tocco nulla. Morde forte la caviglia, ogni volta che metto il peso sulla pianta, o peggio sulla punta, del piede sento un cappio di filo spinato che stringe, mi aiuto tanto con i bastoni e cerco di mettere il peso solo sul tallone, le fitte sono più sopportabili. La salita è finita, sono di nuovo in affanno, zoppicante, dolorante, nervoso, preoccupato e afflitto, ma tra me e la croce di vetta rimane solo un bel rettilineo panoramico, cosi riaffiora anche un mezzo sorriso e la voglia di fare un’altra foto che chiedo di nuovo a Mauro, il quale si inventa un altro e identico imprevisto. Stessa tasca e stesso telefono che guizza fuori e scivola avanti alla mia completa immobilità e disapprovazione stavolta, puntando sempre più veloce verso Campo Imperatore. Il mio sorriso svanisce dietro una smorfia di insofferenza al pensiero di una caviglia slogata per un telefono che sarebbe comunque volato via, perché riposto nella stessa tasca. Forse non dovrei ma sono arrabbiato e intavolo un discorso assurdo e verosimile su quanto sono importanti i telefoni per la vita di oggi e sui ricordi o numeri che contiene, sul probabile perché, così d’istinto, mi sono buttato dietro. Sono confuso su cosa sto provando, sentimenti ed emozioni opposte combattono, decido di invitarlo ad andare pure, di provare a recuperare il telefono scendendo da un canale che aveva già puntato in salita. Insisto dicendo che, oltre che cavarmela, gli farò degli squilli quando lo vedo in zona sotto di noi e di darmi sempre un occhio fino al piazzale. Mauro si butta in discesa e io mi siedo alla croce con le mani che tremano di paura a slacciare le stringhe di scarpe e ramponi.
Orrore! La caviglia è davvero gonfia e livida sul malleolo esterno, cosi rimetto i calzettoni pieni di neve a far da ghiaccio, il freddo improvviso è come una forte martellata sulla tutta la gamba sinistra, un grido echeggia in aria tutto il mio dolore. Con il ghiaccio, difatti, sembra come avessi fatto scattare una tagliola per Grizzly e le sue lame gelate sembrano infilarsi fino al cervello con scosse di dolore e panico. Una brezza gelata mi taglia la faccia, il panorama è magnifico ma troppo instabile da mettere a fuoco: tremo come una foglia, è ora di ripartire. Stringo fortissimo lo scarpone sinistro cosi da bloccare il più possibile la caviglia e sembra di avere un chiodo conficcato nell’osso. Non so che fare e sono anche solo per aver semi-cacciato pure una guida di montagna, a cui avevo lasciato comunque detto, invano perché poi è andato via, di seguirmi con lo sguardo fino al piazzale. Dovrei chiamare i soccorsi? Tanti pensieri mi frenano a farlo in primis la mia Linda con l’elicottero. Al tramonto mancano ancora quattr’ore abbondanti e per una discesa innevata, in condizioni normali, da massimo un’ora dovrei farcela senza ritrovarmi al buio freddo della notte. Dolore e determinazione di portare le gambe a un pronto soccorso mi accompagnano in quella che si presenta la discesa più difficile affrontata finora. Alla sella provo a salire verso il rifugio ma alla prima spinta sinistra il piede cede e vado di muso sulla neve che soffoca le mie imprecazioni. Decido di affrontare la seconda, passatemi il termine volgare, cazzata di oggi e scendere dal traverso, ripidissimo nel primo tratto serpeggiante, che poi volge direttamente e rapido verso l’albergo di Campo Imperatore, ma sono senza piccozza dimenticata a casa. Accorcio i bastoni e smonto le aureole cosi da usarli come paletti su cui reggersi tra un passo e l’altro, sudo freddo se guardo sotto questi primi metri di neve abbondante. Riesco ad usare solo la gamba destra per frenare a valle e un bastone o due per far presa a monte, a volte devo procedere come un gambero in pericolo: di lato o girato indietro. Impiego più di un’ora solo per questo breve tratto, molto ripido e che serpeggia con tornanti molto adrenalinici. Linda mi guarda molto strano perché impreco e mi faccio ramanzine continue per essere senza piccozza e caschetto spero, cosi che mi entrino ben in testa per la prossima uscita invernale. Finalmente il terreno torna agevole e meno tecnico e sono stremato dalla tensione emotiva, e dal dolore, non ho neanche pranzato e la pancia reclama una pausa calorica. Tiro fuori il mio panino, Mauro è sparito dalla vista e molto probabilmente è sua la macchina che sta andando via. Linda non mi ha mollato un cm per tutta la via del ritorno, si vede che è preoccupata e appena mi siedo viene a leccarmi il naso per tirarmi su il morale, può sembrare un gesto di poco conto e invece vi assicuro che i suoi occhi sono sempre di grande incoraggiamento e danno forza e visioni più profonde delle situazioni. Tutto sommato me la sto cavando egregiamente in una situazione che se fosse capitata in altri orari non avrei potuto affrontare senza chiamare soccorsi, non sono ancora a casa e sono ancora in mezzo ai ghiacci ma il tratto più tecnico e pauroso è alle spalle. Se non fosse per la poca neve comunque, il traverso dove sono adesso non sarebbe neanche praticabile credo, per cui non è ancora ora di arrendermi, solo un po’ di riposo.
Cerco anche di rilassarmi un attimo con del the caldo e una fumatina ma la mia ombra si è fatta troppo lunga per indugiare ancora. Il dolore non mi lascia in pace, anzi peggiora, ma la vista del mio furgone adesso rincuora parecchio e la rabbia provata finora lascia il passo a gioia e gratitudine per il Monte Aquila che, oltre a lasciarmi comunque tornare a casa sulle mie gambe senza aver infierito di meteo, mi ha lasciato insegnamenti molto preziosi e uno molto banale: non si corre con i ramponi ai piedi e che si fottano tutti i telefoni del mondo. Un infortunio per un gesto fatto senza pensare e di solo istinto poteva costare di più di una distorsione, che, anche se ad oggi ancora non risolvo completamente, poteva costare qualcosa di assai più serio. Rimane il lieto fine ma è stata una gran brutta avventura tornare a casa, avventura che spero di evitare assolutamente in futuro: buona montagna a tutti.
 

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...da non credere.....situazione tragicomica:cry::cry:.Spero che non incontri più questa guida,o almeno non chiedergli più di farti una foto.:lol::lol:.A parte tutto sono contento che sei in fase di pieno recupero e,come dici nel racconto,il fatto che hai scritto vuol dire che anche il morale è più in alto.Augurissimi per una totale guarigione........Non per infierire ma l'unica volta che ho raggiunto Monte Aquila è stato proprio per sbaglio,in una giornata con un nebbione che non si vedeva a 10 metri,invece di prendere per la direttissima ci siamo d'un tratto trovati davanti la croce con la tabella:"benvenuti su Monte Aquila".
 
...da non credere.....situazione tragicomica:cry::cry:.Spero che non incontri più questa guida,o almeno non chiedergli più di farti una foto.:lol::lol:.A parte tutto sono contento che sei in fase di pieno recupero e,come dici nel racconto,il fatto che hai scritto vuol dire che anche il morale è più in alto.Augurissimi per una totale guarigione........Non per infierire ma l'unica volta che ho raggiunto Monte Aquila è stato proprio per sbaglio,in una giornata con un nebbione che non si vedeva a 10 metri,invece di prendere per la direttissima ci siamo d'un tratto trovati davanti la croce con la tabella:"benvenuti su Monte Aquila".
Ahahah al contrario! Lo incontrerò prima o poi perché mi deve una birra che io ho già mezzo barattato per farmi da guida per qualche meta che non saprei fare solo con le mie conoscenze, penso a Corno Piccolo o qualche canale classico e panoramico invernale ... Mai usato un imbraco da ferrata tipo, anche perché la mia compagna preferita(Linda) la dovrei lasciare a casa. Il telefono tramite un app trovatelefono è stato ritrovato di notte perché Mauro ci è tornato con un amico andato a prendere a Roma. Mi ha chiamato e non si aspettava che fossi andato al pronto soccorso e che stavo con la caviglia "steccata". Ci è rimasto male perché non aveva capito l'entità dell'infortunio, e stupito probabilmente perché mi ha visto arrivare fino alla croce e non sono volati elicotteri nel pomeriggio. Sicuro non aiuta a capirmi il fatto che quando sono spaventato non traspiro nessuna emozione e concentro tutta l'attenzione al da farsi attimo per attimo, il rumore di tendini e ossa quando so andato per terra e poi quando ho tolto lo scarpone sono stati due momenti in cui mi sono spaventato parecchio. Comunque al telefono ho percepito che si è sentito un po' in colpa ed è uscita la storia della birra in debito. Grazie per gli auguri.
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Grazie per aver condiviso.
Grazie per la lettura
 
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Che avventura caro @Leo da solo. Meno male che sei sulla via della guarigione e anche che vi siete chiariti con quel Mauro, anche se non me la sento di addossargli tutta la colpa. Tu sei come me e immagino che non conoscendoti non gli sia stato facile interpretare i tuo segnali di sofferenza, perfettamente dissimulati dalla voglia di arrivare in cima. Bisogna anche aggiungere che questi smartphone sono una sorta di saponette, pronte a sgusciare via in ogni momento.
Un abbraccio
 
Che avventura caro @Leo da solo. Meno male che sei sulla via della guarigione e anche che vi siete chiariti con quel Mauro, anche se non me la sento di addossargli tutta la colpa. Tu sei come me e immagino che non conoscendoti non gli sia stato facile interpretare i tuo segnali di sofferenza, perfettamente dissimulati dalla voglia di arrivare in cima. Bisogna anche aggiungere che questi smartphone sono una sorta di saponette, pronte a sgusciare via in ogni momento.
Un abbraccio
Si infatti non è tutta sua la colpa, io non ho fatto trasparire nulla per arrivare in cima. Poi, la seconda volta avevo anche visto che sbagliava di nuovo tasca e stavo quasi per dirglielo ma poi ho visto che il suo imbraco gli finiva sopra e fermava... Invece camminando è stato proprio la fascia sullingiunw a spingere da sotto il telefono che guizza. Aveva una tasca dedicata sul petto ma per due volte non la usata ed è andata così. Se non fossi riuscito per niente a camminare di sicuro non sarebbe andato via, tanto che è rimasto molto stupito che fossi stato al PS. Certo se mi fossi ricordato della ripidita' del traverso sotto la sella gli avrei detto di rimanere ed aiutarmi con una delle sue piccozze, inoltre coi tempi per il buio ci stavo abbastanza tranquillo anche se ho allungato più del previsto. Per la guarigione ho ancora molti doloretti dopo una decina di km e ho una risonanza da ritirare per vederci meglio e mettere mano anche al tendine d'Achille già problematico da un po'. Per chiudere con una nota positiva: l'inerzia forzata mi ha fatto riprendere dopo anni i pennelli in mano e ho fatto un po' di quadri che mi piacciono molto e appeso per casa, tra cui un Gran Sasso spatolato.
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ahiaaaaaaaaa!!! doloreeeee, comunque spero che ora sia passato tutto!!!
Ho ricominciato a fare qualcosa, tutto bene, grazie.
Grazie del report e complimenti :)
Grazie
 
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