Escursione Monte Bregagno 2/da Dongo - Lario Occidentale - Lago di Como

Data: 06/08/14
Regione e provincia: Lombardia - Como
Località di partenza: Dongo
Località di arrivo: Breglia - Plesio
Tempo di percorrenza: 9 ore
Chilometri: 18
Grado di difficoltà: E-EE
Descrizione delle difficoltà: scarsa segnaletica da Dongo
Periodo consigliato: giugno-ottobre
Segnaletica: scarsa
Dislivello in salita: 1900
Dislivello in discesa: 1150
Quota massima: 2107


Descrizione

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Se la salita al Bregagno da Breglia è la cosiddetta “classica”, quella da Dongo possiamo chiamarla “sconosciuta” visto che non la fa praticamente nessuno; probabilmente anche perché – non essendo un anello – bisogna coordinarsi con i mezzi pubblici.
Eppure può essere fatta anche arrivando in treno da Milano, perché si compie in sole 9 ore circa.

L'idea di salire dal versante nord del panettone Bregagnotto mi era venuta una ventina d'anni addietro, quando non esistevano Google maps o GPS.
In fondo come Colombo aveva deciso di raggiungere le Indie all'incontrario, non vedevo perché non potevo fare lo stesso in miniatura.
Guardando e riguardando la carta Kompass, mi sembrava fosse una cosa fattibilissima in giornata, anche se non c'erano chiari sentieri per arrivare dal basso fino al costone settentrionale.
Non tenni conto che Colombo andò incontro anche a un mare di guai...

Comunque alla fine decisi di salire partendo da Garzeno e passando da Tegano.
Eravamo in ottobre, immersi da alcuni giorni in una bolla d'aria calda africana, con temperature praticamente estive.
Arrivato a Garzeno, chiesi informazioni a un'anziana contadina del luogo; lei sì che conosceva i sentieri – pensai – mica come i giovani di allora che usavano la macchina e non andavano più in montagna!
“Sì sì, va bene di qui” mi disse, “vedrai che trovi i sentieri per salire verso il Bregagno”.
Ed infatti, grazie anche alle mie grandi capacità di orientamento, mi trovai dopo un'oretta ad arrampicarmi lentamente su uno dei prati “verticali” che caratterizzano queste zone, con le ultime tracce di sentiero perse da un po'. Comunque da allora presi molto più con le pinze le informazioni viarie degli abitanti...

La salita in quelle condizioni procedeva quindi molto lentamente, facendo saltare la tabella di marcia, finché non trovai un bel sentiero che cominciai a percorrere; però andava poco più che orizzontalmente e non avevo idea di dove esattamente mi trovassi.
Per fortuna incontrai un pastore al quale chiesi se mi poteva indicare la strada per il Bregagno.
La prima cosa che mi disse fu “ma vai in giro da solo in montagna?”. Al che volevo rispondergli “già perché tu sei scortato dal settimo cavalleggeri”, guardando il cagnolino che lo seguiva. Meno male che mi venne in mente il celebre “boccaccia mia statti zitta” di Provolino, altrimenti probabilmente sarei ancora su a girare.

Dopo un'oretta di cammino al traino del pastore, questi andò da un'altra parte, indicandomi la strada da percorrere per raggiungere il Bregagno.
Ormai era tardi, ed essendo ottobre – pur con l'ora legale – alle 6 e mezza sarebbe diventato buio.

Purtroppo il sentiero era più che altro una traccia e spesso si perdeva, e quando finalmente raggiunsi quello che mi sembrava il costone del Bregagno, realizzai che non sarei mai arrivato a Breglia prima che facesse buio.
Vedevo infatti salire la linea del sole sempre più sulle montagne di fronte. Non avendo dietro la pila, si prospettava l'idea di passare la notte all'addiaccio.
In sé nulla di realmente preoccupante, vista la temperatura quasi estiva; al massimo, se mi fosse venuto intorno un gregge di capre mentre dormivo sul prato, mi avrebbero fatto viaggiare sul tetto del bus il giorno dopo; il problema era che – non vedendomi tornare – da casa avrebbero lanciato l'allarme e già vedevo il giorno dopo il titolo sul giornale locale: “escursionista sprovveduto disperso sui monti lariani”.

Decisi allora di tentare di raggiungere una mandria di mucche che vedevo in basso, dato che sentivo la voce di un pastore, ma, a causa dell'alta erba secca, era quasi impossibile scendere velocemente senza scivolare a ripetizione; quindi la percorsi come se fossi su uno slittino (ma senza slittino...), sperando di non centrare qualche sasso.
L'idea funzionò e arrivai abbastanza rapidamente in fondo, solo che il pastore – dato che era tardi - si stava velocemente allontanando, richiamando le mucche a suon di fischi.

Non avevo la pila, ma il fischietto sì! Così cominciai a fischiare a tutta forza per richiamare la sua attenzione; solo che richiamavo l'attenzione anche delle mucche, che quindi tendevano a tornare indietro.
Visto quanto stava succedendo, il pastore cominciò a guardarsi in giro cercando chi fosse quella testa di raperonzolo (per restare in ambito floralpinistico) che gli scompigliava la mandria.

Alla fine mi inquadrò e potei chiedergli (a debita distanza, perché un cartone sul naso poteva anche starci) se c'era una strada lì vicino.
Fortunatamente c'era e c'era anche una casa abitata!
Mentre stavo arrivando, vidi però partire una macchina; naturalmente erano gli abitanti e la casa così era vuota.
Quanto meno ero sulla strada e – visto che c'era il plenilunio – sarei prima o poi riuscito a raggiungere il lago e ad avvisrare a casa. Almeno la gogna mediatica era evitata.

Restava il problema di dove passare la notte, se non fossi arrivato a Llago entro tre quarti d'ora per prendere l'ultimo bus.
Sebbene non avessi mai provato, ritenni che fosse assolutamente necessario tentare di chiedere un passaggio, se fosse passato qualcuno.

Il primo a passare fu... un trattore, su cui ovviamente il guidatore non poteva farmi salire, ma mi disse che in una mezz'oretta a piedi sarei arrivato.
Vedendo quanto era più in basso il lago, dubitai molto che lui fosse mai andato in giro a piedi su quelle strade.

Passò finalmente un'auto e ritentai, sperando di non trovare qualche mattoide. Fui fortunato e arrivai a lago in venti minuti (di macchina!), giusto in tempo per avvisare da una cabina che avevo semplicemente perso il bus e che sarei arrivato a casa un po' tardi con l'ultima corsa che stava per passare...

Quest'anno, con Google maps e dotato di GPS (e di una frontale), oltre che di un considerevole numero di anni in più, decido che è ora di ritentare la salita da Nord.
Mi studio per bene il percorso e stabilisco di partire da Dongo, raggiungere Tegano e da lì salire fino lungo la dorsale.

Durante il viaggio si passa davanti alla caratteristica sagoma del campanile di Ossuccio, risalente al Medioevo, scopiazzata (malamente assai) dai progettisti della torre Velasca a Milano.

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Ed eccoci arrivati a Dongo. Naturalmente in mezzo alle viuzze il GPS non funziona e io mi sono perso immediatamente, finendo in un vicolo cieco.

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Peraltro molto ben decorato, come vedete.

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Dopo un po' trovo finalmente la via per salire; giornata serena ma con un po' di foschia. Mi accorgo che ho lasciato a casa le bacchette. Amen, in fondo fino a un paio d'anni fa non le usavo, anche se adesso mi sembrano quasi indispensabili.

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Arrivato a questo punto la scorciatoia sembra terminare.

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Penso di trovarne un'altra,

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ma ben presto ho a che fare con l'efficiente manutenzione dei sentieri in queste aree.

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Però so che sopra deve passare per forza la sterrata ed infatti arrivo qui. Adesso so che avrei dovuto andare a sinistra, però allora temevo di finire in una zona esposta perché rocciosa, quindi proseguo a destra per andare verso Tegano, come visto in cartina;

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la strada è abbastanza suggestiva;

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dopo un po' si trasforma in sentiero; sentiero caratterizzato da una valanga di ragnatele; per fortuna i proprietari non hanno scoperto chi ero, altrimenti una class-action per danneggiamento multiplo aggravato non me la toglieva nessuno.

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Questi sono gli unici funghi commestibili che sono in grado di trovare i "cecati" come me.

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Come capite da questo segnale, tutti si sbagliavano e andavano a destra.

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Il sentiero termina su una strada di campagna immersa nel verde.

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Ecco apparire dall'altra parte della vallata Garzeno.

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La strada prosegue.

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Un "sassolino" per il divertimento dei climber.

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La grande piovosità di quest'estate ha fatto esplodere la vegetazione, divenuta brillantissima, come vedete.

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Date le condizioni del traliccio, non si capisce se il pericolo fosse dato dalla scossa oppure del rischio che ne arrivasse un pezzo in testa...

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Ecco un altro scorcio "brilliant".

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La strada termina a questo check point ben pattugliato; da qui comincia un sentierino.

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La vita all'aperto ha anche lati poco gradevoli; lì la coda non arriva....

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Il sentierino termina con questo ponticello; dato che la staccionata pareva robusta come un cracker, l'attraversamento del ponticello - da "vertiginoso" - l'ho dovuto fare col paraocchi "a mani".

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Ed eccoci di nuovo su una strada che comincia lentamente a salire a zig zag,

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fino a raggiungere un gruppo di casupole alquanto maltenute, come potete vedere. E da qui dove si va?

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Guardo allora sul GPS e scopro che secondo la cartina caricata, ci dovevano essere solo prati e boschi senza alcun sentiero né abitazioni. In pratica dopo Catasco non risultava nulla. Passi per le strade che paiono essere abbastanza nuove, ma le costruzioni erano tipicamente rurali, quindi presenti da chissà quanti decenni...

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Vabbé, mi rassegno ad andare nuovamente a naso.
Nonostante fosse agosto, non c'era nessuno cui chiedere la direzione da prendere, tranne questo tizio che però mi guardava altezzosamente dall'alto in basso....

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Riesco a individuare una scalinata che termina a uno spiazzo, dove trovo un soggetto decisamente più socievole a cui chiedo qual era la direzione giusta per andare in cima al Bregagno.

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Prenda questo sentiero buon uomo; e veda di andare piano perché oggi picchia il sole e lei è già anzianotto. Oggi sono di servizio al cinosoccorso e se schiatta mi tocca pure fare gli straordinari per venire a raccattarla su per il Bregagno.

Ma vedi di raccattare le pulci tue, vedi, cinomenagramm de l'ostrega.

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Pensavo di aver finalmente preso il sentiero definitivo, invece anche questo arriva a un altro gruppo di case scalcinate; scalcinato appare anche il gatto.

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In una piazzola trovo questa indicazione, che però riguarda due località di fondovalle.

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Prendo la strada di sinistra che arriva nuovamente su una carrozzabile e dopo un lungo zig zag arrivo finalmente in vista della dorsale da cui si può salire al Bregagno.

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Per arrivare là però bisognava perdere un mucchio di tempo ed allora penso di prendere un sentierino che speravo salisse in maniera decisa. Invece dopo un po' mi rendo conto che va soltanto all'interno della valle.
A questo punto decido di salire il costone passando per il prato.

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Dalla parte opposta della valle la catena del monte Cortafòn.

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Continuo a salire in mezzo ai prati verdissimi.

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All'interno dei valloni scorrono ruscelli molto gradevoli.

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Salendo ho qualche preoccupazione per il possibile incontro in mezzo all'erba (abbastanza alta) di vipere, specie se imbesuite come quella della Val Camedo.

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Sali e sali, appare anche il lago.

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Particolare del Sasso Tegano.

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E appaiono anche le montagne dell'alto lago.

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ecco la valle Albano, con l'omonimo monte in mezzo; ben più alte a destra appaiono la Cima di Cugn e il Monte Marmontana.

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Arrivato a questa fonte;

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Si vede un bel sentiero che si inoltra nella valle.

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Decido di prenderlo nella direzione opposta per ricongiungermi alla dorsale principale.

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Ammetto di essere stato tentato di fermarmi in questo tripudio di verde e di passare il resto della giornata a guardare prati e ruscelli. Ma la relazione che avrei fatto su Avventurosamente sarebbe finita indecorosamente qua, sai che figura… quindi si va avanti.


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Al termine arrivo finalmente sulla direttissima per il Bregagno. Sono già le due del pomeriggio e viaggio con un'ora di ritardo.

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Ormai però si intravvede la vetta.

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Mentre camminando lungo il prato non ho trovato per fortuna nessun serpente, lungo questo sentiero mi vedo arrivare a tutta velocità un biacco che sfreccia a pochi centimetri dal piede.

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Ormai siamo ad una quota abbastanza elevata, il Cortafòn appare in basso e dietro di lui si vede la parte alta della Val di Mugiam

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Ed eccoci in prossimità della cima, anche se ci vuole un'altra mezz'oretta per superare questi ultimi tratti.

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Poco prima dell'arrivo, incontro un altro gruppo di pecore in cerca di pastore come quelle della bocchetta di Breghecc. Dato che la maschera da lupo cattivo non fa alcun effetto allontanatorio essendo ormai tutta ciancicata, adotto la soluzione finale: aspetto che si avvicinino e zac, gli sparo davanti al muso il ricettario di suor Germana, provocando un immediato fuggi-fuggi.

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Ormai è fatta, la croce di vetta è ben visibile.

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In basso a destra l'Alpe Palù; purtroppo la foschia nasconde un po' il paesaggio e si sta anche coprendo il cielo.

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Un bel cespo di aconito vicino alla vetta.

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Questa pecora è isolata perché, come vedete, ha le zampe storte e vederla camminare faceva veramente molta pena.

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Eccomi arrivato, e non ho dovuto chiamare il cinosoccorso!

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Sto per fare la foto di vetta quando sbuca improvvisamente madame.

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Une photo de moi s'il vous plaît!
Mais certainement madame.
Ici, très bien,
et voilà!

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Discendendo, appare la biforcazione del lago,

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e il lungo costone del Bregagno.

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Alla fine si raggiunge l'alpe (a destra) presso Sant'Amate.

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Ed ecco qui le mucche per il riposino pomeridiano. Quest'anno però ho una novità, ho appena comprato e scaricato l'avveniristica app "talk with cows", prodotta dalla Michigan University, in collaborazione con l'Università di Tor Vergata, per la lettura labiale nei bovini di montagna.

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Punto l'obiettivo verso questa che mi sbircia e chiacchiera con la vicina; sicuramente mi avrà riconosciuto! Sono proprio curioso di sentire cosa dice la cara mucchina.

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Dopo una breve elaborazione, l'app temina il suo lavoro di traduzione e così si sente uscire dal cellulare una voce dallo spiccato accento anglo-romanesco:
a riecche 'sto vecchio babbione! Ma che c'ha sempre da fotografà? Ignoriamolo ragazze, altrimenti questo non ce lo togliamo più dagli zoccoli!
Natualmente ho chiesto l'immediato rimborso di questa app PALESEMENTE DIFETTATA.

Comunque è tardi e devo per forza “scrollarmi dagli zoccoli” (razza di cafona...) per non perdere l'ultimo bus da Breglia utile per andare a Como.

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Se arrivate a Sant'Amate prima delle tre e mezza (non è il mio caso visto che avevo sbagliato giro) potete passare dal rifugio Menaggio senza perdere l'ultimo bus.

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Le prossime foto sono quindi di un altro giro fatto in passato (con meno foschia).

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Si procede sulla cresta per andare verso la Grona.

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Il paesaggio dai due lati come vedete è sempre splendido: di fronte Bellano e in basso Acquaseria.

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Ecco avvicinarsi la Grona,

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ma si prende il sentierino che va in basso, poco prima di salire verso la vetta.

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La Grigna settentrionale sembra un po' un transatlantico.

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Il sentierino scende rapidamente.

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Per capirci, visti dal pianoro del ripetitore, stiamo costeggiando i roccioni sulla sinistra.

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Siamo praticamente arrivati al rifugio Menaggio, sullo sfondo l'abitato di Menaggio.

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La lunga discesa da Sant'Amate.

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Sguardo da poco sopra il rifugio; per chi avesse solo mezza giornata, consiglio di fare il giro Breglia, Sant'Amate, rifugio Menaggio, Breglia; come vedete, i panorami sono comunque interessanti, basta prendere la giornata giusta. Nei festivi ovviamente troverete un po' di gente.

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Una lucertola alquanto distratta; poco mancava che la schiacciassi con la mano appoggiandomi a un sasso mentre scendevo.

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Ed eccoci arrivati a Breglia con i suoi giardinetti curati, questo in particolare.

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Il settecentesco Santuario della Madonna di Breglia.

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Al ritorno prendo l'aliscafo al posto del bus, così arrivo un bel po' prima.

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Ed eccomi a casa; beh, quasi...

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E con l'ottantanovesima foto si conclude anche questo giro. Il prossimo sarà il percorso sulla “cordigliera” del Bregagno fino a cime Pianchette e San Bartolomeo Val Cavargna.

Ciao a tutti.

Roberto
 
Ultima modifica:
In effetti i paesaggi sono ancora di prim'ordine, nonostante l'impegno delle amministrazioni rivierasche per deturpare il paesaggio pur di far cassetta con gli oneri di urbanizzazione; questo un bell'esempio della foga costruttiva a Moltrasio (ma ce ne sono a bizzeffe).
Nuove costruzioni perfettamente armonizzate con il contesto....
Ciao
Roberto

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