Dati
Data: 18/06/2015
Regione e provincia: Lombardia - Como
Località di partenza: Gravedona
Località di arrivo: Dosso del Liro
Tempo di percorrenza: 14 ore
Chilometri: 28
Grado di difficoltà: E - EE
Descrizione delle difficoltà: assenza di segnali
Periodo consigliato: fine maggio-agosto
Segnaletica: questa sconosciuta
Dislivello in salita: 2.300
Dislivello in discesa: 1.700
Quota massima: 2.520
Tracciato gps: http://www.avventurosamente.it/xf/pagine/mappa/?do=downloadgpx&id=7536
Descrizione
Non puoi farcela in giornata.
Questo il saggio ammonimento di un giovane e capace escursionista altolariano. Ma, essendo giovane, non poteva certo sapere quello su cui concordano tutti i manuali di geriatria: è praticamente impossibile far cambiare idea a un vecchio babbione quando si fissa su qualcosa. Nel mio caso, la salita al monte Cardinello dal lago e ritorno fino a Dosso del Liro senza fermarsi al rifugio Vincino.
E così il 18 giugno il bus della linea C10 Como-Colico mi scodella alle 7.30 a Gravedona. Cominciamo male, salto la fermata giusta e perdo un quarto d'ora per tornare indietro a piedi (come si vede nel tracciato).
Il monte Cardinello con i suoi 2520 m è il secondo per altezza della provincia di Como, di 15 m più basso del Piz Cavregasco.
Però a differenza di quest'ultimo, ha la cima tondeggiante, quindi posso salirci anch'io
Ovviamente si tratta di una gita alquanto lunga per cui va fatta nel periodo di massima durata diurna per non farsi cogliere dal buio sulla via del ritorno.
Però in estate la cima, quando c'è il sole, dopo mezzogiorno spesso è coperta dalle nubi, bisogna quindi azzeccare la giornata "giusta".
Per il 18 si prevedeva nuvolosità alta stratificata per correnti da Nord, sole in gran parte nascosto, ma abbastanza luminoso.
In effetti la nuvolosità appare un po' più spessa del previsto, come vedete.
Comunque la pioggia era esclusa e tanto bastava: ecco là in mezzo la "capa tonda" del Cardinello.
Il verde di giugno è peraltro lo stesso brillantissimo e debordante.
Tagliando in mezzo al bosco su un sentiero ormai in disuso arrivo a Vincino, dove incontro una delle povere vittime della passione cavallerizza di Giuliano Ferrara…
Da Vincino parte sentiero per la valle di Camedo o Fiumello; il cielo si schiarisce un po'
Questi boschi in estate - quanto a rigogliosità - non hanno niente da invidiare alle foreste pluviali.
Questo ponte appare bello robusto, ma lo strapiombo sottostante, qualora durante l'inverno si fosse danneggiato, fa sempre incrociare le dita.
E durante l'inverno il sentiero perde anche pezzi…
A un certo punto esce deciso il sole.
E al termine del bosco ecco spuntare il fondovalle.
Il sentiero, subito dopo i ruderi dell'alpe Pian Pozzona, preannuncia, aprendosi, che ormai siamo all'imbocco della valle. Quanto siano belli questi angoli prevallivi lo lascio constatare voi.
Ed eccoci all'entrata di questo piccolo Eden, di cui avevo già postato delle foto.
Il sentierino e tutto tappezzato di verde...
... e scorre in mezzo a una variopinta composizione di piccoli arbusti.
Perché è un po' difficile portarlo via "zaino in spalla", altrimenti se lo esponessi in una mostra di arte contemporanea, questo pietrone che sembra pieno di volti e figure grandi e piccole mi renderebbe ricchissimo.
Ancora un pezzetto di sentiero…
... e siamo all'Alpe Camedo.
Subito dietro il quale ci sono questi roccioni; io non dormirei molto tranquillo vivendo nell'alpe.
Uno sguardo verso l'imbocco della valle...
... e uno verso l'agognata meta là in fondo. Il tempo è improvvisamente migliorato, anche se quei cirri indicano che subito dietro, lungo le Alpi ci sono i nuvoloni previsti a Nord.
Qui è improbabile morire disidratati...
Sembra di essere a due passi dalla cima, ma in realtà ci vogliono ancora ore.
Salendo a sinistra, si va verso il passo di Camedo, ancora alla sua sinistra la punta di Valstorna.
Qui in primo piano.
Più in là, varie cime.
Il sentiero costantemente tagliato da ruscelli ...
... suggestivi, come questo che scorre su una lastra di pietra, ma anche pericolosetti per la scivolosità.
Una bella Dactylorhiza.
Sali e sali, finalmente ci si avvicina al punto di attacco finale, caratterizzato da una curva alla Fujiyama (beh, forse il paragone è un po' azzardato)
Siore e siori, ecco a voi Monsieur Cardinello!
Effettivamente non è particolarmente fotogenico, ma il nome suona bene; più fotogenica ma al contrario più prosaica la dirimpettaia Cima dello Stagn.
Ormai siamo quasi ai ruderi dell'alpe Paina.
Di fronte, il blocco della Gana Rossa.
Si passano i ruderi e si comincia l'ultimo pezzo.
Il lato Est del Cardinello e un suo particolare.
Finalmente, eccomi arrivato alla base; il cielo si ingrigisce un po'.
Poco prima un paio di fioriture: un bel gruppo di Pinguicole, che tuttavia non sembrano aver catturato molti insetti; in quella di mezzo passeggia una lumaca, ben più appiccicosa delle loro foglie.
E un bel gruppetto di genziane.
Il cielo si ingrigisce ancora, mentre un corvo (almeno tale mi sembrava fosse) faceva lo "Spirito Santo", anche se per poco.
Mentre sto salendo l'ultimo pezzetto prima della bocchetta e… NOOOOO, LA NEBBIA NOOOO!!!
Decido di salire comunque: a costo di soffiarla via spolmonandomi, non le avrei permesso di rovinarmi una gita preparata da mesi. E infatti si dilegua rapidamente cosicché posso arrivare alla bocchetta di Caurit e vedere il versante Nord: sorpresa, nel versante svizzero c'è ancora parecchia neve e come vedete da lì arrivavano le nuvole.
Verso sud invece il cielo appariva sgombro.
Ma appena un po' di sole riesce a passare, il paesaggio si ravviva: questo è il pizzo Paglia e il suo attendente Sass Mogn, entrambi in territorio elvetico.
Comincia a vedersi la serie di pinnacoli che scendono verso il sasso della Guardia; sullo sfondo, innevato, si erge con i suoi quasi 2800 metri, il Pizzo di Claro.
Ecco il dolce declivio finale.
L'ampia testata della valle di Grono.
Beh, insomma, sarà anche dolce, ma con la saccarina però.
Una di queste è la cima del Pappagallo.
.
Per una volta, l'alta via dei monti Lariani posso guardarla io dall'alto.
Ancora pochi passi e...
Finalmente la cima: era ora! In effetti lo spettacolo non è male. A sinistra la Svizzera, a destra l'Italia, scegliete voi cosa preferite.
Verso Nordest, la valle del Dosso o di Mugiam e in mezzo alla foto il Piz Cavregasco, che ha soffiato per 15 metri lo scettro comasco al Cardinello.
A Est, la cresta della Scatta, che termina alla cima dell'Orso; subito dietro il Monte Duria e sullo sfondo la Valtellina.
A Sud il lago di Como in mezzo alla foschia; si intravede la Grigna.
A ovest il resto della catena dei Muncech, che dalla Ganda Rossa prosegue verso il Marmontana e si conclude sullo sfondo con la catena che dal pizzo di Gino arriva a sinistra fino al Monte Bregagno.
È ora di tornare perché ormai sono le 15. Ripercorro a memoria il tratto percorso e quindi sbaglio il punto di discesa, come si vede nell'immagine; finisco in mezzo a delle roccette giusto pochi metri prima di arrivare alla base. Devo mettere il piede su una roccia un po' stretta, però lungi da me l'idea di risalire e scendere dall'altra parte! Anzitutto la recensione delle scarpe della Sportiva, che avevo acquistato da poco, affermava che avevano una scolpitura della suola con ottima presa, poi mentre salivo avevo visto che il cellulare prendeva ma soprattutto se fossi caduto mi sarei rotto sicuramente qualcosa per cui - secondo le nuove normative regionali - non avrei dovuto pagare niente per l'elisoccorso!!! Tengo ben raggiungibile il marsupio con il cellulare e parto.
La recensione si è dimostrata esatta e la presa non è stata una "presa per il naso", per cui sono arrivato sano e salvo in fondo. Invece mi sono accorto che a non pendere lì era il cellulare, prendeva un po' più in basso. Benedetta la Sportiva....
Il lento scendere del sole e il susseguirsi di nuvole di vario genere hanno creato paesaggi da cartolina.
Uno sguardo indietro e poi via al trotto fino a Vincino.
Ecco il Dosso Bello: si vede in cima il piccolo intaglio che mi ha impedito (e impedirà) di arrivare fino in cima, visto che in caso di scivolata difficilmente resterà un osso intero per poter chiamare i soccorsi tramite cellulare.
Uno sguardo a Piaghedo e poi giù fino al ponte di Vincino. È curioso come l'irrazionalità possa prendere il sopravvento. Sapevo benissimo che è più probabile che la Santanché si faccia suora di clausura (povere consorelle) piuttosto che lì ci sia qualche malintenzionato alle 20:30 di un giorno feriale, tanto meno che vi siano cinghiali con i cuccioli o quant'altro, eppure è incredibile il disagio che provo passando in quel punto nel fondovalle, tra cespugli ed erbe alte.
Comunque sono sopravvissuto e un'ora dopo arrivavo all'agriturismo La Fonte di Mariella, base di partenza o arrivo per le esplorazioni più lunghe della Val di Mugiam.
Il giorno dopo, prima di prendere il bus di ritorno, un giretto per Gravedona, di cui potete vedere un curioso angolo.
Ciao
Roberto
Data: 18/06/2015
Regione e provincia: Lombardia - Como
Località di partenza: Gravedona
Località di arrivo: Dosso del Liro
Tempo di percorrenza: 14 ore
Chilometri: 28
Grado di difficoltà: E - EE
Descrizione delle difficoltà: assenza di segnali
Periodo consigliato: fine maggio-agosto
Segnaletica: questa sconosciuta
Dislivello in salita: 2.300
Dislivello in discesa: 1.700
Quota massima: 2.520
Tracciato gps: http://www.avventurosamente.it/xf/pagine/mappa/?do=downloadgpx&id=7536
Descrizione
Non puoi farcela in giornata.
Questo il saggio ammonimento di un giovane e capace escursionista altolariano. Ma, essendo giovane, non poteva certo sapere quello su cui concordano tutti i manuali di geriatria: è praticamente impossibile far cambiare idea a un vecchio babbione quando si fissa su qualcosa. Nel mio caso, la salita al monte Cardinello dal lago e ritorno fino a Dosso del Liro senza fermarsi al rifugio Vincino.
E così il 18 giugno il bus della linea C10 Como-Colico mi scodella alle 7.30 a Gravedona. Cominciamo male, salto la fermata giusta e perdo un quarto d'ora per tornare indietro a piedi (come si vede nel tracciato).
Il monte Cardinello con i suoi 2520 m è il secondo per altezza della provincia di Como, di 15 m più basso del Piz Cavregasco.
Però a differenza di quest'ultimo, ha la cima tondeggiante, quindi posso salirci anch'io
Ovviamente si tratta di una gita alquanto lunga per cui va fatta nel periodo di massima durata diurna per non farsi cogliere dal buio sulla via del ritorno.
Però in estate la cima, quando c'è il sole, dopo mezzogiorno spesso è coperta dalle nubi, bisogna quindi azzeccare la giornata "giusta".
Per il 18 si prevedeva nuvolosità alta stratificata per correnti da Nord, sole in gran parte nascosto, ma abbastanza luminoso.
In effetti la nuvolosità appare un po' più spessa del previsto, come vedete.
Comunque la pioggia era esclusa e tanto bastava: ecco là in mezzo la "capa tonda" del Cardinello.
Il verde di giugno è peraltro lo stesso brillantissimo e debordante.
Tagliando in mezzo al bosco su un sentiero ormai in disuso arrivo a Vincino, dove incontro una delle povere vittime della passione cavallerizza di Giuliano Ferrara…
Da Vincino parte sentiero per la valle di Camedo o Fiumello; il cielo si schiarisce un po'
Questi boschi in estate - quanto a rigogliosità - non hanno niente da invidiare alle foreste pluviali.
Questo ponte appare bello robusto, ma lo strapiombo sottostante, qualora durante l'inverno si fosse danneggiato, fa sempre incrociare le dita.
E durante l'inverno il sentiero perde anche pezzi…
A un certo punto esce deciso il sole.
E al termine del bosco ecco spuntare il fondovalle.
Il sentiero, subito dopo i ruderi dell'alpe Pian Pozzona, preannuncia, aprendosi, che ormai siamo all'imbocco della valle. Quanto siano belli questi angoli prevallivi lo lascio constatare voi.
Ed eccoci all'entrata di questo piccolo Eden, di cui avevo già postato delle foto.
Il sentierino e tutto tappezzato di verde...
... e scorre in mezzo a una variopinta composizione di piccoli arbusti.
Perché è un po' difficile portarlo via "zaino in spalla", altrimenti se lo esponessi in una mostra di arte contemporanea, questo pietrone che sembra pieno di volti e figure grandi e piccole mi renderebbe ricchissimo.
Ancora un pezzetto di sentiero…
... e siamo all'Alpe Camedo.
Subito dietro il quale ci sono questi roccioni; io non dormirei molto tranquillo vivendo nell'alpe.
Uno sguardo verso l'imbocco della valle...
... e uno verso l'agognata meta là in fondo. Il tempo è improvvisamente migliorato, anche se quei cirri indicano che subito dietro, lungo le Alpi ci sono i nuvoloni previsti a Nord.
Qui è improbabile morire disidratati...
Sembra di essere a due passi dalla cima, ma in realtà ci vogliono ancora ore.
Salendo a sinistra, si va verso il passo di Camedo, ancora alla sua sinistra la punta di Valstorna.
Qui in primo piano.
Più in là, varie cime.
Il sentiero costantemente tagliato da ruscelli ...
... suggestivi, come questo che scorre su una lastra di pietra, ma anche pericolosetti per la scivolosità.
Una bella Dactylorhiza.
Sali e sali, finalmente ci si avvicina al punto di attacco finale, caratterizzato da una curva alla Fujiyama (beh, forse il paragone è un po' azzardato)
Siore e siori, ecco a voi Monsieur Cardinello!
Effettivamente non è particolarmente fotogenico, ma il nome suona bene; più fotogenica ma al contrario più prosaica la dirimpettaia Cima dello Stagn.
Ormai siamo quasi ai ruderi dell'alpe Paina.
Di fronte, il blocco della Gana Rossa.
Si passano i ruderi e si comincia l'ultimo pezzo.
Il lato Est del Cardinello e un suo particolare.
Finalmente, eccomi arrivato alla base; il cielo si ingrigisce un po'.
Poco prima un paio di fioriture: un bel gruppo di Pinguicole, che tuttavia non sembrano aver catturato molti insetti; in quella di mezzo passeggia una lumaca, ben più appiccicosa delle loro foglie.
E un bel gruppetto di genziane.
Il cielo si ingrigisce ancora, mentre un corvo (almeno tale mi sembrava fosse) faceva lo "Spirito Santo", anche se per poco.
Mentre sto salendo l'ultimo pezzetto prima della bocchetta e… NOOOOO, LA NEBBIA NOOOO!!!
Decido di salire comunque: a costo di soffiarla via spolmonandomi, non le avrei permesso di rovinarmi una gita preparata da mesi. E infatti si dilegua rapidamente cosicché posso arrivare alla bocchetta di Caurit e vedere il versante Nord: sorpresa, nel versante svizzero c'è ancora parecchia neve e come vedete da lì arrivavano le nuvole.
Verso sud invece il cielo appariva sgombro.
Ma appena un po' di sole riesce a passare, il paesaggio si ravviva: questo è il pizzo Paglia e il suo attendente Sass Mogn, entrambi in territorio elvetico.
Comincia a vedersi la serie di pinnacoli che scendono verso il sasso della Guardia; sullo sfondo, innevato, si erge con i suoi quasi 2800 metri, il Pizzo di Claro.
Ecco il dolce declivio finale.
L'ampia testata della valle di Grono.
Beh, insomma, sarà anche dolce, ma con la saccarina però.
Una di queste è la cima del Pappagallo.
.
Per una volta, l'alta via dei monti Lariani posso guardarla io dall'alto.
Ancora pochi passi e...
Finalmente la cima: era ora! In effetti lo spettacolo non è male. A sinistra la Svizzera, a destra l'Italia, scegliete voi cosa preferite.
Verso Nordest, la valle del Dosso o di Mugiam e in mezzo alla foto il Piz Cavregasco, che ha soffiato per 15 metri lo scettro comasco al Cardinello.
A Est, la cresta della Scatta, che termina alla cima dell'Orso; subito dietro il Monte Duria e sullo sfondo la Valtellina.
A Sud il lago di Como in mezzo alla foschia; si intravede la Grigna.
A ovest il resto della catena dei Muncech, che dalla Ganda Rossa prosegue verso il Marmontana e si conclude sullo sfondo con la catena che dal pizzo di Gino arriva a sinistra fino al Monte Bregagno.
È ora di tornare perché ormai sono le 15. Ripercorro a memoria il tratto percorso e quindi sbaglio il punto di discesa, come si vede nell'immagine; finisco in mezzo a delle roccette giusto pochi metri prima di arrivare alla base. Devo mettere il piede su una roccia un po' stretta, però lungi da me l'idea di risalire e scendere dall'altra parte! Anzitutto la recensione delle scarpe della Sportiva, che avevo acquistato da poco, affermava che avevano una scolpitura della suola con ottima presa, poi mentre salivo avevo visto che il cellulare prendeva ma soprattutto se fossi caduto mi sarei rotto sicuramente qualcosa per cui - secondo le nuove normative regionali - non avrei dovuto pagare niente per l'elisoccorso!!! Tengo ben raggiungibile il marsupio con il cellulare e parto.
La recensione si è dimostrata esatta e la presa non è stata una "presa per il naso", per cui sono arrivato sano e salvo in fondo. Invece mi sono accorto che a non pendere lì era il cellulare, prendeva un po' più in basso. Benedetta la Sportiva....
Il lento scendere del sole e il susseguirsi di nuvole di vario genere hanno creato paesaggi da cartolina.
Uno sguardo indietro e poi via al trotto fino a Vincino.
Ecco il Dosso Bello: si vede in cima il piccolo intaglio che mi ha impedito (e impedirà) di arrivare fino in cima, visto che in caso di scivolata difficilmente resterà un osso intero per poter chiamare i soccorsi tramite cellulare.
Uno sguardo a Piaghedo e poi giù fino al ponte di Vincino. È curioso come l'irrazionalità possa prendere il sopravvento. Sapevo benissimo che è più probabile che la Santanché si faccia suora di clausura (povere consorelle) piuttosto che lì ci sia qualche malintenzionato alle 20:30 di un giorno feriale, tanto meno che vi siano cinghiali con i cuccioli o quant'altro, eppure è incredibile il disagio che provo passando in quel punto nel fondovalle, tra cespugli ed erbe alte.
Comunque sono sopravvissuto e un'ora dopo arrivavo all'agriturismo La Fonte di Mariella, base di partenza o arrivo per le esplorazioni più lunghe della Val di Mugiam.
Il giorno dopo, prima di prendere il bus di ritorno, un giretto per Gravedona, di cui potete vedere un curioso angolo.
Ciao
Roberto
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