- Parchi del Lazio
-
- Parco Regionale dei Monti Lucretili
Data: 21/06/2011
Regione e provincia: Lazio (RM)
Località di partenza: Roccagiovine
Chilometri: 8 ca A/R
Grado di difficoltà: T/E
Segnaletica: bianco-rossa
Dislivello in salita: 440m
Quota massima: 1005 mslm
Accesso stradale: fino a Prato delle Forme
Fa uno strano effetto quando ti riappropri di un qualcosa che hai sempre dato per scontato, per tuo. E allora ti ricordi che di scontato nella vita in generale c’è poco o nulla.
Così la montagna. Ti ci riavvicini dopo un po’ di pausa forzata e capisci che viverla, camminarci e faticarci non è per niente una cosa dovuta. La conquista che fai quando vai in montagna non è solo la vetta, la conquista è poterci stare proprio dentro, respirarla, ammirarla e poterti emozionare davanti a tanta perfezione. E per quanto mi riguarda, la conquista materiale, ieri, è stata quella di “camminare in montagna”. Che bello tornare a dire questa cosa, che bello tornare a farlo, anche se, detta così sembra il titolo di un guida escursionistica: “camminare in montagna” da domani in edicola…suona bene eh?!
Chiudo questo preambolo dovuto nei confronti della montagna e vado al racconto.
La meta l'ho scelta leggendo il simile percorso che oloapota e squob fecero con l'ass "Cammino possibile". Cielo perfetto, primo giorno d’estate (e si sente), meta “morbida” per ricominciare, ma tanto “morbida” forse non era perché poi scoprirò che 400m di dislivello sono ancora troppi per ora.
Arriviamo in quel di Tivoli alla volta di Roccagiovine e suggerisco ad Anna la strada sbagliata (‘ncominciamo bene). Uno spazzino gentilissimo ci dice poi la strada giusta, era quella che voleva fare Anna…velo pietoso.
Ad ogni modo arriviamo in questo piccolissimo borgo e da lì verso l’inizio della sterrata per il Follettoso.
Mi piace conoscere il perché dei nomi delle montagne e questa meta più che mai appaga la mia curiosità. Brevemente: la leggenda narra di questo monte popolato da folletti, la cui visione turbò un Orsini (famiglia insediata a Roccagiovine), che da quel momento in poi divenne un pazzo bestemmiatore e solo l’apparizione della Madonna lo redense.
Partiamo per la sterrata all’inizio cementata, che costeggia gli ultimi abitati e sale verso Stretta Vallicina, il bosco refrigera il nostro cammino e un briciolo di vento rende il tutto più gradevole. Dopo circa due km incontriamo una diramazione, Anna va verso la salita, io verso la pianeggiante e dopo essermi reso conto che il mio era il percorso sbagliato, richiamo Anna con un fischio degno delle migliori scuole di bon ton per dirle di non riscendere e che sarei salito io.
Solo che fischiando fischiando sento dei passi dal sentiero e in un attimo penso: “ecchetela tiè me la so cercata” il tutto corredato dal sottofondo della musica di Twin Peaks…piccola esitazione e…era un signore del Cotral che andava per bacche, per bacco!!
Mi saluta e dice che pensava che lo stavo chiamando per spostare la macchina che magari una mandria di tori la devastava…Mamma mia che fantasia manco stessimo a Pamplona, comunque chiedo informazioni per il Prato delle Forme e conferma che bisognava salire, poi ci salutiamo.
Riprendiamo a salire non senza stare attenti al via vai di macchine (a fine escursione ne conteremo una decina di transito fino oltre il Prato delle Forme) di gente che andava per fragole. Restiamo un po’ attoniti da questo via vai motorizzato spinto fin lassù, comunque arriviamo al Prato delle Forme, bellissimo, una verde oasi di pace che però non mi convince più di tanto per il sottobosco, non mi da sicurezza.
Comunque procediamo verso l’area di riserva del capriolo. Anna stacca un po’ e io la raggiungo dopo qualche minuto alla prima tabella dell’area protetta. Arriviamo poi all’ultima parte del sentiero vero e proprio dopo aver visto un topolino di montagna nascondersi impaurito tra dei massi.
I km fatti finora sono quasi 4 ma io ancora reggo e allora saliamo, dovrebbe essere vicino. Vicino ma pure nascosto. Un sentiero così inselvatichito tiene testa anche a quello per lo Scalambra, poi sto sottobosco non mi convince lo vedo minaccioso, comunque saliamo e ad una diramazione di sentieri procediamo verso destra su stretto percorso. Anna mi precede e facciamo rumore, io non vorrei pestare i “piedi” a qualche serpente. Procediamo convinti ormai che la diramazione giusta sia quell’altra e ad un tratto Anna si blocca e dopo mezzo secondo mi fa tutta candida: “Ci sono i cinghiali, due” e guardava intorno se ce ne fossero altri.
Beh la ritirata sarebbe stata impossibile col ginocchio ancora claudicante e infatti il primo pensiero è stato quello di “armarci”. Ora io dico: stiamo in un bosco, che per definizione è composto da massi e tronchi. Ma possibile che non c’era niente di utile?? Io raccoglievo sassi che sembravano la ghiaia del presepio, Anna trovava solo ramoscelli tipo liquirizia, è proprio vero quando cerchi qualcosa non la trovi mai!!
Vabbè tiro qualche sasso mentre Anna fa rumore, ma i cinghiali se n’erano già andati, meglio così. Certo che a vedere in terra è molto frequentato da cacciatori qui e allora ce li immaginiamo che, quatti quatti quando vengono, cercano di appostarsi per cacciare e magari gli dice male. Noi camminando normale, tra chiacchiere e rumore gli abbiamo comunque incontrati invece. Comunque ognuno per la sua strada.
Si erano fatte le 12 passate e io iniziavo ad essere un po’ stanco. Riscendiamo al Prato delle Forme e mangiamo su un tavolo nel bosco. Notiamo come sia pieno di trottatoi e come sicuramente sia zona di passaggio faunistico, si percepisce proprio. Anna mi racconta che pochi minuti prima di incontrare i cinghiali aveva forte in mente la sensazione di incontrarli e allora deduciamo che il mio pericolo per il sottobosco e il suo sentore forse possono collocarsi come reminescenze genetiche, chissà.
Verso le 14 con calma ci avviamo e per quanto possibile mi faccio carico della mondezza trovata lungo il percorso. E’ una sofferenza vedere certi posti ridotti in discarica per colpa di qualche incivile.
Piccola pausa lungo la sterrata con simpaticissimo scherzo di Anna che non sto qui a raccontare e giù fino alla macchina ridotta a brace.
Una piacevolissima escursione, in un posto in cui sicuramente torneremo in inverno per vedere il torrente, ora asciutto, che accompagna il tragitto.
Qualche foto
la sterrata
prato delle forme
prato delle forme
il cielo ci sorride...senza troppa immaginazione
il sentiero poco prima dell'incontro coi cinghiali
tributo a Roccagiovine
Regione e provincia: Lazio (RM)
Località di partenza: Roccagiovine
Chilometri: 8 ca A/R
Grado di difficoltà: T/E
Segnaletica: bianco-rossa
Dislivello in salita: 440m
Quota massima: 1005 mslm
Accesso stradale: fino a Prato delle Forme
Fa uno strano effetto quando ti riappropri di un qualcosa che hai sempre dato per scontato, per tuo. E allora ti ricordi che di scontato nella vita in generale c’è poco o nulla.
Così la montagna. Ti ci riavvicini dopo un po’ di pausa forzata e capisci che viverla, camminarci e faticarci non è per niente una cosa dovuta. La conquista che fai quando vai in montagna non è solo la vetta, la conquista è poterci stare proprio dentro, respirarla, ammirarla e poterti emozionare davanti a tanta perfezione. E per quanto mi riguarda, la conquista materiale, ieri, è stata quella di “camminare in montagna”. Che bello tornare a dire questa cosa, che bello tornare a farlo, anche se, detta così sembra il titolo di un guida escursionistica: “camminare in montagna” da domani in edicola…suona bene eh?!
Chiudo questo preambolo dovuto nei confronti della montagna e vado al racconto.
La meta l'ho scelta leggendo il simile percorso che oloapota e squob fecero con l'ass "Cammino possibile". Cielo perfetto, primo giorno d’estate (e si sente), meta “morbida” per ricominciare, ma tanto “morbida” forse non era perché poi scoprirò che 400m di dislivello sono ancora troppi per ora.
Arriviamo in quel di Tivoli alla volta di Roccagiovine e suggerisco ad Anna la strada sbagliata (‘ncominciamo bene). Uno spazzino gentilissimo ci dice poi la strada giusta, era quella che voleva fare Anna…velo pietoso.
Ad ogni modo arriviamo in questo piccolissimo borgo e da lì verso l’inizio della sterrata per il Follettoso.
Mi piace conoscere il perché dei nomi delle montagne e questa meta più che mai appaga la mia curiosità. Brevemente: la leggenda narra di questo monte popolato da folletti, la cui visione turbò un Orsini (famiglia insediata a Roccagiovine), che da quel momento in poi divenne un pazzo bestemmiatore e solo l’apparizione della Madonna lo redense.
Partiamo per la sterrata all’inizio cementata, che costeggia gli ultimi abitati e sale verso Stretta Vallicina, il bosco refrigera il nostro cammino e un briciolo di vento rende il tutto più gradevole. Dopo circa due km incontriamo una diramazione, Anna va verso la salita, io verso la pianeggiante e dopo essermi reso conto che il mio era il percorso sbagliato, richiamo Anna con un fischio degno delle migliori scuole di bon ton per dirle di non riscendere e che sarei salito io.
Solo che fischiando fischiando sento dei passi dal sentiero e in un attimo penso: “ecchetela tiè me la so cercata” il tutto corredato dal sottofondo della musica di Twin Peaks…piccola esitazione e…era un signore del Cotral che andava per bacche, per bacco!!
Mi saluta e dice che pensava che lo stavo chiamando per spostare la macchina che magari una mandria di tori la devastava…Mamma mia che fantasia manco stessimo a Pamplona, comunque chiedo informazioni per il Prato delle Forme e conferma che bisognava salire, poi ci salutiamo.
Riprendiamo a salire non senza stare attenti al via vai di macchine (a fine escursione ne conteremo una decina di transito fino oltre il Prato delle Forme) di gente che andava per fragole. Restiamo un po’ attoniti da questo via vai motorizzato spinto fin lassù, comunque arriviamo al Prato delle Forme, bellissimo, una verde oasi di pace che però non mi convince più di tanto per il sottobosco, non mi da sicurezza.
Comunque procediamo verso l’area di riserva del capriolo. Anna stacca un po’ e io la raggiungo dopo qualche minuto alla prima tabella dell’area protetta. Arriviamo poi all’ultima parte del sentiero vero e proprio dopo aver visto un topolino di montagna nascondersi impaurito tra dei massi.
I km fatti finora sono quasi 4 ma io ancora reggo e allora saliamo, dovrebbe essere vicino. Vicino ma pure nascosto. Un sentiero così inselvatichito tiene testa anche a quello per lo Scalambra, poi sto sottobosco non mi convince lo vedo minaccioso, comunque saliamo e ad una diramazione di sentieri procediamo verso destra su stretto percorso. Anna mi precede e facciamo rumore, io non vorrei pestare i “piedi” a qualche serpente. Procediamo convinti ormai che la diramazione giusta sia quell’altra e ad un tratto Anna si blocca e dopo mezzo secondo mi fa tutta candida: “Ci sono i cinghiali, due” e guardava intorno se ce ne fossero altri.
Beh la ritirata sarebbe stata impossibile col ginocchio ancora claudicante e infatti il primo pensiero è stato quello di “armarci”. Ora io dico: stiamo in un bosco, che per definizione è composto da massi e tronchi. Ma possibile che non c’era niente di utile?? Io raccoglievo sassi che sembravano la ghiaia del presepio, Anna trovava solo ramoscelli tipo liquirizia, è proprio vero quando cerchi qualcosa non la trovi mai!!
Vabbè tiro qualche sasso mentre Anna fa rumore, ma i cinghiali se n’erano già andati, meglio così. Certo che a vedere in terra è molto frequentato da cacciatori qui e allora ce li immaginiamo che, quatti quatti quando vengono, cercano di appostarsi per cacciare e magari gli dice male. Noi camminando normale, tra chiacchiere e rumore gli abbiamo comunque incontrati invece. Comunque ognuno per la sua strada.
Si erano fatte le 12 passate e io iniziavo ad essere un po’ stanco. Riscendiamo al Prato delle Forme e mangiamo su un tavolo nel bosco. Notiamo come sia pieno di trottatoi e come sicuramente sia zona di passaggio faunistico, si percepisce proprio. Anna mi racconta che pochi minuti prima di incontrare i cinghiali aveva forte in mente la sensazione di incontrarli e allora deduciamo che il mio pericolo per il sottobosco e il suo sentore forse possono collocarsi come reminescenze genetiche, chissà.
Verso le 14 con calma ci avviamo e per quanto possibile mi faccio carico della mondezza trovata lungo il percorso. E’ una sofferenza vedere certi posti ridotti in discarica per colpa di qualche incivile.
Piccola pausa lungo la sterrata con simpaticissimo scherzo di Anna che non sto qui a raccontare e giù fino alla macchina ridotta a brace.
Una piacevolissima escursione, in un posto in cui sicuramente torneremo in inverno per vedere il torrente, ora asciutto, che accompagna il tragitto.
Qualche foto

la sterrata

prato delle forme

prato delle forme

il cielo ci sorride...senza troppa immaginazione

il sentiero poco prima dell'incontro coi cinghiali

tributo a Roccagiovine
Ultima modifica di un moderatore: