- Parchi del Lazio
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- Riserva Naturale Monte Soratte
Il Monte Soratte è una di quelle mete spesso messe da parte, ma che invece regala tante soddisfazioni.
Con i suoi 791 metri non può certo ritenersi una montagna, eppure il Soratte manifesta tutta la sua imponenza sulla campagna romana che lo circonda, non curandosi dei rilievi maggiori che lo osservano dall’entroterra.
È un rilievo che racchiude tanti tesori dal punto di vista geologico, storico, spirituale e naturalistico.
Si può esplorare con una mezza giornata, in tutta tranquillità, lasciandoci anche un po’ di tempo per visitare il paese di Sant’Oreste.
Si può lasciare la macchina presso il parcheggio dove c’è un punto informazioni (che ho trovato chiuso) dove c’è anche un bar: da li, lasciandosi alle spalle il centro storico, ci sono due strade che inizialmente partono quasi parellele, una in salita sulla destra e una pianeggiante verso sinistra.
Ho preso quest’ultima: si giunge ad un cancello che indica il Percorso della Memoria dove si trova anche una caserma della Forestale e un museo.
Il percorso costeggia gli ingressi delle gallerie scavate durante il Fascismo e che inizialmente erano delle officine: i cancelli che le custodiscono sono piuttosto imponenti e d’effetto, se non ricordo male sono quasi una decina. Purtroppo non si possono esplorare se non con visite guidate.
Lungo il sentiero sono presenti postazioni militari, un carro armato, caserme e tutte le strutture tipiche di un presidio militare.
Il sentiero prosegue e si ricongiunge con un altro che proviene dall’altro versante.
Personalmente ho preferito tornare indietro e riprende la salita che porto all’inizio del Sentiero degli Eremi: consiglio di parcheggiare prima perché c’è poco posto e potreste essere costretti a tornare indietro. C’è una sbarra che blocca l’accesso alle macchine: un signore mi ha detto che anni fa il percorso si poteva fare in auto. E infatti il fondo del sentiero non è un granché, ma la salita è molto piacevole e interessante.
Inoltre ci sono diverse aree (tra cui anche una con un paio di giochi per i bimbi) per la sosta con tavoli e secchi per l’immondizia incredibilmente tutto in ottimo stato (solo alcuni pannelli esplicativi sono stati leggermente danneggiati):
Lungo il percorso ci si imbatte in diversi santuari (il monte è stato abitato nel corso dei secoli da diversi ordini monastici)
e querce secolari:
Il massiccio è anche frequentato da piccoli rapaci: qui ne ho beccato uno ma non ho ancora capito cos’è, sto studiando
Erin, la mia cucciolotta, si è divertita in un continuo susseguirsi di fuori pista alla faccia mia
I pendii sono costellati da tantissimi blocchi calcarei tra cui nascono splendidi fiori di vario tipo, tra cui questi ciclamini:
Sono tanti i punti da cui si può godere di un panorama spettacolare, ma la giornata non era limpidissima:
In breve si giunge in vetta, dove c’è l’ennesimo Eremo:
Sant’Oreste dalla vetta:
Foto di vetta
Dalla vetta siamo scesi al poco distante Eremo della Maria delle Grazie (non c’era nessuno).
Poco dopo ci raggiunge un grosso cane nero con il collare (forse un pitbull): penso che da un momento all’altro spunti anche il padrone, invece no.
Coda ferma e dritta all’insù. Non mi piace. Erin come sua consuetudine va a salutare ogni forma di vita che incontra sul suo cammino. Lui pare innamorarsi all’istante e diventano immediatamente amici, al punto che in più occasioni ho dovuto allontanarlo malamente perché cercava di montare la mia cucciolotta..
Vi racconto questo piccolo aneddoto semplicemente perché scendendo tutti e tre assieme verso il paese, i ragazzi del bar del parcheggio hanno urlato terrorizzati appena mi hanno visto in sua compagnia. Pare che questo cane abbia attaccato spesso altri cani e sia pericoloso: ora leggende e folklore cinofili sono duri da smantellare, ma personalmente posso dirvi che non ho avuto alcun problema, anzi era perfino impaurito da me. È anche vero che la mia era una femmina e a quanto pare lui ha attaccato indiscriminatamente ambo i sessi: però anche qui ragazzi, “attaccare” bisogna sempre vedere che significa perché abbaiare e ringhiare fanno parte della comunicazione cinofila, sbranare è un’altra cosa.
Con i suoi 791 metri non può certo ritenersi una montagna, eppure il Soratte manifesta tutta la sua imponenza sulla campagna romana che lo circonda, non curandosi dei rilievi maggiori che lo osservano dall’entroterra.
È un rilievo che racchiude tanti tesori dal punto di vista geologico, storico, spirituale e naturalistico.
Si può esplorare con una mezza giornata, in tutta tranquillità, lasciandoci anche un po’ di tempo per visitare il paese di Sant’Oreste.
Si può lasciare la macchina presso il parcheggio dove c’è un punto informazioni (che ho trovato chiuso) dove c’è anche un bar: da li, lasciandosi alle spalle il centro storico, ci sono due strade che inizialmente partono quasi parellele, una in salita sulla destra e una pianeggiante verso sinistra.
Ho preso quest’ultima: si giunge ad un cancello che indica il Percorso della Memoria dove si trova anche una caserma della Forestale e un museo.
Il percorso costeggia gli ingressi delle gallerie scavate durante il Fascismo e che inizialmente erano delle officine: i cancelli che le custodiscono sono piuttosto imponenti e d’effetto, se non ricordo male sono quasi una decina. Purtroppo non si possono esplorare se non con visite guidate.
Lungo il sentiero sono presenti postazioni militari, un carro armato, caserme e tutte le strutture tipiche di un presidio militare.
Il sentiero prosegue e si ricongiunge con un altro che proviene dall’altro versante.
Personalmente ho preferito tornare indietro e riprende la salita che porto all’inizio del Sentiero degli Eremi: consiglio di parcheggiare prima perché c’è poco posto e potreste essere costretti a tornare indietro. C’è una sbarra che blocca l’accesso alle macchine: un signore mi ha detto che anni fa il percorso si poteva fare in auto. E infatti il fondo del sentiero non è un granché, ma la salita è molto piacevole e interessante.
Inoltre ci sono diverse aree (tra cui anche una con un paio di giochi per i bimbi) per la sosta con tavoli e secchi per l’immondizia incredibilmente tutto in ottimo stato (solo alcuni pannelli esplicativi sono stati leggermente danneggiati):
Lungo il percorso ci si imbatte in diversi santuari (il monte è stato abitato nel corso dei secoli da diversi ordini monastici)
e querce secolari:
Il massiccio è anche frequentato da piccoli rapaci: qui ne ho beccato uno ma non ho ancora capito cos’è, sto studiando
Erin, la mia cucciolotta, si è divertita in un continuo susseguirsi di fuori pista alla faccia mia

I pendii sono costellati da tantissimi blocchi calcarei tra cui nascono splendidi fiori di vario tipo, tra cui questi ciclamini:
Sono tanti i punti da cui si può godere di un panorama spettacolare, ma la giornata non era limpidissima:
In breve si giunge in vetta, dove c’è l’ennesimo Eremo:
Sant’Oreste dalla vetta:
Foto di vetta

Dalla vetta siamo scesi al poco distante Eremo della Maria delle Grazie (non c’era nessuno).
Poco dopo ci raggiunge un grosso cane nero con il collare (forse un pitbull): penso che da un momento all’altro spunti anche il padrone, invece no.
Coda ferma e dritta all’insù. Non mi piace. Erin come sua consuetudine va a salutare ogni forma di vita che incontra sul suo cammino. Lui pare innamorarsi all’istante e diventano immediatamente amici, al punto che in più occasioni ho dovuto allontanarlo malamente perché cercava di montare la mia cucciolotta..
Vi racconto questo piccolo aneddoto semplicemente perché scendendo tutti e tre assieme verso il paese, i ragazzi del bar del parcheggio hanno urlato terrorizzati appena mi hanno visto in sua compagnia. Pare che questo cane abbia attaccato spesso altri cani e sia pericoloso: ora leggende e folklore cinofili sono duri da smantellare, ma personalmente posso dirvi che non ho avuto alcun problema, anzi era perfino impaurito da me. È anche vero che la mia era una femmina e a quanto pare lui ha attaccato indiscriminatamente ambo i sessi: però anche qui ragazzi, “attaccare” bisogna sempre vedere che significa perché abbaiare e ringhiare fanno parte della comunicazione cinofila, sbranare è un’altra cosa.