Morte assiderate le due alpiniste rimaste bloccate sul Monte Rosa

preferisco manifestare lo sgomento per il fatto che qualcuno fosse sul monte Rosa senza guanti, così magari qualcuno che legge la prossima volta ci va coi guanti... Perché non dovremmo avere la capacità di giudicare? Non ci vuole una scienza per capire che avevano un paio di guanti in tre. Follia totale.

Concordo, ma quoto soprattutto per sottolineare che il discorso non vale solo per gli incidenti in montagna. Negli ultimi anni ho visto in TV diverse messe funebri di giovani e giovanissimi morti perche' guidavano ubriachi, o facevano a gara di salto da un balcone all'altro del quinto piano dell'hotel della gita scolastica, o altre eccellenze del genere. E ogni volta mi sono ritrovato a pensare "se il prete o altro oratore, PRIMA, non INVECE di manifestare lutto, vicinanza ai genitori eccetera, avesse avuto il fegato di iniziare tipo "premesso che chi sta in questa cassa ci sta perche' e' stato un vero deficiente, non dimenticatevene mai".... forse di funerali del genere ne faremmo meno".

il gps può essere usato in infiniti modi: tra cui quello di ignorarlo completamente durante i propri hike, e di utilizzarlo solo ed esclusivamente in situazione di emergenza

Racconto vero fattomi da un gestore di rifugio la settimana scorsa:

"vedi quella cima? 5 anni fa un gruppo ci e' arrivato, poi vedendo la nebbia in arrivo, invece di tornare dal sentiero normale mi hanno telefonato e hanno detto, ignorando i miei consigli, che sarebbero scesi giu' per un canalone, perche' ne avevano la traccia GPS ed era molto piu' breve. Dopo 3 ore han chiamato con costole rotte e altri infortuni, l'elicottero non poteva avvicinarsi per il vento, e io mi sono fracassato le ginocchia per portarli giu' a barella con gli altri della squadra di soccorso".

Sua conclusione, "Il GPS serve solo a noi soccorritori, per andarli a prendere" (sottinteso: "almeno non dobbiamo perdere tempo a cercarli quando si rompono, i pirla sempre piu' numerosi che vanno in montagna a c...o solo perche' hanno il GPS in tasca")

AGGIUNTA: senza smentire nulla di quanto ho gia' scritto, un'altra cosa da fare nel 99% degli incidenti di cui si apprende dai media sarebbe riuscire a non discuterne mai, in nessuna sede, prima di 2/3 giorni. Quasi sempre, e' una perdita di tempo parlare di qualcosa che verra' smentito da informazioni aggiuntive, perche' era solo un titolo e 2 paragrafi buttati a caso da qualcuno che di montagna non sa niente, ma deve attrarre spettatori.
 
Come tutte le cose, anche il GPS va usato "col cervello" perchè è ovvio che da solo non è in grado di sopperire alle mancanze del singolo escursionista, tuttavia, il fatto di poter fornire le coordinate precise è già un grande ausilio.
Il "merendero" che va in alta montagna con le scarpe da tennis e la canotta resta comunque un co@lione, ma magari, in caso di emergenza, può essere localizzato più agevolmente (sempre ammesso che riesca a richiedere aiuto e fornire le coordinate).
Non credo proprio che col solo possesso di un GPS si possa diventare alpinisti esperti, ma almeno è possibile fornire indicazioni utili per l'eventuale richiesta di soccorso.
In conclusione, secondo me, avere tale dispositivo è estremamente utile, ma come ogni cosa va usato "cum grano salis".
Quando avevo la barca, che ovviamente era dotata di GPS, "mi divertivo" a fare navigazione con la carta nautica e bussola, tracciando la rotta e il punto nave con squadrette e goniometro per tenermi in allenamento ma, in caso di emergenza, il GPS sarebbe stato prezioso e non avrei esitato a usarlo.
 
Ultima modifica:
Non dico che devi portarti una pala (con la quale però avrebbero potuto creare una sorta di truna)
concordo con quanto scrivi in generale, ma non su questa cosa della pala: ai fini di costruzione di un ricovero, generalmente a luglio della pala non te ne fai nulla sui ghiacciai alpini.
La pala bisogna averla perchè fa parte del set (artva, pala e sonda) di autosoccorso in ambiente innevato, ma in condizioni estive su ghiacciaio è pressochè impossibile scavare una truna perchè la neve è durissima e immediatamente sotto trovi il ghiaccio.
In caso di abbondanti nevicate e di accumuli eolici, magari sfruttando un cambio di pendenza, forse qualcosa più trovi, ma da lì a farsi una truna per 3 persone...

Quanto al GPS, è verissimo che non è il toccasana, perchè anche la banale funzione di trackback non è sempre la soluzione, anzi, può non esserlo affatto: la via di salita percorsa può essere assolutamente da evitare in discesa, per condizioni orografiche, difficoltà tecniche o condizioni meteo e, quindi, bisogna sapere dove andare. Bisogna conoscere la cartina, aver studiato il terreno e - se dotati di GPS - saperlo usare davvero, intendendo con ciò saper inserire da zero una rotta, sapendo ricavare dalla cartina le coordinate dei vari waypoint che vogliamo creare. E' un'operazione relativamente facile, ma molto delicata e che, presa la generalità degli utenti, davvero pochi sanno fare, ma è essenziale in maltempo.
Il GPS è uno strumento che risponde al nostro cervello ed esegue ordini: se usiamo il cervello, allora lui diventa utile, ma se il cervello non lo usiamo, allora il GPS vomita dati che diventano pericolosi.
Oggi non esiste una vera possibilità di maltempo imprevisto, perchè le previsioni sono sostanzialmente perfette e, anche l'indicazione generica di possibili temporali/burrasche locali da attività convettiva, deve portare la persona a considerarne la possibilità e, quindi, le contromisure.

Quanto all'assunzione di rischi da parte del frequentatore di montagna, bisogna distinguere chi assume rischi coscentemente e chi, invece, non ha la più pallida idea di cosa sta facendo. I primi, generalmente, si trovano a chiedere aiuto raramente e comunqe nell'ambito di situazioni in cui l'impresa sportiva era in atto con perizia tecnica e coscenza, pur se pericolosa. I secondi invece sono dei pirla matricolati, che però oggi è pressochè delitto chiamare così.
Il politicamente corretto è odioso ed ipocrita, ma la società odierna non riesce a farne a meno.
 
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Racconto vero fattomi da un gestore di rifugio la settimana scorsa:

"vedi quella cima? 5 anni fa un gruppo ci e' arrivato, poi vedendo la nebbia in arrivo, invece di tornare dal sentiero normale mi hanno telefonato e hanno detto, ignorando i miei consigli, che sarebbero scesi giu' per un canalone, perche' ne avevano la traccia GPS ed era molto piu' breve. Dopo 3 ore han chiamato con costole rotte e altri infortuni, l'elicottero non poteva avvicinarsi per il vento, e io mi sono fracassato le ginocchia per portarli giu' a barella con gli altri della squadra di soccorso".

altro esempio in cui è l'utilizzatore a essere in errore, non lo strumento.
Il gps, ribadisco, serve a te principalmente per farti recuperare nel più breve tempo possibile dai soccorsi. nel comunicare la tua posizione in caso di necessità e nell'aiutare chi sta rischiando la vita per venirti a prendere (per una sfiga imprevista o per una leggerezza).

poi, in aggiunta, può essere fonte di ulteriori informazioni su cosa c'è intorno, che giro INDICATIVAMENTE fa la traccia, quanto manca a un bivio, ecc.. ma solo informazioni aggiuntive che si possono usare assieme ad altre. di certo non sostituisce esperienza o raziocinio.
 
Confondi la tecnologia con l'utilizzatore.
Quando si andava solo in bicicletta non c'erano morti in incidenti automobilistici. Ma la causa degli incidenti non è certo l'auto ma il guidatore.
se sei stupido parti in condizioni avverse sia con il gps che senza.

Appunto, intendevo dire proprio questo.
Eri tu ad aver sostenuto che col gps non sarebbe successo. O sbaglio ?
 
Sono d'accordo.
Per l'escursionista/alpinista "normale" penso che sia indispensabile poter disporre di ogni aiuto tecnologico (da usare magari solo in caso di necessità importante).
Quando non c'erano i gps ovviamente si faceva senza, pure fino a quando non hanno introdotto gli air bag si è fatto senza ma non è che perchè adesso le macchine ne sono dotate ci schiantiamo apposta contro un muro per vedere se l'air bag funziona bene.

Teniamo poi conto che è abbastanza recente la "moda" di andare in montagna e salire su vette importanti..... ci sono salite relativamente facili e di gran soddisfazione con panorami mozzafiato in ambienti splendidi, sul Rosa ce ne sono diverse; ma questo -secondo me- non è fare alpinismo.... l'alpinismo è un altra cosa ed è alla portata di pochi (non certo alla mia, lo dico subito).

Arrivo al punto: al di la della valutazione delle condizioni di salita e del meteo, quanti sono veramente coscienti di quello che stanno facendo?
Salire sul ghiacciaio con il bel tempo, vedere le montagne lontane, stare al caldo (fin troppo perchè il sole scotta) è un conto.... ma se il tempo si gira? Non vedi più niente.... non sai dove vai, la temperatura scende.... camminare diventa difficile, la tua motivazione cala.... se stai salendo vorresti tornare, se stai scendendo vorresti arrivare: è qui che si capisce cosa vuol dire fare alpinismo.... perchè molto spesso fare alpinismo significa dover soffrire, stringere i denti, stare scomodi, essere stanchi e non potersi fermare e magari chiedersi "ma chi me l'ha fatto fare?"

Ecco.... secondo me, tantissimi non mettono in conto che andare in montagna non è sempre bello.
E spesso quando non è più bello.... è pure pericoloso.

Bravo
Mi hai tolto le parole di bocca, anzi hai dato un contorno preciso a un pensiero che non riuscivo a focalizzare.
Mi ha colpito ieri quando un quotidiano (Repubblica) ha riportato la notizia scrivendo nell'occhiello che le ragazze stavano andando a fare una "gita".
Ecco: poteva sembrare un termine sconsiderato, tipico di certo giornalismo, eppure a pensarci bene rifletteva proprio la percezione di chi si accinge a fare certe attività nelle migliori condizioni possibili (che quindi le rendono apparentemente facili) le quali però sono esposte a durare lo spazio di un soffio, per poi diventare quelle "normali" o addirittura quelle opposte, ovvero complicate. Ecco così che l'alpinismo sembra inizialmente una gita, per poi trasformarsi in un incubo.

Questo vale per ogni attività: per dire di conoscerla occorrerebbe sperimentarla in tutte le condizioni, a maggior ragione poi se quelle peggiori possono rivelarsi fatali. Perché in quel caso arrivano a "mordere" e a testare le tue capacità sotto ogni aspetto : fisico, tecnico, e anche psicologico.
 
Solo una volta ho chiamato i soccorsi, fintanto che la situazione era gestibile con meteo in peggioramento. Calmarsi, non sprecare energie cercando di proseguire inutilmente, trovare un luogo sicuro dove fare un riparo o crearselo con un telo.
 
Eri tu ad aver sostenuto che col gps non sarebbe successo. O sbaglio ?

no, ho solo fatto supposizioni.
i soccorsi ci hanno messo tempo a trovarli, e dopo un pò che li cercavano, il ragazzo (forse per un momento di improvviso aumento della visibilità) ha visto il cristo delle vette (una statua in cima al Balmenhorn da cui stavano scendendo) e ha richiamato i soccorsi per aggiungere questa informazione.
a questo punto i soccorsi hanno deviato e sono andati nella direzione giusta.

alla luce di questo, e considerando che in queste situazioni il tempismo è responsabile al 90% del fatto che tu sopravviva o meno, ho solo considerato che comunicando le proprie coordinate subito ai soccorsi, questi ultimi non ti cercano (tempo perso), bensì vengono direttamente da te.

è solo una considerazione: potevano non averlo come poteva essersi scaricato, come poteva essersi rotto o nella concitazione potevano anche essersi dimenticati di averlo. probabilmente non avrebbe cambiato l'esito, e probabilmente si. fatto sta che averlo è indiscutibilmente meglio che non averlo: sono tutte informazioni in più che risparmiano tempo, rischi e fatica a te e soprattutto a chi ti viene a cercare
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Questo vale per ogni attività: per dire di conoscerla occorrerebbe sperimentarla in tutte le condizioni, a maggior ragione poi se quelle peggiori possono rivelarsi fatali. Perché in quel caso arrivano a "mordere" e a testare le tue capacità sotto ogni aspetto : fisico, tecnico, e anche psicologico.

condivido in pieno!

e bisogna comunque essere sempre sul chi va là: non conosci mai abbastanza i rischi..
 
Si è tutti alpinisti esperti fino a prova contraria.
Naturalmente non ho le prove in mano, ma mi piacerebbe prendere 50 alpinisti che partono per una salita qualsiasi sul Rosa e vedere quanti di questi sanno costruirsi un cordino da ghiaccio, per non parlare di quanti sanno a cosa serve e quindi utilizzarlo.
Se sanno con precisione che i nodi a palla non servono per giocarci a calcio e che non solo si deve procedere distanziati, ma pure a corda pressochè tesa.
O quanti sanno attrezzare un paranco per l'autosoccorso della cordata.
O hanno provato le manovre di autoarresto, oppure sono muniti di qualche vite da ghiaccio.
Dico questo in linea generale ovviamente, non parlo del caso specifico.
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Guarda che fai alla svelta a finire parecchio sotto zero se c'è vento.
Qualche mese fa sono salito sul Monte Ragola (Appennino Ligure, solo 1712 mt): cielo sereno, giornata di sole ma con forte vento, parecchia neve sul pendio.
Bene.... al sole ma riparato dal vento si crepava dal caldo.... potevo stare in maglietta; se salivi per il pendio esposto al vento (che era forte, ma di sicuro non era una bufera) ti si gelava pure il muco nel naso: giacca a vento, cuffia, guanti, occhiali, e ancora faceva freddo.
Secondo me è un attimo che siano arrivati a una ventina di gradi sotto zero.... ciononostante è ovvio che se sei equipaggiato la situazione è sotto controllo.
Non voglio giudicare le due ragazze... dico solo che tutto ciò mi fa riflettere , ammetto che a volte sono stata un lo leggera...
Adesso sto ripassando tutti i modi e i paranchi dobbiamo salire anche noi settimana prossima...
 
Potresti mettere il link? Mi interesserebbe leggerla...
non riesco a trovarla, l'ho cercata anche dopo la questione dei 7 scialpinisti.
Secondo me alcune notizie spariscono per il diritto all'oblio.

Comunque, ho sentito la prima volta la parola ipotermia quando (ero al liceo) ospite di un compagno a Cervinia, camminavo con una compagna e altri in paese.
Avevano chiuso gli impianti per vento e freddo.
Meno venti. Era gennaio mi sembra.
Alla mia amica la punta del naso ed i lobi delle orecchie divennero bianchi. Entrammo in farmacia per chiedere cosa prendere. Ci dissero di tornare a casa, e di rimanerci, perchè dal fatto che era rallentata e confusa stava soffrendo troppo il freddo. Mi sembrava che non parlasse perchè il vento ci aveva indolenzito la mandibola.
Eravamo intabarrati da sci come negli anni 80, con superpippo, guanti, e occhiali. Ed eravamo in paese, di mattina. Figuriamoci seduti, fermi, per ore, senza i palazzi che deviano il vento.
 
Io in questi casi non giudico mai, troppo facile dall'esterno. Ci vuole poco a predicare bene oggi e razzolare male domani magari finendo sulle cronache di qualche giornale mentre altri su un forum scrivono di quanto sei stato cretino.
Silenzio e rispetto.


Esatto, guarda che anche a noi a volte è capitato in certe occasioni di dover rischiare ma non lo abbiamo fatto.

E ci siamo detti: "Non tanto per la paura di morire, è per la figura di me...da che faremmo domani sui giornali!" :biggrin:
 
no, ho solo fatto supposizioni.
i soccorsi ci hanno messo tempo a trovarli, e dopo un pò che li cercavano, il ragazzo (forse per un momento di improvviso aumento della visibilità) ha visto il cristo delle vette (una statua in cima al Balmenhorn da cui stavano scendendo) e ha richiamato i soccorsi per aggiungere questa informazione.
a questo punto i soccorsi hanno deviato e sono andati nella direzione giusta.

alla luce di questo, e considerando che in queste situazioni il tempismo è responsabile al 90% del fatto che tu sopravviva o meno, ho solo considerato che comunicando le proprie coordinate subito ai soccorsi, questi ultimi non ti cercano (tempo perso), bensì vengono direttamente da te.

è solo una considerazione: potevano non averlo come poteva essersi scaricato, come poteva essersi rotto o nella concitazione potevano anche essersi dimenticati di averlo. probabilmente non avrebbe cambiato l'esito, e probabilmente si. fatto sta che averlo è indiscutibilmente meglio che non averlo: sono tutte informazioni in più che risparmiano tempo, rischi e fatica a te e soprattutto a chi ti viene a cercare
Ma non mi è chiaro, se hanno chiamato loro i soccorsi al 99% avevano anche un gps visto che il telefono funzionava e che hanno il gps(quindi almeno 1 a persona)
 
Questo era un classico dell'incengiamento crepuscolare senza frontale (pratica molto diffusa in Mesolcina).
"stiamo ben attenti a non finire nella cronaca locale".
E qualcuno di noi, a momenti con le gambe penzoloni pure rispondeva "che leggono da queste parti?"

Nessun giudizio quindi, penso di aver fatto di peggio e di aver avuto solo fortuna.
Penso però che, chi è più grande e non sia entrato negli ambienti un po' competitivi che si sono sviluppati attorno alla frequentazione della montagna (Milano è micidiale in questo senso), abbia il vantaggio di un timore reverenziale, che aiuta a rischiare di meno.
 
Io in questi casi non giudico mai, troppo facile dall'esterno. Ci vuole poco a predicare bene oggi e razzolare male domani magari finendo sulle cronache di qualche giornale mentre altri su un forum scrivono di quanto sei stato cretino.
Silenzio e rispetto.
Come sempre, le critiche ad una situazione vanno fatte con buon senso e misura e, in tal caso, sono sempre positive.
Invece, trovo profondamente sbagliato l'atteggiamento che proponi e che innesca un meccanismo simile all'omertà mafiosa: io non parlo oggi, perchè domani qualcuno non parli a mio danno; non ho visto nulla, così che nessuno domani veda nulla.
Ok, ma allora questo concetto dovrebbe essere portato all'estrema conseguenza e lasciare la vicenda nel totale silenzio e disinteresse; invece, i legittimi pianti e dispiaceri di conoscenti e familiari, vengono trasformati dalla stampa in un piagnisteo corale isterico, che si compiace della gara a recitare l'epitaffio più struggente, in una ricerca iperbolica dell'emotività pura, in totale detrimento della realtà oggettiva e logica.
Perchè a condannare a morte le ragazze sono state la realtà e la logica.
Quelle con le quali la nostra società vuole far sempre meno i conti, rifugiandosi nell'emotività del "volemose bbene", in cui la responsabilità dell'individuo attore viene sempre azzerata e spostata su altri o sul caso.
Vuoi mettere che bello piangere assieme?
 
A prescindere da buonismo, non buonismo, errori, superficialità questa di Altorilievo è un'opinione che condivido. Sono sicuro che tutti hanno rischiato di trovarsi in situazioni complicate a volte per vari motivo, quindi non condivido che ogni volta che succede qualcosa si punti sempre il dito in un certo modo, senza nemmeno troppo rispetto per le vittime.


Ad esempio sul Monte Rosa tre anni fa, sulla base delle previsioni che facevano intravedere un possibile peggioramento dal pomeriggio, siamo andati lo stesso e, pur in assenza di precipitazioni, ho chiaramente visto di essere stato sfiorato da un fulmine. Il giorno dopo inaspettatamente ci siamo trovati a dover procedere con visibilità azzerata. Qui abbiamo superato la cosa tranquillamente grazie ai membri più esperti del gruppo, io che ero alla prima esperienza ovviamente non avrei saputo cavarmela, ma cosa sarebbe successo se per qualunque motivo le cose fossero andate giusto un po' diversamente? Saremo finiti anche noi a essere giudicati e magari insultati da tutti, con le solite orde di alpinisti, escursionisti e divanisti a chiedere a gran voce il pagamento dei soccorsi senza che conoscessero magari le circostanze.
Non parlo poi degli eventi a cui mi sono trovato da solo
(dico solo che una volta mi sono trovato in una situazione molto molto rischiosa a causa dello stesso genere forse di "sottovalutazione" del rischio, nel senso che vedendo che i siti meteo davano precipitazioni dalle 15 ero salito comunque; invece, erano cominciate alle 12 e ho visto un'escursione relativamente semplice trasformarsi in un incubo, anche perché poi di fronte a certe difficoltà può anche diventare difficile mantenere la calma e la ragione. Poi altre due volte situazioni ugualmente pericolose ma in cui non ho corso lo stesso rischio; alla luce di queste esperienze (ma credo che molti le abbiano avute in qualche momento della loro storia di frequentazione della montagna sinceramente, magari a volte non così gravi ma magari solo per casualità o provvidenza, e magari appunto con un po' di sfortuna in più certe situazioni potevano andare peggio) non vedo perché dovrei giudicare altri in un certo modo con fare sprezzante.
Possiamo solo prendere atto di quelli che sembrano essere stati i loro errori e stare attenti a non replicarli, stop,nient'altro.


Oppure in relazione ai temporali estivi, sui quali due anni fa ho letto i soliti commenti sprezzanti e giudicanti dopo la morte di un escursionista colpito da un fulmine: soprattutto nei trekking di più giorni, in cui magari lungo il percorso non si riescono nemmeno a consultare le previsioni (comunque sappiamo che si tratta di fenomeni difficilmente prevedibili, o almeno difficilmente localizzabili), sappiamo quanto può essere facile trovarsi a che fare con uno di questi fenomeni. Anche quando dalla formazione e dal movimento delle nubi, che magari continuano a formarsi e a dissolversi di continuo dando l'impressione dell'assenza di un peggioramento, non si riesce a capire cosa fare. (E anche se si riesce a capire se sei in mezzo al percorso -sappiamo bene quanto possono essere distanti da un punto qualsiasi eventuali ripari- non è che puoi fare molto)
Sono tutte cose che possono capitare e per cui si possono ricevere dei giudizi da parte di escursionisti ed alpinisti esperti ma anche da parte di persone che non sanno minimamente quello di cui parlano; per cui io consiglio di pensarci bene ed essere prudenti prima di affondare con i giudizi in un certo modo.




"Quando in montagna si consuma una tragedia, puntualmente divampa un focolaio di esperti.

Ammonimenti severi si alternano a osservazioni puntigliose. Il tutto è spesso accompagnato da brevi frase di circostanza, con l'intento di ingentilire il proprio cinismo.

Comprendere come si sono sviluppate certe dinamiche può essere utile per non replicare un eventuale errore o per sapersela cavare in una determinata situazione.
Ma per comprendere bisogna saper ascoltare: innanzitutto chi ha vissuto il dramma in prima persona e poi chi gli è andato incontro per prestargli aiuto.

Sono in tanti, tuttavia, a esprimersi frettolosamente, bruciando le tappe. Perché ascoltare è noioso, mentre puntare il dito può essere molto eccitante.

Non penso siano spinti da uno slancio di protagonismo. Sono invece convinto che, inconsciamente, si sentano in colpa.
L'ambiente alpino, infatti, è caratterizzato da un notevole margine di imponderabilità: questo naturalmente può crescere o diminuire in base alla nostra preparazione. Ciononostante è impossibile azzerarlo.

Così, anche se facciamo fatica ad ammetterlo, ogni volta che saliamo andiamo incontro a qualcosa di impalpabile, di incontrollabile. Ed è proprio questo qualcosa - come scriveva ieri Enrico Camanni - ad arricchire l'esperienza, a farci sentire esploratori in un mondo setacciato in ogni sua piega, in ogni suo anfratto.

Quindi si innesca un meccanismo di autodifesa: stendiamo il braccio e puntiamo l'indice sui nei altrui, come a dire alla nostra coscienza: «Stai tranquilla, io non mi sarei mai trovato in quella situazione!».
Le mentiamo per continuare a vivere quel margine così vago e imprevedibile.

Quanti temporali sfiorati, quante prese rimaste in mano, quante dubbi sulla linea da seguire. Sono situazioni che si ripetono in modo ciclico, ma evidentemente non sono ancora state metabolizzate dalla comunità alpinistica: forse perché l'uomo occidentale, con il suo pragmatismo, tende ad emarginare ciò che non si lascia controllare; forse perché non è ancora tramontata del tutto quell'indole eroica che ha da sempre accompagnato chi insegue le vette.

Bisognerebbe imparare a mettersi a nudo di fronte alla montagna e, più in generale, al mondo.
Bisognerebbe imparare ad ascoltare prima di esprimersi in un giudizio: uno slancio di umiltà per incontrare, nella tragedia, una presa a cui aggrapparsi in caso di bisogno, un insegnamento per vivere i rilievi con maggiore consapevolezza."

di Pietro Lacasella
 
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Purtroppo, per esperienza personale, so come funzionano i media. Avendo 60 anni ed avendo perso 3 amici in incidenti di montagna, posso dire che da 40 anni le cose non sono cambiate molto, ma il piccolo cambiamento è avvenuto in peggio.

Spesso, chi scrive la notizia, lo fa sulla base di informazioni molto incomplete, raccolte qua e là, spesso senza valutare l'affidabilità delle fonti. Spesso, la storia che ci costruisce sopra, non ha nulla a che vedere con quello che è effettivamente accaduto. Perché una "bella" storia, scritta bene, che corrisponda agli archetipi che la massa ha in testa, si vende meglio della realtà, a volte troppo banale per fare notizia.

Quindi, non considerate i giornali come "fonti storiche", ma semplicemente come raccontatori di fòle.

Ciò detto, è umano, per il rispetto che SI DEVE a chi sopravvive, indorare un po' la pillola. Se chiedono "ha sofferto?", la risposta, invariabilmente, è no. Non ce ne sono altre, semplicemente. E così anche per gli incidenti di montagna: per i parenti, sono sempre dovuti a fatalità. Ma in realtà?

Si può imparare da questi incidenti? Si, come stiamo facendo qui. Cercando di inculcare un minimo di rispetto per la montagna. Andare in montagna è rischioso. E' proprio questo il suo bello! Quindi, occorre imparare a correre dei "rischi ragionati". L'unico modo per valutare un potenziale rischio è avere la maggior conoscenza possibile degli eventi avversi che potremmo incontrare.
Per questo invito alla prudenza, sempre.

L'elettronica ed internet sono belli, comodi e semplici. Ma nulla può sostituire l'esperienza. Che si fa un po' alla volta, cercando di sbagliare senza farsi male. A me è capitato di azzeccare (l'ho già raccontato, non mi dilungo) una previsione a breve (2 ore) più accurata di quella emessa dal meteo di Chamonix. Quindi, oltre a guardare il meteo, bisogna saper valutare le condizioni meteo ed il loro evolversi, ad esempio. Un minimo di concetti di base di situazione di "stau" e di "phoen", non serve solo per i corsi valanga, ma per capire come sta cambiando il tempo. E la cosa è molto diversa, se sono sulle Alpi, se sono a 2.000 od a 4.000 metri.
Apprezzo il parallelo che qualcuno ha fatto con l'appennino ligure: anche lì, si danno situazioni in cui masse d'aria con temperature ed umidità diverse si scontrano, con risultati imprevedibili già a 24 ore.
Il meteo orario, tipo modello di previsione, va SEMPRE integrato con l'osservazione sul posto del cielo. Fatta più volte durante il giorno. Ne va della nostra vita.
 
Come sempre, le critiche ad una situazione vanno fatte con buon senso e misura e, in tal caso, sono sempre positive.
Invece, trovo profondamente sbagliato l'atteggiamento che proponi e che innesca un meccanismo simile all'omertà mafiosa: io non parlo oggi, perchè domani qualcuno non parli a mio danno; non ho visto nulla, così che nessuno domani veda nulla.
Ok, ma allora questo concetto dovrebbe essere portato all'estrema conseguenza e lasciare la vicenda nel totale silenzio e disinteresse; invece, i legittimi pianti e dispiaceri di conoscenti e familiari, vengono trasformati dalla stampa in un piagnisteo corale isterico, che si compiace della gara a recitare l'epitaffio più struggente, in una ricerca iperbolica dell'emotività pura, in totale detrimento della realtà oggettiva e logica.
Perchè a condannare a morte le ragazze sono state la realtà e la logica.
Quelle con le quali la nostra società vuole far sempre meno i conti, rifugiandosi nell'emotività del "volemose bbene", in cui la responsabilità dell'individuo attore viene sempre azzerata e spostata su altri o sul caso.
Vuoi mettere che bello piangere assieme?

Discorso alquanto contorto e totalmente insensato, cosa c'entri poi l'omertà mafiosa lo sai solo tu.
Semplicemente è troppo facile criticare dall'esterno ed ergersi a fenomeni della sicurezza in montagna, chissà quante volte le cazzate le hai fatte tu così come le ho fatte io. Personalmente quando ci sono questi incidenti l'ultima cosa che ho voglia di fare è giudicare perché troppe volte in montagna sono stato io a sottovalutare senza rendermi conto dei rischi che invece dal divano di casa è facilissimo individuare.
Puro e semplice rispetto, pura e semplice ammissione di non conoscenza della situazione che hanno vissuto lassù e che credo conoscano a fondo solo loro. Tutto qua, ma mi rendo conto che nell'era della tuttologia sia un atteggiamento anacronistico.
 
Ma non mi è chiaro, se hanno chiamato loro i soccorsi al 99% avevano anche un gps visto che il telefono funzionava e che hanno il gps(quindi almeno 1 a persona)

ribadisco.. non ero lì e non sto giudicando la situazione nello specifico perchè solo i presenti possono farlo.
Come ho detto, ci sono mille variabili: puoi anche avere un telefono che non ti dà le coordinate, avere abbastanza segnale per una chiamata ma non per internet, non sapere trovare le tue coordinate o semplicemente essere nel panico e non avere sufficiente lucidità. nessuno può dirlo.

a parlarne dal divano di casa ovviamente non si ha la completa percezione della situazione
 
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