NANGA PARBAT

Però, a prescindere da come si voglia chiamare, sono anch'io convinto che se l'esito fosse stato diverso anche il tono di buona parte delle opinioni sarebbe stato diverso,
certo xkè semplicemente in me e credo anche in molti altri c'è la rabbia che nasce dal dolore di "una" vita spezzata. (il numero di vite spezzate qui è 2 + "gli interessi")
Sai quell' empatia, quella prudenza che ti viene quando diventi "buon padre di famiglia"? Ecco quello.
Io è un po' che lo vado dicendo che la mia critica non vuole essere un gettare la croce adddosso a loro 2 che hanno sbagliato (sì, l'han fatto, sennò sarebbero arrivati al campo 3), non è un giudicare x screditare, è semplicemente un riflettere sulle proporzioni, sui valori.
Dopodichè credo che in entrambe le tifoserie pro o contro queste imprese ci siano persone che proiettano cose loro sui 2 sfortunati alpinisti. Io cmq cerco di parlare con chi ragiona serenamente della vicenda. E tanto per dire mi fa molto strano vedere chi proietta sulle parole di Moro o Messner una cattiveria che IMHO NON c'è, ce la si proietta ognuno per i proprio motivi (antipatia verso, invidia, mal riposto senso della libertà-guai a chi mi dice contro, ecc ecc)
 
Intervengo solo ora con una osservazione.
Se guardate il documentario della RAI su Bonatti (grande alpinista e grande persona) "al di là delle nuvole", quando parla dell'ascesa al Petit Dru sul M. Bianco ad un certo punto si è trovato davvero in una situazione/punto molto critico, e l'ha superato in modo davvero avventuroso (e un po' fortunoso) lanciando la corda a mo' di "lazo" per diverse volte - diceva almeno 50-60 - fino a quando la stessa si è "miracolosamente" agganciata ad una asperità della roccia.
Il modo con cui Bonatti ha riferito la vicenda fa riflettere, perchè, anche se "ce l'aveva fatta", denotava un grande timore e rispetto per la montagna che aveva superato in quel modo, prendendosi un rischio che razionalmente è sicuramente eccessivo (infatti la corda poteva anche non agganciarsi mai, e lui avrebbe perso le forze cadendo giù).
Voglio dire (in altri termini): ha sfidato la montagna, e gli è andata bene .
 
Intervengo solo ora con una osservazione.
Se guardate il documentario della RAI su Bonatti (grande alpinista e grande persona) "al di là delle nuvole", quando parla dell'ascesa al Petit Dru sul M. Bianco ad un certo punto si è trovato davvero in una situazione/punto molto critico, e l'ha superato in modo davvero avventuroso (e un po' fortunoso) lanciando la corda a mo' di "lazo" per diverse volte - diceva almeno 50-60 - fino a quando la stessa si è "miracolosamente" agganciata ad una asperità della roccia.
Il modo con cui Bonatti ha riferito la vicenda fa riflettere, perchè, anche se "ce l'aveva fatta", denotava un grande timore e rispetto per la montagna che aveva superato in quel modo, prendendosi un rischio che razionalmente è sicuramente eccessivo (infatti la corda poteva anche non agganciarsi mai, e lui avrebbe perso le forze cadendo giù).
Voglio dire (in altri termini): ha sfidato la montagna, e gli è andata bene .

E' esattamente quello che volevo dire io (soprattuto quello che ho grassettato nel tuo intervento). Avendo appena letto il suo libro "Montagne di una vita", ci sono raccontati un sacco di episodi dove qualcosa gli è cascato a 20 cm da lui e non sopra di lui. Quei 20 cm erano la differenza tra la vita e la morte, tra l'eroe e l'incosciente.
Come ho detto prima, a lui è andata bene, quindi eroe.

Ma leggendo quel libro, atti che si potrebbero definire "imprudenze da incosciente" ne sono raccontati parecchi...
 
sì infatti quella del Petit Dru è stato un colpo di testa. Gli darei l' attenuante x quello che gli era successo al K2. Ma rimane una cosa sbaglaita. Come i Messner al Parbat nel '70. E' un andarsi a mettere senza assicurazioni in un vicolo cieco. Diversa @Wombat è la storia dei 1000 sassi ecc caduti vicino, quello è un rischio inalienabile. Negli ultmi anni in Pietra (Bismantova) son crollati dei pilastri. DOPO la transennano, ma se eri sotto a fare 2 passi ci lasciavi le penne. Il rischio 0 non esiste. Però il Dru o la Rupal di Messner sono altro. Come lo è lo sperone Mummery, vai a vedere come è fatto, incastrato nel mezzo di un ghiacciaio enorme, con seracchi grandi come palazzi a strapiombo sulla via sotto. E pensare che d' inverno sia molto meglio è una illusione, cadono anche in inverno eil sole sa spingere molto molto forte.
Cmq non è morto per quello. E' morto probabilmente xkè è andato oltre le sue possibilità e scusatemi ma non era da fare, non in 2 con altri 2 alpinisti che t'han mollato. E che magari invece avrebbero potuto salvarli se ci fossero stati. Non v'è dubbio che si siano assunti un rischio eccessivo, xkè i 2 fattori che cito (seracchi e 2 alpinisti in meno) vanno a sommarsi ai rischi di una normale in un 8000 che è già di per sè molto rischioso e infatti son morti per quest' ultimo motivo: esaurimento da fatica e freddo.
Poi ripeto: non li sto mettendo tra i "cattivi" dell' alpinismo, non butto la croce sulle persone ma sull' impresa. Umanamente li capisco.
 
certo xkè semplicemente in me e credo anche in molti altri c'è la rabbia che nasce dal dolore di "una" vita spezzata. (il numero di vite spezzate qui è 2 + "gli interessi")
Sai quell' empatia, quella prudenza che ti viene quando diventi "buon padre di famiglia"? Ecco quello.
Io è un po' che lo vado dicendo che la mia critica non vuole essere un gettare la croce adddosso a loro 2 che hanno sbagliato (sì, l'han fatto, sennò sarebbero arrivati al campo 3), non è un giudicare x screditare, è semplicemente un riflettere sulle proporzioni, sui valori.
Dopodichè credo che in entrambe le tifoserie pro o contro queste imprese ci siano persone che proiettano cose loro sui 2 sfortunati alpinisti. Io cmq cerco di parlare con chi ragiona serenamente della vicenda. E tanto per dire mi fa molto strano vedere chi proietta sulle parole di Moro o Messner una cattiveria che IMHO NON c'è, ce la si proietta ognuno per i proprio motivi (antipatia verso, invidia, mal riposto senso della libertà-guai a chi mi dice contro, ecc ecc)

Bravo, mi hai tolto le parole di bocca in ogni passaggio, specie i 3 aspetti che ho messo in evidenza.
 
Scusate, a distanza di un po' di tempo dalla tragedia, qualcuno di voi ha capito qual'e' stata la causa tecnica della morte dei alpinisti? Certo non le temute valanghe ma ipotermia immagino.
Ma non potevano scendere? Le condimeteo erano proibitive per una discesa?
 
Ribadisco il concetto che mi ha fatto aprire la discussione, può sembrare folle , pericoloso, sconsiderato, illogico ma quello che spinge quelle persone a intraprendere quel tipo di imprese va al di là della fama o della popolarità e una cosa che hai dentro e non è che non mettano in preventivo l'alta percentuale del rischio (fare gli 8000 e la preparazione di una vita) ma lo fanno lo stesso.
 
L'alpinismo prima di essere uno sport è una filosofia.
La montagna è libertà, ogni alpinista ha un suo fattore di rischio, e c'è ben poco da capire e commentare.
Liberi di decidere dove, quando e come e liberi di morire lassù.
A quei livelli poi, nel professionismo se così possiamo definirlo, quel fattore di rischio è difficilmente comprensibile per le persone comuni tanto questo è elevato; ma rimangono scelte personali ponderate e valutate.

Credo che le discussioni a posteriori di questi eventi tragici siano del tutto sterili. Soprattutto da parte di chi vive la montagna.
 
Scusate, a distanza di un po' di tempo dalla tragedia, qualcuno di voi ha capito qual'e' stata la causa tecnica della morte dei alpinisti? Certo non le temute valanghe ma ipotermia immagino.
Ma non potevano scendere? Le condimeteo erano proibitive per una discesa?
Txikon in un'intervista spiegava come le corde fossero visibilmente in tiro.
Ha ipotizzato una caduta o morte per assideramento. Gelo e condizioni meteo avverse unite allo stremo fisico potrebbero averli finiti proprio li, vicino al loro campo.
 
recuperati i corpi, confermata la valanga

Travolti da una valanga il 16 aprile sull’Howse Peak, nel Parco Nazionale di Banff, in Canada, David Lama, Hansjörg Auer e Jess Roskelley stavano tentando la prima ripetizione di M16 (VI WI7 + A2), una via sulla parete Est della montagna, aperta nel 1999 da Steve House, Barry Blanchard e Scott Backes quando una valanga di forza 3 li ha investiti.

Pare che Jess Roskelley, David Lama e Hansjörg Auer avessero portato a termine anche la loro ultima salita, sulla parete Est del Howse Peak. Dopo il recupero dei loro corpi, nello smartphone dello statunitense sarebbe stata ritrovata un’immagine dei tre alpinisti, scattata alle 12.43 di martedì scorso.

http://www.mountainblog.it/redazionale/recuperati-corpi-hansjoerg-auer-david-lama-jess-roskelley/
 
http://www.mountainblog.it/redazion...ismo-quei-livelli-incredibilmente-pericoloso/

Diciamo che un certo tipo di alpinismo ha insiti notevoli rischi e che bisogna rispettare chi seglie liberamente di correrli, trattandosi di persone tutte mature e con capacità di intendere e volere.

Non mi permetto assolutamente di giudicarli, penso che la maggior parte degli alpinisti preferisca morire così piuttosto che di infarto o diabete, sovrappeso e sul divano di casa.
 
nell alpinismo il limite NON esiste ...

io la penso come lui già , e dirò di più ...
secondo me Messner da un pò di tempo soffre della mancanza di ossigeno che non ha respirato da giovane ... sta farneticando con dichiarazioni che non stanno ne in cielo ne in terra ...
 
nell alpinismo il limite NON esiste ...

io la penso come lui già , e dirò di più ...
secondo me Messner da un pò di tempo soffre della mancanza di ossigeno che non ha respirato da giovane ... sta farneticando con dichiarazioni che non stanno ne in cielo ne in terra ...

Di certo c'è che le imprese possibili ed "impossibili" sono ormai state tutte fatte.

Per essere ricordato, un alpinista deve fare un'impresa nuova che, se fino ad ora non è mai stata fatta, vuol dire che è MOLTO MOLTO diffcile e quindi MOLTO MOLTO rischiosa.

Forse è quello che Messnere intende quando parla di "alpinismo attuale".
 
Di certo c'è che le imprese possibili ed "impossibili" sono ormai state tutte fatte.

Per essere ricordato, un alpinista deve fare una cosa nuova che, se fino ad ora non è mai stata fatta, vuol dire che è MOLTO MOLTO diffcile e quindi MOLTO MOLTO rischiosa.

Forse è quello che Messnere intende quando parla di "alpinismo attuale".
Concordo, di cime non raggiunte ormai c'è poco o nulla, e più nulla che poco, per cui per essere ricordati bisogna fare imprese ai limiti dell'assurdità.

Poi una piccola riflessione sul discorso di correre rischi: se sono da solo, cioé non ho famiglia o affetti, in un certo senso (nel senso che non si è mai completamente soli) sono libero di prendermi tutti i rischi che voglio; ma se ho un famiglia, allora dovrebbe entrare in gioco la responsabilità (lo so che non è di moda), cioé il fatto di valutare la conseguenza, anche potenziale, delle mie azioni su chi mi sta accanto.
 
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