Nel giorno della tragedia dell' Ortles: del morire in montagna

Chi ama la montagna ama la bellezza, l'avventura, e quindi la vita.

Eppure quando succede la Grande Disgrazia mi dispiaccio per chi è rimasto vivo, per chi è a casa ad aspettare un padre, una madre un congiunto, un amico che non tornerà.

Per loro che sono rimasti lassù provo invece un sentimento strano, quel rispetto che hai per chi è morto "con la spada in mano" perché vivere piegato in due non faceva per lui.

Chi li conosceva mi dirà che sono uno stupido, che non è così, che loro di spade e di vivere piegati non sapevano nulla volevano solo farsi una passeggiata lassù.

Eppure resto qui, miseramente vivo, con le dita che picchiettano sulla tastiera, e non riesco a dispiacermi per loro...

Riposino in pace il sonno dei giusti, chiunque fossero certamente meritavano un necrologio migliore di questo, anzi meritavano di starsene stasera a casa o in albergo a bere intorno a un tavolo e a raccontare la loro "passeggiata".
 
Condivido i tuoi pensieri. Credo che per chi pratica la montagna, o l'ha praticata, la morte e il modo in cui morire siano un pensiero che prima o poi arriva alla mente. Non è giusto per chi resta. Non è mai giusto: che sia un incidente in montagna o sulla strada o sul lavoro (e io ne ho visti tanti di morti in tutte le salse) chi resta piange lacrime amare, di disperazione. Ma chi se ne va... è andato.
Non dico che vorrei scegliere il modo di andarmene, ma stimo chi guardandosi indietro può dire di non avere rimpianti.
 
Qualunque attivtà causa dei rischi,penso che sia chiaro. Secondo la mitologia gotica,in parte ripresa da molti gruppi metal,quando qualcuno muore la sua anima resta nel punto dove è morto ed è tanto più potente come "presenza" quanto più era lontano dalla morte per vecchiaia e cause naturali.
Per qualcuno andare in montagna o fare qualunque cosa di diverso dal tongolare a casa davanti a una tv con uno scemeggiato strappalacrime è cercarsi il suicidio. E a me sale la carogna quando sento queste frasi. Ho pianto già qualcuno della foto della scuola elemtare e mi sono girate abbastanza le sfere.
Intanto si muore quando è ora e non prima. Sono fondamentalmente contrario al suicidio perché la vita è troppo corta se vissuta liberamente. Tempo fa parlando di questo argomento con Dario,un palestrato che vendeva amplificatori steg: Lui sosteneva che era un onore morire nella propria auto (in quel caso si parlava di incidente) e dopo aver visto morire mia madre in un piscioso letto di ospedale,bè se il destino ha preparato per me un tir contromano guidato da un ubriaco che spazzi via me e la mia moto ben venga!
Mio zio Mario ,defunto pure lui da parecchi anni sosteneva che il giorno che avrebbe sentito che era la sua ora sarebbe andato con la sua vecchia ford in una boscaglia e si sarebbe portato il cane.
Avrebbe posteggiato,sarebbe sceso e fatto qualche passo a piedi si sarebbe inoltrato negli alberi fin dove poteva arrivare. Si sarebbe seduto e avrebbe detto al cane “vai ,vai e corri,adesso tu perdi il tuo padrone ma guadagni la libertà” . E avrebbe chiuso gli occhi per l’ultima volta.
Purtroppo anche lui è morto in uno squallido letto di ospedale,attaccato alle flebo perché il suo dirimpettaio vedendolo stare veramente male ha chiamato i soccorsi. Ed era già salito col cane in macchina per andare in qualche bosco a morire da uomo libero. Ho tolto il saluto a quel deficiente bigotto il giorno stesso.
Ha tirato avanti con la medicina e gli accanimenti per quasi un mese,soffrendo e facendo facce che si poteva risparmiare. Poi il suo corpo si è arreso.
Ho visto e sentito storie di altre persone che hanno deciso cosa fare di se stessi. Vecchietti che si sono spenti cercando funghi o passeggiando,e poi sul giornale era scritto “deceduto per un malore” oppure “improvvisamente”. Le loro anime invece di vedere lo squallido soffitto di una stanza di ospedale vagano libere. Libere per i posti dove sono morti,perché è lì che resta l’anima. Solo che noi siamo troppo sordi e troppo ciechi per vederla o sentirla. Che sia il posteggio di un supermercato,un orto urbano,una stradina di campagna o una boscaglia. Una vecchia tettoia di una trattoria o una strada nel nulla.
Mi piacerebbe un giorno comprare su e bay una telecamera che li vede,ombre luminose che rischiarano la notte e magari una radio RV4 come usavo a naja con cui poter sentirli e parlarci insieme. O magari poterlo fare liberamente ma sono sicuro che il mio cervello non è abbastanza libero per poterlo fare.
 
D

Derrick

Guest
Mio zio Mario ,defunto pure lui da parecchi anni sosteneva che il giorno che avrebbe sentito che era la sua ora sarebbe andato con la sua vecchia ford in una boscaglia e si sarebbe portato il cane.
Avrebbe posteggiato,sarebbe sceso e fatto qualche passo a piedi si sarebbe inoltrato negli alberi fin dove poteva arrivare. Si sarebbe seduto e avrebbe detto al cane “vai ,vai e corri,adesso tu perdi il tuo padrone ma guadagni la libertà” . E avrebbe chiuso gli occhi per l’ultima volta.
Purtroppo anche lui è morto in uno squallido letto di ospedale,attaccato alle flebo perché il suo dirimpettaio vedendolo stare veramente male ha chiamato i soccorsi. Ed era già salito col cane in macchina per andare in qualche bosco a morire da uomo libero. Ho tolto il saluto a quel deficiente bigotto il giorno stesso.

Ma sei sicuro che le cose siano andate così? Mica ti possono curare senza il tuo consenso, a meno che tu non sia legalmente giudicato incapace di intendere e di volere.
Mi sembra assurdo che uno salga in macchina col cane e arrivi l'ambulanza che lo blocca e lo porta in ospedale.
Se tuo zio è stato ricoverato contro la sua volontà può solo essere perché qualche tuo parente (o il giudice tutelare ecc.) ha deciso al suo posto perché lui non era ritenuto in grado di decidere (legalmente, dico, con interdizione formale).
 
Diciamo che era salito in macchina quasi strisciando,con le gambe gonfie come zamponi e la cirrosi all'ultimo stadio. Gli si era parato davanti al cofano con le sue solite fisime da malato della sicurezza. Ne faceva di ogni tipo. Aveva pure fatto mettere al condominio il parafulmine e il depuratore dell'acqua (che nessuno in paese ha) . E lo ha trattenuto fino all'arrivo dell'ambulanza chiamata con l'odioso telefonino che tutti abbiamo (bè quasi tutti...tranne me di sicuro).
Dovevi conoscerlo,quel tizio. Un giorno ero andato a trovare mio zio con la moto e si è permesso di farmi una ramanzina perchè ero con i pantaloni corti e secondo lui in moto si cade sempre e ci si fa sempre male. Ma chi ti ha mai visto,mai conosciuto e mai parlato insieme...Meno male che due anni dopo il suo pancreas è stato più intelligente di lui e con un cancro se l'è portato via. Certe persone sono insopportabili.
 
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Sinceramente se uno potesse decidere almeno come, se non quando, passare a miglior vita forse il passaggio potrebbe essere più sereno anche se, ne sono convinto, se uno sapesse il "quando" non credo che vivrebbe così bene ..... ma visto che per fortuna, o sfortuna, in linea di principio non conosciamo nè il come nè il quando ognuno se la gioca come meglio crede o più comunemente senza pensare a quel giorno almeno sino a quando si è in salute o l'età non te lo ricorda ovviamente parliamo di vita "normale" in una situazione socio politica "normale".

Indubbiamente morire nel proprio letto, in casa propria o comunque in un luogo più "intimo" che un ospedale, credo che in molti lo preferirebbero però non sò se accetterei di rischiare di mettere in pericolo qualcuno per una scelta mia personale anche se potrebbe essere l'ultima.

Non voglio esprimere un giudizio nei confronti di nessuno, nè dell'oggetto del thread nè del racconto di @busdriver per cui non fraintendete il mio senso dell'affermazione di prima, questo è il mio pensiero nulla di più e molto sinceramente credo che affronterò meglio quel momento non in relazione al posto ma bensì in base a chi ci sarà vicino a me.

Ciao :), Gianluca
 
Comfermo anche io che sono scelte ponderate e difficili. Di quel fatto mi sono state riportate almeno 5 versioni diverse da altrettante persone diverse,quindi va bene per magari scriverci una canzone sopra (lavori in corso) ma non per espirmere giudizi oggettivi al 100% .
Anzi ultimamente la percentuale del 100% di sicurezza su qualcosa la vedo moolto raramente in tanti campi,quasi in tutti.purtroppo
 
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La gente muore improvvisamente, in montagna come altrove; non so se andarsene perché investiti da un ubriaco o per aver messo male un piede su una cengia siano diversi. Almeno, l'esito è lo stesso.
Ma vorrei raccontarvi una storia.
Qualche mese fa stavo lavorando al sito del progetto del mio ostello (cosa che qui vi risparmio...) e volevo aggiungere un link a quel posto meraviglioso che è Salecina, al Maloja, in Svizzera. Per chi lo conosce da anni, lo apprezza e magari lo frequenta ogni tanto, non v'è da aggiungere altro, per gli altri...
Dopo essere andato a controllare l'indirizzo web mi sono soffermato a leggere le news del posto, scorrendole a ritroso, fino a incontrare la notizia della morte di una ragazza - 28 anni, mi pare - che faceva parte dello staff, conosciuta due o tre anni prima.
Era caduta scivolando sulle prime nevi di un sentiero, sarà un anno tra poco. Dicono abbia volato per 200 metri prima della botta finale. Lo so cambia poco, ma immaginare quegli ultimi istanti di un'amica mi ha messo i brividi, e ancora me li mette, quando ci penso.
Non ho dormito bene quella notte, e so che la prossima volta che andrò da quelle parti ci penserò, a quella persona, e molto: io ne ricordo i modi gentili, il sorriso, l'intelligenza del mondo che traspariva da ciò che diceva e faceva; e il piacere di guardarla negli occhi con la sensazione di aver di fronte una bella persona, bella dentro, come si dice. Ora c'è tutto quel che rimane dopo, che ciascuno di noi che ha vissuto un lutto conosce (anche se tendiamo a dimenticare tutto in fretta).
E ci sono anche altre persone, amici, conoscenti, che se ne sono andati così di botto... è un po' diverso dai fugaci pensieri che si allineano quando si arranca su un sentiero, e si scorge una lapide, una foto un po' attonita, le solite frasi sul paradiso o la vita eterna, o il ricordo imperituro dei rimasti; appena il tempo di fare il conto dell'età di quella "vittima della montagna", e il ricordo scivola via, cancellato dall'acido lattico.
Certo che è diverso, se lo conosci: non puoi evitare il vuoto che la sua scomparsa lascia dentro il tuo paesaggio interiore. Magari anche solo per non aver fatto una telefonata, o inviata una mail, o accettato un invito; e sarebbe stato l'ultimo.
Sono queste,io credo, le cose che fanno invecchiare veramente: scoprire che il nostro paesaggio si riempie di vuoti. E ogni volta viene da pensarci:
"vivi come se dovessi morire domani, pensa come se dovessi vivere per sempre"
 
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