odissea di due gattini

…una mattina di una settimana fa, ho raccolto il capezzale di un gatto nero, colpito alla testa da un’auto, era uno dei due gatti che scorrazzavano in un benzinaio davanti alla mia ditta. Erano sempre insieme ed erano schivi e scaltri, malgrado le auto correvano numerose, ormai sapevano bene come starne lontani.
Non quel giorno evidentemente così, mestamente, l’ho raccolto e riposto in un cassonetto (lo so che avrebbe meritato un posto di sepoltura, ma in quel frangente non ho saputo scegliere di meglio).
L’indomani, odo un miagolio continuo, sordo e greve, era l’altro gatto che chiamava continuamente l’altro, lo cercava disperatamente.
Il giorno dopo ancora, il proprietario del distributore, quando gli ho detto che uno dei suoi gatti era morto, mi ha detto che quello morto era ….una gatta e aveva da poco partorito.
Mi si è gelato il sangue e ho cominciato una ricerca forsennata per rintracciare la cucciolata.
Quando la trovo, appollaiati sotto un pino e sopra un letto di aghi asciutti e morbidi, vedo tre gattini piccolissimi ed inermi che chiamavano invano la mamma. Uno di loro era già freddo e morto. Gli altri due, avevano ancora gli occhietti chiusi, avevano non più di quattro cinque giorni.
Li raccolgo, li metto in una scatola e trovo una siringa ed un po’ di latte e provo un primo tentativo di nutrirli.
Ovviamente li porto a casa dove c’è Anna ancora convalescente e spero che abbia voglia di pensare un poco a loro.
Il nostro gattone, non li accetta e sbuffa nervoso attorno al cestino di paglia con dentro i frugolini avvolti in una maglia di lana ed un manicotto di pelo.
La sera, per passare la prima notte, gli metto sotto il morbido lettino una borsa d’acqua calda ed infatti si calmano ma, ogni ora e mezza, immancabilmente, squarciano il silenzio della notte con degli stridii incredibili ed io, giù dal letto per rimboccargli il giaciglio e dargli un po’ di latte.
Dormito nulla in pratica.
Il primo giorno a casa, lo passano tranquilli, sempre ovviamente miagolando forte ogni volta che hanno fame e la sera, mi procuro latte in polvere ed un biberon piccolissimo al posto della siringa.
Per scaldargli il giaciglio uso anche lo scaldino che porto in montagna in cui accendo un bastoncino di carbone.
Anna tutto il giorno ha quasi tenuto incessantemente i gattini in braccio, solamente così si tranquillizzavano, sembrava quasi che stare appoggiati al petto e forse udendo il battito del cuore, avevano sentore della loro Mamma naturale.
Altra notte, ma il nostro pensiero era di preoccupazione, come avremmo potuto portare avanti due creature così piccine senza la più pallida esperienza? Oltre tutto il nostro gattone, soffriva e se ne stava ormai alla larga, anche da noi che forse gli sembrava che lo stavamo tradendo.
Ma poi,…anche se avremmo portato a compimento dopo settimane di notti in bianco, lo svezzamento, sapevamo che non avremmo potuto tenerli,…bisognava trovare una soluzione.
Così, iniziamo a chiedere in giro se qualcuno era disposto a prendersi cure degli infanti, anche accompagnando l’adozione con qualche soldo e al limite garantendo che avremmo ripresi i mici una volta grandicelli per trovargli una adeguata sistemazione.
Nulla, neanche il canile municipale li può prendere, non hanno personale ne risorse economiche.
La seconda notte, dormo direttamente sul divano del soggiorno, con il cestino sotto di me in modo che allungando una mano, li tocco e li tranquillizzo. Altra lunga notte insonne.

Trovo una mia amica che vive in campagna, ha molti gatti, 11 ed una è una gattina che ancora allatta mici di due mesi quindi, ormai quasi completamente svezzati; proviamo a vedere se accetta anche questa fatica. Nulla. Li lasciamo una notte lì da lei in una piccola stanzina adiacente la casa, con la speranza che i loro pianti impietosiscano la gatta ma anche l’apprensione che gli stessi, attirino faine e volpi o anche topi che avrebbero sicura vita e pasto facile. Li abbiamo coperti per bene, la solita borsa dell’acqua calda e nutriti la sera, per una lunga notte forse da soli, ancora una volta.
Così è stato, la gatta non li ha accuditi, poverina, già ha cinque gattini sanissimi che poppano e la fatica che Lei deve sopportare per la sua prole è ancora tanta e non si sente di pensare ad altro,…chissà che cosa prova una gatta a sentire i pianti di due gattini inermi sapendo che non può pensare anche a loro.
Questa mattina, come d’accordo, la mia amica mi manda il messaggio che non avrei voluto leggere, devo tornare da loro e riprenderli, come promesso. Già mi rivedo a passare le notti in bianco ad accudire le povere bestiole e dentro di me penso a quanti mi hanno detto “lasciali, tanto non sopravvivono. Ammazzali tanto non ce la fanno”.
La mia coscienza mi impone di averne cura ma so anche che non posso tirare così a lungo, so che non potrei.
Mestamente mi avvio a ritornare a casa e penso a dove attaccare bigliettini in cui chiedo di qualcuno che possa prendersi cura di loro.

Lungo la strada noto una casa di campagna, c’è una recinzione all’interno dove scorrazzano tre canoni, guardo meglio e noto che dietro di loro c’è un’altra grande recinzione piena di gatti. Mi fermo e ovviamente penso di trovarmi davanti alla occasione giusta.
Giro qualche minuto lì nell’aia, nessuno si affaccia, nessun segno di persone. Mi viene l’idea di lasciare tutto lì, biberon, gattini, latte in polvere, cestino, acqua calda e il mio biglietto di aiuto con dentro venti miseri euri.
Mentre mi avvicino con il cestino in mano, si affaccia un ragazzo in evidente stato di “sonnolenza”.
Gli chiedo aiuto e spiego il mio dramma e quello peggiore dei due orfani.
Spiego che lascio il mio cellulare in modo che se avranno problemi o bisogno di aiuto, rimarrò disponibile.
Lui dice che ha quaranta gatti e una decina di cani, tutti trovatelli o provenienti dal canile dove la sua ragazza lavora. Altre volte hanno avuto questa esperienza e se la sono cavata quindi accetta.
Seppure inconsciamente la mia coscienza si sente soddisfatta, il magone che mi porto dentro non riesco ancora adesso a mandarlo giù.
Mi dico tutt’ora che non potevo lasciarli lì in quel loro giaciglio dove erano nati ma non riesco ancora ad accettare il fatto che….non ci riesco a prendermi cura io stesso di loro a causa della vita frenetica che viviamo.
RINGRAZIO PUBBLICAMENTE QUESTA GIOVANE COPPIA CHE DELLA SUSSISTENZA E DELL’AMORE VERSO GLI ANIMALI, NE HANNO FATTO LA LORO ESISTENZA.
 
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millamilla

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Mi dico tutt’ora che non potevo lasciarli lì in quel loro giaciglio dove erano nati ma non riesco ancora ad accettare il fatto che….non ci riesco a prendermi cura io stesso di loro a causa della vita frenetica che viviamo. RINGRAZIO PUBBLICAMENTE QUESTA GIOVANE COPPIA CHE DELLA SUSSISTENZA E DELL’AMORE VERSO GLI ANIMALI, NE HANNO FATTO LA LORO ESISTENZA.

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