Vi vorrei postare la traduzione di un documento dell'Università di Calgary, Canada, dipartimento di Ricerca sull'Artico, che riguarda i ricoveri scavati nella neve.
Lo metto qui, nella sezione sul trekking, perchè in effetti non si tratta di sopravvivenza, ma di una situazione normalissima quando si decide di passare più giorni all'aperto in inverno. Dormire in ricoveri scavati nella neve è infatti pratico, sicuro e garantisce molto più comfort termico di qualsiasi tenda. E' una tecnica usata praticamente da sempre, e solo recentemente è stata trasformata in tecnica survival, in realtà non lo è affatto.
Non riporto l'intero documento, che comunque può essere reperito qui: http://www.bsa14.org/ResourceFiles/Snow_Shelters.pdf , ma solo le parti salienti.
Le unità di misura sono state convertite da anglosassoni a metriche, per quello sono così strane, con i decimali.
Omissis
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A questo punto si parla della costruzione di un ricovero a forma di cupola, studiato per dare ricovero a più persone. Si studiano vari metodi, sia con blocchi di neve, sia con neve farinosa che deve prima essere compattata, sia con neve farinosa accumlata (come per i Quenzee). Queste tecniche non ci interessano, visto che costruire un ricovero del genere è estremamente lungo e faticoso. A volte questi ricoveri crollano mentre si sta scavando, o anche dopo essere stati completati. Richiedono inoltre grosse quantità di neve.
Si elencano poi una serie di misurazioni, prese nell'arco di 11 giorni, che evidenziano come, anche con temperature esterne attorno ai -46° C la temperatura interna rimane sostanzialmente stabile attorno ai -7° C.
Una cosa comunque interessante è la tecnica seguente, valida se lo strato di neve è tanto ridotto da non permettere di scavare una trincea, rendendo necessario provvedere a costrire una parte del ricovero sopra la superficie del manto nevoso: si scava una trincea nella neve che c'è, fino ad arrivare al terreno, si accatastano dentro ramaglie, zaino... fino a formare una specie di montagnola grande possibilmente come lo spazio libero che si vuole ottenere, tutto coperto con un telo o un poncho, e si copre con almeno 30 centimetri di neve, che non va assolutamente compattata. Si lascia infatti compattare da sola per almeno un'ora, meglio per tutta la notte, e poi, da un lato, si inizia a scavare fino a raggiungere i materiali accumulati. Si tolgono e si finisce di rifinire l'interno. Così il lavoro di scavo si riduce, e si può utililzzare neve normale invece di neve compattata a blocchi.
Viene illustrato il processo detto Depth Processing, o sublimazione inversa, per cui la neve smossa e accatastata, con strati di neve più calda e altri di neve più fredda, tende naturalmente a compattarsi e ad unirsi, creando ponti di ghiaccio fra i singoli cristalli. Questo processo naturale permette a neve farinosa di coedere e sostenersi quando scavata all'interno. E' importante alternare badilate di neve presa in superficie con altre di neve presa in profondità, in modo da aumentare il differenziale termico fra gli strati e quindi la sublimazione inversa.
Viene analizzato il fattore di isolamento della neve alle varie densità (maggiore il valore, minore il fattore di isolamento: un valore 0 vuol dire che il calore non passa affatto, quindi isolamento totale). Naturalmente non è la neve che isola, ma l'aria intrappolata all'interno di essa, quindi la neve più asciutta e farinosa isola meglio di quella pesante e compatta, umida. L'isolamento della neve va da 6,4 per neve molto umida e compatta a 1,52 per neve secca e farinosa. Per confrontare, la roccia ha un fattore di isolamento molto minore, pari a 15 (più del doppio!!!), il terreno asciutto 3,3, la segatura 1,2 e la lana di roccia, uno degli isolanti edili per eccellenza, 0,94. Si può quindi capire come l'isolamento offerto dalla neve leggera sia molto elevato, e che quindi meno la neve è compressa e meglio isola.
Ma quello che interessa a noi, per la velocità e facilità di costruzione anche senza attrezzi e per la possibilità di essere eretto anche con poca neve, è la trincea di neve, il classico "loculo" scavato nella neve e coperto prima con rami e, se possibile, un poncho e poi uno strato di neve. Faccio un riassunto, perchè le cose importanti sono poche, e comunque ben conosciute.
La cosa fondamentale è che la neve che copre lo scavo, il tetto, deve essere di almeno 30 cm, e non deve essere assolutamente compattata, ma il più soffice e farinosa possibile, perchè è l'aria intrappolata che isola, e più la neve è compatta, meno aria contiene.
Lo scavo deve essere circa 60 cm di profondità, 75 cm di larghezza, 2 metri di lungheza. Se il fondo è ricoperto di ramaglie per isolare (quando mancano adeguati materassini), allora di conseguenza lo scavo dovrà essere maggiore. Ma maggiore è lo scavo maggiore è l'aria da scaldare e minore la capacità di trattenere il calore.
Servono almeno 30 cm di ramaglie per isolare il corpo dal pavimento, e una volta compresse queste diventano circa 1/3 dello spessore iniziale.
E' meglio, se possibile, scavare fino a raggiungere il terreno sottostante, o avvicinarsi ad esso, perchè il suolo contribuirà a scaldare l'interno.
Se possibile, il pavimento dovrà essere a un livello superiore dell'ingresso.
Questo ricovero, con un occupante e la porta chiusa da un blocco di neve, con un foro di aerazione sul tetto, ha evidenziato una temperatura interna fra i -6.6 e i -4.4° C a fronte di una temperatura esterna di -20.5° C, con risultati migliori dell'Igloo e del Quenzee. A temperatre esterne minori la temperatura interna dovrebbe comunque rimanere invariata.
Secondo i test, una trincea di neve risulta essere termicamente più efficiente di un ricovero a cupola (Quenzee o Igloo o caverna di neve), ha meno perdita di calore dovuta alla convezione, sia naturale che causata dal vento, ed è meglio isolata a causa dello spessore notevole delle pareti.
Una semplice candela accesa all'interno può contribuire ad innalzare la temperatura.
Le conclusioni sono scontate. Come dice il documento, chi già conosce la trincea di neve sa perfettamente quanto possa essere termicamente confortevole (sempre in realzione al clima estremamente freddo, naturalmente) dormirci dentro. Questo tipo di ricovero inoltre si costruisce in breve tempo, anche senza attrezzi, e anche con poca neve, anche solo una 30ina di centimetri. Ed è più caldo di una tenda, anche la più costosa.
Ok, spero di aver contribuito a rendere meno paurosa questa esperienza. Adesso chi se la sente può cominciare l'ambientamento al freddo e la preparazione dei materiali, che fra un paio di mesi io comincio ad andare, e siete tutti benvenuti. E' un'esperienza straordinaria, di silenzio, misticità, tranquillità e pace assoluti, purezza. Un'esperienza che non si può non provare. Un'esperienza che, se provata, provoca dipendenza!!!
Lo metto qui, nella sezione sul trekking, perchè in effetti non si tratta di sopravvivenza, ma di una situazione normalissima quando si decide di passare più giorni all'aperto in inverno. Dormire in ricoveri scavati nella neve è infatti pratico, sicuro e garantisce molto più comfort termico di qualsiasi tenda. E' una tecnica usata praticamente da sempre, e solo recentemente è stata trasformata in tecnica survival, in realtà non lo è affatto.
Non riporto l'intero documento, che comunque può essere reperito qui: http://www.bsa14.org/ResourceFiles/Snow_Shelters.pdf , ma solo le parti salienti.
Le unità di misura sono state convertite da anglosassoni a metriche, per quello sono così strane, con i decimali.
L'uso di neve naturalmente compattata come materiale di costruzione ha una lunga storia, principalmente presso gli Eskimo dell'Artico Centrale Canadese. Stefansson (1944) e altri hanno descritto tecniche ed attrezzi usati dagli Eskimo per la costruzione di case comuni a cupola fatte con blocchi di neve. Relativamente poco invece si sa riguardo alle proprietà termiche e strutturali delle costruzioni di neve.
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Alcune misure della temperatura, registrata a vari livelli all'interno di una casa di neve abitata, in effetti sono già state prese (Stefansson nel 1944, Mathiasen nel 1928 ). Koppes nel 1948 ha discusso alcuni aspetti delle caratteristiche termiche delle case di neve e, facendo vari assunti, ha stimato il calore necessario a mantenere una differenza di 27,7° Celsius fra l'aria interna e quella esterna. Egli ha calcolato che il calore del metabolismo di quattro occupanti era sufficiente a mantenere tale differenza di temperature in una casa di neve con queste caratteristiche: costruzione a cupola con blocchi di neve, con ingresso e trincea esterna costruiti a un livello inferiore di quello del pavimento interno in modo da intrappolare il calore, volume interno di 12,19 metri cubi, diametro del pavimento 3,3 metri, spessore medio delle pareti 22,5 cm, velocità del vento esterna 45 km/h, e un cambio completo dell'aria interna ogni ora per diffusione attraverso la porta aperta, senza fori di ventilazione sul tetto.
Queste stime confermano le osservazioni di chi, familiare con questo tipo di ricoveri, ne ha rimarcato la notevole capacità di proteggere dal vento e dalle basse temperature.
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Recenti studi mettono in luce il vantaggio sostanziale che può essere ottenuto sfruttando il flusso di calore dello strato subniveo, che si muove dal terreno relativamente caldo e che passa attraverso la coltre di neve. Misure della temperatura registrate sotto la coltre di neve nelle foreste di abeti delle zone interne dell'Alaska hanno dato risultati nell'ordine di -6,6 fino a -3,8° Celsius. Queste temperature sono sostanzialmente stabili anche con neve profonda meno di 30 cm e con temperatura dell'aria alla superfice fino a -48,3° C. La temperatura dello strato subniveo risulta variare considerevomente con il variare del tipo di superficie del terreno, ed è maggiore sopra erba e muschio e inferiore su terreno nudo, ma sempre ben al di sopra della temperatura dell'aria alla superficie.
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E' stato frequentemente rilevato che, nelle regioni artiche, la temperatura nelle valli o nelle depressioni è generalmente più bassa che nelle adiacenti colline o sulle creste. La differenza, in assenza di vento, può variare da 11,1 a 16,6° C. Gli svantaggi di costruire un ricovero sul fondo delle valli o di dormire in un semplice buco sono evidenti.
L'uso pratico di questi microclimi diventa importante quando il combustibile deve essere razionato o non è disponibile. Il successo nell'utilizzare questo calore del terreno per alzare la temperatura di un ricovero richiede però che questo sia ben isolato, e la neve è un materiale isolante efficiente e abbondante. Il suo uso può dare un vantaggio termico considerevole, così che la sopravvivenza, all'interno di un relativamente caldo ricovero di neve efficacemente costruito, diventa possibile anche con un minimo di vestiario e di equipaggiamento. L'utilizzo di un ingresso più basso del pavimento, che intrappoli il calore, o una porta fatta con blocchi di neve è, naturalmente, essenziale.
A questo punto si parla della costruzione di un ricovero a forma di cupola, studiato per dare ricovero a più persone. Si studiano vari metodi, sia con blocchi di neve, sia con neve farinosa che deve prima essere compattata, sia con neve farinosa accumlata (come per i Quenzee). Queste tecniche non ci interessano, visto che costruire un ricovero del genere è estremamente lungo e faticoso. A volte questi ricoveri crollano mentre si sta scavando, o anche dopo essere stati completati. Richiedono inoltre grosse quantità di neve.
Si elencano poi una serie di misurazioni, prese nell'arco di 11 giorni, che evidenziano come, anche con temperature esterne attorno ai -46° C la temperatura interna rimane sostanzialmente stabile attorno ai -7° C.
Una cosa comunque interessante è la tecnica seguente, valida se lo strato di neve è tanto ridotto da non permettere di scavare una trincea, rendendo necessario provvedere a costrire una parte del ricovero sopra la superficie del manto nevoso: si scava una trincea nella neve che c'è, fino ad arrivare al terreno, si accatastano dentro ramaglie, zaino... fino a formare una specie di montagnola grande possibilmente come lo spazio libero che si vuole ottenere, tutto coperto con un telo o un poncho, e si copre con almeno 30 centimetri di neve, che non va assolutamente compattata. Si lascia infatti compattare da sola per almeno un'ora, meglio per tutta la notte, e poi, da un lato, si inizia a scavare fino a raggiungere i materiali accumulati. Si tolgono e si finisce di rifinire l'interno. Così il lavoro di scavo si riduce, e si può utililzzare neve normale invece di neve compattata a blocchi.
Viene illustrato il processo detto Depth Processing, o sublimazione inversa, per cui la neve smossa e accatastata, con strati di neve più calda e altri di neve più fredda, tende naturalmente a compattarsi e ad unirsi, creando ponti di ghiaccio fra i singoli cristalli. Questo processo naturale permette a neve farinosa di coedere e sostenersi quando scavata all'interno. E' importante alternare badilate di neve presa in superficie con altre di neve presa in profondità, in modo da aumentare il differenziale termico fra gli strati e quindi la sublimazione inversa.
Viene analizzato il fattore di isolamento della neve alle varie densità (maggiore il valore, minore il fattore di isolamento: un valore 0 vuol dire che il calore non passa affatto, quindi isolamento totale). Naturalmente non è la neve che isola, ma l'aria intrappolata all'interno di essa, quindi la neve più asciutta e farinosa isola meglio di quella pesante e compatta, umida. L'isolamento della neve va da 6,4 per neve molto umida e compatta a 1,52 per neve secca e farinosa. Per confrontare, la roccia ha un fattore di isolamento molto minore, pari a 15 (più del doppio!!!), il terreno asciutto 3,3, la segatura 1,2 e la lana di roccia, uno degli isolanti edili per eccellenza, 0,94. Si può quindi capire come l'isolamento offerto dalla neve leggera sia molto elevato, e che quindi meno la neve è compressa e meglio isola.
Ma quello che interessa a noi, per la velocità e facilità di costruzione anche senza attrezzi e per la possibilità di essere eretto anche con poca neve, è la trincea di neve, il classico "loculo" scavato nella neve e coperto prima con rami e, se possibile, un poncho e poi uno strato di neve. Faccio un riassunto, perchè le cose importanti sono poche, e comunque ben conosciute.
La cosa fondamentale è che la neve che copre lo scavo, il tetto, deve essere di almeno 30 cm, e non deve essere assolutamente compattata, ma il più soffice e farinosa possibile, perchè è l'aria intrappolata che isola, e più la neve è compatta, meno aria contiene.
Lo scavo deve essere circa 60 cm di profondità, 75 cm di larghezza, 2 metri di lungheza. Se il fondo è ricoperto di ramaglie per isolare (quando mancano adeguati materassini), allora di conseguenza lo scavo dovrà essere maggiore. Ma maggiore è lo scavo maggiore è l'aria da scaldare e minore la capacità di trattenere il calore.
Servono almeno 30 cm di ramaglie per isolare il corpo dal pavimento, e una volta compresse queste diventano circa 1/3 dello spessore iniziale.
E' meglio, se possibile, scavare fino a raggiungere il terreno sottostante, o avvicinarsi ad esso, perchè il suolo contribuirà a scaldare l'interno.
Se possibile, il pavimento dovrà essere a un livello superiore dell'ingresso.
Questo ricovero, con un occupante e la porta chiusa da un blocco di neve, con un foro di aerazione sul tetto, ha evidenziato una temperatura interna fra i -6.6 e i -4.4° C a fronte di una temperatura esterna di -20.5° C, con risultati migliori dell'Igloo e del Quenzee. A temperatre esterne minori la temperatura interna dovrebbe comunque rimanere invariata.
Secondo i test, una trincea di neve risulta essere termicamente più efficiente di un ricovero a cupola (Quenzee o Igloo o caverna di neve), ha meno perdita di calore dovuta alla convezione, sia naturale che causata dal vento, ed è meglio isolata a causa dello spessore notevole delle pareti.
Una semplice candela accesa all'interno può contribuire ad innalzare la temperatura.
Le osservazioni descritte mostrano che il maggior vantaggio di un ricovero di neve deriva dal fatto che una sacca di aria isolata viene scaldata dal calore derivante dalla riserva di calore della terra. Ma nonostante la relativamente alta temperatura interna di un ricovero di neve se confrontata con quella esterna, gli occupanti possono comunque perdere una notevole quantità di calore. Siccome c'è molta poca convezione all'interno di tali ricoveri, i maggiori fattori che possono provocare la perdita di calore sono la radiazione delle pareti e la conduzione del pavimento. Il calore perso dalla radiazione con le pareti può essere ridotto isolando le pareti stesse. La barriera più efficace è quella con bassa emissività, come il foglio di alluminio, ma un tessuto comunque può aiutare. La barriera ha anche il vantaggio di impedire alle pareti interne di congelare, con conseguente perdita di potere isolante. La perdita di calore con il terreno può essere ridotta con l'utilizzo di ogni materiale isolante posto sotto il corpo. La perdita di calore è relativamente alta quando si usa un materassino ad aria da solo, probabilmente perchè la radiazione e la convezione passano attraverso il materassino. Questo può essere ridotto mettendo vestiti o altro materiale isolante fra il corpo el materassino.
Quando il ricovero di neve è riscaldato con un fornello è necessario provvedere una adeguata ventilazione. Il semplice espediente di fare un foro nel tetto e tenere la porta aperta è solitamente sufficiente.
Le conclusioni sono scontate. Come dice il documento, chi già conosce la trincea di neve sa perfettamente quanto possa essere termicamente confortevole (sempre in realzione al clima estremamente freddo, naturalmente) dormirci dentro. Questo tipo di ricovero inoltre si costruisce in breve tempo, anche senza attrezzi, e anche con poca neve, anche solo una 30ina di centimetri. Ed è più caldo di una tenda, anche la più costosa.
Ok, spero di aver contribuito a rendere meno paurosa questa esperienza. Adesso chi se la sente può cominciare l'ambientamento al freddo e la preparazione dei materiali, che fra un paio di mesi io comincio ad andare, e siete tutti benvenuti. E' un'esperienza straordinaria, di silenzio, misticità, tranquillità e pace assoluti, purezza. Un'esperienza che non si può non provare. Un'esperienza che, se provata, provoca dipendenza!!!
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