In questi giorni il mondo dell’alpinismo è stato in fibrillazione per le notizie che arrivavano dalla Patagonia, precisamente dal Cerro Torre, soprannominato da Messner il “grido di pietra”. Prima due americani hanno schiodato la via aperta da Cesare Maestri nel 1970 e una settimana dopo il giovanissimo climber austriaco David Lama ha scalato il libera tale via, questi fatti rimarranno per sempre nella storia dell’alpinismo.
Queste montagne anche se non altissime (poco più di 3000 mt) sono giudicate le più difficili al mondo. Kammerlander a proposito della Patagonia scrive “bisogna attrezzarsi per la salita come si andasse sulle Alpi, ma difendersi dal cattivo tempo come sull’Himalaya”. Strana razza l’alpinista Patagonico: giorni e settimane in attesa al campo base per sperare nel bel tempo , e quando arriva (se arriva) avere una forza esplosiva per due/tre giorni di scalata.
….la mia mente non poteva che essere lì: in testa, questi giorni, ho il ricordo nitido di quelle guglie di granito che s’innalzano beffarde verso il cielo sferzato da venti fortissimi. Così oggi mi sono messo ad osservare quelle foto e rileggere il vecchio diario di viaggio e la coincidenza ha voluto che fosse proprio il 30 gennaio di 7 anni fa. Mi sono chiesto: perché non condividerlo? …dal diario di allora:
E' stato un trekking indimenticabile e molto molto fortunato. Siamo riusciti a vedere sia il Fitz Roy che il Cerro Torre, cosa molto rara: queste vette, la maggior parte dei giorni, anche in estate australe, sono sempre coperte dalle nubi.
Abbiamo camminato molto e carichi di queste cose: una tenda, due materassini, due sacchi a pelo, un fornello, una bomboletta a gas, due casseruole, una padella, due forchette, due cucchiai, quattro bustine di cibo schifoso-liofilizzato, un salame, un formaggio e quattro pezzi di pane... siamo riusciti ad arrivare al cospetto del Fitz Roy e Cerro Torre...
le foto:
Partiamo con un bus di linea alle 6 di mattina da El Calafate per raggiungere El Chalten da dove inizia il trekking per il campo base al Fitz Roy e del Cerro Torre, il paesaggio comunque è stupendo: si costeggiano fiumi dai contrasti bellissimi
Sono circa 200 km di strada sterrata, asfaltata solo a tratti, poco dopo si presenta ai nostri occhi il profilo inconfondibile del Fitz Roy
Il Fitz Roy, magicamente sgombro da nubi, mentre il Cerro Torre, sulla sinistra, si nasconde.
Da questo punto inizia il sentiero, abbiamo zaini da 25 litri carichi di tutto per affrontare tre giorni e due notti in autonomia. A El Chalten ce la prendiamo comoda: compriamo le ultime cibarie e soprattutto ci facciamo una bistecca ai ferri alta 5 cm
Costeggiamo una valle solitaria
Il sentiero sale molto dolcemente, tra i pini mughi. Per ora il famoso vento patagonico non si fa sentire. Ci avviciniamo sempre di più al Fitz Roy
Il paesaggio cambia in continuazione
Dopo circa due ore e mezza arriviamo al Campo Poincenot
Prima della cena ci facciamo un giro nei dintorni.
Nell’attesa della cena, ci facciamo un buon Mate come vuole la tradizione argentina. La notte è stata fredda e ho dovuto scaldare l’acqua e metterla nella boraccia in alluminio e usarla dentro il sacco come scalda piedi. Ogni tanto, nel silenzio della notte, dei boati fortissimi ci facevano sussultare: era il ghiaccio che precipitava dal ghiacciaio verso i laghi sottostanti
L’indomani, affrontiamo un sentiero chiuso agli escursionisti e sassoso che ci porterà alla Laguna Susia
Si arriva alla Laguna Susia
Laguna Susia: con noi si unisce Jack, un simpatico e solitario Trekker americano
La Laguna Susia: siamo soltanto noi
Rientrando al Campo Poincenot: qualcosa nel cielo, un’aquila?
Nel pomeriggio risaliamo i 500 mt di dislivello fino al cospetto del Fitz Roy
La Laguna de Los Tre con dietro il Fitz Roy
La Laguna Susia vista dall’alto, dove eravamo la mattina
Le due lagune a confronto, ognuna alimentata dal suo ghiacciaio pensile e un ruscello tra le rocce che le unisce
Tra le due lagune e dietro il Fitz Roy
…si vede che sono felice??
I bellissimi colori della Laguna de los Tres
Si scende al campo
L’indomani un sentiero ci porta dal Campo Poicenot fino al campo base del Torre (De Agostini)
Non s’incontra nessuno, siamo solo noi e la natura
Un battere continuo, ed ecco un picchio tra gli alberi
Usciti dal bosco, finalmente “l’urlo di pietra” tra le nubi velocissime
Oltrepassiamo il Campo De Agostini e raggiungiamo la Laguna Torre, più avanti il ghiacciaio e poi il Cerro Torre. Qui stiamo molto tempo ad osservare la natura, ci prepariamo anche il pranzo, utilizzando l’acqua della Laguna per il risotto
Sempre Lui
Decidiamo di risalire tutta la morena glaciale fino ai piedi del ghiacciaio.
Arriviamo al Mirador Maestri, qui dovrebbero esserci ancora i resti della capanna che usava come campo base
Peccato non avere un binocolo: è ancor ben visibile il compressore che ha utilizzato nel ’70 per arrivare in vetta e lasciato pochi metri sotto a testimonianza dell’impresa.
Si ritorna al Chalten
L’indomani partiamo prima dell’alba con il Bus dell’Alba… i viaggiatori sono tutti assonati, per caso mi volto alle spalle e vedo le guglie rocciose sgombre da nubi e colorate dai primi raggi di sole...
…chiedo all’autista se si può fermare e lui ci fa anche scendere lasciandoci qualche minuto a contemplare questo spettacolo: penso che ne sia valsa la pena.
Queste montagne anche se non altissime (poco più di 3000 mt) sono giudicate le più difficili al mondo. Kammerlander a proposito della Patagonia scrive “bisogna attrezzarsi per la salita come si andasse sulle Alpi, ma difendersi dal cattivo tempo come sull’Himalaya”. Strana razza l’alpinista Patagonico: giorni e settimane in attesa al campo base per sperare nel bel tempo , e quando arriva (se arriva) avere una forza esplosiva per due/tre giorni di scalata.
….la mia mente non poteva che essere lì: in testa, questi giorni, ho il ricordo nitido di quelle guglie di granito che s’innalzano beffarde verso il cielo sferzato da venti fortissimi. Così oggi mi sono messo ad osservare quelle foto e rileggere il vecchio diario di viaggio e la coincidenza ha voluto che fosse proprio il 30 gennaio di 7 anni fa. Mi sono chiesto: perché non condividerlo? …dal diario di allora:
E' stato un trekking indimenticabile e molto molto fortunato. Siamo riusciti a vedere sia il Fitz Roy che il Cerro Torre, cosa molto rara: queste vette, la maggior parte dei giorni, anche in estate australe, sono sempre coperte dalle nubi.
Abbiamo camminato molto e carichi di queste cose: una tenda, due materassini, due sacchi a pelo, un fornello, una bomboletta a gas, due casseruole, una padella, due forchette, due cucchiai, quattro bustine di cibo schifoso-liofilizzato, un salame, un formaggio e quattro pezzi di pane... siamo riusciti ad arrivare al cospetto del Fitz Roy e Cerro Torre...
le foto:
Partiamo con un bus di linea alle 6 di mattina da El Calafate per raggiungere El Chalten da dove inizia il trekking per il campo base al Fitz Roy e del Cerro Torre, il paesaggio comunque è stupendo: si costeggiano fiumi dai contrasti bellissimi
Sono circa 200 km di strada sterrata, asfaltata solo a tratti, poco dopo si presenta ai nostri occhi il profilo inconfondibile del Fitz Roy
Il Fitz Roy, magicamente sgombro da nubi, mentre il Cerro Torre, sulla sinistra, si nasconde.
Da questo punto inizia il sentiero, abbiamo zaini da 25 litri carichi di tutto per affrontare tre giorni e due notti in autonomia. A El Chalten ce la prendiamo comoda: compriamo le ultime cibarie e soprattutto ci facciamo una bistecca ai ferri alta 5 cm
Costeggiamo una valle solitaria
Il sentiero sale molto dolcemente, tra i pini mughi. Per ora il famoso vento patagonico non si fa sentire. Ci avviciniamo sempre di più al Fitz Roy
Il paesaggio cambia in continuazione
Dopo circa due ore e mezza arriviamo al Campo Poincenot
Prima della cena ci facciamo un giro nei dintorni.
Nell’attesa della cena, ci facciamo un buon Mate come vuole la tradizione argentina. La notte è stata fredda e ho dovuto scaldare l’acqua e metterla nella boraccia in alluminio e usarla dentro il sacco come scalda piedi. Ogni tanto, nel silenzio della notte, dei boati fortissimi ci facevano sussultare: era il ghiaccio che precipitava dal ghiacciaio verso i laghi sottostanti
L’indomani, affrontiamo un sentiero chiuso agli escursionisti e sassoso che ci porterà alla Laguna Susia
Si arriva alla Laguna Susia
Laguna Susia: con noi si unisce Jack, un simpatico e solitario Trekker americano
La Laguna Susia: siamo soltanto noi
Rientrando al Campo Poincenot: qualcosa nel cielo, un’aquila?
Nel pomeriggio risaliamo i 500 mt di dislivello fino al cospetto del Fitz Roy
La Laguna de Los Tre con dietro il Fitz Roy
La Laguna Susia vista dall’alto, dove eravamo la mattina
Le due lagune a confronto, ognuna alimentata dal suo ghiacciaio pensile e un ruscello tra le rocce che le unisce
Tra le due lagune e dietro il Fitz Roy
…si vede che sono felice??
I bellissimi colori della Laguna de los Tres
Si scende al campo
L’indomani un sentiero ci porta dal Campo Poicenot fino al campo base del Torre (De Agostini)
Non s’incontra nessuno, siamo solo noi e la natura
Un battere continuo, ed ecco un picchio tra gli alberi
Usciti dal bosco, finalmente “l’urlo di pietra” tra le nubi velocissime
Oltrepassiamo il Campo De Agostini e raggiungiamo la Laguna Torre, più avanti il ghiacciaio e poi il Cerro Torre. Qui stiamo molto tempo ad osservare la natura, ci prepariamo anche il pranzo, utilizzando l’acqua della Laguna per il risotto
Sempre Lui
Decidiamo di risalire tutta la morena glaciale fino ai piedi del ghiacciaio.
Arriviamo al Mirador Maestri, qui dovrebbero esserci ancora i resti della capanna che usava come campo base
Peccato non avere un binocolo: è ancor ben visibile il compressore che ha utilizzato nel ’70 per arrivare in vetta e lasciato pochi metri sotto a testimonianza dell’impresa.
Si ritorna al Chalten
L’indomani partiamo prima dell’alba con il Bus dell’Alba… i viaggiatori sono tutti assonati, per caso mi volto alle spalle e vedo le guglie rocciose sgombre da nubi e colorate dai primi raggi di sole...
…chiedo all’autista se si può fermare e lui ci fa anche scendere lasciandoci qualche minuto a contemplare questo spettacolo: penso che ne sia valsa la pena.