E' passato ormai quasi un mese,
ma proprio il tempo è il "setaccio" in cui restano impigliate le pepite delle cose veramente vissute; quelle che rimangono resistendo all'oblio e all'usura in quel setaccio che inesorabilmente tende a filtrare, consumare, smaltire e rottamare anche le emozioni.
E così solo ora, e non prima, posso dire per la Maiella una cosa per me inedita: il desiderio che mi è rimasto di tornarci, prima o poi, in solitaria: non so quando (sicuramente non d'estate!), non so come, non so - soprattutto - neppure perché.
Sarà per quelle strane imperscrutabili ragioni psicologiche, sta di fatto che è un panorama di montagne da cui mi sono sentito sfidato davvero "a tu per tu", con un appello assolutamente nominale e personale. Un ambiente che trasuda solitudine e sembra richiederla, almeno una volta, a chiunque vada a scoprirlo. Perché in fondo finchè non si è da soli non lo si scopre del tutto.
La Maiella...
perfino onomatopeica per quanto si adatta bene a una bella esclamazione di disappunto "Porca Maiella !"

, istintiva e liberatoria, che la vedrei bene in bocca al molisano Di Pietro.
A distanza di un mese, ringrazio te per avermela fatta scoprire. Lontana sì, ma tutt'altro che "poco appetibile", sebbene scorbutica, ispida, forse scostante, con quelle rave irte che affrontandole sembrano dirti "vedi di alzare le chiappe subito, dal primo minuto"

, senza preliminari né convenevoli: ma proprio per questo vera.
Finora l'avevo vista tratteggiata solo nei romanzi, in particolare quelli di Silone, e quindi l'avevo solo immaginata. Ora ho visto confermate le mie immaginazioni.
Ciao.