picco del petrolio, cosa ne pensate?

D

Derrick

Guest
Scusami ma hai scritto delle cose inesatte, una su tutte quella della produttività che va contro qualsiasi principio fisico che regola qualsiasi sistema chiuso. Ricordati che il mondo non lo governa l'economia (prezzi, costi ecc) ma lo governa la fisica.

La produzione non può aumentare in eterno per il semplice fatto che le risorse sono limitate.

Ti consiglio di ripassare un pò di termodinamica:)

p.s.: scisti bituminosi e gas non convenzionali sono un buco nell'acqua, primo perchè si esauriscono in fretta costringendo a "fare nuovi buchi" in continuazione, secondo perchè provocano danni ambientali enormi. Gli speculatori senza scrupoli però non considerano mai come dei costi il ripristino dell'ambiente..... non mi pare un ragionamento molto etico, no?
Fracking: il declino dei pozzi è rapidissimo, distruzione garantita - Petrolio

Oh, ma sei ingegnere anche tu? :)

La produzione è diverso dalla produttività. Ti consiglio di ripassare un po' di economia. :)

La produttività è data, diciamo, dal rapporto tra le risorse impiegate e l'utilità ottenuta. Ad esempio scrivendo su questo forum siamo più produttivi che scrivendo in una lista postale tradizionale (esistevano eccome).

La produttività - fare le cose sempre meglio - aumenta all'infinito. Semplificando, non c'è limite (concretamente) a quanto "meglio" puoi fare le cose, qualsiasi cosa. Questo "meglio" è ciò che chiamiamo progresso.

Durante le ere preistoriche il 100% del tempo di una comunità era dedicato a bisogni elementari: cibo, riparo, difesa.
Con la nascita, diciamo, dell'agricoltura, la produttività esplode: oltre a cibo, riparo e difesa si può mantenere una classe di parassiti (i Faraoni), un'altra classe di parassiti (i Preti), e una classe di utili funzionari (gli Scriba) che rendono SERVIZI alla collettività. Diciamo il 90% del PIL è destinato ai bisogni elementari, e il 10% al resto, e col resto ci fai cose inutili come le piramidi, le sfingi, gli obelischi ecc.

Più aumenta la tua produttività agricola, più diminuisce la parte di PIL che devi destinare ai bisogni essenziali.

In economie evolute la parte di PIL che viene destinata a produrre beni essenziali (cibo, riparo, difesa, ma naturalmente abbiamo cibi, ripari e difesa enormemente più evoluti di quelli dei primitivi) è, diciamo, sicuramente meno del 50%.
L'altra 50% dello sforzo umano è destinato a cose "altre": anziché piramidi saranno stadi, reti di comunicazioni cellulari, calcolatori per scrivere bojate su internet, ecc. ecc.

Tutto questo ci rende più felici dell'uomo preistorico? Penso di sì. Infatti lui doveva destinare il 100% del suo tempo ai bisogni essenziali. Noi meno del 50% (o meno del 10%, dipende come conti). Il resto del tempo lo passiamo a farci seghe mentali (dai TG alla buona cucina ai viaggi alle escursioni allo zanzarifugo ecc.).

Questo progresso va avanti all'infinito. Faremo sempre più "piramidi" perché avremo un sempre maggiore "eccesso di PIL" rispetto ai bisogni essenziali. Questo sempre maggior eccesso di PIL è dovuto all'aumento di produttività.

Le risorse NON SONO limitate, ma questo è un altro discorso.

Nel XIX gli "ingegneri" prevedevano che le città sarebbero rimaste sommerse (insomma, invivibili) sotto lo sterco di cavallo - bastava guardare le statistiche di aumento dei veicoli a cavallo ecc.
L'uomo non inventa solo sempre nuovi problemi, inventa anche sempre nuove soluzioni.
La soluzione al cavallo è stata l'automobile a scoppio. La soluzione dell'inquinamento da automobile (sempre molto inferiore di quello da cavallo, pensa alle zecche...) sarà l'automobile c.d. "a emissioni zero" (cioè a emissioni altrove, lontano dal tuo naso) e via così.

Tutto questo creare nuove soluzioni, che poi generano nuovi problemi, che generano nuove soluzioni, è tutto aumento di PIL!

"Risorsa" è ciò che in quel momento è utile sfruttare. Ai tempi dei Romani il petrolio non era una risorsa, e lo conoscevano benissimo. Sarebbe stato per loro difficile immaginare l'importanza che ha per noi. Per i posteri le risorse potranno essere lo sterco di vacca (ci saranno guerre per i Monti Lepini!), le alghe, il bambù, il cemento di risulta.

Sugli "speculatori" e l'ambiente la penso diversamente ma si fa veramente lunga. La società, nel suo complesso, sceglie o rifiuta le tecnologie (che sia il nucleare, gli scisti bituminosi, o la schiavitù).
All'interno delle scelte etico-sociali che una società fa, le forze economiche che sempre sono in gioco creano risposte ai bisogni concreti. Il mito del cattivo che si arricchisce ai danni del povero indifeso è troppo simile alla teoria del complotto pluto-giudo-massonico quando qualcosa non va (o al "sabotatore" ecc.).

Se metti fuori legge la schiavitù, verrà inventato il macchinario agricolo.
Se metti fuori legge gli scisti bituminosi - non entro nel merito - verranno scelte e sviluppate altre forme di energia (biomasse, ad es). Tutto questo è possibile solo con la "crescita" ma ora è un po' tardi per dilungarsi.

Sostanzialmente non solo tutto il lavoro di ricerca è PIL, ma tutte le sostituzioni di cose "ecologiche ma costose" rispetto a cose "sporche ma economiche" diviene concretamente e socialmente possibile solo se-quando la produttività aumenta e quindi ti puoi permettere la plastica dal granoturco che prima consideravi cara, o il cibo biologico che prima consideravi caro.

In sostanza la società futura, pulita, ecologica, sostenibile, sarà figlia dell'aumento della produttività, che avrà come conseguenza l'aumento del PIL (e non c'è concretamente (non ingegneristicamente :) ) limite alla pulizia, ecologicità, sostenibilità di una società come non c'è alla produttività e come non c'è all'aumento di PIL).

Il PIL pro-capite dell'uomo delle caverne era tremendamente basso e se quell'uomo, con tutto il sangue che ha sputato per mettere assieme un pasto ogni due giorni, fosse qui a sentirvi scrivere che la crescita è sbagliata direbbe cose in trogloditico spinto :)
 
Ultima modifica di un moderatore:
Grazie Derrik, mi hai dato interessanti spunti su cui riflettere.

Menomale che ho trovato qualcuno che m'ha tolto la fatica di scrivere cose che rimandavo ormai da non so quanto.:D

E la lunghezza di quanto scritto sopra credo dimostri da sola perché la rimandavo...e sì che non sono certo io uno che si scompone di fronte alla prospettiva di scrivere papiri...:music:

L'unica cosa che non ho capito è se il nostro amico sia economista o ingegnere.
E in ogni caso pur condividendo per "comune formazione" al 90% quanto ha scritto, ci sono alcuni passaggi che non credo così assiomatici e su cui avrei da ridire: cosa del resto normale visto che forse la categoria degli economisti ha da sempre, al suo interno, una "rissosità intellettuale" che le altre si sognano.
Sarà per questo che alla fine non hanno l'albo professionale che invece fa tanto comodo ad architetti, ingegneri, avvocati, medici, ecc. :lol:
 
Però in quello che dice Derrik si da per assodato che il progresso sia infinito, cosa che non è così da dare per scontata secondo me.
 
Certo che gli economisti volano molto di fantasia...

La produttività NON può aumentare all'infinito. Anche il "semplice" fatto di messaggiare su questo forum anziché scriverci lettere a mano ha richiesto quantità mostruose di energia, senza le quali tutto ciò sarebbe stato impossibile.
Il giorno in cui la quantità di energia pro capite inizierà a declinare (ed in Europa questo giorno è già arrivato) ci sarà un balzo all'indietro della produttività. In Grecia hanno già re-imparato a cucinare con la legna, e questo giorno arriverà anche per te, per i tuoi figli o per i tuoi nipoti.
Stanne certo. Parola di ingegnere con esperienza riconosciuta.
 
Certo che gli economisti volano molto di fantasia...

La produttività NON può aumentare all'infinito. Anche il "semplice" fatto di messaggiare su questo forum anziché scriverci lettere a mano ha richiesto quantità mostruose di energia, senza le quali tutto ciò sarebbe stato impossibile.
Il giorno in cui la quantità di energia pro capite inizierà a declinare (ed in Europa questo giorno è già arrivato) ci sarà un balzo all'indietro della produttività. In Grecia hanno già re-imparato a cucinare con la legna, e questo giorno arriverà anche per te, per i tuoi figli o per i tuoi nipoti.
Stanne certo. Parola di ingegnere con esperienza riconosciuta.

Penso che Derrik facesse un discorso macroeconomico. In tal senso quello che capita in grecia o in europa è ininfluente perchè compensato abbondantemente dalla crescita dei paesi in via di sviluppo. Piuttosto però c'è da dire che le variabili in gioco sono molte, e che l'andamento del progresso non è detto sia poi così lineare. In un mondo sempre più globalizzato le economie saranno sempre più interconnesse, e non credo sia fantascienza pensare che in un futuro non troppo lontano le recessioni possano essere veramente mondiali e non risparmiare nessuno.
 
Certo che gli economisti volano molto di fantasia...

La produttività NON può aumentare all'infinito.
Stanne certo. Parola di ingegnere con esperienza riconosciuta.

Ma guarda che non mi sembra dicano questo. Anzi, non erano semmai proprio gli ingegneri ad essere i super tecno-ottimisti ? Adesso ribalti inopinatamente i ruoli ? :p

Certo che anche per logica la produttività non può aumentare all'infinito.

Se vogliamo scomodare Marx, non può aumentare all'infinito perché a un certo punto il capitale renderebbe appunto così produttivo il lavoro da "divorarlo", cioè renderlo in gran parte superfluo: se tu dai a un operaio una macchina in grado di farlo rendere come 100, gli altri 99 restano a spasso. Questo significa che prima cominceranno la lotta tra poveri che è la gara a chi si accontenta di essere più sottopagato (quella a cui stiamo assistendo) e poi comincia a lievitare la disoccupazione. Ma a quel punto se scompaiono i lavoratori scompare anche la loro double face: cioè i consumatori. E chi e come è più in grado di comprare - e quindi assorbire - la quantità sempre più enorme di merci prodotte proprio grazie all'aumento della produttività ? Il sistema (capitalistico) si accartoccia ed implode.
Teoria ? Mica tanto. L'Italia ha perso in pochi anni il 25% del suo tessuto industriale pre-crisi: cioè 1/4 dell'industria polverizzata: manco una bomba atomica ci sarebbe riuscita. la disoccupazione (in particolare giovanile) è diventata strutturale ovunque nel mondo, e non passa giorno senza sentire gracchiare pseudo tentativi di soluzione. Quantomeno un'incrinatura nel sistema vorrà pur significare.

La via d'uscita dei fantasiosi economisti è che in realtà la crescita può anche essere immateriale o quantomeno de-materializzata, cioè esplicarsi in servizi e in particolare quelli che migliorano la qualità della vita. Sì, è vero , i bisogni sono infiniti e superata una certa soglia di benessere contemplano anche questo. Ma anche in questo caso vuol dire che la produttività non può aumentare proprio perché riguarda beni non materiali: e per una baby-sitter o per chi porta a spasso i cani, o per il guardiano di un museo non esisterà mai un "capitale" (cioè una qualche macchina o comunque una soluzione tecnologica) che gli permetta di fare il lavoro di 2,5, 10, n persone.

Quindi da qualsiasi lato la si guardi la conclusione è sempre la stessa.
Sintesi e semplificazione grossolana, ovvio, ma giusto per rendere l'idea.

:)
 
Henry ha centrato il punto.
i "servizi" non sono immateriali ma consumano un casino di energia.
il web consuma, la baby-sitter consuma, tutto consuma energia, tutto tende alla massima entropia.
si può essere fantasiosi come ci pare ma il punto è sempre uno:
se L'EROEI di una data fonte energetica diminuisce, le "cose" che possiamo fare con quella fonte sono numericamente inferiori.
quindi possiamo avere anche 45 pianeti di scisti bituminosi ma se l'eroei di quella risorsa è inferiore a 5, non sarà in grado di sostenere una società sviluppata.
Energia e futuro. Parliamone... - TEAM FOR ITALY
dal punto 13 in poi.

quindi SE vogliamo parlare di un'ulteriore spinta allo sviluppo "as we know it" , prima bisogna trovare una fonte energetica con EROEI superiore ad 80, così com'era il petrolio prima del 1985.


i bisogni dell'uomo sono praticamente infiniti e su questo si fonda questo modello economico, questo non vuol dire che sia sostenibile.
tutto quanto sopra detto , senza tener conto dell'impatto ambientale che queste "pratiche" di sviluppo hanno sull'ambiente.
 
Bravo Federico,
dei vantaggi energetici dello "shale oil" o delle "tar sands" godranno soltanto banchieri, petrolieri, politici e speculatori (ed, in misura minore, la loro "corte"). Il resto della popolazione sarà abbandonato al suo destino. Un destino cupo, ahimè.
 
Richard Heinberg, in his recent essay, Searching for a Miracle", states that the hunter-gatherer society is perhaps the simplest model for a society and operated on an EROEI of 10:1. He suggests, therefore, that an EROEI of 10:1 may be the minimum that is needed for a society. It would seem that complex societies require an EROEI of greater than 10:1.

EROEI of Medieval Society | Peak Prosperity

Vorrei però qualcuno che metta tutti d'accordo su questo benedetto EROEI minimo...
 
D

Derrick

Guest
L'attenzione sull'EROEI è veramente una cosa da ingegneri, non da economisti. Quanto siamo diversi :) Sono economista di formazione, come detto.

Per l'economista il punto è semplicemente quanto costa produrre energia. Se il costo di estrazione e trasporto è $10 al barile, ma devo pagarci su altri $10 di diritti minerari al paese ospitante, per me consumatore o imprenditore è la stessa cosa che se il costo di estrazione e trasporto è di $15, e di devo pagare su $5 di diritti minerari al paese ospitante.

Il mio costo dell'energia è $20 al barile consegnato alla centrale (più i costi di mantenimento della centrale, e il costo di costruzione della centrale), e lo misuro in dollari, non in energia. Gli ingegneri pensano in grandezze fisiche, e gli economisti pensano in grandezze economiche. Allo stesso modo, il costo di mantenimento della centrale, e il costo di costruzione della centrale, lo misuro in soldi, e il saldo è il mio saldo economico. Dell'energia spesa non me ne pò 'mportà de meno ;)

Per quanto riguarda il saldo "ecologico", e quindi l'importante questione delle "esternalità", questo non ha nulla a che fare con l'EROEI. Una turbina eolica può avere un EROEI più basso di una centrale a petrolio, ma essere più pulita e più sostenibile.

Più aumenta il PIL, e più potremo permetterci fonti di energia "costose ma pulite". L'aumento di produttività - che è infinito - crea la possibilità, paradossalmente, di un sempre MINORE uso di materie prime. Ad esempio potremo permetterci di riparare anziché sostituire anche ove riparare costasse di più (si mette una "tassa sul nuovo", e si spostano i consumi dalla sostituzione alla riparazione, ad es.). Solo i ricchi possono permettersi il lusso di essere "puliti" (come persone e come sistemi macroeconomici), i poveri saranno sempre sporchi perché la pulizia viene dopo altri bisogni primari. La pulizia è un "lusso" come lo è l'ecologia. I nostri costi ecologici sono l'equivalente delle piramidi degli Egizi. C'è bisogno di "eccesso di PIL". Puoi farci cattedrali nel deserto e puoi farci impianti di compostaggio e separazione dei rifiuti e riciclaggio e puoi farci lezioni di musica. Anche le lezioni di musica sono PIL. La società sceglie - in base ai propri valori - se vuole automobili sempre più stupidamente grandi o se vuole più tempo libero (frutto dell'aumento della produttività non della decrescita), più lezioni di musica, più riciclaggio ecc. Sempre il PIL aumenta se l'economia è sana. La "direzione" in cui il PIL va è il problema ecologico (più sviluppo pulito, più civiltà pulita) ma il PIL sempre deve aumentare perché il mondo possa diventare più "ecologico". E comunque il PIL aumenta sempre al netto del ciclo economico.

Dal punto di vista della nostra società, il costo delle fonti di energia è sempre variato molto più in base a fattori geopolitici (guerra del Kippur, embargo, blocco del canale di Suez, oppure prima guerra del Golfo (Iran-Iraq), seconda guerra del golfo (quella di Bush padre) ecc.

Ultimamente la grande crescita economica asiatica (cinese in particolare) ha portato, in questo decennio, una grande "pressione" di domanda su tutte le materie prime (non solo quelle energetiche) e questo ha fatto lievitare i costi (perché l'offerta mineraria è sempre molto lenta a reagire, visti gli enormi investimenti e gli enormi tempi di ritorno degli investimenti minerari) molto più di qualsiasi fattore tecnologico.

Cioè: il prezzo del rame è salito perché la Cina richiedeva rame, indipendentemente da quanto stesse salendo il costo di estrazione del rame nel frattempo. (Il costo di produzione naturalmente è uno dei fattori del prezzo, ma non l'unico).

Tornando al progresso infinito, il punto è che l'ingegnere tende a vedere - al contrario dell'economista - un mondo fatto di cose. Più PIL per lui significa sempre più automobili, sempre più divani, sempre più frigoriferi. E siccome pensa che le risorse siano esauribili (si sbaglia, ma è un altro discorso) si preoccupa.

Ma come diceva anche Henry, il nostro PIL è fatto anche di cose immateriali. Noi consumiamo spettacolo, musica, musei, trasporti, viaggi che sono beni immateriali (anche se puoi consumare "risorse" per produrli).

L'energia, alla fine, è "infinita" nel senso che "infinito" è il calore del sole, che infinitametne crea legna per le nostre stufe (io d'inverno mi scaldo a biomasse), vento per le nostre turbine, calore per i nostri collettori solari, ed elettricità dai nostri pannelli fotovoltaici. E anche crea infinitamente acqua piovana dall'evaporazione dei mari, che crea assieme al sole pomodori, zucchine, melanzane, che poi sono la nostra fonte di energia primaria.

Non ha senso, per me, stare a discutere di quanta acqua ci vuole per fare 1 kg di carne anziché 1 kg di mais. L'acqua è eternamente inesauribile.

Dove scarseggia e c'è la siccità, è un altro discorso.

Ma dove abbonda, abbonda e basta, non puoi risparmiarla né immagazzinarla se non entro piccolissimi limiti (basta guardare le alluvioni che abbiamo in Italia).

L'acqua dal mare viene e al mare torna, sempre e comunque. Che nel suo viaggio diventa pomodoro o mucca, urina di vacca o urina di escursionista, non fa alcuna differenza. L'acqua è "indistruttibile" in natura!

Stare a pensare quanta acqua "consuma" una mucca in un contesto dove l'acqua abbonda e va comunque al mare è una sega mentale.

Solo in un contesto geografico in cui l'acqua NON va al mare (deserto di Atacama, qualche altopiano etiopico, qualche punto del Sahara) perché viene consumata tutta in loco allora, in quel contesto, uno si chiede se abbia senso produrre carne anziché mais, perché in quel caso la risorsa limitante, il "collo di bottiglia" è l'acqua. Normalmente non è l'acqua.

Vorrei pure precisare che se si tende ad assolutizzare il discorso "economicista", cioè obiettando che prima o poi le risorse si esauriranno (che poi secondo me non è, ma è un altro discorso) si potrebbe pure dire che il modello della "decrescita" è intrinsecamente insostenibile poiché, nel lungo periodo, ipotizzerebbe la tendenza asintotica del PIL a zero.
 
Ultima modifica di un moderatore:
Non ha senso, per me, stare a discutere di quanta acqua ci vuole per fare 1 kg di carne anziché 1 kg di mais. L'acqua è eternamente inesauribile.
Il bilancio di massa condotto sugli elementi chimici dice che l'idrogeno e l'ossigeno sono inesauribili e costanti in quantità. Il problema è che L'ACQUA POTABILE E QUELLA PER USI IRRIGUI sono ESAURIBILI, in quanto, una volta contaminata da altri agenti chimici tossici o defluita in mare, hai due alternative: o hai enormi quantità di energia fossile per depurarla e potabilizzarla (laddove è possibile), oppure ti bevi acqua ricca di metalli pesanti e acqua salata.

p.s. L'EROEI è una pippa mentale talmente grossa che il suo calo, come riportato da Henry, ha già ridotto in cenere 1/4 del nostro tessuto industriale.
 
Ultima modifica:
Derrick guarda che il mondo è governato dalla fisica, non dall'economia. Il PIL è un indice che non vuol dire un tubo, l'aumento del PIL non è legato al benessere della popolazione e del territorio.

Anzi, il PIL è un indice profondamente sbagliato perchè considera tutte le transazioni di denaro positive.....guerre, disastri ambientali, stragi, usura, evasione fiscale.....muori e aumenta il PIL!!
 
D

Derrick

Guest
@raggiotralenuvole

L'acqua che piove sui "nostri" campi è tutta, senza eccezioni, frutto dell'evaporazione creata dall'energia solare. L'enorme quantità di energia di cui parli è fornita quotidianamente dal sole. L'acqua evapora e si condensa sopra la cima della montagna proprio mentre l'escursionista tira fuori il panino ;)

Il problema dell'inquinamento dell'acqua naturalmente c'è ma è diverso dal dire che la produzione di carne "consuma" acqua più del mais.
La mucca non inquina l'acqua, la consuma, la piscia, e quella evapora.
I processi industriali o agricoli o pastorali la possono ovviamente inquinare ma non c'entra con la scelta "ecologica" di non mangiare carne.

Anche la coltivazione di mais può inquinare l'acqua, e molto più dell'allevamento del bestiame. I fitofarmaci non sono in linea di principio meno inquinanti dei farmaci.

Ma se eliminiamo l'inquinamento dall'equazione (immaginiamo agricoltura ecologica, biologica, ed allevamento ecologico, "biologico") allora non ha senso dire che la produzione di carne "consuma" più acqua della produzione di mais, poiché la "utilizza" ma è sempre disponibile e inesauribile, non si tratta cioè, quasi ovunque, di una risorsa scarsa o di un fattore che limita la produzione e quindi non si pone un problema di costo-opportunità.

Detto in altri termini: risparmiare acqua perché produco meno carne non mi consente di produrre più mais perché ho più acqua a disposizione.

Che la diminuzione dell'EROEI produca una diminuzione della produzione industriale è cosa che avrà detto questo Henry (?) ma non è che sia vangelo.

Ad es. va di moda dire che il calo di PIL di quest'anno sia dovuto alle tasse di Monti. Il punto è dimostrare il nesso causale.

E' un fatto che la produzione "industriale" è storicamente in calo senza esserlo veramente, mi spiego:

Ieri: la FIAT (per dire un nome a casaccio) faceva in proprio formazione e sicurezza. Quindi tutto il fatturato di FIAT (anche la spesa per la formazione, la sicurezza) rientrava sotto la classificazione di fatturato industriale.

Oggi: la FIAT crea la propria società (magari captive, cioè che lavora solo per lei) di sicurezza, e quella di formazione. Questo fatturato viene "scorporato" da quello della manifattura perché le società sono classificate come fornitrici di servizi.

Questo processo di esternalizzazione dalla manifattura delle attività non manifatturiere (gestione paghe, contabilità, sicurezza, ricerca, pulizie, smaltimento rifiuti, e una marea di altre cose) va avanti da decenni ed ecco la ragione per la quale si sente continuamente (anche nei periodi di crescita economica) che la produzione manifatturiera è in calo. E' un fatto più statistico che reale.

@Sile86

Certo il PIL è una misura di una "cosa" che è di per sé stessa sfuggente (anche se non sfuggente come cercare di misurare la felicità o il benessere totale) e la sua "misura" è piena di "problemi".

Il problema è che i fautori della "decrescita felice" sostengono che la diminuzione di PIL non è un problema. Io penso che sia un problema la diminuzione della "cosa" che noi cerchiamo di misurare come PIL, non so se mi spiego.

Se vi fosse, e ci sarà, un indice di qualità delle prestazioni sanitarie di un paese, questo indice, per la sua complessità, sarebbe naturalmente pieno di difetti.

La diminuzione delle prestazioni sanitarie è un problema, indipendentemente dal fatto che il "numero" che lo misura sia più o meno atto a misurarlo.

Sintetizzando:

- siccome l'umanità fa le cose sempre meglio
- anche se l'occupazione totale rimane stabile, il PIL (o se preferisci, l'insieme dei beni e dei servizi prodotti, comunque misurato) aumenta ogni anno
- se il PIL smette di aumentare, siccome la produttività aumenta comunque, significa che l'impiego di fattori produttivi (capitale e lavoro) scende.
- ipotizzare un mondo felice in cui il PIL scende sempre (o, per la verità, in cui il PIL non cresce) significa ipotizzare un mondo felice in cui l'occupazione è sempre minore, cioè c'è sempre più disoccupazione (e tralascio il risultato della produzione in sé).

Il ragionamento sulla decrescita felice vede, molto ingenuamente, il mondo occidentale come un mondo in cui tutto sommato si ha troppo e si potrebbe vivere felici con meno.

Ma la realtà è che questo "vivere con meno" crea tensioni sociali, adirittura suicidi, come la presente fase recessiva dimostra. "Tornare indietro" nel cammino della crescita è molto più doloroso che "non essere andati avanti".

Per ritornare al tuo esempio che "muori e aumenta il PIL", l'altro scenario è che muori e ti buttano in una fossa comune, meno servizi funerari, meno PIL, meno occupazione. Vedila come vuoi ma anche i servizi funerari (o i servizi carcerari, o la difesa ecc.) sono servizi.

Io capirei un discorso su QUALE sviluppo vogliamo, cioè quale aumento di PIL. E sono d'accordo nel dire che vorrei più naturalizzazione dei fiumi, lotta al dissesto idrogeologico, conservazione del patrimonio artistico, valorizzazione del patrimonio naturale, ecc. ecc. Ma un conto è chiedersi quali prodotti e servizi una società deve acquistare, e un conto è esaltare l'impoverimento.
 
Ultima modifica di un moderatore:
se il PIL smette di aumentare, siccome la produttività aumenta comunque, significa che l'impiego di fattori produttivi (capitale e lavoro) scende.[/B]
- ipotizzare un mondo felice in cui il PIL scende sempre (o, per la verità, in cui il PIL non cresce) significa ipotizzare un mondo felice in cui l'occupazione è sempre minore, cioè c'è sempre più disoccupazione (e tralascio il risultato della produzione in sé).

Il ragionamento sulla decrescita felice vede, molto ingenuamente, il mondo occidentale come un mondo in cui tutto sommato si ha troppo e si potrebbe vivere felici con meno.

Ma la realtà è che questo "vivere con meno" crea tensioni sociali, adirittura suicidi, come la presente fase recessiva dimostra. "Tornare indietro" nel cammino della crescita è molto più doloroso che "non essere andati avanti".

I punti su cui mi piacerebbe argomentare sono parecchi, quindi purtroppo almeno per stavolta devo limitarmi in una sintesi che sarà giocoforza un po' grossolana sia nella quantità (cioè non esaustiva) sia nella qualità.

Cerco di cogliere e commentare i punti salienti.
1) differenza tra economisti ed ingegneri. Il prof di economia con cui feci la tesi di laurea, che per molto tempo della sua vita aveva lavorato gomito a gomito con essi all' Unione Europea in programmi di eleborazione di progetti per i Paesi in Via di Sviluppo, era solito sintetizzarla con una sorta di battuta in due tempi, di cui una faceta ed una seria. Me la ricordo con piacere perché il caso ha voluto che anch'io mi trovassi a vivere la stessa situazione, cioè quella di persona con formazione economica trovatasi immersa a lavorare fianco a fianco con ingegneri, fisici, chimici, biologi.
Qui riporto solo la parte faceta, riservandomi quella sera per altro momento. La differenza è che mentre l'economia è qualcosa di cui moltissimi (a cominciare appunto dagli ingegneri) sono convinti di poter acquisire una semplice infarinatura per poterci automaticamente mettere bocca, NON vale invece il contrario. L'ingegneria va studiata, e così il diritto, la medicina, l'architettura; i rispettivi esponenti rivendicano puntutamente le rispettive competenze, anzi costruiscono pure quella specie di fortini che sono gli ordini professionali. Di più: questo corporativismo a senso unico vale perfino per le professioni pratiche e l'ointerap latea di gente comune. Quanti salumieri, idraulici, parrucchieri o benzinai mettono bocca in economia (sentendosi autorizzati a ciò dal solo fatto di avere un portafoglio) mentre gli economisti non possono mettere bocca su nulla che esuli dal proprio campo, dove le loro voci sono solo alcune tra tante, per giunta tacitate...praticamente gli unici a cui si possono paragonare sono i CT della Nazionale di calcio.

2) premesso quanto sopra, è pur vero che l'economista talora tende a guardarsi l'ombelico e quindi ad essere vittima di narcisismi e ottusità certo diverse ma non meno perniciose di quelle stesse che lo differenziano da ingegneri e affini. E' vero ad esempio che nel Pil egli considera pure i beni "immateriali", ma è anche vero che la cosiddetta "infinità dei bisogni" dell'uomo da sempre postulata in economia è in concreto più un assioma che altro. Se fosse vera fino all'estremo, si potrebbe infatti teorizzare che un certo punto l'uomo possa transitare integralmente da bisogni materiali a bisogni immateriali, come dire vivere di musica, arte, viaggi o proprio aria. Che poi anch'esse sono cose comunque con un minimo di materialità. L'obiezione è: ma perché dovrebbe fare ciò ? La risposta è semplice, ed è proprio l'altro assioma, ossia l'aumento infinito della produttività (da te affermato sopra) che porta a DOVER, sottolineo DOVER aumentare la produzione anche solo per mantenere un certo livello di occupazione. Se cioè l'aumento di produttività è ineluttabile, una sorta di processo deterministico, allora le cose sono due: o deve diminuire l'occupazione a parità di produzione; o deve aumentare la produzione a parità di occupazione. Nel primo caso, tendendo asintoticamente la prima a zero; nel secondo, tendendo asintoticamente la seconda ad infinito.
Il primo caso è quello impossibile della decrescita felice; il secondo è quello altrettanto impossibile della crescita infinita.
La risposta dell'economista è appunto l'uovo di colombo della produzione immateriale (cosa non concepita dagli ingegneri) ma in realtà anch'esso è un escamotage proprio perché significherebbe che sia possibile un passaggio (anch'esso infinito) da beni materiali ad immateriali, ossia una de-materializzazione più o meno totale. Che evidentemente, in concreto, oltre un certo limite non può spingersi, nemmeno nello Stato del Bhutan dove il concetto di Pil è stato abolito e vivono felici per davvero.

3) posto quanto sopra, vengo al punto successivo che rimando a quando avrò tempo per altro post :biggrin:
 
...
lascio questa discussione chiedendoVi la cortesia di studiare davvero cosa dica la decrescita felice, perché vedo tanti, troppi errori grossolani di lettura di un'idea di sviluppo (la decrescita felice) che è spesso confusa con l'attuale fase recessiva.
sono due cose differenti e nessuno del MDF ha mai detto o auspicato una situazione del genere, in nessun modello, in nessun pensiero.

Saluti e buona estate.
 
Derrick;324688 Certo il PIL è una misura di una "cosa" che è di per sé stessa sfuggente (anche se non sfuggente come cercare di misurare la felicità o il benessere totale) e la sua "misura" è piena di "problemi". Il problema è che i fautori della "decrescita felice" sostengono che la diminuzione di PIL non è un problema. Io penso che sia un problema la diminuzione della "cosa" che noi cerchiamo di misurare come PIL ha scritto:
Il problema sta tutto lì.
Cosa cerchiamo di misurare con il Pil ?
Ad essere rigorosi, la CRESCITA per gli economisti NON è crescita di PRODUZIONE, bensì di BENESSERE.
Tutto dipende quindi da cosa noi ricaviamo benessere.
Se una società lo ricava dai prodotti materiali, allora ne deriva fatalmente che il Pil considererà il "valore aggiunto" in ogni fase di scambi di beni e servizi; altrimenti dovremmo dire che i redditi dei carrozzieri non dovrebbero essere considerati in quanto "derivano" da incidenti automobilistici, e così tutto ciò che è connesso a ricostruzioni/riparazioni successive a distruzioni o danni. Ma è evidente che ricostruire, ripristinare è un servizio, che porta benessere a chi lo richiede e paga (altrimenti non lo richiederebbe) e redditi a chi lo offre.
Certo vanno esclusi i danni irreversibili, quelli che riguardano tutto ciò che non è ripristinabile: il clima, le foreste, la biodiversità. Ma è su questo che "casca" il Pil, solo perché spesso non c'è un nesso di percezione immediata del danno a lungo termine velato da un benessere immediato: altrimenti nessuno girerebbe la chiave della macchina, che gli dà tanto benessere istantaneo nel potersi muovere, se avesse presente "all'istante" tutto ciò che provoca nel lungo periodo ciò che esce dal suo tubo di scappamento.
Neanche il più accanito ecologista, anzi in primo luogo lui, dovrebbe azzardarsi ad usare la macchina.

E' chiaro allora che più una società si sposta su beni immateriali in quanto trae da essi benessere, più il Pil (e quindi la sua crescita) diventa di conseguenza immateriale (è cioè un effetto, non un arbitrio discrezionale e catalogatorio dell'economia!); e meno crea problemi di scontro coi limiti fisici. Al limite si può arrivare al "gross national happiness" del Bhutan, che di per sé non è qualcosa di "alternativo" al Pil come viene descritto nella vulgata mediatica, ma semplicemente l'obiettivo di una qualsiasi formulazione di PIL, perché qualsiasi PIL è funzionale al benessere (o felicità) e ciò che cambia è solo ciò da cui deriva tale benessere e che quindi viene misurato.

E' notizia di oggi che il Pil degli Stati Uniti è cresciuto nel secondo trimestre dell'1,7% contro attese dell'1% e che per la prima volta nella sua misurazione sono stati inclusi beni immateriali o simili: libri, film, musica, programmi televisivi, quadri, fotografia, ricerca e sviluppo, diritti d'autore e brevetti.
Di fronte a questo l'economista può interpretare il suo ruolo in due modi: quello prezzolato o comunque al servizio del gioco delle tre carte dei politici, e allora si può leggere maliziosamente in filigrana la necessità di integrare "ad orologeria" un Pil materiale in declino dandogli una bella lucidata con l'aggiunta dei beni immateriali.
Oppure quello intellettualmente onesto che opera questo cambiamento semplicemente perché prende atto che la società cambia e cambiano le "fonti" del suo benessere: così un giorno potrebbe essere computato nel Pil anche l'andare in montagna se questo diventasse motivo di benessere anche per la massa. In questo caso l'economista è un semplice osservatore di ciò che dipende comunque non da lui, ma dalla società.

Ecco perché ritengo abbastanza ingenerosa, per non dire offensiva, la generalizzazione e - questa sì ! - la dimostrazione di ignoranza che trasuda dall'aforisma che ho trovato in bella mostra sul frontespizio di un sito della "decrescita felice":
"Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un pazzo. Oppure un economista" (K. Boulding).
Perché in realtà nessun economista, neppure il più spinto tecnoottimista (penso al Nobel R. Solow e alla sua teoria della crescita) l'ha mai sostenuto in questi termini così grossolani, brutali e patologici. Figuriamoci gli altri che li hanno contrastati. Sì, contrastati, perché nessuna categoria come questa è meno arroccata e, viceversa, più stupendamente e democraticamente fratricida.
 
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Derrick

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Considerazioni sparse:

Quello che dici sul fatto che tutti parlano di economia (o di calcio) senza capirne una cippa è assolutamente verissimo. Sento bojate pazzesche ai "tiggì" e queste bojate finiscono, dai discorsi della mia verduraia, ai comizi di Grillo alla velocità della luce, finché assumono la patina dell'argomentazione logica. Bojate.

Portando all'infinito un assunto lo si falsifica sempre.
Quando dici:

La risposta è semplice, ed è proprio l'altro assioma, ossia l'aumento infinito della produttività (da te affermato sopra) che porta a DOVER, sottolineo DOVER aumentare la produzione anche solo per mantenere un certo livello di occupazione. Se cioè l'aumento di produttività è ineluttabile, una sorta di processo deterministico, allora le cose sono due: o deve diminuire l'occupazione a parità di produzione; o deve aumentare la produzione a parità di occupazione. Nel primo caso, tendendo asintoticamente la prima a zero; nel secondo, tendendo asintoticamente la seconda ad infinito

Il punto che io faccio non è che la produzione "deve" aumentare ma che "fatalmente aumenterà", deve nel senso che "non c'è scampo". L'aumento della produttività è un portato della genialità umana. I cani fanno le cose sempre allo stesso modo. Solo gli uomini le fanno sempre, incessantemente meglio.
La produzione (PIL) può quindi crescere sempre nella misura in cui aumenta la produttività. Certi aumenti di produttività sfuggono comunque alla misurazione di PIL.

L'insegnamento del pianoforte è sicuramente più "efficiente" oggi che due secoli fa (migliori allievi a parità di energie spese) a causa del progredire dei metodi didattici, ma non è un aumento di PIL misurabile, per fare un esempio. Non tutto il progresso umano è misurabile in termini di progresso di PIL. Il PIL misura solo il fatturato, né più, né meno.

Un altro problema è l'asintoto, l'infinito.

E' cosa osservata da tempo che più un'economia è arretrata, più cresce velocemente. L'Italia o gli Stati Uniti non avranno mai più i tassi di crescita (del PIL, o insomma della produzione di beni e servizi) dell'Egitto o del Brasile di oggi. Quando questi paesi saranno sviluppati, anche per loro un anno di crescita del 2% sarà un anno di crescita eccezionale. Per noi a quel punto un anno di crescita dello 0,7% sarà forse un anno di crescita eccezionale. Gli asintoti tendono infinitamente ad un massimo, non necessariamente ad un infinito (l'infinito, in questo esempio, è il progredire del tempo, l'aumento di PIL può aumentare ad es. a velocità sempre decrescente). La crescita "infinita" non è "insostenibile" affatto sotto nessun punto di vista.

Siccome qualsiasi bene o servizio è PIL, anche la rinaturalizzazione di un fiume, o di una cava abbandonata, sono PIL. Il risultato è un mondo migliore, non è necessariamente un prodotto. Il recupero e riciclaggio dei rifiuti è PIL. TUTTO ciò che viene fatturato è PIL. L'escursione in montagna in sé non lo è, ma il servizio reso dalla guida escursionistica lo è. Se un domani spendessimo il 50% del PIL per ripulire il mondo dalle porcherie dei secoli passati, sempre PIL sarebbe, e sarebbe sostenibile ad infinitum per così dire.

Il PIL come viene misurato è pieno di contraddizioni. Se io lavoro e mia moglie è casalinga, e tu lavori e tua moglie è casalinga, facciamo in due "un certo Prodotto Lordo X".

Poi mia moglie si emancipa, e va a lavorare fuori a ore, viene da te 8 ore a settimana, e lavora 8 ore di meno a settimana in casa mia di quello che lavorava prima.
Pure tua moglie si emancipa, e viene da me a lavorare in casa (per fare il lavoro che mia moglie emancipata non fa più), e lavora da me 8 ore a settimana, e lavora in casa tua 8 ore a settimana di meno.
Ebbene, la produzione totale NON è cresciuta (le ore lavorate sono le stesse) ma il PIL sì perché questo lavoro è "emerso" e viene rilevato dalla contabilità nazionale.

Si possono fare molti altri esempi: ho un orto, coltivo zucchine, patate, fagioli, fagiolini, cocomeri, meloni, aglio, cipolle, soia, e topinambur (ecc.). Me ne nutro.

Poi decido che è un casino: è meglio coltivare solo zucchine, che vendo al mercato, e con il ricavato comprerò patate, fagioli, fagiolini, cocomeri, meloni, aglio, cipolle, soia e topinambur (ecc.). La mia produzione agricola non è aumentata, ma il PIL sì!

Tutti questi fenomeni "contabili" sono alla base sia di tante "critiche" al PIL (è una misura e come tale è "criticabile" sempre) sia alla base della grande (e parzialmente fittizia) "crescita" delle economie in via di sviluppo.

Non capisco però la critica che il PIL misuri qualcosa di sbagliato. Il PIL misura il PIL con i limiti insiti nel suo sistema di misura. Se hai un patto di baratto col tuo vicino, lui ti dà 40 uova a settimana e tu gli dai un coniglio a settimana (perché tu hai il pollaio e lui i conigli) questo scambio non genera PIL per il modo in cui il PIL è costruito. Ma uova e coniglio sono stati sicuramente prodotti.

Da quello che sento in giro, cose per certi versi sensate come la critica al PIL divengono - strumentalmente, e con una certa disonestà intellettuale - critiche onnicomprensive sparate a vuoto nella fiduciosa attesa di un nuovo sistema economico dove non c'è spreco, non c'è sfruttamento e non c'è infelicità. Ma sono fantasie di sognatori dalle idee confuse basati su una premessa che non ha relazioni con la conclusione.
 
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Derrick

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Esempio di fantasie di sognatori dalle idee confuse:

Se per ogni unità di prodotto diminuisce il consumo di risorse e di energia, se si riducono i rifiuti e si riutilizzano i materiali contenuti negli oggetti dismessi, il prodotto interno lordo diminuisce e il ben-essere migliora. Se la collaborazione prevale sulla competizione, se gli individui sono inseriti in reti di solidarietà, diminuisce la necessità di acquistare servizi alla persona e diminuisce il prodotto interno lordo, ma il ben-essere delle persone migliora. Se si riduce la durata del tempo giornaliero che si spende nella produzione di merci, aumenta il tempo che si può dedicare alle relazioni umane, all’autoproduzione di beni, alle attività creative: il prodotto interno lordo diminuisce e il ben-essere migliora.


(da decrescitafelice.it)

Analizziamo, per quanto faticoso sia, il ragionamento suesposto, rivolgendoci al suo autore:

Se per ogni unità di prodotto diminuisce il consumo di risorse e di energia, se si riducono i rifiuti e si riutilizzano i materiali contenuti negli oggetti dismessi, il prodotto interno lordo diminuisce e il ben-essere migliora.

Per ridurre il consumo di risorse di energia per unità di prodotto devi fare investimenti, il PIL aumenta. Se compri "locale" e costa di più che trasportare da fuori, il PIL aumenta. (se compri locale e costa di meno che trasportare da fuori stai già facendo quello che fanno tutti felicemente).

Se si riutilizzano i materiali anziché farli semplicemente finire in discarica, il PIL aumenta. Quello che loro chiamano "ben-essere" è solo un tipo di PIL. Puoi comprare il macchinone più grosso o puoi comprare lezioni di tedesco. Sempre stai comprando qualcosa sempre stai generando PIL.

Se la collaborazione prevale sulla competizione, se gli individui sono inseriti in reti di solidarietà, diminuisce la necessità di acquistare servizi alla persona e diminuisce il prodotto interno lordo, ma il ben-essere delle persone migliora.

Ma che diamine significa "se la collaborazione prevale sulla competizione"? Nel nostro sistema (basato sulla concorrenza) si collabora in azienda e si compete sul mercato. Se le aziende "collaborassero" avremmo collusione, cartello, danno al consumatore, diminuzione della ricerca, diminuzione del progresso. Le aziende DEVONO competere (e DEVONO fallire).
E poi perché con meno competizione diminuirebbe la necessità di acquistare servizi alla persona? Se competo meno (o la mia azienda compete meno con la tua) abbiamo meno bisogno di cure mediche?
E poi perché la minore competizione diminuirebbe il PIL?
E infine, perché il ben-essere della persona migliora in un mondo in cui tutti i prodotti sono uguali, non c'è competizione, non c'è (quasi) progresso, c'è un dentifricio, un'auto, un sapone, una TV e un solo tipo di scarponi?

se gli individui sono inseriti in reti di solidarietà, diminuisce la necessità di acquistare servizi alla persona e diminuisce il prodotto interno lordo, ma il ben-essere delle persone migliora

Ma che sta' a dì? Che i bisogni di una persona siano soddisfatti dalla persona stessa, dai genitori, dalla rete di solidarietà (parrocchia, Esercito della Salvezza, FAO, UNICEF ecc.) sempre c'è un PIL generato per soddisfare quei bisogni.
E ripeto: se io faccio da badante gratuitamente a tua madre, e tu fai da badante gratuitamente a mia madre, anziché badare ognuno alle madri rispettive, il PIL sarà diverso ma il nostro ben-essere è identico che se io pagassi te e tu pagassi me. Non c'è aumento di ben-essere.
Riguardo la solidarietà, si può avere un sistema con più o meno solidarietà, ma questa non influisce sul PIL. Che ognuno si paghi la retta scolastica da sé, o che la paghi lo stato con le tasse, il costo del sistema scolastico, nel suo complesso e in aggregato, è lo stesso. Vale anche per il sistema sanitario, per il reddito di cittadinanza, per il sussidio di disoccupazione ecc. Sono temi - importanti, seri - di "distribuzione" della ricchezza non di "produzione" della ricchezza.

Se si riduce la durata del tempo giornaliero che si spende nella produzione di merci, aumenta il tempo che si può dedicare alle relazioni umane, all’autoproduzione di beni, alle attività creative: il prodotto interno lordo diminuisce e il ben-essere migliora.

Che s'intende per "se si riduce"? Per decreto? Max. 6 ore di lavoro al giorno? Mah. Sembra uno scenario da incubo, oltre che concretamente poco attuabile.
E in ogni caso, se "riduci" il tempo dedicato alla produzione, per aumentare quello "dedicato alle relazioni umane, all'autoproduzione di beni e alle attività creative", il tuo ben-essere NON aumenta.
Infatti che tu lavori 6 ore a produrre zucchine (il tuo lavoro) e poi 2 ore il giorno per "auto-produrre" aglio, fagioli, patate ecc. (che non scambi, quindi riduci il PIL) non è che ti lascia alcun vantaggio rispetto a lavorare 8 ore a produrre zucchine e poi comprare aglio, fagioli ecc.

Il "mito" del baratto e dell'autoproduzione come cosa conveniente è appunto un mito. Sì risparmi le tasse (ma solo perché l'autoconsumo al momento non è tassato, tuttavia potrebbe esserlo, come potrebbe esserlo il baratto, in teoria) ma quello che rimetti in perdita di produttività è molto maggiore. E' questa la ragione per la quale ci facciamo fare le scarpe dal calzolaio e i mobili dal falegname anziché felicemente autoprodurci scarpe e mobili.
Il baratto inoltre ha costi di transazione enormi, perché se io sono falegname, e mi serve un arrosto di pollo, devo trovare uno che ha un arrosto di pollo, e gli serve un servizio da falegname di valore equivalente. Pensa che casino. Il denaro - che non è uno strumento di Satana - serve, tra le altre cose, anche a questo, io vendo (a chiunque ne abbia bisogno) servizi di falegnameria e poi compro da chi lo vende un arrosto di pollo. Faccio MOLTO prima. Spendo MOLTO meno.

Che uno possa lavorare di meno per ascoltare più musica, poi, è osservazione banale. Io personalmente NON lavoro perché tutto sommato non ne ho bisogno. Per me è facile: tutta la mia giornata è "decrescita felice", me lo posso permettere e tanti cavoli. Ma non ha senso questo discorso. Ognuno sceglie già, spontaneamente, quanto tempo dedicare a lavoro e a tempo libero, più o meno, in base ai vincoli che ha davanti (necessità di un reddito, impossibilità il più delle volte a scegliere la quantità di tempo lavorato con esattezza ecc.).

Se questo è un discorso del tipo "lavorare meno per lavorare tutti" - che è un ragionamento sensato come redistribuzione di lavoro e reddito - in aggregato non ha senso usarlo per parlare di PIL, è solo una re-distribuzione del reddito e del lavoro (sempre un fatto distributivo, che non ha a che fare con la produzione, con il PIL, con la crescita ecc.).

Alla fine tutto si riduce ad un'insensatezza basata sul fantasioso presupposto che se autoproduco o baratto sono più felice (ho più ben-essere) che se lavoro e compro sul mercato ciò di cui ho bisogno. Oppure che se compro con la filiera corta sono più felice (ho più ben-essere) che se compro con filiera lunga ma pagando meno.

(Il sistema dei prezzi fa già decidere al "mercato" cosa è conveniente. Le esternalità, ad es. l'inquinamento da trasporto, sono già - e possono esserlo di più - incluse nelle decisioni di mercato tramite la tassazione dei carburanti, delle emissioni inquinanti ecc.).
Capisco che si dica: trasportare inquina, tassiamo in base all'inquinamento (e si tassino ANCOR PIU' i carburanti). Ma se il trasporto avviene in treno, e inquina meno, costerà meno. Potrebbe inquinare di più comprare un bene a 50 km di camioncino che a 300km di treno!

Posto quindi che si possa senz'altro mettere un prezzo alle esternalità, dopo fatto ciò nessuno meglio del mercato allocherà le risorse e incrocerà domanda e offerta. O vogliamo tornare al vecchio sistema delle barriere doganali locali?! Laissez-faire, laissez passer les marchandises!
 
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