Se sei un ingegnere, penso tu abbia detto un'inesattezza.
un conto è un modello economico, un conto sono le leggi fisiche.
Dato che stai affermando che a fronte di un aumento di produttività c'è più felicità, allora dimostramelo con grafici, dati o studi scientifici.
vorrei degli argomenti circostanziati per cortesia.
inoltre: converrai che quando si produce qualcosa, questo "qualcosa" prenderà materie ed energia e le tradurrà in un bene che ha una sua vita ben definita, anche riciclando all'infinito si userà energia via via crescente in funzione della mancata frazione di materia prima recuperabile, tutto questo ha un nome:
Entropia.
in un sistema chiuso, questa non potrà far altro che aumentare.
Dunque in un sistema chiuso (la terra) a meno di non uscire seriamente da questo pianeta, aumentare all'infinito la produttività non è proprio un'idea felice.
in ogni caso, in allegato un grafico che mette in rapporto lo stipendio medio con la felicità dal 1950 al 2005
ciao!
Eh, caro mio, sono un economista di formazione. Quanto siamo diversi!
Comunque io NON HO MAI affermato che a fronte di un aumento di produttività c'è più felicità. L'hai detto tu. Potrebbe essere vero senz'altro, a secondo di cosa intendi per felicità.
Per gli economisti ci sono alcuni assunti di base. Il primo è che i bisogni umani sono infiniti. Hai la tenda che pesa solo 1 kg? Sbaverai vedendo quella che pesa 800g (questione di tempo). L'umanità tende incessantemente verso il progresso cioè l'utilità cioè fare con meno fatica il lavoro di prima (sul concetto di felicità in effetti è bene che non mi sbilanci perché non è cosa analizzabile né dagli economisti né dagli ingegneri).
La produttività non fa che aumentare, detto in senso molto ampio. Cioè produrremo beni e servizi in modo sempre più efficiente. Cioè useremo meno risorse per lo stesso risultato, o avremo un maggior risultato con l'uso delle stesse risorse. Questa cosa va avanti dal paleolitico, non si è mai fermata (OK c'è gente che accende ancora il fuoco con la pietra focaia
ma si tratta di eccezioni).
Che l'umanità tenda verso questo PROGRESSO (la felicità, ripeto, la lasciamo da parte) non è negabile. Probabilmente con meno risorse di quelle che servivano per fare una 500 oggi produciamo una Punto. Una Punto è più "utile" di una 500 (d'antan). Nessuno oggi comprerebbe - come bene economico - la vecchia 500 al prezzo della nuova Punto. Trovi fantastiliardi di esempi dalla vita comune di come l'umanita VOGLIA il progresso e LO CREI incessantemente.
Persino una cosa banale come un calzino da escursionismo o uno scarpone sono sottoposti alla inevitabile legge del progresso. Gli scarponi presumibilmente tra vent'anni saranno più robusti, più comodi, e costeranno pure meno! (e se non saranno gli scarponi, saranno i bastoni ecc.). Oggi sono salito in montagna con una maglietta di Capilene e dei pantaloni di un nylon che ha fatto a pezzi centinaia di spine senza batter ciglio. E' tutta crescita felice, è tutto PIL felice, è tutto progresso che non ci sarebbe stato con la logica della paralisi economica.
Quanto all'entropia, l'energia ecc. a parte la sega mentale ingegneristica tipica
(le risorse naturali saranno esaurite tra tre miliardi di anni ecc.) (e te lo dice un ecologica fervente al limite del fanatico) nella società attuale (frutto di un'evoluzione economica durata ere, dal paleozoico ad oggi) si producono verosimilmente (in termini di PIL) più servizi che beni.
I sostenitori della "decrescita" non si sono neanche accorti che la crescita può essere "immateriale", è da decenni probabilmente che lo è. Certo anche la produzione di servizi consuma energia, e ogni uomo, vivendo, produce merda che va opportunamente trattata con impiego di risorse ecc. e questi sono tutti servizi (PIL felice e utile) rispetto a liberarsi nel campo dietro casa.
ll progresso naturalmente può benissimo essere volto, domani, a recuperare al 100% la materia utilizzata. In natura l'acqua e l'energia solare sono già riciclate all'infinito:
l'acqua evapora, diventa nube, piove sull'escursionista, e ridiventa acqua utilizzabile, poi rievapora ecc.
l'energia solare tramite la sintesi clorifilliana diventa legna (che è energia più carbonio e ossigeno), la legna brucia restituendo energia, carbonio e ossigeno che ritornano ad essere sintetizzate in nuova legna, e via all'infinito.
L'alluminio e la plastica sono già oggi riciclabili in maniera estrema. Ma un domani faremo plastiche biogradabili, dal granoturco ad esempio, costano di più di quelle derivate dal petrolio, ma ce le potremo permettere, grazie alla felice crescita di PIL che avremo avuto.
I pannelli solari, le turbine eoliche ci danno un'energia "eternamente" disponibile e sono stati possibili solo grazie al grande e felice aumento di PIL che è stato generato nella ricerca e produzione di questi dispositivi.
Potrei continuare a lungo ma penso che alle 1:55 dovrei dormire.
PS Il grafico della felicità rapportata al reddito, visto dal punto di vista di un economista, è completamente senza senso. L'etiope che è coinvolto dalla carestia ha fame, ed è povero, probabilmente non si suicida, però. L'italiano che è coinvolto dalla crisi, ed è in difficoltà nel pagare il telefonino della figlia, è povero - dal suo punto di vista di italiano che non è mai stato in difficoltà - e capita pure che si suicidi.
O vedi la felicità - dovresti definirla - come uno stato dell'anima, puramente psicologico. Allora l'anacoreta in cima alla colonna, che prega Dio tutto il giorno, può essere l'uomo più felice del mondo. Stante questa definizione di felicità, porla vicino al grafico con il PIL non ha senso. E' come porre un grafico della felicità rispetto alla produzione di barbabietola da zucchero. Non dimostra nulla in nessun senso.
Se invece intendi la "felicità", come la "quella parte di "felicità" che dipende dalle condizioni economiche", allora A PRIMA VISTA avrebbe senso studiarne la correlazione col PIL. Ma un attimo dopo no, proprio perché - e gli economisti se ne sono resi conto da molto tempo - la "felicità" è rapportata da ogni uomo alle condizioni della società in cui vive.
L'etiope affamato è felice se per quest'anno il raccolto viene bene, ma ha un gran mal di denti. L'Italiano non ha il mal di denti, e non comparerà mai la propria felice condizione alla povertà dell'etiope, e se il suo raccolto viene bene, è meno felice dell'etiope. Visto da fuori (da Marte) è più felice: raccolto buono, niente mal di denti. Visto da "dentro" lo è meno. Eppure l'etiope sta sicuramente peggio (altrimenti avremmo immigrazione clandestina di italiani in Etiopia).
Ecco, se la povertà garantisse la felicità, emigreremmo tutti in India o in Ecuador, o faremmo gli operai felici nelle miniere dell'Atacama.