Le pietre Wästikivi sono prodotte a Orivesi, un paese della Finlandia occidentale, nelle vicinanze del lago Längelmävesi
estraendo e tagliando fillade da una cava presso Västilä.
Secondo la leggenda le rocce da cui ricavare coti per affilare furono create da Ukko, il dio supremo dei Finni, mentre, scientificamente parlando, il nostro @zoro della fillade dice:
“Le rocce metamorfiche derivano dall’azione, su rocce preesistenti, di alterazioni causate da calore e pressione e, in rari casi, da fluidi chimicamente attivi.
La fillade, formata dal metamorfismo di rocce sedimentarie con composizione da argillosa a sabbiosa, è composta principalmente da cristalli di quarzo, mica, sericite e clorite.
La tendenza a sfaldarsi e dividersi secondo piani paralleli a quello dei cristalli o del reticolo cristallino ha dato alla roccia il suo nome latino di “foglia di pietra” e come l’ardesia, usata per le lavagne o i tetti delle case alpine, è caratterizzata da laminazioni simili alle pagine di un libro.
Responsabili delle qualità abrasive della pietra sono i microscristalli di quarzo, derivanti dalle rocce sabbiose e più duri di molti acciai.”
Storicamente pare che l’origine dell’estrazione regolare di fillade per la produzione di coti risalga al XVII secolo. All’inizio erano usate come merce di scambio fra i contadini della zona e quelli dei comuni vicini, salvo poi essere lentamente esportate di mercato in mercato fino a San Pietroburgo e diventando un oggetto di commercio effettivo attorno al 1750.
La produzione industriale di pietre finlandesi iniziò fra il 1885 e il 1886 ad opera di Aadolf Poukka, G. Lejman, Otto Alanen e Johan Elander, ognuno con un proprio laboratorio.
Prima della Grande Guerra queste pietre erano importate soprattutto in Russia, Estonia, Lettonia, Lituania, Germania e Turchia. Dopo la guerra i mercati con la domanda maggiore divennero l’Europa centrale, i Balcani e il Medio Oriente a cui si aggiunsero in seguito piccole importazioni verso gli Stati Uniti e il Sud America.
Oggi la Wästikivi Oy è gestita da Ilkka Tuomaala
che provvede a ogni fase della raccolta e lavorazione.
In Finlandia queste pietre sono ora ubiquitarie nei negozi di articoli per la casa, da escursione o da caccia e sono anche vendute, in foderi con il proprio marchio, dalla Marttiini, dalla Roselli, dalla Paaso, dalla Iisakki Järvenpää e altri.
Le due pietre che uso sono quella tascabile da 101x23x8 mm, con 11 mm di cuneo
e quella casalinga da 173x29x9,5 mm con 13 mm cuneo.
La prima oscilla fra i 15 e i 20 €, la seconda è sui 35 €.
Non ho mai avuto occasione di usare il cuneo, che sarebbe pensato per affilare le spatole da formaggio
che in Finlandia e Scandinavia sono comunissime e che in Italia nessuno conosce o usa, avendo formaggi dalla consistenza decisamente più robusta.
Come mi è stato confermato anche da Tuomaala, i piatti larghi hanno una grana paragonabile a una #600, mentre i lati sottili sono paragonabili a una #1000.
Da buone pietre naturali necessitano un po’ d’acqua sui piatti, ma senza bisogno delle immersioni di svariati minuti delle pietre giapponesi.
Se è necessario ripristinare il filo è consigliabile un movimento rotatorio,
mentre, per ridare semplicemente un po’ di mordente a un filo ancora buono, sono sufficienti i lati sottili, appena bagnati o addirittura a secco, utilizzando passate semplici, dall’alto al basso, seguendo il profilo del filo.
Le pietre da sole danno comunque un buon mordente da lavoro, ma se è necessario un filo pulito o molto mordace lo stropping è imperativo, perché comunque un minimo di bava di metallo rimane.
Ho affilato diversi acciai e ho potuto vedere reattività circa sovrapponibile di W75 e C75 a 60 HRC, 1080 a 59 HRC, 80CrV2 e 56Si7 a 58 HRC. Leggermente più resistenti sono stati, in ordine l'O1 a 59 HRC, l'80CrV2 fra i 59 e i 62 HRC e l'UHB 20C a 59 HRC.
La maggior difficoltà ad affilare un Mora monostrato in UHB 20C rispetto a uno laminato con cuore in O1 era già stata lamentata dagli intagliatori svedesi dagli anni '60 e riportata da Wille Sudqvist nel proprio libro sulle tecniche di intaglio e di slöjd. All'epoca in Svezia erano soprattutto diffuse le pietre locali in shale, estratte a Los, dalla composizione minare simile a quelle finlandesi, o le americane Arkansas in silice. Con l'avvento delle diamantate, negli anni '90, il problema non si è sostanzialmente più posto.
Il K510 a 60 HRC a il 100Cr6 a 62 HRC, come prevedibile, sono stati i carboniosi più lunghi da affrontare, ma assolutamente nulla di insormontabile.
Fra gli inox, naturalmnte, il 420 a 54 HRC non ha opposto resistenza ed anche il 12C27 a 58 HRC è stato sorprendentemente facile da affilare, mentre sono stati più ostici il 4116 e il 440A a 57 HRC, non tanto per le percentuali di C fra lo 0,5 e lo 0,75%, il 12C27 ha lo 0,6% C, ma per il contenuto di Cr fra il 15 e il 18% che, evidentemente, comincia a dare un po' troppa resistenza all'usura per delle pietre naturali a grana non particolarmente grossa come le Wästikivi.
estraendo e tagliando fillade da una cava presso Västilä.
Secondo la leggenda le rocce da cui ricavare coti per affilare furono create da Ukko, il dio supremo dei Finni, mentre, scientificamente parlando, il nostro @zoro della fillade dice:
“Le rocce metamorfiche derivano dall’azione, su rocce preesistenti, di alterazioni causate da calore e pressione e, in rari casi, da fluidi chimicamente attivi.
La fillade, formata dal metamorfismo di rocce sedimentarie con composizione da argillosa a sabbiosa, è composta principalmente da cristalli di quarzo, mica, sericite e clorite.
La tendenza a sfaldarsi e dividersi secondo piani paralleli a quello dei cristalli o del reticolo cristallino ha dato alla roccia il suo nome latino di “foglia di pietra” e come l’ardesia, usata per le lavagne o i tetti delle case alpine, è caratterizzata da laminazioni simili alle pagine di un libro.
Responsabili delle qualità abrasive della pietra sono i microscristalli di quarzo, derivanti dalle rocce sabbiose e più duri di molti acciai.”
Storicamente pare che l’origine dell’estrazione regolare di fillade per la produzione di coti risalga al XVII secolo. All’inizio erano usate come merce di scambio fra i contadini della zona e quelli dei comuni vicini, salvo poi essere lentamente esportate di mercato in mercato fino a San Pietroburgo e diventando un oggetto di commercio effettivo attorno al 1750.
La produzione industriale di pietre finlandesi iniziò fra il 1885 e il 1886 ad opera di Aadolf Poukka, G. Lejman, Otto Alanen e Johan Elander, ognuno con un proprio laboratorio.
Prima della Grande Guerra queste pietre erano importate soprattutto in Russia, Estonia, Lettonia, Lituania, Germania e Turchia. Dopo la guerra i mercati con la domanda maggiore divennero l’Europa centrale, i Balcani e il Medio Oriente a cui si aggiunsero in seguito piccole importazioni verso gli Stati Uniti e il Sud America.
Oggi la Wästikivi Oy è gestita da Ilkka Tuomaala
che provvede a ogni fase della raccolta e lavorazione.
In Finlandia queste pietre sono ora ubiquitarie nei negozi di articoli per la casa, da escursione o da caccia e sono anche vendute, in foderi con il proprio marchio, dalla Marttiini, dalla Roselli, dalla Paaso, dalla Iisakki Järvenpää e altri.
Le due pietre che uso sono quella tascabile da 101x23x8 mm, con 11 mm di cuneo
e quella casalinga da 173x29x9,5 mm con 13 mm cuneo.
La prima oscilla fra i 15 e i 20 €, la seconda è sui 35 €.
Non ho mai avuto occasione di usare il cuneo, che sarebbe pensato per affilare le spatole da formaggio
che in Finlandia e Scandinavia sono comunissime e che in Italia nessuno conosce o usa, avendo formaggi dalla consistenza decisamente più robusta.
Come mi è stato confermato anche da Tuomaala, i piatti larghi hanno una grana paragonabile a una #600, mentre i lati sottili sono paragonabili a una #1000.
Da buone pietre naturali necessitano un po’ d’acqua sui piatti, ma senza bisogno delle immersioni di svariati minuti delle pietre giapponesi.
Se è necessario ripristinare il filo è consigliabile un movimento rotatorio,
mentre, per ridare semplicemente un po’ di mordente a un filo ancora buono, sono sufficienti i lati sottili, appena bagnati o addirittura a secco, utilizzando passate semplici, dall’alto al basso, seguendo il profilo del filo.
Le pietre da sole danno comunque un buon mordente da lavoro, ma se è necessario un filo pulito o molto mordace lo stropping è imperativo, perché comunque un minimo di bava di metallo rimane.
Ho affilato diversi acciai e ho potuto vedere reattività circa sovrapponibile di W75 e C75 a 60 HRC, 1080 a 59 HRC, 80CrV2 e 56Si7 a 58 HRC. Leggermente più resistenti sono stati, in ordine l'O1 a 59 HRC, l'80CrV2 fra i 59 e i 62 HRC e l'UHB 20C a 59 HRC.
La maggior difficoltà ad affilare un Mora monostrato in UHB 20C rispetto a uno laminato con cuore in O1 era già stata lamentata dagli intagliatori svedesi dagli anni '60 e riportata da Wille Sudqvist nel proprio libro sulle tecniche di intaglio e di slöjd. All'epoca in Svezia erano soprattutto diffuse le pietre locali in shale, estratte a Los, dalla composizione minare simile a quelle finlandesi, o le americane Arkansas in silice. Con l'avvento delle diamantate, negli anni '90, il problema non si è sostanzialmente più posto.
Il K510 a 60 HRC a il 100Cr6 a 62 HRC, come prevedibile, sono stati i carboniosi più lunghi da affrontare, ma assolutamente nulla di insormontabile.
Fra gli inox, naturalmnte, il 420 a 54 HRC non ha opposto resistenza ed anche il 12C27 a 58 HRC è stato sorprendentemente facile da affilare, mentre sono stati più ostici il 4116 e il 440A a 57 HRC, non tanto per le percentuali di C fra lo 0,5 e lo 0,75%, il 12C27 ha lo 0,6% C, ma per il contenuto di Cr fra il 15 e il 18% che, evidentemente, comincia a dare un po' troppa resistenza all'usura per delle pietre naturali a grana non particolarmente grossa come le Wästikivi.
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