Come giustamente dice Spinoza, ognuno coi propri soldi ci fa quel che gli pare.
Il ragionamento complessivo è in realtà abbastanza complesso (non è un gioco di parole), e parte dalla constatazione che l'uso personale dei soldi riflette il valore soggettivo che ciascuno attribuisce agli oggetti. Non solo quello materiale, ma anche quello simbolico, quello passionale, quello ludico, quello estetico, e così via : in una parola, il soddisfacimento che gli procura in tutte le sue possibili sfaccettature, da quelle oggettive a quelle persino inconsce e inconsapevoli.
Accade allora che per alcuni il valore di un oggetto sia meramente venale, perché si ferma solo e soltanto alla sua utilità materiale ; per altri vada un po' più in là, interessando altri aspetti; per altri ancora molto più in là, toccando corde svariate e/o molto più profonde. Non solo : per la stessa persona questo può variare nel corso del tempo, al maturare dell'età, delle situazioni, della sua evoluzione esistenziale.
Tutto questo si traduce alla fine, in modo molto pratico, in un bilancio personale, più o meno soggetto al vincolo delle disponibilità finanziarie, e si risolve semplicemente nel decidere come ripartire.
Tutta questa premessa per spiegare, o almeno instradare sull'intuizione del motivo per il quale impostare il discorso "riflessioni prezzi bici" come se ci dovesse essere un prezzo congruo o ragionevole, secondo me è fuorviante.
E allora faccio il mio esempio : a me dell'automobile importa poco o nulla. Potendone realmente fare del tutto a meno neppure l'avrei, ma siccome in alcune circostanze mi risulta praticamente indispensabile data la scomodità o la totale assenza di alternative, sono costretto ad averla. La considero pertanto poco più di un "male necessario", che di conseguenza uso il meno possibile, ed a cui attribuisco davvero solo e soltanto il valore materiale dell'utilità intrinseca : per capirsi, non mi piace neppure guidare, anzi mi pesa. Per questi motivi, una semplice utilitaria da 10k euro (Panda) mi basta e mi avanza.
Altri, al posto mio, non la prenderebbero neppure in considerazione. Guai che non sia più potente, più spaziosa, con tutti i possibili optional (compresi i cerchi in lega che non si mai capito che utilità abbiano, se non estetica, ma intanto costano solo quelli mille o duemila euro), la trazione integrale - magari in città- i sedili pelle e così via. E quindi spendono per una macchina 5-10 mila euro più di me. Se non molto di più. Per soddisfare pur sempre alla fine la stessa necessità di base : quella della mobilità.
Posso criticarli ? Evidentemente, per la premessa fatta, no. Perché ognuno coi propri soldi fa quello che gli pare. Perché evidentemente se comprano una macchina più costosa è perché viene attribuito a quell'oggetto un valore ed un'utilità superiori. Perché a questi evidentemente si aggiungono anche motivazioni e valori immateriali, disgiunti dalla sua mera utilità, e così via.
Ebbene, per lo stesso motivo io quei 5000 euro in più che non spendo su una macchina preferisco dirottarli su una bicicletta.
Per gli stessi motivi di chi invece preferisce caricarli sull'acquisto di una macchina.
Fin qui, dunque, il ragionamento sulla "paritarieta' " delle due situazioni dovrebbe essere evidente, filare, e dunque venir riconosciuto. A maggior ragione perché le cifre in ballo - in assoluto - nel confronto sono anche molto maggiori. Una bici di alta gamma costa in definitiva come una media motocicletta, meno di un'utilitaria : quindi abbordabile da chiunque, sol che "voglia" spenderci i soldi ; un'auto di alta gamma - equivalente alla bici - di euro ne costa qualche decina di migliaia.
E invece, per chissà quali motivi, in modo più o meno esplicito, più o meno sottinteso o allusivo, questa paritarieta' non viene riconosciuta manco per niente.
Perché?
Ebbene, arriviamo qui a quello che a me sembra il nocciolo (inconfessato) della questione.
A mio avviso la bici si porta dietro un retropensiero inconscio - certo frutto di un retaggio storico - duro a sradicarsi. Quello di essere nel famigerato immaginario collettivo un mezzo "povero". Anzi, il mezzo povero per eccellenza. Quello immortalato nel neorealismo di film come - appunto - "Ladri di biciclette", nell'Italia dell'immediato dopoguerra. Quella di mezzo di ripiego a cui si fu costretti dalla crisi petrolifera degli anni '70. Quella di mezzo di spostamento nazionale in quella Cina ancora nazione di secondo piano e, appunto, "povera" prima che diventasse la superpotenza che è poi diventata. Il mezzo dei lavori poveri, dallo stellone al garzone di bottega, dall'arrotino al panettiere. Quello delle pensionata del paesino che non ha manco la patente, col cestello attaccato, che va a farci la spesa. E così via.
Insomma, un mezzo povero e dal valore esclusivamente materiale. Per quello immateriale - nel suo risvolto sportivo - sono sempre bastate le epopea di Giri e Tour, personaggi come Coppi e Bartali, e comunque (anche in quel caso), fino a neppure troppi anni fa, diciamo prima di Marco Pantani, ha sempre capeggiato l'iconografia del ciclista visto come un sempliciotto campagnolo poco istruito, capace di rispondere sul traguardo all'intervista dicendo solo la famosa frase: "Mamma, sono contento di essere arrivato primo".
Con questi presupposti a cavallo tra sociologia e antropologia di massa, sembra quasi inevitabile che una "bici-costosa" appaia un ossimoro, quasi un'eresia.
Inconcepibile che un mezzo di mera utilità, un "pezzo di ferro", possa essere fatto di altro materiali (carbonio, titanio), anziché il sempiterno acciaio o tutt'al più alluminio.
Inconcepibile che possa essere "intaccato" dall'uso dell'elettronica, ad esempio nei cambi; che le ruote - da sole - costituiscano un universo a parte dove la tecnologia si può sbizzarrire; che la sicurezza comporti evoluzioni (ad esempio nei freni col passaggio dal pattino al disco) mutuate da altri mezzi "cugini" (in quanto pur sempre a 2 ruote) motorizzati, e comunque in questo preceduti dalla mtb.
Insomma, se su una macchina è considerato normale essere passati dalla Cinquecento anni '50 alla Tesla (con la connessa evoluzione iperbolica di tecnologie, materiali, vera e propria concezione ...e quindi anche lievitazione di costi), per la bici invece il tempo - e il progresso - avrebbero dovuto essersi fermati. E con essi, i suoi costi e i suoi prezzi.
Se su una macchina - o su una casa, sull'arredamento, su vestiti, o su un elettrodomestico come tv o cellulare, o su un'infinità di altre cose - è considerato normale "buttarci sopra" dei soldi, o comprarli doppi o tripli (tipo due o 3 auto, due o tre tv a famiglia), sulla bici no. Su quella sembra valere - un po' come per gli appalti - la logica del massimo ribasso. Altrimenti, è esecrabile. Tutt'al più - e lo si è visto con l'ultima ondata, trainata non a caso dalle e-bike - la legittimazione a valere un po' di più arriva loro dall'avere un qualche congegno che in qualche modo le "assimila" ai mezzi motorizzati : affiorando così, ancora una volta, il retropensiero che il mezzo basato sulla mera forza muscolare (tipo il carretto, per capirsi) sia roba intrinsecamente povera, o un semplice giocattolo, che "non può" valere più di tanto.
In poche parole, alla base dei ragionamenti pauperistici di chi dice che la bici dovrebbe costare poco, c'è a mio avviso il sottinteso più o meno inconscio che la bici "valga" poco: in quanto tale.
E quindi il fatto che "possa" costare poco (come qualsiasi oggetto) è un tutt'uno col fatto che "debba" costare poco (teorema che invece per gli altri oggetti non vale).
Costoro non si faranno mai convincere più di tanto non solo dalle considerazioni precedenti (relative a quanto progresso più o meno invisibile possa incorporare anche un oggetto apparentemente semplice), ma neanche dal noto detto "chi più spende meno spende". In questo caso ancor più valido che mai, perché se nel caso di una cineseria che mi si rompe dopo un solo utilizzo (dunque usa e getta) ci si può aver rimesso il suo costo per poco che fosse, nel caso di un telaio in carbonio cinese che costa 500 euro anziché 4000 questo - se si rompe come effettivamente accade - non lo fa davanti agli occhi oppure in mano, ma sotto il culo e magari anche a gran velocità: il che significa rischiare di rimetterci non solo i 500 euro, ma infinitamente di più...il cranio. Figurarsi poi se costa 300 euro l'intera bici.
E comunque anche su questo un'ulteriore riflessione: a differenza di tanti stereotipi - sebbene in buona parte ancora validi - proprio la Cina e proprio le bici forniscono ormai da non pochi anni interessantissimi esempi di produzioni di qualità, affidabili, competitive con quelle "occidentali" e più convenienti rispetto a queste sul piano appunto del rapporto qualità- prezzo, laddove però i prezzi di queste produzioni - per essere come sono - restano anch'essi comparabili con quelli occidentali e non stracciati come le "cineserie" classiche a cui ci si era abituati. In altri termini, anche con le bici è avvenuto come per i cellulari Huawei e ormai parecchi altri oggetti. Come dire, quindi, che persino il Paese per eccellenza che si imperniava sul concetto di "basso costo ad ogni costo" si è profondamente evoluto. Non si capisce quindi, a maggior ragione, perché si debba rimanere ancorati qui a certi schemi mentali.
Concludendo : anche la bici ha una sua dignità, un suo valore, che andrebbe riconosciuto. E lo dico non solo essendone appassionato - quindi con spirito di parte - non solo senza volermi neppure addentrare su altri aspetti come quelli ambientali, sanitari, psicologici, emozionali, e così via (non si finirebbe più) bensì limitandomi a evidenziarne una caratteristica oggettiva ed esclusiva : è il mezzo di trasporto che pesa di meno in rapporto a ciò che trasporta. Mediamente, una bici "regge" una persona che pesa fino a dieci volte più di lei : quasi un piccolo miracolo della tecnica, che non trova altri esempi minimamente comparabili (tranne, forse, e solo da pochissimo, il monopattino; che però - mezzo cittadino e da pianura - non ha minimamente la sua versatilità). Basterebbe questa considerazione a regalarle quel po' più di attenzione, conoscenza e - perché no - di tangibili soldini, che merita.
Il ragionamento complessivo è in realtà abbastanza complesso (non è un gioco di parole), e parte dalla constatazione che l'uso personale dei soldi riflette il valore soggettivo che ciascuno attribuisce agli oggetti. Non solo quello materiale, ma anche quello simbolico, quello passionale, quello ludico, quello estetico, e così via : in una parola, il soddisfacimento che gli procura in tutte le sue possibili sfaccettature, da quelle oggettive a quelle persino inconsce e inconsapevoli.
Accade allora che per alcuni il valore di un oggetto sia meramente venale, perché si ferma solo e soltanto alla sua utilità materiale ; per altri vada un po' più in là, interessando altri aspetti; per altri ancora molto più in là, toccando corde svariate e/o molto più profonde. Non solo : per la stessa persona questo può variare nel corso del tempo, al maturare dell'età, delle situazioni, della sua evoluzione esistenziale.
Tutto questo si traduce alla fine, in modo molto pratico, in un bilancio personale, più o meno soggetto al vincolo delle disponibilità finanziarie, e si risolve semplicemente nel decidere come ripartire.
Tutta questa premessa per spiegare, o almeno instradare sull'intuizione del motivo per il quale impostare il discorso "riflessioni prezzi bici" come se ci dovesse essere un prezzo congruo o ragionevole, secondo me è fuorviante.
E allora faccio il mio esempio : a me dell'automobile importa poco o nulla. Potendone realmente fare del tutto a meno neppure l'avrei, ma siccome in alcune circostanze mi risulta praticamente indispensabile data la scomodità o la totale assenza di alternative, sono costretto ad averla. La considero pertanto poco più di un "male necessario", che di conseguenza uso il meno possibile, ed a cui attribuisco davvero solo e soltanto il valore materiale dell'utilità intrinseca : per capirsi, non mi piace neppure guidare, anzi mi pesa. Per questi motivi, una semplice utilitaria da 10k euro (Panda) mi basta e mi avanza.
Altri, al posto mio, non la prenderebbero neppure in considerazione. Guai che non sia più potente, più spaziosa, con tutti i possibili optional (compresi i cerchi in lega che non si mai capito che utilità abbiano, se non estetica, ma intanto costano solo quelli mille o duemila euro), la trazione integrale - magari in città- i sedili pelle e così via. E quindi spendono per una macchina 5-10 mila euro più di me. Se non molto di più. Per soddisfare pur sempre alla fine la stessa necessità di base : quella della mobilità.
Posso criticarli ? Evidentemente, per la premessa fatta, no. Perché ognuno coi propri soldi fa quello che gli pare. Perché evidentemente se comprano una macchina più costosa è perché viene attribuito a quell'oggetto un valore ed un'utilità superiori. Perché a questi evidentemente si aggiungono anche motivazioni e valori immateriali, disgiunti dalla sua mera utilità, e così via.
Ebbene, per lo stesso motivo io quei 5000 euro in più che non spendo su una macchina preferisco dirottarli su una bicicletta.
Per gli stessi motivi di chi invece preferisce caricarli sull'acquisto di una macchina.
Fin qui, dunque, il ragionamento sulla "paritarieta' " delle due situazioni dovrebbe essere evidente, filare, e dunque venir riconosciuto. A maggior ragione perché le cifre in ballo - in assoluto - nel confronto sono anche molto maggiori. Una bici di alta gamma costa in definitiva come una media motocicletta, meno di un'utilitaria : quindi abbordabile da chiunque, sol che "voglia" spenderci i soldi ; un'auto di alta gamma - equivalente alla bici - di euro ne costa qualche decina di migliaia.
E invece, per chissà quali motivi, in modo più o meno esplicito, più o meno sottinteso o allusivo, questa paritarieta' non viene riconosciuta manco per niente.
Perché?
Ebbene, arriviamo qui a quello che a me sembra il nocciolo (inconfessato) della questione.
A mio avviso la bici si porta dietro un retropensiero inconscio - certo frutto di un retaggio storico - duro a sradicarsi. Quello di essere nel famigerato immaginario collettivo un mezzo "povero". Anzi, il mezzo povero per eccellenza. Quello immortalato nel neorealismo di film come - appunto - "Ladri di biciclette", nell'Italia dell'immediato dopoguerra. Quella di mezzo di ripiego a cui si fu costretti dalla crisi petrolifera degli anni '70. Quella di mezzo di spostamento nazionale in quella Cina ancora nazione di secondo piano e, appunto, "povera" prima che diventasse la superpotenza che è poi diventata. Il mezzo dei lavori poveri, dallo stellone al garzone di bottega, dall'arrotino al panettiere. Quello delle pensionata del paesino che non ha manco la patente, col cestello attaccato, che va a farci la spesa. E così via.
Insomma, un mezzo povero e dal valore esclusivamente materiale. Per quello immateriale - nel suo risvolto sportivo - sono sempre bastate le epopea di Giri e Tour, personaggi come Coppi e Bartali, e comunque (anche in quel caso), fino a neppure troppi anni fa, diciamo prima di Marco Pantani, ha sempre capeggiato l'iconografia del ciclista visto come un sempliciotto campagnolo poco istruito, capace di rispondere sul traguardo all'intervista dicendo solo la famosa frase: "Mamma, sono contento di essere arrivato primo".
Con questi presupposti a cavallo tra sociologia e antropologia di massa, sembra quasi inevitabile che una "bici-costosa" appaia un ossimoro, quasi un'eresia.
Inconcepibile che un mezzo di mera utilità, un "pezzo di ferro", possa essere fatto di altro materiali (carbonio, titanio), anziché il sempiterno acciaio o tutt'al più alluminio.
Inconcepibile che possa essere "intaccato" dall'uso dell'elettronica, ad esempio nei cambi; che le ruote - da sole - costituiscano un universo a parte dove la tecnologia si può sbizzarrire; che la sicurezza comporti evoluzioni (ad esempio nei freni col passaggio dal pattino al disco) mutuate da altri mezzi "cugini" (in quanto pur sempre a 2 ruote) motorizzati, e comunque in questo preceduti dalla mtb.
Insomma, se su una macchina è considerato normale essere passati dalla Cinquecento anni '50 alla Tesla (con la connessa evoluzione iperbolica di tecnologie, materiali, vera e propria concezione ...e quindi anche lievitazione di costi), per la bici invece il tempo - e il progresso - avrebbero dovuto essersi fermati. E con essi, i suoi costi e i suoi prezzi.
Se su una macchina - o su una casa, sull'arredamento, su vestiti, o su un elettrodomestico come tv o cellulare, o su un'infinità di altre cose - è considerato normale "buttarci sopra" dei soldi, o comprarli doppi o tripli (tipo due o 3 auto, due o tre tv a famiglia), sulla bici no. Su quella sembra valere - un po' come per gli appalti - la logica del massimo ribasso. Altrimenti, è esecrabile. Tutt'al più - e lo si è visto con l'ultima ondata, trainata non a caso dalle e-bike - la legittimazione a valere un po' di più arriva loro dall'avere un qualche congegno che in qualche modo le "assimila" ai mezzi motorizzati : affiorando così, ancora una volta, il retropensiero che il mezzo basato sulla mera forza muscolare (tipo il carretto, per capirsi) sia roba intrinsecamente povera, o un semplice giocattolo, che "non può" valere più di tanto.
In poche parole, alla base dei ragionamenti pauperistici di chi dice che la bici dovrebbe costare poco, c'è a mio avviso il sottinteso più o meno inconscio che la bici "valga" poco: in quanto tale.
E quindi il fatto che "possa" costare poco (come qualsiasi oggetto) è un tutt'uno col fatto che "debba" costare poco (teorema che invece per gli altri oggetti non vale).
Costoro non si faranno mai convincere più di tanto non solo dalle considerazioni precedenti (relative a quanto progresso più o meno invisibile possa incorporare anche un oggetto apparentemente semplice), ma neanche dal noto detto "chi più spende meno spende". In questo caso ancor più valido che mai, perché se nel caso di una cineseria che mi si rompe dopo un solo utilizzo (dunque usa e getta) ci si può aver rimesso il suo costo per poco che fosse, nel caso di un telaio in carbonio cinese che costa 500 euro anziché 4000 questo - se si rompe come effettivamente accade - non lo fa davanti agli occhi oppure in mano, ma sotto il culo e magari anche a gran velocità: il che significa rischiare di rimetterci non solo i 500 euro, ma infinitamente di più...il cranio. Figurarsi poi se costa 300 euro l'intera bici.
E comunque anche su questo un'ulteriore riflessione: a differenza di tanti stereotipi - sebbene in buona parte ancora validi - proprio la Cina e proprio le bici forniscono ormai da non pochi anni interessantissimi esempi di produzioni di qualità, affidabili, competitive con quelle "occidentali" e più convenienti rispetto a queste sul piano appunto del rapporto qualità- prezzo, laddove però i prezzi di queste produzioni - per essere come sono - restano anch'essi comparabili con quelli occidentali e non stracciati come le "cineserie" classiche a cui ci si era abituati. In altri termini, anche con le bici è avvenuto come per i cellulari Huawei e ormai parecchi altri oggetti. Come dire, quindi, che persino il Paese per eccellenza che si imperniava sul concetto di "basso costo ad ogni costo" si è profondamente evoluto. Non si capisce quindi, a maggior ragione, perché si debba rimanere ancorati qui a certi schemi mentali.
Concludendo : anche la bici ha una sua dignità, un suo valore, che andrebbe riconosciuto. E lo dico non solo essendone appassionato - quindi con spirito di parte - non solo senza volermi neppure addentrare su altri aspetti come quelli ambientali, sanitari, psicologici, emozionali, e così via (non si finirebbe più) bensì limitandomi a evidenziarne una caratteristica oggettiva ed esclusiva : è il mezzo di trasporto che pesa di meno in rapporto a ciò che trasporta. Mediamente, una bici "regge" una persona che pesa fino a dieci volte più di lei : quasi un piccolo miracolo della tecnica, che non trova altri esempi minimamente comparabili (tranne, forse, e solo da pochissimo, il monopattino; che però - mezzo cittadino e da pianura - non ha minimamente la sua versatilità). Basterebbe questa considerazione a regalarle quel po' più di attenzione, conoscenza e - perché no - di tangibili soldini, che merita.
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