Escursione Rocca di Papa

Dati

Data: 30/01/2022
Regione e provincia: Lazio, Roma
Località di partenza: Centro Ippico Vivaro
Località di arrivo: Centro Ippico Vivaro
Tempo di percorrenza: 5h
Chilometri: 15 km
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: Alcuni tratti con sentiero avvolto da arbusti e non segnato
Periodo consigliato: sempre senza neve
Segnaletica: CAI
Dislivello in salita: 841 mt
Dislivello in discesa: 841 mt
Quota massima: 980 mt
Accesso stradale: dalla SP 18c, km 4500, in corrispondenza dell'accesso al Centro Ippico Vivaro, sul lato opposto della strada
Traccia GPS: https://www.avventurosamente.it/xf/pagine/mappa/?do=loadmarker&id=8536

Descrizione
L'uscita di oggi è stata dettata da necessità più che da scelta: avevo un impegno nel pomeriggio verso San Cesareo, quindi ho cercato un posto per una escursione breve (max 4h) in zona. Studiando un po' su Mapy, ho costruito questo anello, che poi ho scoperto essere sostanzialmente uguale ad uno a suo tempo già percorso e caricato sul proprio sito da @Montinvisibili : quando arriveranno su Giove, troveranno già la traccia sul suo sito!

Alle 7.30 sono già di fronte al Pratone del Vivaro, con le sue distese languide e i bagliori del primo sole. Di lì attacco la salita lungo una carrareccia a tratti ripida e dal fondo un po' sconnesso.

Pratoni del Vivaro
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Carrareccia

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Nella parte bassa, il fondo è croccante di ghiaccio, del resto questo è il lato a nord sempre in ombra, ma arrivato alla sella si intravedono i primi sprazzi di sole e i colori cominciano a diventare morbidi. La giornata, come da previsioni meteo, si annuncia spettacolare, almeno fino all'ora di pranzo.

Primo sole
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Selletta
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Arrivato in quota, salgo a vedere le rovine del Maschio d'Ariano sul Monte Algido: poco più di qualche sasso impilato e qualche muretto basso, ma con una bella vista a tratti su Rocca Priora. Lì incontro la prima di diverse comitive, in questo caso tre ragazzi molto mattinieri, con cui ci scambiamo dolci e chiacchiere.

Maschio d'Ariano
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Ritornando brevemente sui miei passi, prendo una diversa via verso sud, che passa per le due mete più interessanti della giornata: una tomba ipogea a due ambienti e il cosiddetto Canyon, una frattura nella pietra lunga una decina di metri, sinuosa, verticalmente profonda, levigata nel tempo dall'acqua e ricoperta in molti punti di muschio, davvero suggestiva.

Tomba ipogea a due ambienti
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Ingresso tomba ipogea
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Canyon

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Superata questa tratta, faccio una breve deviazione ancora verso sud fino a vedere la Fonte della Donzelletta (con relativa cappella votiva alla Madonna che lì sarebbe apparsa nel 2010 ad una donna del luogo) e una seconda tomba ipogea, questa volta scavata orizzontalmente in una parete verticale. Qui tiro fuori la mia frontalina, perchè dentro davvero non si vede nulla essendo a forma di T.

Fonte della Donzelletta
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Cappella votiva alla Madonna
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Seconda tomba ipogea
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Ritornato sulla traccia principale, inizia un lungo tratto in discesa, largo e comodo, che regala viste sull'Abruzzo, sulle piane dell'agro pontino e sui Monti Lepini, rese particolarmente godibili dal cielo abbastanza terso e dall'aria calda. Sul percorso supero il Rifugio forestale e scanso frotte di ciclisti lanciati in discesa a velocità folle.

Abruzzo
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Monti Lepini
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Rifugio forestale

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Arrivato così al punto più a sud dell'anello, inizia una risalita al Monte Peschio, che risulta molto più intensa e faticosa del previsto: un po' perchè i 300mt di dislivello si dipanano su una distanza ridottissima in maniera piuttosto ripida; un po' perchè larga parte del sentiero è abbandonata e davvero ostile, prima procedendo attraverso un cunicolo di rovi abbastanza basso e stretto, poi per un fianco di montagna devastata da lavori di scavo che hanno rimosso ogni traccia di percorso e costringono a camminare sugli alberi abbattuti; infine perchè la traccia riportata su mappa non corrisponde al percorso sul terreno, che segue invece un cunicolo verde di arbusti bassi. La fatica e il caldo mi convincono a togliere il secondo strato, tenendo solo la maglia termica. Poco dopo incontro una squadriglia di 6 scout, adolescenti, che come me cercano l'attacco alla vetta e gli do' un paio di dritte.

Sentiero CAI devastato
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Tunnel di arbusti
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Alla fine la cima del Monte Peschio non è nemmeno una cima, ma una sommità boschiva, bella ma totalmente priva di vista. Qui mi fermo per la mia pausa di ristoro e guardo un po' le metriche del percorso già compito. Manca ormai poco.

Sommità Monte Peschio
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Il tempo di due panini e si alza un vento freddo e insidioso, che mi costringe a rimettere la giacca e ad avviarmi verso l'ormai breve tratto in discesa di ritorno alla macchina. Lungo la discesa incontro un padre con due figli piccoli, un gruppo del CAI che sale e due ragazze di 16 anni, che mi chiedono se vanno bene per arrivare al Canyon. Non hanno mappa, acqua, niente, ma in effetti la tratta è proprio breve. Così do' loro indicaizoni, gli faccio scaricare mapy e gli creo la traccia, faccio il pippotto su mappe/torcia/acqua/guscio (mamma mia l'età....) e riprendo quidni per le ultime centinaia di metri. Il cielo molto diverso che mi riaccoglie ai Prati del Vivaro rispetto all'andata, tagliato nettamente in due da una riga di nubi di grigie sulla mia testa e ancora azzurro terso in lontananza verso nord ovest, chiarisce da dove arrivava quel freddo!
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Così si conclude la mia breve mattinata, complessivamente piacevole, e lascia spazio al pomeriggio.
 

Allegati

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“…quando arriveranno su Giove, troveranno già la traccia sul suo sito!” :D

Vedo che anche tu hai sperimentato tutte le inaspettate difficoltà nella risalita al Monte Peschio, proprio quando uno pensa che il più sia ormai alle spalle.
 
Ti sei confrontato con l'anima dei Castelli che sono croce e delizia. Purtroppo è un territorio che va preso in questo modo, fossimo all'estero questa regione sarebbe simile a quella dei Vulcani dell'Alvernia in Francia.
Oggi sono in vena di polemiche: mi duole dirlo ma i bikers ai Castelli sono una piaga. Nessun rispetto per chi cerca di fruire il Parco con modalità meno invasive, arrivano a ondate a velocità insostenibili e se non si sta attenti si finisce travolti. Purtroppo in questi casi l'unica soluzione sarebbe dedicare alcuni sentieri alle biciclette e alcuni altri ai pedoni come avviene in Svizzera ma è inutile dire che in Italia l'inciviltà diffusa e la totale assenza di controlli renderebbe vana anche questa soluzione. Quindi che anarchia sia e speriamo di non rimetterci qualche osso.

Comunque bellissimo anello, tra i migliori che si possano fare nella zona.
 
Ultima modifica:
@Montinvisibili : si, il Peschio mi ha preso un po' a tradimento. Comunque il taglio dei boschi in zona è davvero uno scempio, diffuso, indiscriminato, insensato.

@southrim : in effetti è stata una piacevole scoperta, inattesa. Tornerò per provare qualcosa di più lungo e comprensivo, tipo il tuo anello (ma per me 40km credo siano troppi, fino a 30 ok, poi...)
 
@Montinvisibili : si, il Peschio mi ha preso un po' a tradimento. Comunque il taglio dei boschi in zona è davvero uno scempio, diffuso, indiscriminato, insensato.

@southrim : in effetti è stata una piacevole scoperta, inattesa. Tornerò per provare qualcosa di più lungo e comprensivo, tipo il tuo anello (ma per me 40km credo siano troppi, fino a 30 ok, poi...)

In tal caso mi permetto di consigliarti uno di questi due:

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/anello-dei-monti-dal-lago-di-nemi-76937338

https://it.wikiloc.com/percorsi-corsa-in-montagna/doppio-anello-dal-lago-nemi-75692258

oppure questo:

https://it.wikiloc.com/percorsi-corsa-in-montagna/anello-dei-laghi-dei-colli-albani-91806104

Quest'ultima, se come nel mio caso ti piacciono i laghi, credo sia una delle escursioni più belle che si possano fare in questo territorio.
 
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...il taglio dei boschi in zona è davvero uno scempio, diffuso, indiscriminato, insensato.
Trattasi di silvicultura, il castagno (della sotto specie selezionata per produrre palificazioni, non il frutto) non è la pianta originaria del luogo; un residuo del bosco originario (lecci e quant' altro) si può ammirare nel Parco Chigi di Ariccia. Il disboscamento con ogni evidenza è fatto a rotazione in base a regole e controlli sconosciuti a noi abitanti di città, il che non significa tout-court che non ci siano.

Concordo sulla limitazione dello spreco consumistico delle risorse "da dovunque provengano", sul comprimere la produzione nazionale di legname per andare poi a fare di peggio "fuori dalla vista" è illusorio ed a mio avviso dannoso.

Per dirla tutta mi fa molto più male il taglio del faggio (pianta "indigena" e molto più lenta a crescere del castagno) nel Cicolano e negli stessi Simbruini.

La silvicultura, con la restituzione alla produzione di specie arboree di terreni abbandonati o variamente antropizzati andrebbe invece incoraggiata, anche per allentare la pressione in Africa ed altri luoghi da cui si esporta legname.
 
Ultima modifica:
Trattasi di silvicultura, il castagno (della sotto specie selezionata per produrre palificazioni, non il frutto) non è la pianta originaria del luogo; un residuo del bosco originario (lecci e quant' altro) si può ammirare nel Parco Chigi di Ariccia. Il disboscamento con ogni evidenza è fatto a rotazione in base a regole e controlli sconosciuti a noi abitanti di città, il che non significa tout-court che non ci siano.

Concordo sulla limitazione dello spreco consumistico delle risorse "da dovunque provengano", sul comprimere la produzione nazionale di legname per andare poi a fare di peggio "fuori dalla vista" è illusorio ed a mio avviso dannoso.

Per dirla tutta mi fa molto più male il taglio del faggio (pianta "indigena" e molto più lenta a crescere del castagno) nel Cicolano e negli stessi Simbruini.

La silvicultura, con la restituzione alla produzione di specie arboree di terreni abbandonati o variamente antropizzati andrebbe invece incoraggiata, anche per allentare la pressione in Africa ed altri luoghi da cui si esporta legname.

In linea generale sono d'accordo, nel caso specifico però parliamo di un'area protetta (in teoria) ed è evidente che pratiche simili sono totalmente incompatibili con la conservazione degli habitat. Purtroppo il parco dei Castelli Romani è tale solo su carta perché tra urbanizzazione, discariche abusive e taglio boschivo di protetto non c'è praticamente nulla. Realtà simili all'estero diventano gioielli ambientali che vivono di turismo lento ed eno-gastronomia, qua li trasformiamo in puttanai della peggior specie.
Pienamente in linea riguardo le considerazioni sul taglio del faggio che è semplicemente scandaloso, il castagno tutto sommato è una specie alloctona che ha una veloce ricrescita. Il vero problema però è che l'annientamento del sottobosco determinato dalla gestione a ceduo fa grossi danni in termini di habitat e apre la strada alle infestanti che in una prima fase hanno alti tassi di crescita a causa dell'assolamento a cui il suolo è soggetto.
Per quanto mi riguarda l'unico taglio boschivo accettabile, accanto a quello del castagno in aree antropizzate o senza valori ambientali particolarmente elevati, è la gestione a fustaia di monocolture di impianto su terreni agricoli non boscati o ex industriali. Chiaramente ha un tempo di ritorno economico più lungo ma, d'altro canto, è troppo facile fare impresa con il patrimonio forestale di tutti.
 
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