Salve a tutti, Ieri ho pubblicato una foto del mio WP4 e dai commenti ricevuti mi è sembrato che poteste essere interessati a una sua recensione, per cui ho deciso di procedere.
Per chiarezza ci tengo a precisare che non ho frequentato i corsi della scuola di sopravvivenza di cui il progettista del coltello è istruttore capo e non conosco direttamente nessuno che vi abbia partecipato. In alcune occasioni li ho contattati attraverso il loro forum e mi hanno dato l’impressione di persone schiette e dirette, non molto portate per le pubbliche relazioni ad ogni costo…
Le valutazioni che ho fatto si basano quindi sulle mie esperienze passate come utilizzatore di lame in ambiente naturale. Ho quindi ritenuto fosse il caso di scrivere anche qualche cosa al riguardo.
Alcune delle lame che ho usato nel bosco durante gli anni.
Pratico il survival dalla fine degli anni 80 all’epoca ero un ragazzino, sono del 1976, brado per i boschi della valle dell’Olba ho sempre usato molto le lame la mia prima dotazione comprendeva un seghetto pieghevole, un marazzo tradizionale urbasco e un Opinel.
Anni dopo lo stesso modello di seghetto pieghevole comparve anche nell’edizione italiana del manuale di Ray Myers, io lo avevo già da un po’ sostituito poiché mi ero accorto che per le mie esigenze avrei dovuto realizzare un fodero per appenderlo alla cintura o allo zaino considerazione che mi portò a preferirgli un seghetto a lama fissa di pari peso, dall’aumento di ingombro trascurabile, con solido e sicuro fodero nativo in plastica e molto più performante in quanto con molta più lama tagliente e meno manico pesante e ingombrante. Non ho più usato seghetti pieghevoli.
Negli anni 90 dopo la prima Guerra del Golfo, e la pubblicazione dei saggi de Andy Macnab in particolare il biografico Azione Immediata il mondo della sopravvivenza fu molto influenzato dalla dottrina del SAS in materia. In quegli anni la Fox di Maniago inizio la produzione del suo celebre Kukri industriale in Inox 440A che sostituì il mio marazzo.
Non ho mai provato un “vero Kukri” citato espressamente da Mcnab, ma credo sia una lama parecchio diversa dal Fox se non altro per l’altezza dei biselli.
Il fox fu il mio primo, e in certo senso ultimo, coltellone fulltang in inox.
Riguardo al WP4 devo dire che vi ho ritrovato molti aspetti funzionali del “Survival Tattico” di quegli anni e della scuola SAS di derivazione coloniale.
Negli anni 2000 non fui indifferente al bushcraft in chiave nordica, non ho però mai usato una accetta, le ho preferito la versione, secondo me molto ben concepita, Fiskars/Gerber del tradizionale Vesuri scandinavo, una specie di roncola in inox su un manico da accetta, acquistata presso il reparto giardinaggio di un grande “Fai da Te” di Genova.
Da un ferramenta di recente ho invece acquistato il mio Bahaco/Mora arancione, sempre in inox, con cui ho sostituito senza troppi rimpianti il mio solito Opinel n12 carbonioso l’ultimo di diversi esemplari posseduti nel corso degli anni, ultima lama carboniosa nella mia dotazione, che dopo quasi 15 anni di olio di gomito sembrava però più bello di quando era nuovo, trovo però il Mora più funzionale.
Col diffondersi del bushcraft il contiguo mondo del survival si è arricchito di tecniche di “quasi archeologia sperimentale” e intaglio del legno. Osservando in foto l’incavo del WP4 e soprattutto la “pinna” predisposta per una presa in stile paleoworking, come fosse ad esempio l’ ilio di un erbivoro di media taglia, ero curioso di verificarne la funzionalità.
Ho così ordinato il mio Rough Wolf WP-4 Desert, consegnatomi a casa il giorno successivo.
La prima impressione è quella di una eccezionale compattezza per un coltello con il quale progetto di sostituire il mio intero corredo di lame. Siamo vicini agli ingombri di un coltello tattico come il Ka-Bar USMC. Il peso con fodero del WP-4, 775g è inferiore a quello del Kukri fox, 835g esempio datato ma abbastanza riuscito di grosso coltello da taglio.
Mentre raccoglievo informazioni in rete sul WP4 ho letto di come molti lo accostino al coltello da ceppo, capisco che vi possa essere qualche similitudine ma si tratta di due utensili molto diversi se non altro perché il WP4 ha nella versatilità il suo punto di forza ed è un coltello da bosco come il marazzo tradizionale o il manaresso San Giustina, mentre una lama concepita per ridurre le dimensioni della legna da ardere tagliandola sul ceppo con la maggiore facilità possibile ha nell’elevata specializzazione la sua ragion d’essere che però la penalizza in quasi qualunque altro utilizzo.
La lama del WP4 è di fabbrica affilata a rasoio e con i biselli così alti nonostante lo spessore ho da subito pensato avesse, anche grazie al peso, ottime doti di taglio e penetrazione e avevo ragione. Ho trovato comoda e pratica l’ impugnatura il suo allargarsi alla base è utile quando si usa l’energia cinetica del colpo per tagliare con la torsione laterale della lama tecnica utile ad esempio per realizzare la base di appoggio di una candela svedese.
Non ho mai capito l’utilità dei vani porta oggetti nei manici dei coltelli da sopravvivenza e ho completamente ignorato quello de WP4, FACENDO UN GROSSISSIMO ERRORE!!! Vi spiegherò in seguito perché…
Devo ora precisare una cosa: il coltello da sopravvivenza che cercavo, e credo di avere trovato nel WP4, per me, si usa senza guanti!
Scrivo così proprio per l’importanza che do alla protezione delle mani, cercherò di spiegarmi meglio: nel bosco molte risorse importanti dal legno di acacia, alle piante di more, ai ricci del castagno sono irte di spini e non mancano gli ostacoli che richiedono di essere afferrati con forza per venire superati anche se sono taglienti o pungenti. Per questo porto sempre con me un paio di guanti, che per proteggere sufficientemente i palmi delle mani quando afferro con forza qualcosa che potrebbe ferirmi, sono internamente foderati di kevlar. Ma che non sono adatti a rendere più “morbido” il manico del coltello. Per i lavori anche pesanti se il coltello è fatto bene è sufficiente impugnarlo correttamente.
La prima prova affrontata dal WP4 nel bosco che vi sottopongo è la realizzazione di un trapano a volano in legno di castagno stagionato, una pianta schiantata dalla neve lo scorso inverno, le dimensioni del trapano sono generose per via del tannino che potrebbe rendere difficoltosa l’ accensione.
Il “chopping” con questo coltello è fenomenale taglia il legno duro come fosse burro grazie a peso e bilanciamento la compattezza lo rende estremamente preciso, ciò riduce la forza necessaria per tagliare al punto da renderlo preferibile al seghetto Felco 611.
Durante il batoning la geometria della lama rende alla perfezione in termini di efficacia e controllo.
Sfruttando il peso della lama è poi estremamente facile anche su legna non più verde eliminare la corteccia e sagomare il volano.
Sfruttando l’ampio incavo per la presa avanzata e la “pinna” per lavorare di punta è stato facile realizzare la cruna.
Sfruttando poi una combinazione di varie tecniche di intaglio del legno ho realizzato il cursore.
Ho poi preparato la tavoletta di accensione.
Naturalmente perché funzioni una volta assemblato il trapano deve essere correttamente bilanciato, riuscire cioè a stare in equilibrio sulla punta del pignone, e non va mai lasciato posato a terra a causa dell’umidità
Preparo poi il campo, scelgo di sfruttare alcune piante di castagno, più o meno della misura di un palo del telefono, morte in piedi da sufficiente tempo per essere ben stagionate.
Il mio piano è abbatterne 5 o 6 sezionandole poi in pezzi da 2,5 e 1,5 metri da incastrare tra loro senza legature per farmi un letto su cui dormire.
Questo tipo di campo offre il vantaggio di non consumare il cordino che ho comperato al Brico, non intaccare il verde del bosco e di essere ritenuto per tradizione una pratica “quasi” socialmente accettabile dai proprietari di boschi dell’Appennino, quando te ne vai non lasci il bosco come lo hai trovato, ma gli lasci una catasta di legna già tagliata.
Il WP4 ha dato subito prova di una eccezionale capacità di taglio dandomi modo di abbattere tronchi di legno tenace in pratica con il solo movimento del polso.
Ero a metà del secondo tronco quando la “Vendetta di Rambo” ha colpito ancora, in pratica il coltello mi si è smontato in mano
in seguito con l’aiuto di un esperto ho capito cosa è avvenuto, le viti e i bulloni del WP4 non sono conici e quindi tendono a svitarsi con l’uso e in fabbrica li lasciano un po’ lenti apposta per darti modo di inserire un mini kit di sopravvivenza nel manico in stile Rambo e poi fissare il tutto con un po’di loctite media.
Io mi ero completamente disinteressato della cosa così la vite durante il chopping si è allentata e ho perso il dado.
Aiutandomi con un attrezzo di fortuna ricavato da una rondella che avevo nel portafoglio, sono riuscito a rimettere insieme il coltello con una legatura e a proseguire il lavoro.
Anche così ballando letteralmente nel manico il WP4 riesce a “castorizzare” senza problemi i tronchi sia in piedi che dopo averli abbattuti senza far rimpiangere il Felco 611, che però non mi si è mai smontato durante l'uso.
Ho poi montato la struttura del letto usando la tecnica degli incastri.
Ho poi acceso il fuoco...
Per chiarezza ci tengo a precisare che non ho frequentato i corsi della scuola di sopravvivenza di cui il progettista del coltello è istruttore capo e non conosco direttamente nessuno che vi abbia partecipato. In alcune occasioni li ho contattati attraverso il loro forum e mi hanno dato l’impressione di persone schiette e dirette, non molto portate per le pubbliche relazioni ad ogni costo…
Le valutazioni che ho fatto si basano quindi sulle mie esperienze passate come utilizzatore di lame in ambiente naturale. Ho quindi ritenuto fosse il caso di scrivere anche qualche cosa al riguardo.
Alcune delle lame che ho usato nel bosco durante gli anni.
Pratico il survival dalla fine degli anni 80 all’epoca ero un ragazzino, sono del 1976, brado per i boschi della valle dell’Olba ho sempre usato molto le lame la mia prima dotazione comprendeva un seghetto pieghevole, un marazzo tradizionale urbasco e un Opinel.
Anni dopo lo stesso modello di seghetto pieghevole comparve anche nell’edizione italiana del manuale di Ray Myers, io lo avevo già da un po’ sostituito poiché mi ero accorto che per le mie esigenze avrei dovuto realizzare un fodero per appenderlo alla cintura o allo zaino considerazione che mi portò a preferirgli un seghetto a lama fissa di pari peso, dall’aumento di ingombro trascurabile, con solido e sicuro fodero nativo in plastica e molto più performante in quanto con molta più lama tagliente e meno manico pesante e ingombrante. Non ho più usato seghetti pieghevoli.
Negli anni 90 dopo la prima Guerra del Golfo, e la pubblicazione dei saggi de Andy Macnab in particolare il biografico Azione Immediata il mondo della sopravvivenza fu molto influenzato dalla dottrina del SAS in materia. In quegli anni la Fox di Maniago inizio la produzione del suo celebre Kukri industriale in Inox 440A che sostituì il mio marazzo.
Non ho mai provato un “vero Kukri” citato espressamente da Mcnab, ma credo sia una lama parecchio diversa dal Fox se non altro per l’altezza dei biselli.
Il fox fu il mio primo, e in certo senso ultimo, coltellone fulltang in inox.
Riguardo al WP4 devo dire che vi ho ritrovato molti aspetti funzionali del “Survival Tattico” di quegli anni e della scuola SAS di derivazione coloniale.
Negli anni 2000 non fui indifferente al bushcraft in chiave nordica, non ho però mai usato una accetta, le ho preferito la versione, secondo me molto ben concepita, Fiskars/Gerber del tradizionale Vesuri scandinavo, una specie di roncola in inox su un manico da accetta, acquistata presso il reparto giardinaggio di un grande “Fai da Te” di Genova.
Da un ferramenta di recente ho invece acquistato il mio Bahaco/Mora arancione, sempre in inox, con cui ho sostituito senza troppi rimpianti il mio solito Opinel n12 carbonioso l’ultimo di diversi esemplari posseduti nel corso degli anni, ultima lama carboniosa nella mia dotazione, che dopo quasi 15 anni di olio di gomito sembrava però più bello di quando era nuovo, trovo però il Mora più funzionale.
Col diffondersi del bushcraft il contiguo mondo del survival si è arricchito di tecniche di “quasi archeologia sperimentale” e intaglio del legno. Osservando in foto l’incavo del WP4 e soprattutto la “pinna” predisposta per una presa in stile paleoworking, come fosse ad esempio l’ ilio di un erbivoro di media taglia, ero curioso di verificarne la funzionalità.
Ho così ordinato il mio Rough Wolf WP-4 Desert, consegnatomi a casa il giorno successivo.
La prima impressione è quella di una eccezionale compattezza per un coltello con il quale progetto di sostituire il mio intero corredo di lame. Siamo vicini agli ingombri di un coltello tattico come il Ka-Bar USMC. Il peso con fodero del WP-4, 775g è inferiore a quello del Kukri fox, 835g esempio datato ma abbastanza riuscito di grosso coltello da taglio.
Mentre raccoglievo informazioni in rete sul WP4 ho letto di come molti lo accostino al coltello da ceppo, capisco che vi possa essere qualche similitudine ma si tratta di due utensili molto diversi se non altro perché il WP4 ha nella versatilità il suo punto di forza ed è un coltello da bosco come il marazzo tradizionale o il manaresso San Giustina, mentre una lama concepita per ridurre le dimensioni della legna da ardere tagliandola sul ceppo con la maggiore facilità possibile ha nell’elevata specializzazione la sua ragion d’essere che però la penalizza in quasi qualunque altro utilizzo.
La lama del WP4 è di fabbrica affilata a rasoio e con i biselli così alti nonostante lo spessore ho da subito pensato avesse, anche grazie al peso, ottime doti di taglio e penetrazione e avevo ragione. Ho trovato comoda e pratica l’ impugnatura il suo allargarsi alla base è utile quando si usa l’energia cinetica del colpo per tagliare con la torsione laterale della lama tecnica utile ad esempio per realizzare la base di appoggio di una candela svedese.
Non ho mai capito l’utilità dei vani porta oggetti nei manici dei coltelli da sopravvivenza e ho completamente ignorato quello de WP4, FACENDO UN GROSSISSIMO ERRORE!!! Vi spiegherò in seguito perché…
Devo ora precisare una cosa: il coltello da sopravvivenza che cercavo, e credo di avere trovato nel WP4, per me, si usa senza guanti!
Scrivo così proprio per l’importanza che do alla protezione delle mani, cercherò di spiegarmi meglio: nel bosco molte risorse importanti dal legno di acacia, alle piante di more, ai ricci del castagno sono irte di spini e non mancano gli ostacoli che richiedono di essere afferrati con forza per venire superati anche se sono taglienti o pungenti. Per questo porto sempre con me un paio di guanti, che per proteggere sufficientemente i palmi delle mani quando afferro con forza qualcosa che potrebbe ferirmi, sono internamente foderati di kevlar. Ma che non sono adatti a rendere più “morbido” il manico del coltello. Per i lavori anche pesanti se il coltello è fatto bene è sufficiente impugnarlo correttamente.
La prima prova affrontata dal WP4 nel bosco che vi sottopongo è la realizzazione di un trapano a volano in legno di castagno stagionato, una pianta schiantata dalla neve lo scorso inverno, le dimensioni del trapano sono generose per via del tannino che potrebbe rendere difficoltosa l’ accensione.
Il “chopping” con questo coltello è fenomenale taglia il legno duro come fosse burro grazie a peso e bilanciamento la compattezza lo rende estremamente preciso, ciò riduce la forza necessaria per tagliare al punto da renderlo preferibile al seghetto Felco 611.
Durante il batoning la geometria della lama rende alla perfezione in termini di efficacia e controllo.
Sfruttando il peso della lama è poi estremamente facile anche su legna non più verde eliminare la corteccia e sagomare il volano.
Sfruttando l’ampio incavo per la presa avanzata e la “pinna” per lavorare di punta è stato facile realizzare la cruna.
Sfruttando poi una combinazione di varie tecniche di intaglio del legno ho realizzato il cursore.
Ho poi preparato la tavoletta di accensione.
Naturalmente perché funzioni una volta assemblato il trapano deve essere correttamente bilanciato, riuscire cioè a stare in equilibrio sulla punta del pignone, e non va mai lasciato posato a terra a causa dell’umidità
Preparo poi il campo, scelgo di sfruttare alcune piante di castagno, più o meno della misura di un palo del telefono, morte in piedi da sufficiente tempo per essere ben stagionate.
Il mio piano è abbatterne 5 o 6 sezionandole poi in pezzi da 2,5 e 1,5 metri da incastrare tra loro senza legature per farmi un letto su cui dormire.
Questo tipo di campo offre il vantaggio di non consumare il cordino che ho comperato al Brico, non intaccare il verde del bosco e di essere ritenuto per tradizione una pratica “quasi” socialmente accettabile dai proprietari di boschi dell’Appennino, quando te ne vai non lasci il bosco come lo hai trovato, ma gli lasci una catasta di legna già tagliata.
Il WP4 ha dato subito prova di una eccezionale capacità di taglio dandomi modo di abbattere tronchi di legno tenace in pratica con il solo movimento del polso.
Ero a metà del secondo tronco quando la “Vendetta di Rambo” ha colpito ancora, in pratica il coltello mi si è smontato in mano
in seguito con l’aiuto di un esperto ho capito cosa è avvenuto, le viti e i bulloni del WP4 non sono conici e quindi tendono a svitarsi con l’uso e in fabbrica li lasciano un po’ lenti apposta per darti modo di inserire un mini kit di sopravvivenza nel manico in stile Rambo e poi fissare il tutto con un po’di loctite media.
Io mi ero completamente disinteressato della cosa così la vite durante il chopping si è allentata e ho perso il dado.
Aiutandomi con un attrezzo di fortuna ricavato da una rondella che avevo nel portafoglio, sono riuscito a rimettere insieme il coltello con una legatura e a proseguire il lavoro.
Anche così ballando letteralmente nel manico il WP4 riesce a “castorizzare” senza problemi i tronchi sia in piedi che dopo averli abbattuti senza far rimpiangere il Felco 611, che però non mi si è mai smontato durante l'uso.
Ho poi montato la struttura del letto usando la tecnica degli incastri.
Ho poi acceso il fuoco...
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