Considera anche @Herr che questo tipo di gruppi che hanno una forte storia e tradizione, difficilmente rivalutano la propria mission. Per fare queste cose ci vanno figure forti che prendono in mano la situazione a livello "totale" e vista la frammentazione e la "forma" (intendo tipo associativa di gruppi diversi) che attualmente compone gli scout, penso sia una cosa poco realistica pretendere che possano fare qualcosa.
Chi lo farebbe? con che autorità?
Sicuramente questa è un'osservazione realistica, e però a mio parere la situazione è ancora più complicata (e per certi versi forse irrisolvibile).
Oltre a diverse decine di associazioni scout in Italia, ce ne sono migliaia nel mondo.
Ognuna è fatta di persone (i Capi) che interpretano il "sapere" scout in base a svariati fattori, ambientali e sociali, storici e culturali, propri della loro realtà.
Posso parlare (e neanche tanto a proposito non essendo un quadro da tempo) per l'AGESCI: è vero che dagli anni 90 il progetto educativo per le tre branche ha subito profondi revirement, con maggiore attenzione al sociale, al disabile, all'accoglienza, allo straniero, etc. etc., tutti valori sommi che dimostrano però un cambiamento, sicuramente positivo, ma anche una deviazione di rotta piuttosto netta dai canoni classici dello scoutismo "rurale".
E, come può capire chiunque, se durante l'anno incentro l'impresa di SQ o di Rep. per un argomento di un tipo, magari umanistico, non posso contemporaneamente farlo per altri, quelli per esempio che in questa discussione riteniamo i "più tipici" degli scout.
In fondo il tempo di contatto con i ragazzi, riunioni e uscite, è limitato (due o tre appuntamenti al mese è la media nazionale), l'anno scout va da ottobre a maggio, per quasi tutti, e o Capi sono pur sempre volontari, come abbiamo già detto più volte.
Quindi le varie associazioni, nel corso del tempo, si sono sicuramente domandate se il metodo scout è ancora valido e in che cosa potevano modificarlo per renderlo più attuale, più consono allo sviluppo dei valori per immettere in società dei "bravi cittadini" ma non con le modalità tecniche di fine 800 o dei primi 900, età in cui BP ha affrontato l'argomento.
Si chiede dunque - se ho capito bene - di far tornare gli scout al loro ruolo: posto che probabilmente neppure un organismo internazionale potrebbe farlo (penso al WOSM o al WAGGGS), qual è il loro ruolo? Come viene interpretato oggi nel 2000 la loro funzione?
I ragazzi sono diversi da quelli che BP portò a Brownsea nel primo campo. La società che li accoglierà è diversa.
Diviene naturale quindi che lo scoutismo si adatti ai tempi in cui si trova a "educare" i propri soci.
E se vediamo che stanno poco outdoor perchè le esigenze sociali sono altre, non ritengo giusto però, visto che lo spazio "natura" si è ridotto, togliere loro anche quel poco, sotto forma di simboli e attrezzi vari, ovvero ridurli davvero a elementi da "città" o da "parrocchia", senza offesa naturalmente per questi ultimi (e se devo dire la verità, la Chiesa ha copiato da sempre le stesse modalità educative dagli scout per le loro attività all'aria aperta...).
Mi piace quindi molto l'idea che, siccome la "natura" con le sue regole, come anche confermato dall'esaustivo (e sempre piacevole a leggersi) @Henry Thoreau, è ancora un valido teorema per l'educazione dei ragazzi, ma tenendo conto che non possiamo fare un discorso generalizzato, vista appunto la frammentazione esagerata di soggetti che operano nel settore e la loro immensa diversità (e che magari invece stanno seguendo già questa linea), una soluzione attuale potrebbe essere di aiutare i gruppi o le realtà che sono un pò discoste a riprendere confidenza con l'ambiente, senza esagerare e senza riportarli a termini da survivalisti.
Il trapperismo, il campismo, l'hebertismo, saranno comunque sempre oggetto di attività scout, più o meno, sempre però in dipendenza delle capacità dei singoli Capi in attività in quel momento. Per quel che ne so io, nessun Capo Reparto si sognerebbe di far fare ai ragazzi cose che lui stesso non è in grado di padroneggiare. E per quelle tecniche che abbiamo detto non sono loro "proprie", i Capi sanno già che si devono affidare agli esperti, e nelle realtà dove li trovano lo fanno e lo faranno, statene certi.
Diversa è l'età superiore, quella oggetto dell'episodio che ha dato origine alla discussione, Noviziato/Clan, dove invece potrebbe essere facile credere che tutti siano in grado di svolgere una certa attività o escursione perchè sono più grandi e "sembrano" preparati.
Mi fa poi molto piacere leggere che elementi non scout siano chiamati a dare il loro contributo per la formazione, a tutti i livelli.
Lo scambio di conoscenze è sempre positivo, e magari se ne viene arricchiti, da ambo le parti.
E' bello riconoscere anche quando un educatore ammette di non essere "esperto" e chiama un amico o un'associazione a fare un gioco e a colmare le lacune.
Ce ne fossero, magari si eviterebbero appunto le sventatezze...