I biocrociati del dio vegano
struggendo il pianeta ma an-
che come si possa aspirare a un
mondo fatto di giustizia, com-
passione, sostenibilità – valori
che i vegani attribuiscono uni-
camente a se stessi – anche da
un punto di vista non vegano.
» ELISABETTA AMBROSI
Chi si è stupito dell’as-
salto di una quindici-
na di vegani al risto-
rante di Carlo Cracco
al grido di “Cracco assassino”
(perché reo di aver cucinato
un piatto a base di piccione nel
corso della trasmissione Ma-
sterchef), non è forse un habi-
tué delle librerie. Infatti da
qualche tempo a questa parte,
queste ultime sono popolate
da romanzi per lo più ironici
con protagonisti vegani che
tentano di convertire il carni-
voro di turno alla propria, su-
periore, religione.
E SOPRATTUTTO tocca un
LA REPLICA
DELLO CHEF
Il veganesimo?
Oggi c’è vento,
domani sarà nuvoloso
e dopodomani chissà
Cucino carne da 35
anni, non smetterò
per gli animalisti
DIETRO L’IRONIA, però, si na-
sconde il tragico e cioè un con-
flitto di civiltà ormai plateal-
mente in atto: non tanto, ba-
nalmente, tra carnivori e vega-
ni, ma tra chi mangia per vive-
re – e pure si interroga su ciò
che mangia, di tanto in tanto, e
modifica la sua alimentazione
di conseguenza –, e chi lette-
ralmente vive per mangiare,
perché ha fatto del veganesi-
mo una vera e propria religio-
ne, con conseguente visione
manichea del mondo e relativi
sistematici tentativi di evan-
gelizzare le persone intorno a
sé.
Il veganesimo, chi conosce
un vegano lo sa, è molto più che
un modo di nutrirsi: è una vi-
sione del mondo, un culto,
un’ascesi progressiva e inarre-
stabile in ogni ambito di vita.
LA MARGHERITA
Una manifestazione di vegani a favore dei diritti degli animali
Il resto è impuro
Il compromesso
è impossibile,
l’unica via per salvare
il pianeta è la loro
L’opzione offerta a chi vegano
non è da parte di questi nuovi
biocrociati non è mai il com-
promesso – che non esiste –
ma una conversione radicale,
con sistematica spoliazione di
tutto ciò che apparteneva al
passato. Il dialogo di fatto è im-
possibile, o lo è purché si arrivi
alle medesime conclusioni sul
veganesimo radicale come u-
nica strada per salvare il pia-
neta dalla rovina (in questo
senso è anche un’escatologia).
Ed è per questo, con le dovute
eccezioni, che i vegani sono
sostanzialmente intolleranti e
spesso verbalmente violenti.
Basta postare qualcosa sul
web che sia contrario al vega-
nesimo per ricevere centinaia
di insulti, oppure, quando va
bene, commenti pedagogici e
paternalisti e inviti a infor-
marsi sull’orrore che si cela
dietro una mozzarella di muc-
ca o un uovo fresco. Ma forse
perché sostenere la secolariz-
zazione è duro, e l’uomo ha bi-
sogno sempre di una fede, la
religione vegetariana sta rapi-
damente diventando senso
comune, se non moda.
COSÌ NON SOLO crescono ra-
pidamente i vegetariani, ma
tutti noi ci sentiamo ormai in
soggezione nel mangiare car-
ne o insaccati, nell’introdurre
nel nostro corpo del glutine,
nell’utilizzare zucchero bian-
co, nel mangiare frutta e ver-
dura non biologica. La cosa
non è un male in sé, se non fos-
se che l’unilateralità è soffo-
cante e cominciano a scarseg-
giare visioni del mondo alter-
native e altrettanto argomen-
tate. Ad esempio è un bene che
sia stato pubblicato in Italia
(da Sonzogno) un libro che ha
fatto molto scalpore negli Usa,
Il mito vegetariano, della fem-
minista ex vegana Leirre Kei-
th. L’autrice, che rivela di aver
ricevuto numerose minacce e
messaggi di odio, spiega non
solo come l’agricoltura stia di-
punto fondamentale: “Per
qualcuno che vive c’è qualcun
altro che deve morire, siamo
tutti predatori prima di diven-
tare prede”, e vale pure per noi
che da morti diventiamo cibo
per la terra. Si può anche non
essere d’accordo, ma il suo è
l’esempio di un pensiero che
rompe il senso comune e istilla
quanto meno alcuni dubbi. E
visto che l’alimentazione ri-
schia, ormai è chiaro, di diven-
tare la nuova metafisica, è be-
ne riprendere in mano la ri-
flessione di Weber tra etica
della convinzione, che fa rife-
rimento a principi assoluti
senza curarsi delle conse-
guenze, e etica della responsa-
bilità, che si cura del rapporto
tra mezzi e fini ma soprattutto
non è scevra da dubbi. Molti
vegani, mentre affermano di
incarnare la seconda, sono in-
vece soprattutto espressione
della prima, propria dei credi
religiosi. Altri, tra cui anche
vegani, hanno più dubbi che
certezze. E soprattutto non
convertono, ma al massimo
fanno appello alla forza mite e
silenziosa – e sempre vincente
– dell’esempio.
struggendo il pianeta ma an-
che come si possa aspirare a un
mondo fatto di giustizia, com-
passione, sostenibilità – valori
che i vegani attribuiscono uni-
camente a se stessi – anche da
un punto di vista non vegano.
» ELISABETTA AMBROSI
Chi si è stupito dell’as-
salto di una quindici-
na di vegani al risto-
rante di Carlo Cracco
al grido di “Cracco assassino”
(perché reo di aver cucinato
un piatto a base di piccione nel
corso della trasmissione Ma-
sterchef), non è forse un habi-
tué delle librerie. Infatti da
qualche tempo a questa parte,
queste ultime sono popolate
da romanzi per lo più ironici
con protagonisti vegani che
tentano di convertire il carni-
voro di turno alla propria, su-
periore, religione.
E SOPRATTUTTO tocca un
LA REPLICA
DELLO CHEF
Il veganesimo?
Oggi c’è vento,
domani sarà nuvoloso
e dopodomani chissà
Cucino carne da 35
anni, non smetterò
per gli animalisti
DIETRO L’IRONIA, però, si na-
sconde il tragico e cioè un con-
flitto di civiltà ormai plateal-
mente in atto: non tanto, ba-
nalmente, tra carnivori e vega-
ni, ma tra chi mangia per vive-
re – e pure si interroga su ciò
che mangia, di tanto in tanto, e
modifica la sua alimentazione
di conseguenza –, e chi lette-
ralmente vive per mangiare,
perché ha fatto del veganesi-
mo una vera e propria religio-
ne, con conseguente visione
manichea del mondo e relativi
sistematici tentativi di evan-
gelizzare le persone intorno a
sé.
Il veganesimo, chi conosce
un vegano lo sa, è molto più che
un modo di nutrirsi: è una vi-
sione del mondo, un culto,
un’ascesi progressiva e inarre-
stabile in ogni ambito di vita.
LA MARGHERITA
Una manifestazione di vegani a favore dei diritti degli animali
Il resto è impuro
Il compromesso
è impossibile,
l’unica via per salvare
il pianeta è la loro
L’opzione offerta a chi vegano
non è da parte di questi nuovi
biocrociati non è mai il com-
promesso – che non esiste –
ma una conversione radicale,
con sistematica spoliazione di
tutto ciò che apparteneva al
passato. Il dialogo di fatto è im-
possibile, o lo è purché si arrivi
alle medesime conclusioni sul
veganesimo radicale come u-
nica strada per salvare il pia-
neta dalla rovina (in questo
senso è anche un’escatologia).
Ed è per questo, con le dovute
eccezioni, che i vegani sono
sostanzialmente intolleranti e
spesso verbalmente violenti.
Basta postare qualcosa sul
web che sia contrario al vega-
nesimo per ricevere centinaia
di insulti, oppure, quando va
bene, commenti pedagogici e
paternalisti e inviti a infor-
marsi sull’orrore che si cela
dietro una mozzarella di muc-
ca o un uovo fresco. Ma forse
perché sostenere la secolariz-
zazione è duro, e l’uomo ha bi-
sogno sempre di una fede, la
religione vegetariana sta rapi-
damente diventando senso
comune, se non moda.
COSÌ NON SOLO crescono ra-
pidamente i vegetariani, ma
tutti noi ci sentiamo ormai in
soggezione nel mangiare car-
ne o insaccati, nell’introdurre
nel nostro corpo del glutine,
nell’utilizzare zucchero bian-
co, nel mangiare frutta e ver-
dura non biologica. La cosa
non è un male in sé, se non fos-
se che l’unilateralità è soffo-
cante e cominciano a scarseg-
giare visioni del mondo alter-
native e altrettanto argomen-
tate. Ad esempio è un bene che
sia stato pubblicato in Italia
(da Sonzogno) un libro che ha
fatto molto scalpore negli Usa,
Il mito vegetariano, della fem-
minista ex vegana Leirre Kei-
th. L’autrice, che rivela di aver
ricevuto numerose minacce e
messaggi di odio, spiega non
solo come l’agricoltura stia di-
punto fondamentale: “Per
qualcuno che vive c’è qualcun
altro che deve morire, siamo
tutti predatori prima di diven-
tare prede”, e vale pure per noi
che da morti diventiamo cibo
per la terra. Si può anche non
essere d’accordo, ma il suo è
l’esempio di un pensiero che
rompe il senso comune e istilla
quanto meno alcuni dubbi. E
visto che l’alimentazione ri-
schia, ormai è chiaro, di diven-
tare la nuova metafisica, è be-
ne riprendere in mano la ri-
flessione di Weber tra etica
della convinzione, che fa rife-
rimento a principi assoluti
senza curarsi delle conse-
guenze, e etica della responsa-
bilità, che si cura del rapporto
tra mezzi e fini ma soprattutto
non è scevra da dubbi. Molti
vegani, mentre affermano di
incarnare la seconda, sono in-
vece soprattutto espressione
della prima, propria dei credi
religiosi. Altri, tra cui anche
vegani, hanno più dubbi che
certezze. E soprattutto non
convertono, ma al massimo
fanno appello alla forza mite e
silenziosa – e sempre vincente
– dell’esempio.