Parchi della Calabria
  1. Parco Nazionale del Pollino
Data: 18 settembre 2022
Regione e provincia: Calabria,Cosenza
Località di partenza: Orto botanico Castrovillari
Località di arrivo: Cima Dolcedorme e ritorno
Tempo di percorrenza: 12 ore
Chilometri: 16 Km
Grado di difficoltà: PD+ III+ (la parte alpinistica)
Descrizione delle difficoltà: Dislivello e pendenze notevoli,terreno difficile,roccia instabile,esposizione
Periodo consigliato: sconsigliato in piena estate,da provare in inverno
Segnaletica: da Valle Piana a Passo di Valle Cupa,poi assente
Dislivello in salita: 1617 m
Quota massima: 2267 m
Accesso stradale: raggiungere Castrovillari.Sulla Circonvallazione nei pressi della svolta per Morano prendere la strada che si dirige all'Orto botanico e il canile.Parcheggiare in uno spiazzo prima del sottopasso autostradale.
Traccia GPS: https://it.wikiloc.com/percorsi-alpinismo/serra-dolcedorme-via-del-dente-114020759

Descrizione

[01] Dolcedorme via del Dente.JPG


Mancavo sul Dolcedorme dall'agosto dello scorso anno e questo del 18 settembre è stato un ritorno col botto. Finalmente riesco ad organizzare l’uscita sull'ultima nata del versante sud, la “Via del Dente” che sfrutta un’esilissima ed espostissima cengia per risalire la cresta sud est ed infine la vetta. Quando si parla del versante sud di questa montagna inutile dire che si attraversano ambienti severi e inospitali, immersi in uno scenario maestoso e impervio e si affrontano pendenze cattive su dislivelli micidiali, la vera anima selvaggia del Pollino.

Dopo una giornata di maltempo in tutto il centro sud che lascia qualche strascico partiamo dai 650 metri di quota del giardino botanico di Castrovillari. Purtroppo la strada è talmente dissestata che solo chi possiede un buon fuoristrada riesce a raggiungere la località di partenza vera e propria “Valle Piana” a circa 900 metri di altitudine, risparmiandosi 4 km tra andata e ritorno e 250 metri di dislivello. In tal modo ne dovremo colmare oltre 1600.I monti sono coperti da una grigia coltre di nubi ma le previsioni oggi non danno pioggia, solo variabile e nubi sparse. Anche il forte vento del giorno prima si è attenuato ma il tasso di umidità è così elevato che già all’inizio del percorso siamo talmente sudati che pare ci abbia piovuto addosso. Almeno non saremo tormentati dal caldo torrido di questi giorni.

La cordata è composta da me, il mio compagno e il festoso maremmano del posto che da qualche anno ormai segue gli escursionisti fino in vetta o quasi. A darci il benvenuto, posato sugli aghi di un piccolo pino è un elegante macaone, farfalla dall’apertura alare tra le più ampie tra i lepidotteri, e più avanti un giovane ed infreddolito cervone che cerca di termoregolarsi e che rischia di essere calpestato perché perfettamente mimetizzato con il sentiero.

Tutto d’un fiato ci divoriamo i due chilometri del lungo rettilineo che conduce a Valle Piana inoltrandoci subito dopo per il sentiero IPV1 o “della Tagliata” fino al bivio con tabella che indica Varco del Pollinello. Noi invece giriamo a destra prendendo la traccia che porta al Passo di Valle Cupa dal quale si stacca il grandioso Crestone sud dei loricati. Situato a 1352 m. è il punto di discrimine tra Valle Piana e appunto Valle Cupa. Dopo una meritata pausa cominciamo la faticosa ed infinita salita sul ripido crinale. Nel frattempo il sole fa capolino dietro le nubi che rincorrendosi vorticosamente avvolgono creste e valli rendendo il paesaggio suggestivo e incantato.

Durante la progressione superiamo in facile arrampicata estetiche crestine rocciose (passi di II° ma con esposizione e roccia non troppo stabile). Nonostante la pendenza sia notevole, presi forse dall’euforia procediamo molto velocemente tanto che avverto preoccupanti indolenzimenti ai quadricipiti femorali notevolmente sollecitati dal tipo di passo che queste inclinazioni impongono. Per scongiurare il pericolo crampi da qui’ in avanti comincio a gestire e dosare meglio forze ed energie.

Raggiunta la radura di “Campo Base” situata a 1769 m, un’ampia sella con scheletro riverso di un pino loricato, le nubi si diradano per un po’ aprendo grandiosi scenari dolomitici sulla maestosa piramide sommitale del Dolcedorme, sui ripidi declivi alti di Valle Piana e sul semicerchio di pareti rocciose di Celsa Bianca. Già da qui’ si distingue il caratteristico e misterioso “Dente” che svetta dalla vegetazione e che dovremmo raggiungere.

Il nostro terzo di cordata, il prode maremmano dà segni di cedimento e ogni tanto si acquatta a terra per riprendere fiato con la lingua penzoloni. Dopo un’ulteriore pausa per ricaricarci integrando con liquidi e qualche barretta risaliamo il crestone per altri 200 metri fin dove girando a sinistra si raggiungerebbe l’anfiteatro dal quale partono le Direttissime. Noi invece, a quota 2000 circa traversiamo verso destra inoltrandoci tra i pini loricati immersi completamente nella nebbia che nel frattempo è diventata più fitta rendendo il paesaggio alquanto spettrale.

Con scarsa visibilità e senza riferimenti puntiamo dritti verso le pareti arrancando con fatica su un pendio erboso ripidissimo e instabile fino a raggiungere alcuni tormentati torrioni rocciosi. Cerchiamo di capire dove si trovi il Dente ma per ora non si vede nulla. Così costeggiamo la parete fino ad incontrare una prima rampa erbosa; dovremmo esserci. Indossato casco e imbrago ci leghiamo e avanziamo in conserva puntando dritti sulla “gengiva”. Infatti non appena la nebbia si dirada un attimo ecco apparire il Dente alla nostra destra sormontato da un pino loricato secco.

Davanti a noi ora si staglia l'immane parete strapiombante della “Bocca del Dolcedorme” e la seconda rampa erbosa da risalire. Facendo sicura su un bel loricato parto io da primo affrontando la salita molto ripida ma sicura. Riesco ad infilare soltanto un piccolo friend in una minuscola fessura. Più in alto si arrampica su una placca di III° con estrema attenzione per via della roccia non tanto solida fino a raggiungere una sella dove un altro grosso loricato mi aspetta per allestire la sosta.

Ed ecco apparire finalmente la nostra cengia avvolta dalla nebbia. E’ una roba davvero effimera, tremendamente esposta e marcia, una sorta di “Passo del gatto” se vogliamo fare un accostamento col passaggio chiave della normale a monte Pelmo. Senza questo breve camminamento sospeso non ci sarebbe alcuna possibilità di accedere alla cresta sud est. Pare che qualcuno l’abbia scavata apposta.

Alle estremità vi sono appollaiati due contorti loricati che useremo per fare sicura. Il secondo ha una forma davvero bizzarra, sembra annodato su sé stesso. Ma prima bisogna arrampicare per una placca di 20 metri (III°) prima di raggiungere il primo loricato sul quale allestisco una sosta davvero angusta e scomoda. A due terzi del successivo breve tiro bisogna quasi strisciare con estrema cautela a causa del tetto che si abbassa e la roccia sfasciata senza possibilità di piazzare alcuna protezione intermedia. Una eventuale scivolata qui’ causerebbe un pericoloso pendolo. Appena oltre però posso abbracciare il loricato che infonde tanta sicurezza. ”Cosa sarebbe l’alpinismo sul Pollino se non ci fossero i loricati” avrebbe detto qualcuno che ha fatto la stessa via la settimana precedente.

Dopo aver recuperato il compagno guadagniamo terreni più tranquilli, un terrazzo sovrastato da un anfiteatro chiuso dai due costoni che costituiscono la cresta sudest. Due le possibilità di salita: la prima a sinistra puntando due pini loricati in alto il primo dei quali raggiungibile tramite una cengia gradonata. Subito oltre bisognerebbe affrontare una placca, un passo obbligato di IV+ scomodo da superare con gli scarponi. A destra invece abbiamo una parete a gradoni instabili ma con difficoltà inferiori valutati III-°. Complice la notevole stanchezza accumulata e i 1400 m. di dislivello coperti fin ora optiamo per la seconda soluzione spezzando la progressione con due tiri da 30 metri ciascuno fino ad uscire definitivamente dalle difficoltà. Circondati da un ambiente severo, maestoso e impervio guadagniamo finalmente il filo di cresta che separa il canalone della Direttissima con lo Spallone o variante della via alpinistica invernale Pietra Colonna.

Riposto il materiale negli zaini risaliamo in facile arrampicata (II-°) l’ultimo segmento di cresta che ci separa dalla vetta invasa da un folto gruppo di escursionisti che sono saliti per la normale. La cima sgombra di nubi ci accoglie sotto un cielo terso e azzurro intenso e la luce limpidissima ci fa godere inoltre del paesaggio che si apre su Serra Ciavole e Crispo, i Piani di Pollino e le vallate fino al mare. Il versante sud e monte Pollino continuano a rimanere invece sotto una coltre di nubi che taglia in due la montagna. Tutto è grandioso e suggestivo.

Il tempo di firmare il libro di vetta e mandiamo giù il panino,e poi un quarto d’ora sdraiato sull’erba per recuperare un po’ di energie non me lo può levare nessuno anche perché il ritorno sarà molto lungo. Così dopo l’autoscatto di vetta prendiamo la via del Faggio Grosso, un ripido imbuto spaccagambe disseminato di loricati scheletrici fino ad intercettare molto più in basso il sentiero che porta al passo di Valle Cupa prima e la località Valle Piana dopo. Finalmente dopo 12 ore tonde di dura marcia siamo di nuovo al giardino botanico dove ci aspettano le nostre auto. Grande fatica e determinazione per chiudere questo itinerario grandioso unito però a grandi emozioni e soddisfazione senza pari.

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