Sicurezza o assassinio della libertà?

Nelle ultime settimane noi del forum abbiamo avuto alcune sugose discussioni sul tema "Sicurezza in montagna".

Mi riferisco alla storia della ragazza ungherese sulla Majella, e ad altri due thread (questo e quest'altro) che hanno affrontato il problema.

Ho avuto l'occasione di dire chiaramente la mia in tali discussioni. Secondo me l'illusione del controllo della nostra società ipersecuritaria mette a rischio la libertà delle montagne e di noi "avventurosi". Una illusione ipersecuritaria che, spesso, nasconde anche forti interessi economici.

Il tema è antico. Potrei segnalarvi uno splendido articolo di Massimo Mila: "In montagna il rischio è ineliminabile", pubblicato su L'Unità del 3 gennaio 1954 (!) e ora raccolto nel volume "Scritti di montagna" (ed. Einaudi). Purtroppo sul web non si trova e non ho il tempo di trascriverlo, altrimenti farei volentieri conoscere a chi non l'ha mai letto la sua sorprendente attualità.

Ultimamente, tuttavia, è tornato di grande attualità. Ne parlano molto - e secondo me molto bene - soprattutto in Francia.

Questa primavera i francesi hanno tenuto un congresso interessantissimo per affrontare la questione. Il "manifesto" del congresso lo trovate a questo link.

Purtroppo il testo non sarà accessibile a chi non conosce il francese.

Si parla di "alpinismo minacciato" e io concordo pienamente con l'analisi che fanno i francesi. Traduco solo un passaggio, che trovo molto ben scritto:

"la vita in società ha certamente bisogno di sicurezza. Ma le pratiche di montagna non possono accontentarsi della sola frequentazione di ciò che è organizzato, attrezzato, codificato e messo in sicurezza. La sicurezza non è la soppressione sistematica del rischio, ma l'apprendimento della capacità di farsi carico ragionevolmente del rischio".

Quest'ultima frase è essenziale. La sicurezza non è la soppressione sistematica del rischio. Che peraltro è impossibile, è un'utopia. Bisogna imparare ad afrontare ragionevolmente il rischio. Con libertà e responsabilità.

Su questo vorrei aprire il dibattito.
 
Se devo essere sincero, si tratta di un concetto che mi pare sfondare una porta aperta.
Da sempre e in tutto l'ambizione massima e realistica dell'uomo è il controllo del rischio, non la sua eliminazione. L'eliminazione comporterebbe la completa paralisi, la negazione di qualsiasi attività. Dove c'è azione, anche minima, c'è rischio. Pure in casa, quello di rompersi un gomito come accaduto a un noto personaggio un paio di giorni fa.
Il discorso semmai è sulla percezione del rischio; ossia sugli strani motivi (psicologici) della divergenza tra come viene percepito e come è. E che porta di conseguenza spesso a tragici errori sul sovradimensionamento o sottodimensionamento di ciò che si mette in atto per controllarlo.
Forse due esempi agli antipodi sono la montagna e le strade.
La montagna è vista nell'immaginario collettivo come il ricettacolo del pericolo, magari solo perchè un manipolo di incoscienti (quelli sì) se le vanno letteralmente a cercare e poi le loro disgrazie fanno il classico rumore mediatico degli alberi che cadono mentre tutt'intorno la foresta che cresce (ovvero l'escursionismo in sicurezza) non fa alcun rumore.
All'opposto sfido chiunque a dichiarare di provare la minima paura nel mettersi al volante di un'automobile: verrebbe preso per psicopatico.
Eppure - esperienza personale - tre anni fa ebbi la ventura di passare a distanza di 12 ore dalla riapertura (e riasfaltatura) dell'autostrada A4 dopo che era accaduto questo:
Incidente Stradale Cessalto Autostrada A4 8 agosto 2008 Italy - YouTube

Era già tutto tornato alla "normalità", verrebbe da dire che era come un implicito "the trip/show must go on". Anzi, come se dopo aver appena finito di immolare gli "agnelli sacrificali" di prammatica richiesti dalla "statistica" (con la sola variante della tragica spettacolarità), il rischio fosse ....ridiventato normale e ci si sentisse più sicuri.
Allora fu riportato da tutti i TG, ma chi se ne ricorda ? Chi se ne fa impressionare ?

Nè vale il discorso che uno va in montagna per piacere mentre guida per necessità: quante di quelle auto in quel periodo stavano viaggiando tutt'altro che per necessità ?
Io stesso non lo stavo facendo, sebbene ogniqualvolta posso tendo a ricorrere a treni e corriere.
Che poi, forse con treni e corriere non si corrono rischi ? A Roma nell'ottobre 2006 una ragazza morì seduta su un sedile del metrò fermo alla fermata tamponato in pieno a velocità dal convoglio seguente. Morire per un tamponamento tra treni della metropolitana: può accadere anche questo.

Morale il rischio c'è dovunque, basta controllarlo. Anche in montagna.
La questione è se la percezione è corretta oppure no, ma questo purtroppo all'atto pratico è spesso un fattore individuale. Ad esempio al raduno di giugno per me passare su un sentiero che equivaleva a un mezzo cornicione sospeso nel vuoto (quello del Pisanino) era escluso a priori in base alla "mia" percezione del rischio; per altri non è stato così. Da quale parte stava la ragione? E' impossibile stabilirlo. Il fatto che non sia accaduto nulla a chi ci ha provato non assicura affatto che non sarebbe accaduto nulla anche a me che a volte ho le vertigini; nè assicura che non sarebbe accaduto nulla anche a chi l'ha fatto ripetendo la cosa "n" volte (ma quanto dovrebbe valere "n" per essere ragionevole ?). Quindi il dubbio della controprova resterà sempre.

E' una risposta un po' confusa e affastellata, ma spero di aver reso il senso.

Ciao
 
Eccone una di fronte a te.

A parte gli scherzi tantissime persone sono prese da veri e propri attacchi di panico all'idea di dover guidare l'auto.


Appunto: intendevo dire che viene "giustificata" la sua paura proprio e solo in quanto acclarata psicopatia. Esattamente come chi soffre di mal di mare, di mal di montagna, di vertigini, di mal d'aria, di claustrofobia ecc.

E' chiaro che queste persone non andranno mai a cacciarsi lì dove sono ben coscienti che non devono. Ma questo in quanto coscienti di una psicopatia (chiamiamola così) non certo per il discorso della "percezione del rischio" che non c'entra nulla. Chi non mette piede in un ascensore lo fa solo perchè ha paura del chiuso (ragione specifica), non certo perchè teme che possa andar via la corrente o che si possa schiantarsi al suolo (ragione generica attinente il rischio).
 
Io come ho scritto altrove, sono sempre per la libertà e la responsabilità individuale

Quindi no ai patentini eccetera.

Mi limito al caso dell'escursionismo / alpinismo a piedi, altrimenti il discorso sarebbe troppo lungo.

Il problema dei soccorsi:
c'è chi dice: se ti metti in pericolo, metti in pericolo anche i soccorritori. Giustissimo. Da qui parte un ragionamento che porta ai patentini.

Una soluzione potrebbe essere questa:
quando si prevedono condizioni meteo avverse, che metterebbero in pericolo la vita dei soccorritori, allora si annuncia che il servizio di soccorso è sospeso. Chi vuole andare in montagna con un tempo avverso è libero di farlo (principio della libertà), ma sa che non verrà soccorso fino a quando il tempo non si rimetterà (responsabilità personale). è assurdo che ci sia gente che va in montagna con rischio valanghe altissimo, e che i soccorritori debbano rischiare per recuperarli.
 
Se devo essere sincero, si tratta di un concetto che mi pare sfondare una porta aperta.

Caro Andrea, ovviamente sapevo (e speravo) di sfondare una porta aperta, almeno qui tra noi. E concordo con le tue argomentazioni.

Ma ci sono almeno due "ma":
  1. in primo luogo, dagli altri thread che ho citato emergono posizioni diverse, anche al nostro interno: qualcuno sostiene, a esempio, che non si debba andare in montagna da soli, ma sempre in gruppo; più in generale, c'è chi è favorevole a regole più stringenti, divieti e controlli.
  2. In secondo luogo, la questione sembra teorica, ma è eminentemente pratica: è da qualche anno che vengono proposti nuovi divieti, a esempio contro lo sci-alpinismo, e nuovi controlli; quest'inverno uscì fuori la proposta di un patentino obbligatorio per chi vuole andare in montagna... Di fronte a queste assurdità si è mobilitata l'opinione pubblica degli alpinisti francesi che ha dato vita al congresso che ho segnalato.
Anche perché, come ho già detto, dietro a questa voglia di "ingabbiare la montagna" c'è il malcelato intento di farne l'ennesimo luogo di consumo, un bel parco di divertimenti controllato e sicuro per utili idioti paganti.

A stento riusciamo a salvaguardare le nostre attività dal consumismo imperante, che riduce tutto il tempo "libero" ad atti d'acquisto. Se passasse l'idea di mettere tutto sotto controllo saremmo definitivamente asserviti come "consumatori della montagna".
 
Mi limito al caso dell'escursionismo / alpinismo a piedi, altrimenti il discorso sarebbe troppo lungo.

Davvero molto molto lungo e dannatamente attuale e a mio parere anche dannatamente importante anche se i più sembrano volere cedere le proprie libertà in cambio di una proclamata e demagogica "sicurezza" che all'atto pratico non viene né creata né aumentata dalle limitazioni imposte

Una soluzione potrebbe essere questa:
quando si prevedono condizioni meteo avverse, che metterebbero in pericolo la vita dei soccorritori, allora si annuncia che il servizio di soccorso è sospeso. Chi vuole andare in montagna con un tempo avverso è libero di farlo (principio della libertà), ma sa che non verrà soccorso fino a quando il tempo non si rimetterà (responsabilità personale).

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Io come ho scritto altrove, sono sempre per la libertà e la responsabilità individuale

Quindi no ai patentini eccetera.

Mi limito al caso dell'escursionismo / alpinismo a piedi, altrimenti il discorso sarebbe troppo lungo.

Il problema dei soccorsi:
c'è chi dice: se ti metti in pericolo, metti in pericolo anche i soccorritori. Giustissimo. Da qui parte un ragionamento che porta ai patentini.

Una soluzione potrebbe essere questa:
quando si prevedono condizioni meteo avverse, che metterebbero in pericolo la vita dei soccorritori, allora si annuncia che il servizio di soccorso è sospeso. Chi vuole andare in montagna con un tempo avverso è libero di farlo (principio della libertà), ma sa che non verrà soccorso fino a quando il tempo non si rimetterà (responsabilità personale). è assurdo che ci sia gente che va in montagna con rischio valanghe altissimo, e che i soccorritori debbano rischiare per recuperarli.

Allora perchè non sospendiamo anche il soccorso sulle strade (o in mare)con tempo avverso? O quando c'è tanta neve sulle strade? anche la croce rossa che sono volontari rischiano correndo sulle strade per andare a tirare fuori dalle lamiere un disgraziato fatto di cocaina o ubriaco appena uscito da una discoteca.
Non capisco come mai ci si arrabbia sempre con chi va in montagna e magari si trova in condizioni di pericolo più o meno gravi e chiama i soccorsi e mai una parola (anche sui giornali) contro chi va in auto da terrorista provocando stragi o guida ubriaco e poi i soccorsi devono correre a rimediare.
Purtroppo viviamo in una società che considera necessario andare in auto anche se uno sta solo facendo un giro o correndo alla domenica ,ma è necessario che ogni domenica ci siano decine di motociclisti stesi sull'asfalto per l'eccitazione che da il correre?
Viviamo in una società che considera superfluo o solo una attività di semplice svago andare in montagna e quindi ce la si prende con chi si caccia nei guai mentre poteva stare a casa, invece correre sulle strade è necessario e chi si schianta è colpa della strada e non perchè andava troppo forte o guidava in maniera irresponsabile.

Mi trovo d'accordo con henry thoureau, il rischio c'è e ci sarà sempre basta controllarlo e non eccedere i propri limiti e poi l'imponderabile c'è sempre come diceva Bonatti. Ritengo l'andare in montagna una attività nobile se è nel rispetto di se stessi e della montagna, e i soccorritori delle persone ancora più nobili e da rispettare per l'attività di soccorso che fanno perchè sanno cosa vuol dire trovarsi in difficoltà in montagna. Poi, giusto tirare le orecchie a chi si mette nei guai per irresponsabilità o superficialità, ma non mettiamo regole assurde come non soccorrere qualche sventurato quando c'è tempo avverso. Gli stessi soccorritori sanno quando possono rischiare di più o di meno e molte volte quando il tempo è veramente avverso rinunciano e rientrano alla base senza rischiare oltre.
ciao
 
Allora perchè non sospendiamo anche il soccorso sulle strade (o in mare)con tempo avverso? O quando c'è tanta neve sulle strade? anche la croce rossa che sono volontari rischiano correndo sulle strade per andare a tirare fuori dalle lamiere un disgraziato fatto di cocaina o ubriaco appena uscito da una discoteca.

forse perché sulle strade ci girano anche coloro che non sono ubriachi e fatti di cocaina e vengono investiti da chi invece lo è? :p

Sulle strade ci gira anche chi deve girarci per lavoro, pensa anche solo a medici e infermiere che fanno i turni e vanno al lavoro... In montagna, quando c'è rischio di valanghe non ci va chi lavora in montagna, proprio perché ci pensa trenta volte prima di farlo :p

(idem per il mare, trasporti di generi vari ce ne sono tanti e anche pescherecci ;) )
 
Vi chiedo in anticipo di perdonarmi qual'ora apparissi un pò saccente (e "strano") ma l'argomento trattato mi stà particolarmente a cuore e lo trovo determinate non solo per l'approccio con la montagna e l'outdoor ma con la vita in generale.
Io credo che l'onda securitaria a cui sempre più siamo soggetti e con cui sempre più dobbiamo fare i conti (perchè inevitabilmente c'è sempre qualcuno poi che a torto o a ragione ti presenta un conto) cresca di pari passo con la negazione del concetto di morte nel pensiero della società occidentale.
Chiedo scusa se tiro in ballo un pensiero forse fuori luogo ed indubbiamente fosco ma il rimuovere totalmente il concetto di morte richiede che sia eliminata (dalla lista delle cose "comunemente e codivisibilmente accettabili") anche la possibilità di metterla in pericolo per altre azioni che non siano comunemente considerate eccezionali o eroiche (una malattia o salvare una vita per esempio).
Meglio ancora, la consapevolezza che tale rischio possa essere accettato come una latente spada di Damocle che penzola costantemente sulla nostra testa non deve poter esser neanche preso in considerazione perchè al concetto di morte non c'è antidoto e si arriva alla paralisi.
Questo poi o si giustifica con il costo sociale dei soccorsi e del rischio che gli stessi soccorritori si trovano a dover affrontare (scrupolo leggittimo), ma la realtà è che sempre più si tende a considerare malsano (patologico?),e comunque incosciente (nell'accezione più stretta) il semplice prendere in considerazione qualsiasi azione o attività che venga comunemente associata al pericolo di morte...

Mi sa che forse ho esagerato...!?o_Oo_O
 
Davvero molto molto lungo e dannatamente attuale e a mio parere anche dannatamente importante

già, a me sembra uno dei pochissimi temi veramente "fondamentali" di una società, al quale possiamo ricondurre quasi tutto, dalla distribuzione di bottigliette d'acqua fatta alla stazione di Termini a Roma qualche giorno fa, alle violenze di Londra di qualche settimana fa....ma il discorso sarebbe lungo

Allora perchè non sospendiamo anche il soccorso sulle strade (o in mare)con tempo avverso? O quando c'è tanta neve sulle strade? anche la croce rossa che sono volontari rischiano correndo sulle strade per andare a tirare fuori dalle lamiere un disgraziato fatto di cocaina o ubriaco appena uscito da una discoteca.

[...]

Mi trovo d'accordo con henry thoureau, il rischio c'è e ci sarà sempre basta controllarlo e non eccedere i propri limiti e poi l'imponderabile c'è sempre come diceva Bonatti. Ritengo l'andare in montagna una attività nobile se è nel rispetto di se stessi e della montagna, e i soccorritori delle persone ancora più nobili e da rispettare per l'attività di soccorso che fanno perchè sanno cosa vuol dire trovarsi in difficoltà in montagna. Poi, giusto tirare le orecchie a chi si mette nei guai per irresponsabilità o superficialità, ma non mettiamo regole assurde come non soccorrere qualche sventurato quando c'è tempo avverso. Gli stessi soccorritori sanno quando possono rischiare di più o di meno e molte volte quando il tempo è veramente avverso rinunciano e rientrano alla base senza rischiare oltre.
ciao

non capisco, perché all'inizio sembri non essere d'accordo, e poi dici che sei d'accordo con henry thoreau che dice una cosa simile a quella che ho detto io, e cioè che il rischio c'è e bisogna accettarlo

la negazione del concetto di morte nel pensiero della società occidentale.
Sono d'accordo, è un fattore importante in questo discorso, secondo me legato anche alla demografia
 
Una soluzione potrebbe essere questa:
quando si prevedono condizioni meteo avverse, che metterebbero in pericolo la vita dei soccorritori, allora si annuncia che il servizio di soccorso è sospeso. Chi vuole andare in montagna con un tempo avverso è libero di farlo (principio della libertà), ma sa che non verrà soccorso fino a quando il tempo non si rimetterà (responsabilità personale). è assurdo che ci sia gente che va in montagna con rischio valanghe altissimo, e che i soccorritori debbano rischiare per recuperarli.


Non c'è bisogno di sospenderlo, basta semplicemente metterlo a pagamento con tanto di minimo e massimo correlati a una valutazione esattamente come si fa coi codici bianchi/verdi/gialli/rossi ai pronto soccorso: ossia in relazione all'effettiva necessità del soccorso, al grado di effettiva imprevedibilità dell'incidente, ecc. ecc.

In Trentino già è in vigore da anni e mi è rimasta impressa appena poche settimane fa la notizia che anche il Veneto voleva imporre il pagamento.

La cosa è giusta: da un lato si disincentivano gli incoscienti e/o quelli che hanno la chiamata facile anche per banalità (rischiando così di distogliere uomini e mezzi da interventi più seri ed urgenti) dall'altro in tempi di crisi come questi si riesce a evitare che sia la collettività a pagare per quelle che spesso sono vere e proprie negligenze.
Anche perchè il trend (e le relative spese) da tempo era incredibilmente a rialzo. Invece con un comodo addebito da 750 euro a casa (a tanto ammonta in media) tanti la volta successiva ci penseranno due volte. O impareranno a sbrigarsela da soli.
Allo stesso tempo se uno si sente realmente in pericolo di vita ai 750 euro nno ci penserà (giustamente) neppure un istante, anche perchè se non ha responsabilità evidenti non gli saranno neppure addebitati e in quel caso il soccorso continuerà ad essere gratuito.

In Abruzzo questo sistema non c'è e dicono che non lo introducono perchè "disincentiverebbe" i turismo: io invece mi domando da quando in qua sarebbe da considerarsi positivo incentivare un turismo da incoscienti o - quantomeno - abbastanza "deresponsabilizzato".
Ma si saranno fatti i loro conti ed evidentemente ancora il valore delle possibili "defezioni" stimate continua a sopravanzare i costi di accollarsi gli interventi.
 
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Una soluzione potrebbe essere questa:
quando si prevedono condizioni meteo avverse, che metterebbero in pericolo la vita dei soccorritori, allora si annuncia che il servizio di soccorso è sospeso. Chi vuole andare in montagna con un tempo avverso è libero di farlo (principio della libertà), ma sa che non verrà soccorso fino a quando il tempo non si rimetterà (responsabilità personale). è assurdo che ci sia gente che va in montagna con rischio valanghe altissimo, e che i soccorritori debbano rischiare per recuperarli.
Non c'è bisogno di sospenderlo, basta semplicemente metterlo a pagamento con tanto di minimo e massimo correlati a una valutazione esattamente come si fa coi codici bianchi/verdi/gialli/rossi ai pronto soccorso: ossia in relazione all'effettiva necessità del soccorso, al grado di effettiva imprevedibilità dell'incidente, ecc. ecc.

Le due idee - la mia e la tua - non si escludono, e possono coesistere.
Sono d'accordo con te sul pagamento.

Io parlavo esclusivamente delle situazioni in cui si preveda tempo avverso/valanghe, avvertendo gli escursionisti che il servizio di recupero NON sarebbe garantito, e lasciandoli liberi di scegliere se andare o no.
Questo per rispondere a chi:
- giustamente si preoccupa dell'incolumità dei soccorritori per andare a salvare gente spericolata o inesperta
- di conseguenza, e meno giustamente (secondo me), vorrebbe mettere limitazioni (di qualsiasi tipo) alla frequentazione della montagna.
 
Scusate ma a me sembra che voi considerate sempre e solo che l'incidente, in macchina o in montagna, capita a chi è spericolato o inesperto, in altre parole a chi se la cerca ...... eppure può capitare a chiunque ...... anche al Rambo (soldato ultra esperto) o al mega istruttore CAI o al pilota di formula uno che, sicuramente, hanno studiato il percorso, pianificato il viaggio ..... capita a chiunque di trovarsi nei guai .....

Il servizio di soccorso "PUBBLICO" e "STATALE", esso sia in montagna, in mare, su strada, dev'essere in grado di fornire il suo servizio sempre a prescindere da qualsiasi condizione atmosferica, l'unico limite dovrebbe essere solo ed esclusivamente, il rischio (reale e concreto) di mettere in pericolo l'incolumità dei soccorritori o aumentare il pericolo di chi chiede soccorso; ma questo non può essere definito a priori, ogni situazione dev'essere analizzata e valuta di volta in volta, di ora in ora, di minuto in minuto.

Lo scopo di un servizio di soccorso è quella di portare soccorso a chi lo richiede a prescindere da chi esso sia e dalle condizioni atmosferiche o dal motivo per il quale si trova in condizione di necessità. Questo non lo si dovrebbe mai dimenticare.

Chi fà il soccorritore in generis, perchè lo stesso discorso vale ad esempio per un vigile del fuoco o per un militare, non è un impiegato qualsiasi ma è una persona che crede che il suo operato, il suo lavoro, la sua professionalità possa servire anche a salvare, ad aiutare, una persona in condizione di pericolo e fra i tanti rischi del suo lavoro, deve mettere anche la possibilità di farsi del male o di lasciarci la pelle. Certo questo non vuol dire che uno che fà il soccorritore dev'essere immolato sull'altare del martirio o della gloria per cui devono esserci dei paletti, degli stop, delle sospensioni ma, secondo me, sempre considerando che lo scopo del servizio è quello di portare soccorso sempre ed ovunque.

Non trovo corretto che un servizio del genere si possa sospendere, a priori, ad esempio, SOLO perchè il tempo è avverso .... se c'è una finestra "utile" è, secondo me, un DOVERE ed un OBBLIGO MORALE provarci e, al limite, rinunciarvi ma comunque sempre provarci. Se non si accettano i rischi del gioco (portare soccorso) non si gioca (non si fà il soccorritore).

Discorso diverso il pagamento ..... a soccorso avvenuto ..... se si è trattato di un "abuso" è giusto e doveroso che esso sia pagato (entro certi limiti perchè comunque dev'essere sempre presente il concetto che se "io" sono in pericolo devo poter chiamare il soccorso senza la paura di dover vendere la casa se mi sono sbagliato).

Per cui, per me:

SOCCORSO SEMPRE ED OVUNQUE
RIMBORSO DEL SOCCORSO SE DOVUTO (ENTRO CERTI LIMITI)

(non è per "urlare" ma solo per sintetizzare :D)

Ciao, Gianluca
 
Io parlavo esclusivamente delle situazioni in cui si preveda tempo avverso/valanghe, avvertendo gli escursionisti che il servizio di recupero NON sarebbe garantito, e lasciandoli liberi di scegliere se andare o no.

Scusa , ma a me sembra di avvertire una stonatura in questa idea. Se stiamo parlando di gente inesperta e sprovveduta allora evidentemente questa non si informa sulle condizioni atmosferiche del luogo in cui va a fare l'escursione. E allora come fa a sapere che in certe condizioni il soccorso non sarebbe disponibile?
 
Partiamo dal presupposto che i soccorritori siano esperti. Giusto?
Eppure anche a loro di tanto in tanto capitano incidenti. Perché?
Non credo che sia perché non sono preparati o perché non conoscono il meteo o perché sono male equipaggiati o perché hanno voluto fare gli sboroni.
Quindi possiamo dire che 'la sfiga capita' (semplificando).
Mi risulta che i soccorritori siano volontari, quindi non sono obbligati (prendete in maniera molto blanda questa parola, tralasciando la parte morale e simili) ad intervenire quando la situazione mette in pericolo la loro sicurezza personale.

Non sono d'accordo con il discorso di SOSPENDERE il soccorso in condizioni avverse, sarei invece favorevole al principio di 'soccorso non garantito' in condizioni avverse.

Per il dicorso costi, se uno vuole stare più tranquillo, si fa un'assicurazione che copra il soccorso. Ma questo è un discorso a parte che non richiede seguito.
 
Chi fà il soccorritore in generis, perchè lo stesso discorso vale ad esempio per un vigile del fuoco o per un militare, non è un impiegato qualsiasi ma è una persona che crede che il suo operato, il suo lavoro, la sua professionalità possa servire anche a salvare, ad aiutare, una persona in condizione di pericolo e fra i tanti rischi del suo lavoro, deve mettere anche la possibilità di farsi del male o di lasciarci la pelle. Certo questo non vuol dire che uno che fà il soccorritore dev'essere immolato sull'altare del martirio o della gloria per cui devono esserci dei paletti, degli stop, delle sospensioni ma, secondo me, sempre considerando che lo scopo del servizio è quello di portare soccorso sempre ed ovunque.

Non trovo corretto che un servizio del genere si possa sospendere, a priori, ad esempio, SOLO perchè il tempo è avverso .... se c'è una finestra "utile" è, secondo me, un DOVERE ed un OBBLIGO MORALE provarci e, al limite, rinunciarvi ma comunque sempre provarci. Se non si accettano i rischi del gioco (portare soccorso) non si gioca (non si fà il soccorritore).
Perfetto, se i soccorritori vogliono provarci per me possono farlo, figurati (principio della libertà). Allora che non si usi però il problema del rischio ai soccorritori come giustificazione per limitare l'accesso alla montagna, come qualcuno propone. Ripeto per l'ennesima volta che è solo per questo che avevo fatto quella proposta

Allora si può fare così:
Non sono d'accordo con il discorso di SOSPENDERE il soccorso in condizioni avverse, sarei invece favorevole al principio di 'soccorso non garantito' in condizioni avverse.




Scusa , ma a me sembra di avvertire una stonatura in questa idea. Se stiamo parlando di gente inesperta e sprovveduta allora evidentemente questa non si informa sulle condizioni atmosferiche del luogo in cui va a fare l'escursione. E allora come fa a sapere che in certe condizioni il soccorso non sarebbe disponibile?
Problema loro, (principio della responsabilità personale), se l'informazione è chiaramente e facilmente accessibile dai siti internet istituzionali e nelle strutture locali



Comunque non sono un esperto di soccorso in montagna, e lascio volentieri la parola a chi ne sa più di me. Era solo un esempio su come tutelare la libertà di andare in montagna senza patentini.
 
Il principio del soccorso non garantito in condizioni meteo avverse è già in essere.
Se c'è maltempo l'elicottero non parte a costo di far morire le persone in quota.
Vale il principio che il soccorso va fatto se ci sono le condizioni minime di garanzia per l'incolumità dei soccorritori.
Poi la storia ha dimostrato, ahimè, che i soccorsi sono partiti spesso senza questa garanzia. Un esempio fra tutti la valanga che travolse 4 soccorritori in Trentino Alto Adige, mentre stavano cercando due dispersi, nonostante l'alto rischio di valanghe.

Invece vorrei evidenziare che oggigiorno molte persone si avventurano in montagna con più disinvoltura, forti del fatto che se si trovano nei guai possono comporre il numero magico e chiamare i soccorsi, la maggior parte delle volte senza rischi oggettivi rilevanti.
Persone che chiamano i soccorsi perché esauste, o semplicemente si perdono e non sanno tornare indietro senza tentare di provare una via di uscita, oppure sopraggiunge la notte, nonostante le temperature miti. Questo è quello che lamentano i soccorritori ed è ben documentato in una rivista del CAI di qualche mese fa.
A questo punto sono favorevole ad applicare una tariffa fissa in tutto il territorio italiano se non esistono condizioni reali ed oggettive di pericolo (in alcune regioni del Nord Italia è già attiva).
Quindi per andare in montagna, ci vuole prima di tutto un grande senso di responsabilità verso se stessi, ma anche verso gli altri.
 
Il principio del soccorso non garantito in condizioni meteo avverse è già in essere. Se c'è maltempo l'elicottero non parte a costo di far morire le persone in quota. Vale il principio che il soccorso va fatto se ci sono le condizioni minime di garanzia per l'incolumità dei soccorritori.
Sì ma sempre con il concetto della valutazione di momento in momento, della ricerca della finestra "utile" e non del a priori ...... oggi nevica .... tutti i soccorritori a casa perchè chiudiamo baracca e burattini, ci vediamo domani e se nel frattempo qualcuno ha bisogno sono 'azzi suoi .... doveva informarsi "prima".

E poi in montagna non è che sia sempre così "lineare" e "preciso" il tempo atmosferico ..... le previsioni possono essere le migliori del mondo ma chi sà perchè nel pomeriggio ti ritrovi la nebbia o la pioggia e non ci vedi più una mazza .....

La sfiga "capita" sia a chi se la cerca e sia chi no.

Ciao, Gianluca
 
Sì ma sempre con il concetto della valutazione di momento in momento, della ricerca della finestra "utile" e non del a priori ...... oggi nevica .... tutti i soccorritori a casa perchè chiudiamo baracca e burattini, ci vediamo domani e se nel frattempo qualcuno ha bisogno sono 'azzi suoi .... doveva informarsi "prima".

Ovvio :D
 
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