Ciao a tutti!
Dal 21/12/2014 e per circa venti giorni sono riuscito finalmente, dopo un anno di attese e rinvii, a fare quello che per me (per ora!) è il viaggio della vita.
L'Ojos del Salado è il vulcano più alto al mondo, si trova sperduto del deserto di Atacama in Cile e per questo motivo ha, tra le varie, due principali attrattive: 1) l'avvicinamento e l'acclimatamento è davvero solitario e avventuroso; 2) il bel tempo è quasi garantito dato che la zona è più arida del Sahara. L'unica rogna sotto il punto di vista meteo è (come per tutte le Ande a queste quote) il vento: presente sempre e comunque in ogni luogo, in alta montagna e unito al freddo diventa un rischio letale.
Il viaggio è stato effettuato con un gruppo di Avventure nel Mondo, il tour operator italiano più spartano e famoso. La salita all'Ojos ha rappresentato la prima parte del viaggio: la seconda è stata di stampo più turistico, anche se sempre in luoghi escursionistici come San Pedro de Atacama.
Non so davvero da che parte cominciare vista la mole di cose da dire, pertanto racconterò la salita al vulcano così come mi viene, se poi dovessero esserci domande e curiosità su cose che non ho approfondito sarò ben lieto di rispondere
---------------------------------------
Da Roma sono tre tratte aeree: Roma - Madrid - Santiago - Copiapò. Quindi bisogna armarsi di santa pazienza perchè circa due giorni se ne vanno così. Copiapò è una città mineraria di scarso interesse turistico, ma è l'ultimo avamposto della civiltà prima di entrare nel deserto di Atacama e ci prendiamo un giorno per prendere contatto con l'impresa che ci fornisce le jeep e relativi autisti e per fare una mastodontica spesa. Siamo in 9 e per i successivi 10 giorni non avremo alcuna possibilità di reperire cibo, acqua e di effettuare comunicazioni che non siano satellitari.
24/12 - Lasciamo Copiapò alla volta della Laguna Santa Rosa. Già dalla periferia la strada diventa sterrata e per le successive quattro ore attraversa il nulla, salendo costantemente di quota. Prendiamo possesso quindi piccolo rifugio posto a 3800m sul bordo di questa bellissima laguna
Laguna Santa Rosa, relativi salares, sullo sfondo il Nevado Tres Cruces
In poche ore siamo saliti di oltre 3000m, quindi la giornata è dedicata al riposo più assoluto, salvo qualche breve passeggiatina (come si fa a star fermi in posti così? )
Bellissimi fenicotteri rosa si godono il bagno
25/12 - Per ora stiamo tutti bene e si parte per un'escursione di acclimatamento al Cerro Maricunga.
Il monte in questione si raggiunge dopo un eterno crinale su pietraie scomodissime. Capiamo subito che la bellezza dei panorami è ampiamente bilanciata in negativo dall'osticità dei percorsi: sentiero o no, sono tutti fondi ghiaiosi, scivolosi e polverosi.
Gli alberi li abbiamo salutati a Copiapò. Quassù qualche ciuffo d'erba lo troviamo a ingentilire l'aspetto, ma come il sentiero s'impenna non c'è verso di stare in piedi senza l'aiuto dei bastoncini.
Finalmente tocchiamo la cima. Prendiamo l'escursione abbastanza sottogamba dato che partiamo sul tardi e il passo è turistico. Pessima idea. Il vento, che finora era rimasto abbastanza sopportabile, aumenta all'improvviso e rimarrà teso per il resto della discesa.
Inoltre la stessa escursione si rivela bella tostarella, tenuto conto che due giorni prima eravamo a 700m. Alla fine saranno circa 15km e 1100m d+ (da 3800 a 4900m). Cominciamo la discesa nel vento a circa 60 kmh. Io comincio a sentirmi male, saluto tutti e mi butto giù di corsa con l'intento di scendere di quota e arrivare il prima possibile al sacco a pelo.
26/12 - Tutti di nuovo on the road. Oggi in programma ci sono altre 3 ore di jeep per arrivare a Laguna Verde, tradizionale luogo di acclimatamento per l'Ojos. Io sono uno straccio: vento e quota mi hanno tenuto bello involtinato nel sacco per il resto del giorno precedente con ricco mal di testa e probabile febbre (che non ho misurato per non deprimermi di più)
Laguna verde è, se possibile, ancora più bella. Siamo a 4300m e il panorama è schiacciato da una cordigliera di vulcani molto vicini. Il campo è affollato da tende di altre spedizioni di varia nazionalità ma noi, con una buona dose di fondoschiena, arriviamo mentre un gruppo di russi sta lasciando il rifugio e lo scippiamo agli astanti
Chiamarlo rifugio... diciamo che è una stamberga infestata dai topi e sul punto di cadere ad ogni colpo di vento, però (unica nel suo genere) ha al suo interno una vasca dove sono convogliate delle acque termali per fare un bel bagno caldo (chi occupa infatti è soggetto ad una servitù di passaggio in favore degli attendati)
Passo anche qui il giorno di arrivo mezzo moribondo e attacco con le aspirine. Gli altri miei compagni fanno belle passeggiate nei dintorni e io invece sembro Silvio Pellico nelle segrete con in mano una scopa per scacciare i topi.
27/12 - Il menù dell'acclimatamento prevede oggi la salita del Mulas Muertas, invitante denominazione per un vulcano di 5600m spazzato dalla corrente a getto. Mi sono svegliato inaspettatamente in discreta salute, spazzolo qualche galletta, bevo due litri di tè e incrocio le dita: forse è stata una crisi momentanea e il mio acclimatamento procede tutto sommato nella norma.
Solito pendio ostico ma davanti a questi panorami gli occhi escono fuori dalle orbite
Si sale in quota e sale d'intensità anche il vento e ci insacchiamo con un po' tutto quello che abbiamo dietro
Non raggiungeremo la cima per colpa del vento che è diventato insopportabile. Il gruppo si ferma su una anticima a circa 5200m, io continuo ancora per circa 200m d+: mi sento molto meglio e seguo gli accordi per i quali "chi se la sente deve continuare" dato che ogni metro verso l'alto e ogni minuto in più trascorso in quota può tornare utile sull'Ojos. Trovo una nicchia riparata e mi butto una mezzora a mangiare una sorta di grancereale cileni (pessimi), dopodichè raggiungo gli altri per la discesa.
Durante la discesa, primo assaggio di vento serio. Alcune raffiche avranno raggiunto i 100kmh dato che una mia compagna è stata cappottata a terra un paio di volte. Un po' di timore sale perchè, teoricamente, più o meno alla stessa ora, tre giorni dopo dovremmo stare circa 2 km più in alto.
Ma che vi credete che le spedizioni sono solo lacrime e sangue?? A Laguna Verde si può provare una delle godurie più spettacolari di tutto il mondo: immaginate di stare 4 giorni senza lavarvi, di fare due escursioni con venti che vi lasciano una temperatura corporea di una salma, di essere impolverati come Terence Hill in Trinità... e poi trovare due pozze di acqua termale bollente, con tanto di muretto di protezione dal vento! Non ci sono parole per descivere quello che ho provato!
Ultima sera a Laguna Verde, da domani si farà sul serio. Purtroppo tocchiamo con mano il fatto che il mal di montagna aspetta tutti al varco e prima o poi arriva. Io e un altro compagno siamo stati male i giorni precedenti ma ora siamo in ripresa, il resto della spedizione, nessuno escluso, cade vittima dei sintomi nei giorni successivi a questo.
C'è da dire che come programmazione stiamo seguendo la tempistica dello stesso viaggio effettuata da Giuseppe Pompili (quindi già parliamo di uno che ha fatto due volte l'Everest). In più abbiamo l'aggravante di dover togliere un giorno all'acclimantamento perchè da notizie meteo dovrebbe esserci un colpo di coda dell'inverno, che in zona è terminato da non molto.
28/12 - L'Ojos del Salado è ben visibile dalla strada che da Copiapò porta in Argentina attraverso il Passo San Francisco. Poco distante dalla strada c'è il rifugio Claudio Lucero (o Osteria Murray, ora chiuso per lavori). La domanda sorge spontanea, a che pro fare un rifugio quando teoricamente il Camp Atacama, il campo base dell'Ojos è a portata di mano? Semplice, perchè i 20 km di carrareccia che portano ai piedi dell'Ojos le jeep li coprono in due ore. Tra botte, scossoni, crateri, spanciate sui dossi nonostante la scocca rialzata, distese di sabbia prese in velocità, insomma, passato questo tratto, se non avete sofferto l'auto non ne soffrirete mai più.
Il Camp Atacama è solamente una distesa di sabbia con qualche muretto antivento ad efficacia psicologica piuttosto che reale. Il container buttato in fondo ha solo 4 posti e serve per eventuali emergenze. Come diceva il buon Pizzul, la tensione sale e per la prima volta si incontrano e si scambiano impressioni con le spedizioni che lassù, vittoriose o no, ci sono state.
A 5200m e con il vento che non consente di stare in piedi, fare una zuppa rientra nei racconti di alpinismo eroico
Volente o nolente scatta il risiko tra le spedizioni: tra il campo base e la cima c'è un solo rifugio: il Tejos, con una decina di posti. Ci sono 3-4 spedizioni, due giorni per salire in cima prima del maltempo e piantare le tende sulle pendici del vulcano è una follia. Come si scioglie a livello strategico il nodo?
Semplice: chi prima arriva meglio alloggia. Una nostra compagna ci mette tutti in riga: per avere la possibilità di tentare la cima dobbiamo conquistare il Tejos e per conquistare il Tejos qualcuno deve partire non più tardi delle 4 di notte. Il gruppo però è ridotto a un lazzaretto dal mal di montagna e alla fine si sceglie di mandare al martirio i due disgraziati che hanno più o meno recuperato (cioè il sottoscritto e la proponente). Occupato il Tejos alla faccia di russi e inglesi, il resto del gruppo sarebbe arrivato ognuno con il proprio passo nel corso della giornata.
29/12 - La sveglia del gps suona tragicamente alle 4 e non ce la posso fare. Fuori il vento ancora soffia bello deciso e dal ghiaccio sul telo esterno della tenda capisco che la temperatura è andata in doppia cifra sottozero. Le ore che seguiranno saranno per me (ma probabilmente anche per la mia balda compagna di avanscoperta) le più difficili della spedizione. In sostanza si trattava di salire dal base al campo 1, cioè da 5200 a circa 5900m, con uno zaino sui 15 kg e una temperatura percepita di -20, su una specie di pendio sabbioso a 40° e alla sola luce della frontale. Per la serie "buone vacanze, rilassati".
Non ho foto e ho quasi perso le mani, ma una volta arrivati al Tejos e visto che era vuoto è scattata un'esultanza stile Coppa dei Campioni...
Forte il Tejos. Due container saldati ad angolo retto e buttati alla stessa quota della cima del Kilimanjaro, a mio parere è stato inaspettatamente il posto più comodo da quando abbiamo lasciato Copiapò. E' relativamente pulito con sei cuccette con materassi, molto spazio in zona cucina, un tentativo di sala da pranzo e molte provviste lasciate dalle spedizioni precedenti. L'acqua, chiaramente, è tutta congelata.
Nel corso della giornata arrivano alla spicciolata gli altri compagni e si fa un piano operativo per il tentativo alla vetta del giorno dopo. Eravamo in nove, due sono stati riportati in fretta in città perchè i sintomi del mal di montagna si erano aggravati, uno è riuscito ad arrivare al Tejos, ma purtroppo è nel pieno della sintomatologia. Tenteremo quindi la cima in sei.
30/12 - Sveglia alle 3 e partenza alle 4, non bisogna sgarrare di un minuto perchè dal primo pomeriggio sulla montagna arriva la corrente a getto e per l'ora di pranzo, chiunque non si trovi ad uno sputo dalla vetta, è costretto a girare i tacchi e scendere di buon passo.
In giro per la montagna, a circa 6000m e poco prima dell'alba, proviamo a farci strada tra i massi alla base del pendio; dalle rilevazioni meteo viste poi in seguito, ci stiamo muovendo in una temperatura intorno ai -25°. Ogni volta che ci fermiamo per un qualsiasi motivo, mani e piedi perdono sensibilità istantaneamente.
Il gruppo di sei si sgrana subito in due terzetti. Dopo un po', purtroppo, non vediamo più le frontali del terzetto rimasto indietro: per vari motivi sono tornati al rifugio. Rimaniamo in tre a ravanare su un pendio che di stabile non ha nulla.
La salita all'Ojos per 3/4 si svolge nella ghiaia e nella cenere fino alle caviglie, facendo svolte su un pendio ripidissimo. Attraente come una tortura cinese, l'unico motore che manda avanti il povero malcapitato è il raggiungere il prima possibile il sole, che nel frattempo è uscito a scaldare le cime
Superato un nevaio di penitentes a quota circa 6400m, il percorso piega ora su una spalla e prosegue con minore pendenza verso il cratere
Finalmente si arriva al bordo del cratere. Siamo a 6700m e ormai la quota ci fa sembrare come dei pesci appena tirati fuori dall'acqua, anche la dura roccia sembra comoda come un materasso
Ma ormai manca davvero poco, anche se è rimasta la parte più scomoda e tecnica. Bisogna aggirare il cratere sulla sinistra e imboccare il canalino roccioso che porta alla cresta di roccia per la quale poi si perviene alla cima vera e propria.
Percorso - neanche a dirlo - che più scomodo non si può, anche massi grossi come frigoriferi se li tocchi o ci cammini su si muovono. Alla base del canalino troviamo anche una corda (dinamica!) fissa. Sono circa 5 metri di II° ma la corda è caldamente consigliata dato che ormai la quota ha lo stesso effetto di una damigiana di Montepulciano e il vento potrebbe far perdere il precario equilibrio
Dopo il canalino si può scegliere su quale cima salire, la cilena o l'argentina (anche se il confine passa per entrambe ), oppure se si ha tempo si fanno entrambe ma tanto sono alla stessa quota metro più metro meno. Noi per campanilismo optiamo per la cilena. Sono altri 50 mt di cresta di I° ma stavolta c'è una discreta esposizione e il vento è più forte.
Dopo poco, finalmente arriviamo dove non c'è più nulla da salire! Non sapevo se essere contento, stanco, affamato, preoccupato, non capivo niente e sinceramente non sarei stato in grado di fare 3x2. Ma sensazione di aver conseguito qualcosa che aspettavo da molto tempo e per la quale ho seguito un avvicinamento di giorni però era ben presente e non la dimenticherò mai.
Come avrò sempre presente il giro di panorami da queste quote, l'aria che sembra di cristallo e la luce abbagliante come non avevo mai visto prima
Grazie a tutti!
Dal 21/12/2014 e per circa venti giorni sono riuscito finalmente, dopo un anno di attese e rinvii, a fare quello che per me (per ora!) è il viaggio della vita.
L'Ojos del Salado è il vulcano più alto al mondo, si trova sperduto del deserto di Atacama in Cile e per questo motivo ha, tra le varie, due principali attrattive: 1) l'avvicinamento e l'acclimatamento è davvero solitario e avventuroso; 2) il bel tempo è quasi garantito dato che la zona è più arida del Sahara. L'unica rogna sotto il punto di vista meteo è (come per tutte le Ande a queste quote) il vento: presente sempre e comunque in ogni luogo, in alta montagna e unito al freddo diventa un rischio letale.
Il viaggio è stato effettuato con un gruppo di Avventure nel Mondo, il tour operator italiano più spartano e famoso. La salita all'Ojos ha rappresentato la prima parte del viaggio: la seconda è stata di stampo più turistico, anche se sempre in luoghi escursionistici come San Pedro de Atacama.
Non so davvero da che parte cominciare vista la mole di cose da dire, pertanto racconterò la salita al vulcano così come mi viene, se poi dovessero esserci domande e curiosità su cose che non ho approfondito sarò ben lieto di rispondere
---------------------------------------
Da Roma sono tre tratte aeree: Roma - Madrid - Santiago - Copiapò. Quindi bisogna armarsi di santa pazienza perchè circa due giorni se ne vanno così. Copiapò è una città mineraria di scarso interesse turistico, ma è l'ultimo avamposto della civiltà prima di entrare nel deserto di Atacama e ci prendiamo un giorno per prendere contatto con l'impresa che ci fornisce le jeep e relativi autisti e per fare una mastodontica spesa. Siamo in 9 e per i successivi 10 giorni non avremo alcuna possibilità di reperire cibo, acqua e di effettuare comunicazioni che non siano satellitari.
24/12 - Lasciamo Copiapò alla volta della Laguna Santa Rosa. Già dalla periferia la strada diventa sterrata e per le successive quattro ore attraversa il nulla, salendo costantemente di quota. Prendiamo possesso quindi piccolo rifugio posto a 3800m sul bordo di questa bellissima laguna
Laguna Santa Rosa, relativi salares, sullo sfondo il Nevado Tres Cruces
In poche ore siamo saliti di oltre 3000m, quindi la giornata è dedicata al riposo più assoluto, salvo qualche breve passeggiatina (come si fa a star fermi in posti così? )
Bellissimi fenicotteri rosa si godono il bagno
25/12 - Per ora stiamo tutti bene e si parte per un'escursione di acclimatamento al Cerro Maricunga.
Il monte in questione si raggiunge dopo un eterno crinale su pietraie scomodissime. Capiamo subito che la bellezza dei panorami è ampiamente bilanciata in negativo dall'osticità dei percorsi: sentiero o no, sono tutti fondi ghiaiosi, scivolosi e polverosi.
Gli alberi li abbiamo salutati a Copiapò. Quassù qualche ciuffo d'erba lo troviamo a ingentilire l'aspetto, ma come il sentiero s'impenna non c'è verso di stare in piedi senza l'aiuto dei bastoncini.
Finalmente tocchiamo la cima. Prendiamo l'escursione abbastanza sottogamba dato che partiamo sul tardi e il passo è turistico. Pessima idea. Il vento, che finora era rimasto abbastanza sopportabile, aumenta all'improvviso e rimarrà teso per il resto della discesa.
Inoltre la stessa escursione si rivela bella tostarella, tenuto conto che due giorni prima eravamo a 700m. Alla fine saranno circa 15km e 1100m d+ (da 3800 a 4900m). Cominciamo la discesa nel vento a circa 60 kmh. Io comincio a sentirmi male, saluto tutti e mi butto giù di corsa con l'intento di scendere di quota e arrivare il prima possibile al sacco a pelo.
26/12 - Tutti di nuovo on the road. Oggi in programma ci sono altre 3 ore di jeep per arrivare a Laguna Verde, tradizionale luogo di acclimatamento per l'Ojos. Io sono uno straccio: vento e quota mi hanno tenuto bello involtinato nel sacco per il resto del giorno precedente con ricco mal di testa e probabile febbre (che non ho misurato per non deprimermi di più)
Laguna verde è, se possibile, ancora più bella. Siamo a 4300m e il panorama è schiacciato da una cordigliera di vulcani molto vicini. Il campo è affollato da tende di altre spedizioni di varia nazionalità ma noi, con una buona dose di fondoschiena, arriviamo mentre un gruppo di russi sta lasciando il rifugio e lo scippiamo agli astanti
Chiamarlo rifugio... diciamo che è una stamberga infestata dai topi e sul punto di cadere ad ogni colpo di vento, però (unica nel suo genere) ha al suo interno una vasca dove sono convogliate delle acque termali per fare un bel bagno caldo (chi occupa infatti è soggetto ad una servitù di passaggio in favore degli attendati)
Passo anche qui il giorno di arrivo mezzo moribondo e attacco con le aspirine. Gli altri miei compagni fanno belle passeggiate nei dintorni e io invece sembro Silvio Pellico nelle segrete con in mano una scopa per scacciare i topi.
27/12 - Il menù dell'acclimatamento prevede oggi la salita del Mulas Muertas, invitante denominazione per un vulcano di 5600m spazzato dalla corrente a getto. Mi sono svegliato inaspettatamente in discreta salute, spazzolo qualche galletta, bevo due litri di tè e incrocio le dita: forse è stata una crisi momentanea e il mio acclimatamento procede tutto sommato nella norma.
Solito pendio ostico ma davanti a questi panorami gli occhi escono fuori dalle orbite
Si sale in quota e sale d'intensità anche il vento e ci insacchiamo con un po' tutto quello che abbiamo dietro
Non raggiungeremo la cima per colpa del vento che è diventato insopportabile. Il gruppo si ferma su una anticima a circa 5200m, io continuo ancora per circa 200m d+: mi sento molto meglio e seguo gli accordi per i quali "chi se la sente deve continuare" dato che ogni metro verso l'alto e ogni minuto in più trascorso in quota può tornare utile sull'Ojos. Trovo una nicchia riparata e mi butto una mezzora a mangiare una sorta di grancereale cileni (pessimi), dopodichè raggiungo gli altri per la discesa.
Durante la discesa, primo assaggio di vento serio. Alcune raffiche avranno raggiunto i 100kmh dato che una mia compagna è stata cappottata a terra un paio di volte. Un po' di timore sale perchè, teoricamente, più o meno alla stessa ora, tre giorni dopo dovremmo stare circa 2 km più in alto.
Ma che vi credete che le spedizioni sono solo lacrime e sangue?? A Laguna Verde si può provare una delle godurie più spettacolari di tutto il mondo: immaginate di stare 4 giorni senza lavarvi, di fare due escursioni con venti che vi lasciano una temperatura corporea di una salma, di essere impolverati come Terence Hill in Trinità... e poi trovare due pozze di acqua termale bollente, con tanto di muretto di protezione dal vento! Non ci sono parole per descivere quello che ho provato!
Ultima sera a Laguna Verde, da domani si farà sul serio. Purtroppo tocchiamo con mano il fatto che il mal di montagna aspetta tutti al varco e prima o poi arriva. Io e un altro compagno siamo stati male i giorni precedenti ma ora siamo in ripresa, il resto della spedizione, nessuno escluso, cade vittima dei sintomi nei giorni successivi a questo.
C'è da dire che come programmazione stiamo seguendo la tempistica dello stesso viaggio effettuata da Giuseppe Pompili (quindi già parliamo di uno che ha fatto due volte l'Everest). In più abbiamo l'aggravante di dover togliere un giorno all'acclimantamento perchè da notizie meteo dovrebbe esserci un colpo di coda dell'inverno, che in zona è terminato da non molto.
28/12 - L'Ojos del Salado è ben visibile dalla strada che da Copiapò porta in Argentina attraverso il Passo San Francisco. Poco distante dalla strada c'è il rifugio Claudio Lucero (o Osteria Murray, ora chiuso per lavori). La domanda sorge spontanea, a che pro fare un rifugio quando teoricamente il Camp Atacama, il campo base dell'Ojos è a portata di mano? Semplice, perchè i 20 km di carrareccia che portano ai piedi dell'Ojos le jeep li coprono in due ore. Tra botte, scossoni, crateri, spanciate sui dossi nonostante la scocca rialzata, distese di sabbia prese in velocità, insomma, passato questo tratto, se non avete sofferto l'auto non ne soffrirete mai più.
Il Camp Atacama è solamente una distesa di sabbia con qualche muretto antivento ad efficacia psicologica piuttosto che reale. Il container buttato in fondo ha solo 4 posti e serve per eventuali emergenze. Come diceva il buon Pizzul, la tensione sale e per la prima volta si incontrano e si scambiano impressioni con le spedizioni che lassù, vittoriose o no, ci sono state.
A 5200m e con il vento che non consente di stare in piedi, fare una zuppa rientra nei racconti di alpinismo eroico
Volente o nolente scatta il risiko tra le spedizioni: tra il campo base e la cima c'è un solo rifugio: il Tejos, con una decina di posti. Ci sono 3-4 spedizioni, due giorni per salire in cima prima del maltempo e piantare le tende sulle pendici del vulcano è una follia. Come si scioglie a livello strategico il nodo?
Semplice: chi prima arriva meglio alloggia. Una nostra compagna ci mette tutti in riga: per avere la possibilità di tentare la cima dobbiamo conquistare il Tejos e per conquistare il Tejos qualcuno deve partire non più tardi delle 4 di notte. Il gruppo però è ridotto a un lazzaretto dal mal di montagna e alla fine si sceglie di mandare al martirio i due disgraziati che hanno più o meno recuperato (cioè il sottoscritto e la proponente). Occupato il Tejos alla faccia di russi e inglesi, il resto del gruppo sarebbe arrivato ognuno con il proprio passo nel corso della giornata.
29/12 - La sveglia del gps suona tragicamente alle 4 e non ce la posso fare. Fuori il vento ancora soffia bello deciso e dal ghiaccio sul telo esterno della tenda capisco che la temperatura è andata in doppia cifra sottozero. Le ore che seguiranno saranno per me (ma probabilmente anche per la mia balda compagna di avanscoperta) le più difficili della spedizione. In sostanza si trattava di salire dal base al campo 1, cioè da 5200 a circa 5900m, con uno zaino sui 15 kg e una temperatura percepita di -20, su una specie di pendio sabbioso a 40° e alla sola luce della frontale. Per la serie "buone vacanze, rilassati".
Non ho foto e ho quasi perso le mani, ma una volta arrivati al Tejos e visto che era vuoto è scattata un'esultanza stile Coppa dei Campioni...
Forte il Tejos. Due container saldati ad angolo retto e buttati alla stessa quota della cima del Kilimanjaro, a mio parere è stato inaspettatamente il posto più comodo da quando abbiamo lasciato Copiapò. E' relativamente pulito con sei cuccette con materassi, molto spazio in zona cucina, un tentativo di sala da pranzo e molte provviste lasciate dalle spedizioni precedenti. L'acqua, chiaramente, è tutta congelata.
Nel corso della giornata arrivano alla spicciolata gli altri compagni e si fa un piano operativo per il tentativo alla vetta del giorno dopo. Eravamo in nove, due sono stati riportati in fretta in città perchè i sintomi del mal di montagna si erano aggravati, uno è riuscito ad arrivare al Tejos, ma purtroppo è nel pieno della sintomatologia. Tenteremo quindi la cima in sei.
30/12 - Sveglia alle 3 e partenza alle 4, non bisogna sgarrare di un minuto perchè dal primo pomeriggio sulla montagna arriva la corrente a getto e per l'ora di pranzo, chiunque non si trovi ad uno sputo dalla vetta, è costretto a girare i tacchi e scendere di buon passo.
In giro per la montagna, a circa 6000m e poco prima dell'alba, proviamo a farci strada tra i massi alla base del pendio; dalle rilevazioni meteo viste poi in seguito, ci stiamo muovendo in una temperatura intorno ai -25°. Ogni volta che ci fermiamo per un qualsiasi motivo, mani e piedi perdono sensibilità istantaneamente.
Il gruppo di sei si sgrana subito in due terzetti. Dopo un po', purtroppo, non vediamo più le frontali del terzetto rimasto indietro: per vari motivi sono tornati al rifugio. Rimaniamo in tre a ravanare su un pendio che di stabile non ha nulla.
La salita all'Ojos per 3/4 si svolge nella ghiaia e nella cenere fino alle caviglie, facendo svolte su un pendio ripidissimo. Attraente come una tortura cinese, l'unico motore che manda avanti il povero malcapitato è il raggiungere il prima possibile il sole, che nel frattempo è uscito a scaldare le cime
Superato un nevaio di penitentes a quota circa 6400m, il percorso piega ora su una spalla e prosegue con minore pendenza verso il cratere
Finalmente si arriva al bordo del cratere. Siamo a 6700m e ormai la quota ci fa sembrare come dei pesci appena tirati fuori dall'acqua, anche la dura roccia sembra comoda come un materasso
Ma ormai manca davvero poco, anche se è rimasta la parte più scomoda e tecnica. Bisogna aggirare il cratere sulla sinistra e imboccare il canalino roccioso che porta alla cresta di roccia per la quale poi si perviene alla cima vera e propria.
Percorso - neanche a dirlo - che più scomodo non si può, anche massi grossi come frigoriferi se li tocchi o ci cammini su si muovono. Alla base del canalino troviamo anche una corda (dinamica!) fissa. Sono circa 5 metri di II° ma la corda è caldamente consigliata dato che ormai la quota ha lo stesso effetto di una damigiana di Montepulciano e il vento potrebbe far perdere il precario equilibrio
Dopo il canalino si può scegliere su quale cima salire, la cilena o l'argentina (anche se il confine passa per entrambe ), oppure se si ha tempo si fanno entrambe ma tanto sono alla stessa quota metro più metro meno. Noi per campanilismo optiamo per la cilena. Sono altri 50 mt di cresta di I° ma stavolta c'è una discreta esposizione e il vento è più forte.
Dopo poco, finalmente arriviamo dove non c'è più nulla da salire! Non sapevo se essere contento, stanco, affamato, preoccupato, non capivo niente e sinceramente non sarei stato in grado di fare 3x2. Ma sensazione di aver conseguito qualcosa che aspettavo da molto tempo e per la quale ho seguito un avvicinamento di giorni però era ben presente e non la dimenticherò mai.
Come avrò sempre presente il giro di panorami da queste quote, l'aria che sembra di cristallo e la luce abbagliante come non avevo mai visto prima
Grazie a tutti!
Ultima modifica: