Sportello informativo educazione naturalistica

WOW... addirittura uno "sportello informativo" ma tu guarda.. un docente che viene qui per salire in cattedra ad illuminarci con le sue "verità rivelate"..

Spiacente, se i tuoi toni e quel che hai scritto non fossero stati alle mie orecchie così smaccatamente irrorati da un senso di superiorità e fanatismi "anti genere umano" alcuni ragionamenti avrei potuto condividerli. Così come hai messo le cose credo che starò ben lontana dalle tue "lezioni".

Addio signor GianniBe, a mai più rileggerci.

Mi dispiace che tu voglia vedere per forza della superiorità e del fanatismo, mi è stato chiesto di cosa mi occupo e non vedo nulla di male nel mio mestiere.

Se poi il tutto è dovuto a qualche rancore subconscio mai superato verso la scuola, hai tutta la mia comprensione, ma sappi che arrivare dietro la cattedra non è una rivalsa verso i giovani né una posizione di comando, anzi.

Ma qui si sta uscendo dalla tematica e non mi sembra il caso.

Il discorso procede per gradi logici e conoscitivi non per titoli, quindi dimostrami con discorso logico in cosa ho torto e sarò il primo a seguire le tue idee.

La maggior parte di queste "verità rivelate" sono leggibili su libri scritti da signori già trapassati da un bel po' o su pubblicazioni del dopoguerra che si possono tranquillamente citare, quindi se vuoi farmi notare dove e come ho sbagliato mi saresti di grande aiuto.

Non si stanno dando lezioni né si vuole denigrare il genere umano, ma semplicemente trarre le conclusioni traibili (se non dimostrabili in letteratura) da quel che è stato fatto e che non è detto tutti sappiano, oltre a chiarire dubbi a chi ne ha.

Credimi sono il primo a cui spiace che la storia della biodiversità non sia lieta e fiabesca come piacerebbe sentire.

Se qualcuno domandasse "perché la giungla è così ricca di animali e piante mentre "qui da noi" ce ne sono relativamente pochi?" nessuno impedirebbe a qualsiasi utente di rispondere che questa differenza è stata dettata prevalentemente da fattori ambientali (temperature medie, irraggiamento, disponibilità idrica e stato fisico dell'acqua, glaciazioni) ed antropici (uso antichissimo del suolo alle nostre latitudini, annientamento della fascia vegetazionale più "ricca" nell'area europea, ovvero quercia-tiglio-acero, oggi quasi completamente sostituita da cerro ed orniello, che saranno sicuramente molto famigliari ai frequentatori dei degradati boschi degli Appennini), semplicemente vorrei dare un punto d'appoggio in più per questo genere di domande, non ho mai millantato onniscenza, al massimo si rimanda a testi di chi ne sa di più, perciò sentiti pure di riconsiderare la discussione senza astio né prevenzione, rimani la benvenuta.

@GianniBe , perdonami ma non mi hai convinto...

Il fatto che siamo animali anche noi credo sia piuttosto assodato tra chi si muove in ambienti naturali con una certa consapevolezza. Se poi qualche pagliaccio (me ne assumo la responsabilità) porta un furetto al guinzaglio in area protetta o libera una "innocua" tartaruga tropicale in un corso d'acqua nostrano sono gravi esempi di idiozia che vanno corretti, tenuti a statistica, ma non possono rappresentare la taratura in questo contesto.

La tua deduzione sulle specie da tutelare è arbitraria. Mi rendo conto che non è possibile procedere con metodo squisitamente scientifico su certi temi, però se affermi che la specie da tutelare maggiormente sia quella che ha subito maggiori privazioni è una forzatura perché sai bene che la specie che sopravvive è risaputamente non la più forte ma quella che sa adattarsi meglio al mutare delle condizioni (pare che lo squalo, direi lo scorpione e qualche altro raro esempio non lo sappiano, ma in larga parte è andata diversamente). Certo, se il mutamento è l'antropizzazione distruttiva o meno, siamo causa del problema ed è così in tantissimi casi. Ma sai anche bene che si procede in maniera piuttosto sperimentale ad esempio con i ripopolamenti, con esiti che sono sovente poco presagibili ed anche se non ho dati scientifici ho esempi in cui l'ipertutela della quale sembri sostenitore non è servita o addirittura senza che fosse applicata ci sono stati (per fortuna!) risultati che sono andati ben oltre le aspettative (penso al ripopolamento del grifone in zona Marsica, che ha visto poi questa meraviglia volante apparire naturalmente anche sul Velino/Sirente prima e sul Gran Sasso in seguito e se conosci la zona conosci anche le distanze tra le catene montuose citate). Ripeto, non sono qui a sostenere l'antropocentrismo, io sono un misantropo sotto mentite spoglie per esigenze di vita, ma nel considerarmi animale io mi riconosco pari diritto di cittadinanza nell'ambiente naturale anche se - in quanto senziente - con MAGGIORI RESPONSABILITÀ di rispetto verso le altre specie e l'ambiente, ma eguale diritti.

Allora ben venga la tutela delle specie maggiormente vessate, ma - ad esempio - ho qualche dubbio anche sui concetti di zonazione dei parchi o sulle interdizioni temporanee di determinate zone (per determinate specie, sia ben chiaro, specie che ritengo già piuttosto robustamente rimesse in ordine) quindi mi sta bene il rispetto ma determinate crociate per scansare me di 100 metri a "tutela" del fringuello alpino mi sono sembrate piuttosto forzate...

Andando ai cani (perché altri animali li reputo veramente casi deprecabili quanto statisticamente irrilevanti) non siamo affatto d'accordo. Innanzitutto sul guinzaglio, pensa che il regolamento del parco Gran Sasso impone il guinzaglio solo a specie che possono essere particolarmente "predatorie" come i cani da caccia e lo trovo giusto, mentre non si pone il problema per taglie medio piccole e da possessore di cane potrei dire che in questo caso il guinzaglio sarebbe maggiormente una tutela per il cane stesso visto che se è troppo "domestico" non ha acquisito gli strumenti per tutelarsi in ambiente selvaggio... quindi il problema non è per me la eventuale prescrizione che anche se restrittiva potrei pure condividere, quanto la ratio! Con attività come la pastorizia allora come poni la questione? La vietiamo? O mettiamo il guinzaglio ai cani pastore, da difesa e da conduzione delle greggi? Ed ammesso che tu ne faccia un discorso statistico, posto che a mio avviso se non si hanno comportamenti scorretti non si arreca alcun danno (e scientificamente non so se sia smentibile l'assunto) di quanti cani domestici stiamo parlando al giorno e su km/2? Ma poi parliamo di malattie dei cani domestici quando mediamente si va dal veterinario per controllo ogni 2/3 fossero anche 6 mesi quando il randagismo è un fenomeno di ampissima diffusione nelle zone rurali anche all'interno di aree protette? Sinceramente mi sembra un non problema.

Chiudo con le malattie... quel che dici è giusto, ma ha a che fare con la libera circolazione delle persone nel mondo, da sempre... con il progresso ed i nuovi veloci mezzi di trasporto il problema di conagi si è sicuramente ampliato, orbene se non abbiamo gli strumenti per sopravvivere a ciò è evoluzione anche questa, no? Oppure vietiamo la circolazione delle persone su scala mondiale?

Nessun problema Francesco, è giusto quanto dici perché le informazioni non vanno forzate come imposizioni ma dimostrate, e quale occasione migliore di un discorso logico dove non occorre chissà quale base conoscitiva ma basta ragionare.

Hai citato il massiccio del Gran Sasso, che conosco ed ho avuto la fortuna di apprezzare, prima di cominciare volevo approfittarne con una curiosità che perfino molti abruzzesi non sanno: fino al 1600 circa l'abete era ancora piuttosto diffuso su tutto il versante nord del massiccio, anche se l'intenso sfruttamente dei boschi doveva già essere apparente. D'altronde come si può pensare che immense distese di nulla, con piante alte pochi centimetri, tra le tante presenti come Campo Imperatore o Prati di Tivo, fossero sempre state così spoglie? Giusto per dare un'idea, oggi si trovano pochissimi esemplari di abete sparsi nei boschi, e quando pensiamo erroneamente di averne visti un po', scopriamo poi che sono pino nero od altre specie messe a rimboschimento, non abeti.

Premetto che, a scanso di equivoci, l'appartenenza di noi persone al genere animale non era un velato insulto rivolto al comportamento degli incivili ma un semplice dato di fatto riguardo il nostro ciclo vitale.

L'aneddoto del furetto non costituisce taratura del contesto ma semplice caso limite (e tragicomico) che raffrontato (per semplicità) al solo problema di veloce ed estesa veicolazione delle malattie, risulta ininfluente in quanto poteva essere un gatto, un cane ecc. senza fare troppa differenza.

Sono d'accordo che non sempre è possibile procedere con metodo scientifico su temi "umanistici", non completamente studiati o difficili da dimostrare (e che non generando profitto, sono di serie B se non C2 in retrocessione), tuttavia il fondamento del discorso si basa sul fatto che noi stessi, se possiamo, andiamo per ordine e stabiliamo dei criteri non sempre arbitrari.

Perciò sarà sì arbitraria la scelta di guidare sul lato destro della strada anziché sul lato sinistro come avviene in altre nazioni, ma quella di dare priorità agli svantaggiati un senso ce l'ha (e già questo penso sia sufficiente a sé stante per dire che abbia ipoteticamente più diritto un orso di mangiarsi la frutta del bosco rispetto ad un campeggiatore come potrei essere io), tant'è che la usiamo e troviamo ad esempio in tutti i concorsi pubblici nonché nelle specie animali più a rischio d'estinzione, perciò non vedo perché per gli animali in generale questo criterio dovrebbe stravolgersi, a maggior ragione del fatto che siamo noi la causa.

Ed è seguendo questo criterio che avrà più senso tagliare (ad esempio) un cerro e non un tasso, perché il primo è molto più diffuso del secondo, nasce e cresce in altezza in poco tempo dalla ghianda caduta, mentre il secondo è scarsamente diffuso, impiega fino a 2 anni solo per uscire dal seme e molto più tempo per crescere (non si tratta di piante "intelligenti" e "stupide", semplicemente sono diverse strategie evolutive, alcune sopportano di più, altre meno, le azioni "dell'ultimo arrivato").

Oppure possiamo anche vedere la cosa come un fatto di residenza (anche se l'esempio si presta a molti raggiri e cavilli, ma il senso netto credo sia facilmente inuibile), l'animale risiede nell'habitat che noi visitiamo sporadicamente, quindi ha più diritto di noi di usufruirne dei “servizi” in quanto non residenti.

Volendo trovare ulteriori motivazioni qualora quella sopra non basti, non è tanto insensato o arbitrario neanche stilare una graduatoria d'arrivo, o sentirsi legati ad un luogo per il tempo trascorsovi...o perlomeno, fino a che fa comodo a noi, perché non appena ci troviamo in difficoltà o difetto, tendiamo a cercare di aggirare la cosa pur di “vincere” noi...ed ecco il perché del problema “dell'ultimo arrivato” discusso anche in precedenza (noi facciamo valere la nostra anzianità di occupazione, però poi quando si tratta di specie che occupavano il posto ben prima di noi, e siamo quindi in torto, ecco che questo criterio “non ci piace più” e lo abbandoniamo).

Anche solo da un punto di vista tremendamente cinico, converrebbe mantenere in vita tutte le specie esistenti perché "non si sa mai cosa potranno fornirci di utile più in là nel tempo ed a seguito di altre scoperte scientifiche (o catastrofi)", partendo dai batteri, salendo per tutto il genere animale fino ad alghe, piante e "cose" talmente diverse da essere in via di classificazione ed acceso dibattito. Senza dimenticare poi che, a grandi linee, è nel nostro interesse che ci siano produttori d'ossigeno, fissatori di carbonio e tutti gli “ingranaggi” intermedi.

Poi c'è anche il discorso dell'ambientalismo estetico (non in senso denigratorio) o di quello utilitaristico, ovvero preservare per la bellezza della specie, degli ambienti ecc. o la loro utilità immediata, cose entrambi avvenute e che tutt'ora avvengono per i nostri animali domestici, i quali si trovano in netto vantaggio solo perché più facili da addomesticare, più opportunisticamente “paraventi”, più teneri e/o simpatici di altri che hanno la "colpa" di preferir starsene per i fatti loro...ecco perché avrebbe senso dare priorità (esempio) ai quercini rispetto ai criceti.

Concordo sul fatto che porre rimedio a volte è un pasticciare grande quasi quanto il danno, tant'è che l'ideale sarebbe proprio non fare danni in primo luogo, cosa che non ci riesce da diversi migliaia di anni, perciò in qualche modo dobbiamo comunque compensare, in maniera più equilibrata e sensata possibile, perché altrimenti l'alternativa è il menefreghismo, posizione che ritengo peggiore del pasticciare con criterio a fin di bene.

E' giusta la maggiore responsabilità che tu indichi, però sul fatto diritti, quante volte ed in quanti casi ne diamo di meno alle altre specie per nostra semplicità, convenienza, autoproclamata superiorità o semplicemente perché sono "meno intelligenti", non parlano e non hanno organi istituzionali attraverso cui citarci per danno?

Stiamo già navigando in piena etica e pensiero animale ed umano, me ne rendo conto, potremmo dire che se (esempio) i ricci fossero nella nostra posizione e noi nella loro, non si farebbero scrupoli a schiacciarci o ad avvelenare le nostre lumache fonti di cibo, perché ognuno tira acqua al suo mulino.

Ma dato che abbiamo maggiori responsabilità in virtù della nostra maggiore pressione collettiva (e/o intelligenza), è proprio per questo che dobbiamo occuparci noi delle nostre malefatte e non semplicemente ignorarle, anche se sarebbe senz'altro più comodo.

Sulla zonazione dei parchi e interdizioni di zone il discorso diventa più burocratico e soggetto a convenzioni in questo caso necessariamente arbitrarie...ma saremo d'accordo almeno sul fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi le aree protette ricadono (difficilmente per casualità) proprio in aree che avranno sì i loro lati positivi, ma che in primis sono accomunate dal difficile sfruttamento economico, perciò potrebbe anche vedersi la cosa come tali aree siano formate dagli “scarti dell'agricoltura”, zone in cui è o è stato antieconomico far venire colture vuoi per il suolo, per le temperature, per la ripidità, o tutte queste caratteristiche insieme.

Le interdizioni sono sì scoccianti, specie per persone educate come son sicuro sei tu ma potremmo domandarci se davvero le restrizioni sono applicate in eccesso od in difetto (compromesso di turisticizzazione, spesso si chiude un occhio od anche tutti e due), e se sono sufficienti visti gli spazi già relegati agli “scarti agricoli”, od in mancanza di sorveglianza stile 1984 (antieconomica quanto oppressiva), vista la mania di protagonismo di alcuni, la concentrazione quasi completamente estiva delle maggiori visite, e la poca civiltà di molti.

Sul discorso cani, come del resto tutto quel che ho scritto sopra, il punto non è tanto con chi prendersela, cosa è più grave di cosa ma piuttosto essere coscienti di cosa può comportare una azione.

So bene che non possiamo svanire noi e tutti gli animali domestici all'istante, così come so che prima di vietarmi la salita al monte Rosa per paura di rompere le scatole all'arvicola delle nevi farei bene a prendere i mezzi pubblici tutto l'anno invece di spostarmi in auto, ma un conto è riconoscere che se non vado a cuocere le salsicce tra gli alberi sicuramente i volatili che hanno fatto lì sopra il nido staranno meglio (o se non porto i miei cani allo stagno, rospi e salamandre in accoppiamento ringrazieranno sicuramente la mancanza di scalpiccio, annusamenti e paura di questi colossi irsuti) un conto è negare che queste azioni arrecano potenziale danno e fastidio alla fauna selvatica; porre in ordine di gravità ogni azione è secondario a riconoscere come superflua o potenzialmente dannosa l'azione stessa.

Idem per la pastorizia, nessuno vuol stare a sparare sulle pecore o privare gli estimatori delle loro lombate, ma semplicemente porre in prospettiva che i cani da pastore ed i greggi stessi (pur viaggiando molto meno di un ipotetico cane domestico “turista”) non sono “in pericolo” o in contrazione d'areale, possono veicolare patogeni alla fauna selvatica (credo tu abbia sentito della TBC bovina trasmessa alla fauna selvatica) e consumano pascolando risorse alimentari che andrebbero altrimenti al rinnovamento vegetazionale od alla fauna selvatica stessa.

Scusami per la prolissità ma i punti discussi erano molteplici, spero di non aver dimenticato nulla.

Io seguo il principio seguente: quando vado in un posto in mezzo alla natura, vorrei lasciarlo il più possibile come l'ho trovato, in modo che l'utente successivo usufruisca delle medesime cose di cui ho usufruito io.
Questo per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, il fuoco e altri tipi di interventi umani, che secondo me devono essere ridotti al minimo possibile.
Infatti, al pari degli animali noi sfruttiamo la natura per ottenere le risorse che ci servono.
Però abbiamo riservato delle zone (parchi, montagne, boschi) dove cerchiamo di mantenere a basso intervento antropico, perchè anche questa è una risorsa che ci serve ed è necessario sia mantenuta in questo modo.

Purtroppo ti sarai accorto già da tempo che non tutti sono così coscienziosi, da qui le considerazioni iniziali che ovviamente non sono mai state rivolte a persone nello specifico ma semplicemente a quanto ho avuto modo di osservare tra trekking ed escursioni varie.
E' vero che noi, come anche gli animali selvatici, sfruttiamo la natura per le risorse che ci servono, il problema è che a differenza loro, la sfruttiamo, per usare un eufemismo, "un po' troppo".

no, a giannibe, scusa, mi sono incavalcato :(

Milano
 
ah ah ah peccato che qui sul forum sono molti a sapere che sono una tua "collega" e che come te sto "dietro alla cattedra" e ho visto sin troppo bene in quel che scrivi e soprattutto in come lo scrivi.

Ho letto la tua risposta solo per darti il beneficio del dubbio e vedere se avessi almeno l'onestà di ipotizzare l'eventualità di potere avere sbagliato approccio, visto che può capitare a tutti di gestire male un dialogo su forum...

Ma la tua supponenza ti ha fatto pensare solo che io ti fossi intellettualmente e culturalmente inferiore, con rancori irrisolti verso la scuola e con strane concezioni circa il come si "arrivi dietro alla cattedra" e forse anche "una giovane mente ancora da plasmare" (mentre il mezzo secolo l'ho superato da un pezzo) e così facendo non hai che confermato la mia prima valutazione.

Lascia stare, "collega", ti sei giocato anche il beneficio del dubbio.
 
ah ah ah peccato che qui sul forum sono molti a sapere che sono una tua "collega" e che come te sto "dietro alla cattedra" e ho visto sin troppo bene in quel che scrivi e soprattutto in come lo scrivi.

Ho letto la tua risposta solo per darti il beneficio del dubbio e vedere se avessi almeno l'onestà di ipotizzare l'eventualità di potere avere sbagliato approccio, visto che può capitare a tutti di gestire male un dialogo su forum...

Ma la tua supponenza ti ha fatto pensare solo che io ti fossi intellettualmente e culturalmente inferiore, con rancori irrisolti verso la scuola e con strane concezioni circa il come si "arrivi dietro alla cattedra" e forse anche "una giovane mente ancora da plasmare" (mentre il mezzo secolo l'ho superato da un pezzo) e così facendo non hai che confermato la mia prima valutazione.

Lascia stare, "collega", ti sei giocato anche il beneficio del dubbio.

Dici che ho sbagliato approccio, ma continui a non dimostrare in che modo. Così come pensi di essere stata considerata intellettualmente e culturalmente inferiore, senza dimostrare né come né dove. Esprimi qualcosa di più delle semplici accuse, perché così è difficile darti più credito di un semplice bastian contrario.

Gianni
 
Gianni, su alcuni punti i nostri discorsi si incontrano ma ci sono divergenze su diversi altri.

Come hai arguito non volevo dire che l'arbitrarietá di talune posizioni sia un male, solo che non avendo fondamento genuinamente scientifico (e da scienziato conosci il metodo scientifico) vanno trattati come indicazioni, sicuramente ragionate e su base scientifica, ma non possono avere ambizioni dogmatiche... non intendo dire che tu vuoi essere dogmatico, ma che il fringuello alpino o addirittura il camoscio appenninico "in alcune zone" possono bellamente "sopportare" senza colpo ferire la presenza di 4 passanti al gjorno, forse anche 10... l'arvicola delle nevi magari meno e la vipera dell'Orsini pure, ma come nell'altro discorso parliamo di casi sicuramente da tutelare ma non si può trattare tutto allo stesso modo come troppo spesso si pretende di fare in nome di una tutela probabilmente falsata.

Io comprendo che in zone soggette ad elevato carico di presenze le cose possano complicarsi e - credimi - non sarei nemmeno contrario ad una regolarizzazione degli accessi, ma le cose vanno fatte con metodo e raziocinio e spesso l'impressione è che chi si occupa di certe faccende non abbia mai fatto due passi come si deve in montagna.

Mi rendo conto che la pastorizia è una attività antropica nonostante tutto, ma da quanto tempo esiste ed insiste sul sistema natura? Dal tuo assunto cosa dpvrei desumere, che la pastorizia non va fatta o va fatta nelle zone meno selvagge dei parchi (quindi niente più alpeggi?) perché non credo tu possa preferire una stalla all'erba in quota per gli animali, anche se non li "mangi".

E tornando ai cani, ranocchi e salamandre... D'accordissimo, ma non li disturba anche il lupo, il cervo o camoscio o capriolo che vanno a bere? Ribadisco, se parliamo di 100 cani al giorno lo comprendo, se parliamo di 2, 5 o forse anche 10, forse avrò idee sbagliate ma non comprendo il problema. Non nego che l'azione possa essere di disturbo, ma non c'è una dolina carsica colma d'acqua che non venga assaltata da mucche e cavalli e pecore in stazzo a Campo Imperatore e non c'è anno in cui non pulluli di ranocchi fantasticamente gracchianti ad ogni ora del giorno e della notte.

So bene che pensare di passare in un luogo senza lasciar traccia è una utopia, ma come tu stesso ammetti, c'è modo e modo di passare e forse è su questo che bisogna lavorare (culturalmente) più che sulle prescrizioni o divieti... ed anche sul controllo, però fatto bene ed a modo.

P.S. Odio anche io il "rimboschimento" come è stato concepito (o, pare, iniziato e mai finito visto che a quanto ne so il pino nero avrebbe dovuto sulla carta "preparare l'ambiente" le specie autoctone) comunque l'abete bianco resiste in alcune zone del massiccio dei Monti della Laga (sempre parco nazionale del Gran Sasso come saprai) mentre sul Gran Sasso in senso stretto ne è rimasta solo una (a mio avviso bellissima) chiamata Selva degli Abeti ed ubicata sul versante teramano del massiccio, in agro di Tossicia.
 
Gianni, su alcuni punti i nostri discorsi si incontrano ma ci sono divergenze su diversi altri.

Come hai arguito non volevo dire che l'arbitrarietá di talune posizioni sia un male, solo che non avendo fondamento genuinamente scientifico (e da scienziato conosci il metodo scientifico) vanno trattati come indicazioni, sicuramente ragionate e su base scientifica, ma non possono avere ambizioni dogmatiche... non intendo dire che tu vuoi essere dogmatico, ma che il fringuello alpino o addirittura il camoscio appenninico "in alcune zone" possono bellamente "sopportare" senza colpo ferire la presenza di 4 passanti al gjorno, forse anche 10... l'arvicola delle nevi magari meno e la vipera dell'Orsini pure, ma come nell'altro discorso parliamo di casi sicuramente da tutelare ma non si può trattare tutto allo stesso modo come troppo spesso si pretende di fare in nome di una tutela probabilmente falsata.

Io comprendo che in zone soggette ad elevato carico di presenze le cose possano complicarsi e - credimi - non sarei nemmeno contrario ad una regolarizzazione degli accessi, ma le cose vanno fatte con metodo e raziocinio e spesso l'impressione è che chi si occupa di certe faccende non abbia mai fatto due passi come si deve in montagna.

Mi rendo conto che la pastorizia è una attività antropica nonostante tutto, ma da quanto tempo esiste ed insiste sul sistema natura? Dal tuo assunto cosa dpvrei desumere, che la pastorizia non va fatta o va fatta nelle zone meno selvagge dei parchi (quindi niente più alpeggi?) perché non credo tu possa preferire una stalla all'erba in quota per gli animali, anche se non li "mangi".

E tornando ai cani, ranocchi e salamandre... D'accordissimo, ma non li disturba anche il lupo, il cervo o camoscio o capriolo che vanno a bere? Ribadisco, se parliamo di 100 cani al giorno lo comprendo, se parliamo di 2, 5 o forse anche 10, forse avrò idee sbagliate ma non comprendo il problema. Non nego che l'azione possa essere di disturbo, ma non c'è una dolina carsica colma d'acqua che non venga assaltata da mucche e cavalli e pecore in stazzo a Campo Imperatore e non c'è anno in cui non pulluli di ranocchi fantasticamente gracchianti ad ogni ora del giorno e della notte.

So bene che pensare di passare in un luogo senza lasciar traccia è una utopia, ma come tu stesso ammetti, c'è modo e modo di passare e forse è su questo che bisogna lavorare (culturalmente) più che sulle prescrizioni o divieti... ed anche sul controllo, però fatto bene ed a modo.

P.S. Odio anche io il "rimboschimento" come è stato concepito (o, pare, iniziato e mai finito visto che a quanto ne so il pino nero avrebbe dovuto sulla carta "preparare l'ambiente" le specie autoctone) comunque l'abete bianco resiste in alcune zone del massiccio dei Monti della Laga (sempre parco nazionale del Gran Sasso come saprai) mentre sul Gran Sasso in senso stretto ne è rimasta solo una (a mio avviso bellissima) chiamata Selva degli Abeti ed ubicata sul versante teramano del massiccio, in agro di Tossicia.

Temo che questa incomprensione sia scaturita dalla lunghezza e/o carenza espositiva del mio precedente messaggio, credo che in realtà siamo già concordi.

Ti ringrazio per lo "scienziato" ma non conducendo attività di ricerca, con scarponi ai piedi e zaino in spalla sono anch'io un semplice fruitore della natura.

Non era mia intenzione stilare una classifica della gravità di tutte le azioni antropiche (opera davvero difficile, soggetta a molta variabilità a seconda dei casi ed a un obbligatorio grado di arbitrarietà), quanto piuttosto spostare l'ago della bilancia circa la reale neutralità di ogni singola azione (il che è anche più semplice da considerare), fosse anche solo per esercizio mentale utile alla riconsiderazione delle dinamiche che agiscono su paesaggi ed animali.

Va detto che le variabili presenti in un qualsiasi momento in un qualsiasi sistema naturale, per quanto piccolo, sono un numero spropositato, però volendo semplificare il tutto (e facendolo ovviamente in maniera arbitraria), potrei fare un esempio con una ipotetica scala di "punteggi di fastidio all'ambiente" (cosa peraltro non nuova, ci sono molti indici simili, indici di naturalezza, indici di stress ecc.).

Avremo ad esempio (numeri ovviamente arbitrari e situazione riferita ad un semplificatissimo appezzamento boscoso):

"fastidio all'ambiente"
0 = nessuna frequentazione od azione
2 = frequentazione di 1 persona educata per < 12 ore
5 = frequentazione di 1 persona maleducata
20 = taglio di un'area pari a 1/3 dell'area totale
60 = taglio totale dell'area
100 = apertura di una cava

l'esempio è volutamente semplificato perché aggiungendo altre variabili (inquinamento, fulmini, piogge acide, innalzamento delle temperature ed altre modifiche di origine antropica non così facilmente individuabili come l'apertura di una cava) la complessità aumenta notevolmente anche solo nel voler assegnare valori arbitrari ad ogni azione; la sua funzione è semplicemente di aiutarmi ad esporre il concetto cui mi riferivo.

L'osservazione che riporti, quella dei ranocchi che non mancano di allietarci la vista nonostante l'assalto di mucche e cavalli, costituisce indubbiamente ai tuoi come ai miei occhi una "prova" della "sopportabilità" della situazione, ma se analizziamo un po' più in profondità la cosa, ecco che magari potremmo cominciare a considerare ed a interrogarci di come (esempio) tra gli anfibi ci siano due specie X ma manchi l'ululone, di come manchino una decina di specie di invertebrati e piante sensibili alle copiose deiezioni lasciate in loco, di come il numero di anfibi è limitato dalla ridotta fertilità dovuta allo stress frequente, nonché al numero della popolazione limitato non dal cibo disponibile ma dalla predazione dei volatili che vedono molto meglio in una dolina tutto sommato spoglia piuttosto che in una dove la vegetazione è rigogliosa per minore consumo di materiale vegetale (volatili non necessariamente a rischio equiparabile agli anfibi)...così come non sarebbe poi tanto strano domandarsi quanta differenza nella profondità e nelle temperature medie dell'acqua ci sarebbero tra la stessa dolina spoglia e soleggiata o con vegetazione ed ombreggiata, od a come la copertura del suolo con vegetazione d'alto fusto influisca sul ciclo dell'acqua e sulla quantità delle precipitazioni.

Nel successivo esempio uso lo stato di conservazione delle specie viventi, molti ne saranno sicuramente già a conoscenza, ma per chi non lo conoscesse, si riconoscono 7 categorie circa lo stato di una specie, che in ordine dal meno grave al più grave sono: "rischio minimo", "prossimo alla minaccia", "vulnerabile", "in pericolo", "critico" ed a seguire "estinto in natura" ed "estinto".

Perciò in maniera analoga, riguardo una ipotetica "scala di diritto al cibarsi dei lamponi selvatici" (altro esempio apparentemente banale, ma che confido possa nuovamente aiutarmi a spiegare il senso di quanto dicevo nei precedenti messaggi) avremo:

diritto
1 = specie a "rischio minimo"
2 = specie "prossima alla minaccia"
3 = specie "vulnerabile"
4 = specie "in pericolo"
5 = specie "critica"

Trovandosi sia l'uomo che il cane o la mucca nella categoria "rischio minimo", ecco che avranno sensatamente meno diritto delle specie in categorie più a rischio.
Poi ovviamente potremmo facilmente inserire altre variabili e cominciare a complicare ed allungare la scala, a distinguere tra specie a rischio minimo sazia e specie a rischio minimo a digiuno, ad un maggior numero di categorie intermedie e quant'altro, ma ripeto la semplificazione è voluta per facilità e non per critica a chi leggerà.

Proprio per questi motivi in linea di principio un Gianni che fa 15 km in montagna non può avere la stessa incidenza dello stesso Gianni che fa i medesimi 15 km per il medesimo percorso con i suoi 2 cani.

Sul fatto che questo non è paragonabile allo stesso Gianni che attraversa gli stessi 15 km da maleducato, o allo stesso Gianni che si riporta a casa le stelle alpine, non c'è alcun dubbio, così come lo stesso Gianni che volesse impegnarsi a tagliare alberi ogni fine settimana con una motosega non sarà paragonabile agli incendi dell'età del ferro che hanno appiccato i suoi antenati.

Caro Francesco spero d'essere riuscito ad arrivare al nodo della questione che ci teneva apparentemente discordi (o perlomeno d'aver avanzato la situazione "discordie" per poterci dedicare alle rimanenti), sulla questione cibo e pascolo posso dirti che non mi privo di nulla in particolare quindi credimi ti capisco e capisco le difficoltà di chi alleva, rientrerebbe tranquillamente nel mio personale interesse continuare a mangiare arrosticini, e proprio questo può dare un'idea di cosa possa spingermi a trarre certe conclusioni.

Tra queste frasi (esempio)

"le mucche ci sono sempre state",
"le mucche ci sono da quando abbiamo disboscato ed incendiato tutto il comprensorio",
"qui c'è spazio per tutte le mucche che vogliamo",
"il carico del pascolo è obbligatoriamente un compromesso con la naturalezza dei luoghi",
"se non ci fossero queste mucche, gli abeti non sarebbero brucati ma potrebbero essersi ripresi i loro spazi"

credo che ci sia molta differenza, molti bei passi avanti e tanta maturazione culturale, personale e civile, anche solo nel prendere atto e realizzare mentalmente quale sia la situazione del luogo che andiamo a visitare.

Gianni
 
...vorrei senza presunzione... colmare alcuni vuoti conoscitivi...escursionisti "provetti" (notare le virgolette, ndr)... temi che possono pungere sull'orgoglio...non voglio puntare il dito né pormi sopra gli altri...Cercherò...di rendere meno noiosa la lettura...rendere più accessibili tematiche "rompiscatole"...

Gianni, te lo dico con affetto: con le tue capacità di comunicazione per ottenere il rispetto dell'ambiente naturale dovresti scrivere post che elogiano la cementificazione, il disboscamento sistematico e l'uso incontrollato di mezzi meccanici nei parchi nazionali.
 
Gianni, te lo dico con affetto: con le tue capacità di comunicazione per ottenere il rispetto dell'ambiente naturale dovresti scrivere post che elogiano la cementificazione, il disboscamento sistematico e l'uso incontrollato di mezzi meccanici nei parchi nazionali.

Caro Francesco, se il tuo messaggio non fosse sterile sarcasmo, bensì una critica ben argomentata e motivata, sarei il primo a ringraziarti per il tuo importante contributo a questa discussione.

Pur essendo conscio del fatto che non importa cosa od in che modo si faccia qualcosa, ci sarà sempre qualcuno che avrà da ridire a prescindere, dandoti fiducia potrai sicuramente avere, tu come altri, ragioni più che valide per muovere questa riprovazione ma vedi, fino a che non darai corpo a quanto sembri serbare, tale intervento rimarrà poco più che una sassata virtuale fine a sé stessa.

Da come poni la tua figura nei miei confronti dovrei desumere che non necessiti certo di spiegazioni, tuttavia ti sarà forse sfuggito, per banale distrazione, che una rapida lettura divulgativa rivolta a tutte le fasce d'età ed estrazioni culturali, può essere colloquiale e non impegnativa, con standard profondamente differenti dagli articoli consoni a riviste con revisione paritaria piuttosto che ad un forum online? O che la lingua italiana, anche a seguito del tuo biasimo, continui inalterata a contemplare l'uso delle virgolette quale forma di distanziamento per contrassegnare un'espressione ritenuta non appropriata e di cui è richiesta un'interpretazione ironica?

Gianni
 
Alto Basso