E' così che Greenpeace ha perso ogni credibilità presso di me. Da associazione ambientalista (che magari usa metodi un po' ruvidi) è diventata, e anche il WWF ha questo peccato, un'associazione pseudo-politico-populista che cavalca qualsiasi cosa o anti-cosa in cerca di consenso.
I trattati di libero scambio sono nient'altro che trattati di libero scambio. Il consumatore in genere ci guadagna. Il produttore, dipende: alcuni ci guadagnano, altri ci perdono.
Nel caso del rapporto con gli Stati Uniti, quello che Greenpeace paventa (a parte le solite cazzate sul furto di democrazia, alla fine sono trattati ratificati dai parlamenti, e l'idea che le trattative possano essere pubbliche è una cosa di grillina insipienza) è il fatto che ci compreremo alimenti geneticamente modificati senza saperlo. Il problema è che è già così, da decenni, e Greenpeace ha il merito di avere sempre evidenziato questa cosa.
Io ho una certa diffidenza verso il cibo da organismi geneticamente modificati, proprio come Greenpeace. Non tutti sanno che quando vi comprate un barattolo di mais Bonduelle da mettere nell'insalata, vi mangiate mais statunitense, non tracciato. Dal momento che negli USA molto mais (e molta soia) è "transgenica" e non c'è tracciamento, tutte le importazioni dagli Stati Uniti di derivati di soia, o mais, possono essere di fonte transgenica. E' già così! L'Unione Europea ha accettato questa cosa nell'ambito degli esistenti trattati di scambio commerciale. Le produzioni europee transgeniche sono tracciate, quelle statunitensi no, ma circolano liberamente da noi. Quindi se è europeo sai cos'è, se è statunitense non sai cos'è.
Se vuoi non mangiare mais transgenico o soia, ed essere sicuro che non sia transgenico, la tua unica possibilità è:
a) comprare mais o soia di paesi che non ammettono le colture transgeniche;
oppure, visto che molto lentamente anche l'Unione Europea sta aprendosi sempre più al transgenico:
b) comprare mais o soia espressamente dichiarati come non transgenici, da paesi che effettuano il tracciamento e considerano merceologicamente differenti le colture transgeniche da quelle non transgeniche.
Ma tutto questo indipendentemente dal TTIP. Che vada o non vada in porto, al momento nel tuo barattolo di mais Bonduelle ti mangi mais transgenico. Ed è così da sempre! (Naturalmente vale per qualsiasi cosa che compri di derivazione statunitense, dico Bonduelle per dire un marchio noto).
Naturalmente mi si dirà: certo che se vado al supermercato posso scegliere la "fonte" alla quale mi abbevero: biologica o non, vegana o non, transgenica o non, km 0 o non. Ma se vado al ristorante, alla mensa aziendale, alla mensa scolastica, alla pizza al taglio, al "kebabbaro", questa scelta non ce l'ho, o ce l'ho in misura ridotta.
Vero.
Ma qual'è la risposta? Secondo me, costringere la mensa, il kebabbaro ecc. a dichiarare gli ingredienti che usa (e anche questo ha i suoi costi). Se uno fa "pizza biologica" vai da lui se vuoi la pizza biologica. Se vai al ristorante, ti mangi quello che ti serve nel piatto, e semmai sta a te, consumatore accorto, fare selezione fra ristoranti, informarti su cosa usano, che bistecca hai nel piatto, che pomodoro, che soia hai nel piatto.
Per cui siamo alla solita bufala, tipo l'"acqua pubblica" per cercare di cavalcare un cavallo veloce, e fare consensi in modo facile, gridando "al lupo", "al complotto", "al furto di democrazia" perché, bene o male, funziona.
I trattati di libero scambio hanno sempre dei vantaggi consistenti per il consumatore. E sempre, quando vengono stipulati, c'è "del sangue per le strade", perché qualche industria, qualche impresa non competitiva, chiuderà i battenti (di qua come di là).
Personalmente penso che il TTIP sia destinato al fallimento certo vista l'ampiezza, spaventosa, del trattato. In tutti i paesi coinvolti (che sono veramente tanti per non dire troppi) qualcuno si opporrà. Il "pericolo" dell'approvazione del TTIP secondo me non c'è. Ma non penso che sia sbagliato in sé. Il futuro è quello, l'integrazione dei mercati. Più il mondo è globalizzato e più è efficiente. Sempre a mio modesto parere.