Stanno per fregarci ancora, date una letta quì.

C

corey82

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Eh si....diventeremo tutti obesi come gli americani!grazie governo italiano!!:D
 
D

Derrick

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E' così che Greenpeace ha perso ogni credibilità presso di me. Da associazione ambientalista (che magari usa metodi un po' ruvidi) è diventata, e anche il WWF ha questo peccato, un'associazione pseudo-politico-populista che cavalca qualsiasi cosa o anti-cosa in cerca di consenso.

I trattati di libero scambio sono nient'altro che trattati di libero scambio. Il consumatore in genere ci guadagna. Il produttore, dipende: alcuni ci guadagnano, altri ci perdono.

Nel caso del rapporto con gli Stati Uniti, quello che Greenpeace paventa (a parte le solite cazzate sul furto di democrazia, alla fine sono trattati ratificati dai parlamenti, e l'idea che le trattative possano essere pubbliche è una cosa di grillina insipienza) è il fatto che ci compreremo alimenti geneticamente modificati senza saperlo. Il problema è che è già così, da decenni, e Greenpeace ha il merito di avere sempre evidenziato questa cosa.

Io ho una certa diffidenza verso il cibo da organismi geneticamente modificati, proprio come Greenpeace. Non tutti sanno che quando vi comprate un barattolo di mais Bonduelle da mettere nell'insalata, vi mangiate mais statunitense, non tracciato. Dal momento che negli USA molto mais (e molta soia) è "transgenica" e non c'è tracciamento, tutte le importazioni dagli Stati Uniti di derivati di soia, o mais, possono essere di fonte transgenica. E' già così! L'Unione Europea ha accettato questa cosa nell'ambito degli esistenti trattati di scambio commerciale. Le produzioni europee transgeniche sono tracciate, quelle statunitensi no, ma circolano liberamente da noi. Quindi se è europeo sai cos'è, se è statunitense non sai cos'è.

Se vuoi non mangiare mais transgenico o soia, ed essere sicuro che non sia transgenico, la tua unica possibilità è:
a) comprare mais o soia di paesi che non ammettono le colture transgeniche;
oppure, visto che molto lentamente anche l'Unione Europea sta aprendosi sempre più al transgenico:
b) comprare mais o soia espressamente dichiarati come non transgenici, da paesi che effettuano il tracciamento e considerano merceologicamente differenti le colture transgeniche da quelle non transgeniche.

Ma tutto questo indipendentemente dal TTIP. Che vada o non vada in porto, al momento nel tuo barattolo di mais Bonduelle ti mangi mais transgenico. Ed è così da sempre! (Naturalmente vale per qualsiasi cosa che compri di derivazione statunitense, dico Bonduelle per dire un marchio noto).

Naturalmente mi si dirà: certo che se vado al supermercato posso scegliere la "fonte" alla quale mi abbevero: biologica o non, vegana o non, transgenica o non, km 0 o non. Ma se vado al ristorante, alla mensa aziendale, alla mensa scolastica, alla pizza al taglio, al "kebabbaro", questa scelta non ce l'ho, o ce l'ho in misura ridotta.
Vero.
Ma qual'è la risposta? Secondo me, costringere la mensa, il kebabbaro ecc. a dichiarare gli ingredienti che usa (e anche questo ha i suoi costi). Se uno fa "pizza biologica" vai da lui se vuoi la pizza biologica. Se vai al ristorante, ti mangi quello che ti serve nel piatto, e semmai sta a te, consumatore accorto, fare selezione fra ristoranti, informarti su cosa usano, che bistecca hai nel piatto, che pomodoro, che soia hai nel piatto.

Per cui siamo alla solita bufala, tipo l'"acqua pubblica" per cercare di cavalcare un cavallo veloce, e fare consensi in modo facile, gridando "al lupo", "al complotto", "al furto di democrazia" perché, bene o male, funziona.

I trattati di libero scambio hanno sempre dei vantaggi consistenti per il consumatore. E sempre, quando vengono stipulati, c'è "del sangue per le strade", perché qualche industria, qualche impresa non competitiva, chiuderà i battenti (di qua come di là).

Personalmente penso che il TTIP sia destinato al fallimento certo vista l'ampiezza, spaventosa, del trattato. In tutti i paesi coinvolti (che sono veramente tanti per non dire troppi) qualcuno si opporrà. Il "pericolo" dell'approvazione del TTIP secondo me non c'è. Ma non penso che sia sbagliato in sé. Il futuro è quello, l'integrazione dei mercati. Più il mondo è globalizzato e più è efficiente. Sempre a mio modesto parere.
 
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corey82

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Si...trattati commerciali che però non tengono conto di cosa arriva ne di come e fatto....la cucina europea non centra nulla con quella americana...a mio parere!
o sbaglio?
 
giustifico il mio mah...allora:
Il fatto che ci siano in giro ragazzini giovani formato "paf" più larghi che alti ,bè non diamo TUTTA la colpa alle schifezze perchè non mi risulta che qualcuno gliele metta in bocca. Lo fanno da loro con il beneplacido dei genitori che portano a casa il pattume mangereccio.

Per quanto riguarda la cultura cuciniera,bè io mangio pizza a mezzogiorno quando mi gira,pastasciutta alla sera (sempre quando mi gira) ,non bevo le sputacchiate carissime di caffè al bar. E ovviamente stasera un bel piatto di porchetta ,salsiccia e crauti con tanta majonese .

Per il resto greenpace ha stufato
 
ma per esempio, nel caso della carne che in America può essere dopata, come si pone questo trattato?
comunque non sono d'accordo che i trattati siano sempre favorevoli al consumatore, lo sto studiando adesso, specie per un paese come l'Italia che ha una tradizione alimentare molto più alta di quella di altri paesi.
per esempio con l'Europa c'è la regola che un prodotto legale in un paese è legale anche negli altri, quindi per esempio da noi non puoi fare il formaggio col latte in polvere ma in un altro paese si, e quel formaggio può essere venduto da noi.
il risultato è una concorrenza non sulla qualità ma sul prezzo che porta alla sparizione di tanti prodotti locali.
se a questo si somma il fatto che i controlli hanno un costo elevato e che quindi sono sempre meno, il rischio (come già succede) è di avere prodotti di scarsa qualità sulle nostre tavole o peggio prodotti nocivi (vedi pesticidi da noi vietati ma presenti in frutta e verdura importati)
 
D

Derrick

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L'obiettivo, ambiziosissimo, del trattato, è di ridurre le barriere non tariffarie (e forse quelle tariffarie, in prospettiva) su un vastissimo ambito di prodotti, dall'alimentare al farmaceutico, che sono molto "sensibili" per varie ragioni. Inoltre i "rimedi" da parte dei produttori dei paesi coinvolti, con un arbitrato internazionale tale da comminare sanzioni a paesi sovrani, mi sembrano, come dire, fantascientifici.

La logica di fondo è buona ma va applicata su scala molto più ridotta per poter funzionare, secondo me.

Gli accordi di libero scambio tra paesi con diverso reddito pro-capite (ad es. Unione Europea e Cina) pongono altri problemi: da un lato hai prodotti a basso costo, ma dall'altro i tuoi produttori possono finire a gambe all'aria, i produttori esteri fanno concorrenza con manodopera a basso costo.

Qui stiamo parlando di un trattato che comprende Stati Uniti e Giappone, Unione Europea, e altri paesi come Cile e Perù. Fra noi, Stati Uniti e Giappone, il reddito pro-capite diciamo che è quello.

Noi già importiamo carne statunitense o argentina, o prodotti giapponesi. Il punto qui non è ammettere al mercato prodotti che in questo momento non sono ammessi, ma semplificare (uniformare) l'aspetto normativo per la commercializzazione.

L'Unione Europea può continuare a tenere un atteggiamento più severo riguardo la qualità alimentare, e l'Italia può continuare ad avere un atteggiamento più severo riguardo la qualità alimentare rispetto all'UE. Purché vi sia chiara etichettatura (pasta italiana: fichissima, pago di più ma è italiana. Pasta peruviana: bene pago di meno e mi sta bene com'è) a me basta che il consumatore rimanga sovrano.

Non capisco perché debba essere lo stato a decidere se "Cioccolato" debba essere qualcosa che contiene o non contiene olio di palma. Se in tutta Europa "Cioccolato" può contenere olio di palma, bene, è comunque positivo, per il consumatore, che la categoria merceologica di "Cioccolato" sia uniformata in tutta Europa.

Se poi il produttore o il consumatore italiano insistono nel demonizzare l'olio di palma, allora il produttore scriverà nell'etichetta "senza olio di palma" o "senza grassi diversi dal burro di cacao" così il consumatore sovrano potrà scegliere in base a questo elemento. Più scelta, più progresso. Oppure potremmo avere denominazioni (come DOP Modica) che ora non sono riconosciute all'estero e dopo lo saranno.

Per noi, che gli Stati Uniti proteggano le denominazioni europee (Parmigiano, Lambrusco, Asiago ecc.) è una cosa di un vantaggio commerciale enorme. Quelli che hanno le DOP di valore in Europa siamo soprattutto noi!

In generale, il consumatore medio ignora pure la differenza tra Olio Vergine e Olio Extra Vergine, o tra Confettura e Confettura Extra, ecc. e la stragrande maggioranza dei consumatori compra olio Monini o Carapelli pensando che siano italiani, o lo pseudo-yogurt greco pensando che sia yogurt, e non credo che mangiare roba che viene dal Perù o dal Cile ci avveleni. Per me la cosa fondamentale è l'etichettatura, la trasparenza. Ma voglio essere io a scegliere. Che mi si impedisca di comprare cioccolato peruviano per proteggere i produttori italiani è, in linea di principio, sbagliato a mio avviso. Quindi per me ben venga il libero commercio, nella riconoscibilità dell'origine, e nella tutela della diversità e della specificità.

I trattati sono sempre vie di mezzo. E' possibile che grazie al TTIP gli Stati Uniti, faccio un esempio, introducano la tracciabilità degli OGM, o aumentino il livello di tutela negli USA circa i residui di farmaci nella carne. Lasciateli trattare. Nessuno fa i trattati per danneggiare i propri produttori.

Sulla scarsa "trasparenza" delle trattative, è cosa connaturata al fatto di trattare. Ci sono interessi politico/economici dietro molto pesanti e non si possono fare le cose in piazza, significa destinare al fallimento qualsiasi accordo. Una volta raggiunto l'accordo, il popolo sovrano (tramite il Parlamento) potrà non ratificarlo.

Ma teniamo sempre presente che lo status quo non rappresenta necessariamente il migliore dei mondi possibili. L'Unione Europea ad es. ha portato enormi benefici. Chi vorrebbe, oggi, tornare all'epoca dei dazi, delle frontiere intraeuropee? Guardiamo al futuro.
 
Ultima modifica di un moderatore:
Eh si! Certo.
Non è un semplice trattato commerciale.
Stavolta ci stanno fregando veramente.
Sopratutto le nostre piccole produzioni alimentari.
Stiamo assistendo ad una grossa industrializzazione del cibo.
Ma dobbiamo pagare un cospiquo obolo agli americani e alle multinazionali
 
la cosiddetta denominazione legale non è un semplice elenco di ingredienti che protegge i produttori ma principalmente protegge i consumatori.
se non c'è tu puoi dare a qualsiasi cibo il nome cioccolato, sostituendo parti di esso come ti pare.
logico che se lasci questa libertà, lasci ai produttori la possibilità di giocare al ribasso col prezzo e con la qualità.
un ulteriore problema è che queste sono norme che si sommano tra di loro, vedi la volontà di togliere lo stabilimento di produzione.
teoricamente potresti avere anche ragione, nella realtà il mercato è molto più complesso, lasciare certe libertà comporta la perdita delle piccole realtà locali che subiscono molto di più la concorrenza internazionale di grandi aziende... il risultato è che di qualità rimangono solo prodotti di alto costo, mentre nei supermercati trovi roba che costa poco e vale poco.
altro aspetto negativo è che un conto è avere una produzione locale che puoi controllare facilmente, altra cosa è importare prodotti da altre nazioni che hanno standard molto più bassi dei nostri (vedi ad esempio le sostanze vietate trovate in tanti cibi importati e che trovi solo facendo controlli... chiaramente se aumentano le importazioni come li fai e quanto costano e chi paga tutti i controlli? )
 
D

Derrick

Guest
Certo il problema dei controlli c'è. Ma i controlli si devono fare con o senza trattato, le importazioni ci sono comunque. Se una sostanza non è ammessa, e i controlli non si fanno, la sostanza passa anche senza un trattato.

Se il giocattolo cinese contiene sostanze vietate in Italia, quello non può essere importato. Se vengono uniformate le norme, e quella sostanza viene vietata anche in Cina, ecco che il rischio di entrare in contatto con la sostanza tossica è ridotto. Va vista la metà mezza piena del bicchiere. Ripeto: non facciamo i trattati alla Tafazzi, noi come gli altri.

Le multinazionali ci perdono. Ci guadagniamo noi. Al mondo quelli che hanno il più grande patrimonio di denominazioni di origine protetta siamo noi. Queste denominazioni d'origine sono protette solo nella UE. Direi che ci farebbe comodo, come paese, che le denominazioni siano protette anche negli Stati Uniti e in Giappone. Per il nostro settore alimentare, e per il nostro paese, questa è un'opportunità enorme, SE sul piatto c'è il reciproco riconoscimento delle denominazini d'origine. I nostri prodotti d'eccellenza sono fatti da piccoli produttori, magari riuniti in grandi consorzi, ma la dimensione aziendale media è relativamente piccola.

Per tanti piccoli produttori artigianali di prodotti tipici (dal cioccolato di Modica al formaggio di Asiago al vino DOCG alla mozzarella di bufala ecc.) questa sarebbe una manna dal cielo. Altro che multinazionali!

Io non capisco perché, in ogni cosa, c'è da vedere il complotto delle multinazionali, delle banche, dei petrolieri e della CIA. La multinazionale già ha, di suo, stabilimenti dappertutto. La Nestle non deve vendere qui il cioccolato svizzero o americano, lo produce qui.
E' il piccolo produttore quello cui si aprono nuovi mercati.
 
figuriamoci, noi come paese come standard siamo molto più in alto degli altri, in un trattato che alla fine è una media ci andiamo solo a perdere.
ci abbiamo già perso con l'Europa, col mondo siamo fregati in partenza.
ti faccio un altro esempio, la pasta da noi è solo quella di grano duro, i nostri produttori la possono fare solo così, per l'Europa può essere anche di grano tenero, questo significa che un produttore straniero può fare nel suo paese la pasta di grano tenero (che costa meno ed ha caratteristiche inferiori) e poi portarla nel nostro paese e venderla legalmente come pasta.
altro esempio te l'ho fatto prima con il latte in polvere.
pensiamo al vino che negli stati Uniti può essere in polvere o la carne di vacca su cui si possono usare estrogeni legalmente.
gli accordi stai pur sicuro che a livello mondiale non salvaguardaranno le nostre particolarità e neanche le nostre peculiarità.
e poi non esistono solo le dop ma anche tanti produttori normali che però devono rispettare la nostra normativa nazionale e si trovano a fronteggiare un prodotto che viene dall'estero e che si può chiamare alla stessa maniera pur essendo di qualità inferiore.
le multinazionali che producono in Italia lo fanno rispettando le norme italiane, se lo fanno all'estero con trattati come questo possono fare ciò che vogliono.
la storia del piccolo produttore che ci guadagna non mi sembra proprio realistica, era quello che doveva succedere con l'Europa e i suoi 500 milioni di acquirenti... non è successo per niente così, le aziende grazie alle aperture delle frontiere hanno provveduto a delocalizzare dove si paga meno la manodopera (e i lavoratori sono meno protetti).
non si può neanche pensare di trasformare tutto il settore alimentare in una dop altrimenti viene fuori quello che ho detto, un mercato di prodotti di qualità ad alto costo e tutto il resto roba che viene da chissà dove senza garanzie.
i controlli sono molto più efficaci all'origine, durante la produzione e come ti ho già scritto praticamente impossibili quando il prodotto è sul mercato... adesso che ci sono frontiere li puoi controllare quando sono in transito, come fai a controllarlo se non c'è un punto di transito?
secondo me prenderemo una grande fregatura dal punto di vista alimentare...
 
Certo il problema dei controlli c'è. Ma i controlli si devono fare con o senza trattato, le importazioni ci sono comunque. Se una sostanza non è ammessa, e i controlli non si fanno, la sostanza passa anche senza un trattato.

Se il giocattolo cinese contiene sostanze vietate in Italia, quello non può essere importato. Se vengono uniformate le norme, e quella sostanza viene vietata anche in Cina, ecco che il rischio di entrare in contatto con la sostanza tossica è ridotto. Va vista la metà mezza piena del bicchiere. Ripeto: non facciamo i trattati alla Tafazzi, noi come gli altri.

Le multinazionali ci perdono. Ci guadagniamo noi. Al mondo quelli che hanno il più grande patrimonio di denominazioni di origine protetta siamo noi. Queste denominazioni d'origine sono protette solo nella UE. Direi che ci farebbe comodo, come paese, che le denominazioni siano protette anche negli Stati Uniti e in Giappone. Per il nostro settore alimentare, e per il nostro paese, questa è un'opportunità enorme, SE sul piatto c'è il reciproco riconoscimento delle denominazini d'origine. I nostri prodotti d'eccellenza sono fatti da piccoli produttori, magari riuniti in grandi consorzi, ma la dimensione aziendale media è relativamente piccola.

Per tanti piccoli produttori artigianali di prodotti tipici (dal cioccolato di Modica al formaggio di Asiago al vino DOCG alla mozzarella di bufala ecc.) questa sarebbe una manna dal cielo. Altro che multinazionali!

Io non capisco perché, in ogni cosa, c'è da vedere il complotto delle multinazionali, delle banche, dei petrolieri e della CIA. La multinazionale già ha, di suo, stabilimenti dappertutto. La Nestle non deve vendere qui il cioccolato svizzero o americano, lo produce qui.
E' il piccolo produttore quello cui si aprono nuovi mercati.
Mi sa che stai facendo campagna elettorale......ti stai per candidare ?magari con il pd?
 
facendo una veloce ricerca in internet mi risulta che il secondo paese al mondo in cui c'è contraffazione dei prodotti italiani nel settore alimentare è la Germania.
in un paese come gli stati Uniti invece abbiamo nel 90% un qualcosa di diverso dalla contraffazione cioè lo sfruttamento del 'sembra fatto in Italia' attraverso l'uso di nomi che richiamano i prodotti italiani...secondo me questa è roba che col cavolo con un trattato la fermi, sulla base di cosa io che ho un'azienda in Texas non posso fare un formaggio o una pasta che si chiama ad esempio mamma mia?
secondo me pensare di proteggere le dop e le produzioni made in Italy attraverso la liberalizzazione è da ingenui....siamo praticamente l'unico paese con una polizia specifica per il settore, figuriamoci se gli stati Uniti stanno lì a controllare e reprimere ste cose.
dirò una banalità ma se vogliamo difendere il made in Italy sarebbe molto più semplice creare un marchio registrato a livello mondiale, marchio utilizzabile solo da aziende italiane autorizzate, marchio da promuovere all'estero come garanzia di prodotto italiano, marchio da difendere legalmente... secondo me in tutti i paesi è molto più facile difendere un marchio depositato legalmente che eventuali ispirazioni all'Italia al limite del legale.
 
ragassssi, ad agripolis (sezione staccata dell'universita' di padova per agricoltura, agronomia, scienze forestali, allevamenti, veterinaria e tutte le cose simili) ci sono dei corsi di laurea sulla tutela del cibo. e non avete idea di che inferno sia, con tutte le copie e le schifezze varie che ci vorrebbero propinare dall'estero.

di per se, il marchio registrato in un mondo corretto andrebbe bene. ma, date le porcate che fanno e la falsificazione immane dei nostri prodotti, sta sicuro che te lo fregherebbero o copierebbero entro 10 minuti.
 
Il vero problema non è il libero scambio, ma la industrializzazione dell'agroalimentare, che andrebbe categoricamente vietata per legge universale. I disciplinari "bio" dovrebbero essere l'unico modo legale di processare il cibo. In subordine andrebbero introdotte normative ferree sulla informazione al consumatore e vietate le pubblicità ingannevoli. Per davvero intendo.
 
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