Ciao Gentaglia,
La settimana scorsa ho aperto una discussione in merito all’abbigliamento di lana, sul fatto che certe caratteristiche non la rendano poi così obsoleta se paragonata a certi capi moderni in quanto per alcune qualità è ancora inarrivabile.
Ne sono usciti un po’ di interventi che riportavano le opinioni e le esperienze di molti, che ringrazio ancora, se non l’avete fatto, prima di leggere questa recensione, vi inviterei a leggere quel thread in modo da avere qualche info in più sulla lana e le sue molte qualità.
Era da molto che desideravo avere una giacca di lana da sfruttare nei mesi più freddi da utilizzare durante le escursioni invernali; fra i lavori al campo e le ore trascorse davanti al fuoco ho pensato che una giacca di lana sarebbe stata la scelta migliore poiché oltre che scaldarmi a dovere, la sua robustezza unita alla capacità di resistere alle scintille del fuoco mi avrebbero fatto non poco comodo.
Inizialmente ero orientato sulla Columbia monarch Pass, qui indossata da Dave Canterbury
In Italia è introvabile e all’epoca era sold out ovunque, inutili le molte mail inviate a mezzo mondo.
Della monarch pass mi piaceva la tipologia di camo, il prezzo abbordabile e il fatto che fosse la favorita di Dave, che come woodsman apprezzo molto.
Fortunatamente però, mi è venuto in soccorso @Giovanni81 che poco prima di incontrarci mi ha chiesto se fossi interessato ad una giacca “strana” che aveva acquistato con una taglia di troppo.
Non me la sono fatta scappare, ad un prezzo di favore poi…
Ma facciamo un passo indietro…
Siamo nel 1913, Nuova Zelanda
William Broome, nato a StaffordShire in Inghilterra, si è trasferito in nuova Zelanda all’età di 21 anni, di mestiere fa il sarto, così come anche suo padre.
Iniziò presto a lavorare presso the palatine, azienda che confezionava e scambiava abiti di lana, che all’epoca erano indossati da praticamente tutta la popolazione, in particolare William confezionava abiti per chi lavorava all’aperto.
Intanto precisiamo che la nuova Zelanda, già all’epoca come oggi, era un paese leader nella produzione e commercializzazione di lana, ad oggi si stima che quasi la metà della produzione mondiale di lana merino provenga dall'Australia, ma la nuova Zelanda è il paese al mondo con il maggior numero di pecore merino in rapporto alla popolazione: ce ne sono 27,6 milioni (2016), a fronte di solo 5 milioni e mezzo di abitanti.
Oggi si stima che quasi la metà delle pecore esistenti appartengano alla razza merino.
William Broome, nonostante provenisse da un paese non certo famoso per le belle giornate soleggiate, iniziò ad essere stufo delle incessanti e forti piogge che caratterizzavano la nuova Zelanda, iniziando a chiedersi se gli stessi lavoratori non meritassero un capo più consono al lavoro all’aperto.
Di lì a poco nacque il primo iconico capo d’abbigliamento che in seguito diede il nome all’azienda aperta da William Broome, lo Swanni.
Il design dello swanni, una giacca da lavoro, era tanto semplice quanto innovativo, era un giaccone di lana, abbastanza caldo, a maniche corte così da non intralciare i movimenti dei lavoratori, e più lungo nella parte posteriore in modo da offrire riparo dalla pioggia ma offrire comunque una buona mobilità di gambe; lo swanni veniva indossato sopra agli abiti da lavoro per proteggersi dal freddo e dalla pioggia; ma ciò che rese questo swanni un capo di successo era la procedura per renderlo molto più impermeabile rispetto agli altri capi di lana, procedura che ancora oggi, dopo più di 100 anni, non è stata svelata.
William broome utilizzò il nome swanni in riferimento al modo in cui la pioggia scivolava sopra il tessuto di lana anziché impregnarlo, proprio come accadeva ai cigni (in inglese swan).
Di lì a poco, visto il successo, aprì la propria azienda, chiamandola Swanndri.
La swanni ha avuto così successo in nuova zelanda che oggi, col termine swanni, si fa riferimento in maniera generica a tutte le giacche pesanti da lavoro.
Dopo qualche tempo non è chiaro se la swanni originale venne modificata nel design o se un ulteriore capo da lavoro fece la sua comparsa, fatto sta che la giacca in mio possesso trae la sua origine da qui, stessi materiali e stesso design, unica differenza la cerniera frontale.
Viene prodotta oggi in 4 differenti colori, verde oliva, blu navy, Nero/blu tartan, ed infine quello che forse era il motivo originale, nero verde tartan
(pic from web)
Insomma la Swanndri mosgiel bush shirt, pur essendo apprezzata anche come giacca da indossare tutti i giorni, nasce come capo da lavoro per chi è solito stare all’aperto, e di sicuro fra i guru del bushcraft e survival spicca Ray Mears, un cliente a cui swanndri deve molto.
La Swanndri Mosgiel viene prodotta in due varianti (disponibili nei precedenti colori), una con zip frontale e una che invece rappresenta il modello originale senza alcuna apertura frontale.
(foto dal sito swanndri)
Se il modello propostomi da Giovanni fosse stato quello senza zip frontale non l’avrei preso, preferisco di gran lunga avere la possibilità di aprire e chiudere a piacere la giacca a seconda del caldo/freddo o attività statiche/dinamiche.
La giacca è composta al 100% da lana ma la fodera interna ha un blend 50/50 di lana misto poliestere per un maggior comfort e morbidezza.
Ecco un’etichetta che spiega quali accorgimenti adottare nei confronti della giacca.
E’ presente un bottone di scorta nel caso fosse necessario sostituirne uno perso.
L’etichetta, simpatico come Swanndri tenga a precisare che è prodotta in Cina, ma nasce in Nuova Zelanda.
All’interno del lato sinistro della giacca è presente una tasca, non ha alcuna chiusura, motivo per cui personalmente eviterei di tenerci portafogli o smartphone, ma per i fumatori potrebbe essere l’ideale per un pacchetto di sigarette o tabacco.
La tasca frontale sul lato sx della giacca, questa è dotata di chiusura a bottone.
La swanndri mosgiel bush shirt è volutamente sovradimensionata nelle taglie, questo significa che anche se spalle e maniche sono della giusta taglia, la giacca indossata appare nelle altre parti decisamente abbondante; questa scelta è stata fatta per permettere di avere 3 strati interni di abiti sotto la giacca.
In queste foto indosso sotto la giacca solamente una t-shirt.
Con tre strati sotto è facile intuire che la giacca sarebbe risultata decisamente meno abbondante.
Il taglio lungo, che arriva fin quasi alle ginocchia, offre molta protezione dal vento e pioggia, mentre ad esempio la Columbia Monarch pass che tanto bramavo si stringe ai fianchi ed è decisamente più corta.
Indossando lo yukon frame pack.
Gli ampi spacchi laterali permettono più mobilità di quanto immaginavo inizialmente.
In più, la grande cerniera presenta due cursori così da chiudere la giacca ma poter aprire parzialmente la zip dal basso in modo da avere tutta la mobilità necessaria.
La cerniera è molto grande, ed è in plastica.
Preferisco personalmente le cerniere in plastica a quelle in metallo o nylon poiché mi è capitato più spesso che quelle in metallo si bloccassero o che da un anno all’altro restassero bloccate.
Cito da Wikipedia:
Lampo plastica: i denti sono pressofusi sui nastri tessili di supporto. Caratteristiche dell'abbigliamento sportivo ed invernale in particolare. Affidabili come quelle metalliche, presentano dentature più grosse e variamente colorate.
Ovviamente la cerniera è YKK (Yoshida Kogyo Kabushikigaisha), sinonimo di garanzia e qualità.
Le due tasche frontali non sono troppo ampie, diciamo quanto basta per inserirci la mano avvolta ad esempio in un guanto, ma nulla di più.
Sul polsino sono presenti due bottoni in modo da regolare la larghezza dello stesso.
Un'altra feature che apprezzo particolarmente della giacca è la modularità del colletto e cappuccio.
E’ possibile tenere cappuccio e bavero abbassati così come ci capiterà di fare più spesso.
E’ possibile alzare il colletto, abbastanza oversize, per avere una prima protezione dal vento e freddo, una volta sollevato non si abbasserà più, e personalmente l’ho trovato della dimensione ideale per avere una protezione su collo, nuca e orecchie.
Infine è possibile alzare anche il cappuccio in caso di pioggia o freddo. Il cappuccio è perfettamente dimensionato per coprire la testa fino ai lati degli occhi ma senza cadere in avanti o coprire la visuale laterale, ovviamente non è nemmeno troppo piccolo tanto da dare quella sensazione di qualcosa che schiaccia la testa.
Il cappuccio è removibile grazie a una zip, ha una laccio passante che potremo sfruttare per stringerlo ulteriormente in testa in modo che ci avvolga meglio (magari in caso di forte vento), e per finire presenta un’ulteriore chiusura con bottone per chiuderlo davanti al collo.
Al momento ho utilizzato la giacca in due escursioni e per qualche passeggiata, ma attendo arrivi un po’ più di freddo per sfruttarla in condizioni ideali.
Qui l’ho utilizzata durante un’escursione con mio nipote (ecco qui il report)
Ma l’ho iniziata ad utilizzare anche nella vita di tutti i giorni, è un capo comodo e che protegge bene dal freddo e vento, indossata con una maglia non pesante può essere portata anche nelle giornate non troppo fredde senza patire caldo.
In attesa che l’inverno arrivi e porti con se il freddo così da dare un giudizio finale alla Mosgiel Bush Shirt, al momento posso dire di esserne molto soddisfatto.
E voi, che ne pensate?
La settimana scorsa ho aperto una discussione in merito all’abbigliamento di lana, sul fatto che certe caratteristiche non la rendano poi così obsoleta se paragonata a certi capi moderni in quanto per alcune qualità è ancora inarrivabile.
Ne sono usciti un po’ di interventi che riportavano le opinioni e le esperienze di molti, che ringrazio ancora, se non l’avete fatto, prima di leggere questa recensione, vi inviterei a leggere quel thread in modo da avere qualche info in più sulla lana e le sue molte qualità.
Era da molto che desideravo avere una giacca di lana da sfruttare nei mesi più freddi da utilizzare durante le escursioni invernali; fra i lavori al campo e le ore trascorse davanti al fuoco ho pensato che una giacca di lana sarebbe stata la scelta migliore poiché oltre che scaldarmi a dovere, la sua robustezza unita alla capacità di resistere alle scintille del fuoco mi avrebbero fatto non poco comodo.
Inizialmente ero orientato sulla Columbia monarch Pass, qui indossata da Dave Canterbury
In Italia è introvabile e all’epoca era sold out ovunque, inutili le molte mail inviate a mezzo mondo.
Della monarch pass mi piaceva la tipologia di camo, il prezzo abbordabile e il fatto che fosse la favorita di Dave, che come woodsman apprezzo molto.
Fortunatamente però, mi è venuto in soccorso @Giovanni81 che poco prima di incontrarci mi ha chiesto se fossi interessato ad una giacca “strana” che aveva acquistato con una taglia di troppo.
Non me la sono fatta scappare, ad un prezzo di favore poi…
Ma facciamo un passo indietro…
Siamo nel 1913, Nuova Zelanda
William Broome, nato a StaffordShire in Inghilterra, si è trasferito in nuova Zelanda all’età di 21 anni, di mestiere fa il sarto, così come anche suo padre.
Iniziò presto a lavorare presso the palatine, azienda che confezionava e scambiava abiti di lana, che all’epoca erano indossati da praticamente tutta la popolazione, in particolare William confezionava abiti per chi lavorava all’aperto.
Intanto precisiamo che la nuova Zelanda, già all’epoca come oggi, era un paese leader nella produzione e commercializzazione di lana, ad oggi si stima che quasi la metà della produzione mondiale di lana merino provenga dall'Australia, ma la nuova Zelanda è il paese al mondo con il maggior numero di pecore merino in rapporto alla popolazione: ce ne sono 27,6 milioni (2016), a fronte di solo 5 milioni e mezzo di abitanti.
Oggi si stima che quasi la metà delle pecore esistenti appartengano alla razza merino.
William Broome, nonostante provenisse da un paese non certo famoso per le belle giornate soleggiate, iniziò ad essere stufo delle incessanti e forti piogge che caratterizzavano la nuova Zelanda, iniziando a chiedersi se gli stessi lavoratori non meritassero un capo più consono al lavoro all’aperto.
Di lì a poco nacque il primo iconico capo d’abbigliamento che in seguito diede il nome all’azienda aperta da William Broome, lo Swanni.
Il design dello swanni, una giacca da lavoro, era tanto semplice quanto innovativo, era un giaccone di lana, abbastanza caldo, a maniche corte così da non intralciare i movimenti dei lavoratori, e più lungo nella parte posteriore in modo da offrire riparo dalla pioggia ma offrire comunque una buona mobilità di gambe; lo swanni veniva indossato sopra agli abiti da lavoro per proteggersi dal freddo e dalla pioggia; ma ciò che rese questo swanni un capo di successo era la procedura per renderlo molto più impermeabile rispetto agli altri capi di lana, procedura che ancora oggi, dopo più di 100 anni, non è stata svelata.
William broome utilizzò il nome swanni in riferimento al modo in cui la pioggia scivolava sopra il tessuto di lana anziché impregnarlo, proprio come accadeva ai cigni (in inglese swan).
Di lì a poco, visto il successo, aprì la propria azienda, chiamandola Swanndri.
La swanni ha avuto così successo in nuova zelanda che oggi, col termine swanni, si fa riferimento in maniera generica a tutte le giacche pesanti da lavoro.
Dopo qualche tempo non è chiaro se la swanni originale venne modificata nel design o se un ulteriore capo da lavoro fece la sua comparsa, fatto sta che la giacca in mio possesso trae la sua origine da qui, stessi materiali e stesso design, unica differenza la cerniera frontale.
Viene prodotta oggi in 4 differenti colori, verde oliva, blu navy, Nero/blu tartan, ed infine quello che forse era il motivo originale, nero verde tartan
(pic from web)
Insomma la Swanndri mosgiel bush shirt, pur essendo apprezzata anche come giacca da indossare tutti i giorni, nasce come capo da lavoro per chi è solito stare all’aperto, e di sicuro fra i guru del bushcraft e survival spicca Ray Mears, un cliente a cui swanndri deve molto.
La Swanndri Mosgiel viene prodotta in due varianti (disponibili nei precedenti colori), una con zip frontale e una che invece rappresenta il modello originale senza alcuna apertura frontale.
(foto dal sito swanndri)
Se il modello propostomi da Giovanni fosse stato quello senza zip frontale non l’avrei preso, preferisco di gran lunga avere la possibilità di aprire e chiudere a piacere la giacca a seconda del caldo/freddo o attività statiche/dinamiche.
La giacca è composta al 100% da lana ma la fodera interna ha un blend 50/50 di lana misto poliestere per un maggior comfort e morbidezza.
Ecco un’etichetta che spiega quali accorgimenti adottare nei confronti della giacca.
E’ presente un bottone di scorta nel caso fosse necessario sostituirne uno perso.
L’etichetta, simpatico come Swanndri tenga a precisare che è prodotta in Cina, ma nasce in Nuova Zelanda.
All’interno del lato sinistro della giacca è presente una tasca, non ha alcuna chiusura, motivo per cui personalmente eviterei di tenerci portafogli o smartphone, ma per i fumatori potrebbe essere l’ideale per un pacchetto di sigarette o tabacco.
La tasca frontale sul lato sx della giacca, questa è dotata di chiusura a bottone.
La swanndri mosgiel bush shirt è volutamente sovradimensionata nelle taglie, questo significa che anche se spalle e maniche sono della giusta taglia, la giacca indossata appare nelle altre parti decisamente abbondante; questa scelta è stata fatta per permettere di avere 3 strati interni di abiti sotto la giacca.
In queste foto indosso sotto la giacca solamente una t-shirt.
Con tre strati sotto è facile intuire che la giacca sarebbe risultata decisamente meno abbondante.
Il taglio lungo, che arriva fin quasi alle ginocchia, offre molta protezione dal vento e pioggia, mentre ad esempio la Columbia Monarch pass che tanto bramavo si stringe ai fianchi ed è decisamente più corta.
Indossando lo yukon frame pack.
Gli ampi spacchi laterali permettono più mobilità di quanto immaginavo inizialmente.
In più, la grande cerniera presenta due cursori così da chiudere la giacca ma poter aprire parzialmente la zip dal basso in modo da avere tutta la mobilità necessaria.
La cerniera è molto grande, ed è in plastica.
Preferisco personalmente le cerniere in plastica a quelle in metallo o nylon poiché mi è capitato più spesso che quelle in metallo si bloccassero o che da un anno all’altro restassero bloccate.
Cito da Wikipedia:
Lampo plastica: i denti sono pressofusi sui nastri tessili di supporto. Caratteristiche dell'abbigliamento sportivo ed invernale in particolare. Affidabili come quelle metalliche, presentano dentature più grosse e variamente colorate.
Ovviamente la cerniera è YKK (Yoshida Kogyo Kabushikigaisha), sinonimo di garanzia e qualità.
Le due tasche frontali non sono troppo ampie, diciamo quanto basta per inserirci la mano avvolta ad esempio in un guanto, ma nulla di più.
Sul polsino sono presenti due bottoni in modo da regolare la larghezza dello stesso.
Un'altra feature che apprezzo particolarmente della giacca è la modularità del colletto e cappuccio.
E’ possibile tenere cappuccio e bavero abbassati così come ci capiterà di fare più spesso.
E’ possibile alzare il colletto, abbastanza oversize, per avere una prima protezione dal vento e freddo, una volta sollevato non si abbasserà più, e personalmente l’ho trovato della dimensione ideale per avere una protezione su collo, nuca e orecchie.
Infine è possibile alzare anche il cappuccio in caso di pioggia o freddo. Il cappuccio è perfettamente dimensionato per coprire la testa fino ai lati degli occhi ma senza cadere in avanti o coprire la visuale laterale, ovviamente non è nemmeno troppo piccolo tanto da dare quella sensazione di qualcosa che schiaccia la testa.
Il cappuccio è removibile grazie a una zip, ha una laccio passante che potremo sfruttare per stringerlo ulteriormente in testa in modo che ci avvolga meglio (magari in caso di forte vento), e per finire presenta un’ulteriore chiusura con bottone per chiuderlo davanti al collo.
Al momento ho utilizzato la giacca in due escursioni e per qualche passeggiata, ma attendo arrivi un po’ più di freddo per sfruttarla in condizioni ideali.
Qui l’ho utilizzata durante un’escursione con mio nipote (ecco qui il report)
Ma l’ho iniziata ad utilizzare anche nella vita di tutti i giorni, è un capo comodo e che protegge bene dal freddo e vento, indossata con una maglia non pesante può essere portata anche nelle giornate non troppo fredde senza patire caldo.
In attesa che l’inverno arrivi e porti con se il freddo così da dare un giudizio finale alla Mosgiel Bush Shirt, al momento posso dire di esserne molto soddisfatto.
E voi, che ne pensate?
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