Trattamento di una ferita traumatica

Molto spesso, durante un’escursione, capita di procurarsi una ferita; questa solitamente, per le sue caratteristiche, non mette a rischio immediato la nostra vita ma, una scorretta gestione potrebbe portare a complicanze quali infezione, deiscenza (riapertura) della ferita, scorretta cicatrizzazione.
Di seguito descriverò un possibile approccio ad una ferita traumatica, secondo la mia personale esperienza; questo post non ha quindi l’obiettivo di rappresentare un qualsiasi corso/dispensa di primo soccorso. Per acquisire competenze specifiche è necessario effettuare un corso specializzato presso organizzazioni abilitate (croce rossa, misericordia, pubblica assistenza..).

Per prima cosa è necessario capire di che tipo di ferita si tratta,quali sono le caratteristiche:

-profondità: può essere superficiale, se ha interessato solo la cute, oppure profonda se ha interessato anche il sottocute e/o il muscolo; nel primo caso potrebbero bastare degli steri-strip ed un cerotto premedicato, nel secondo caso sarà invece necessario l’intervento dei sanitari in quanto saranno necessari dei punti di sutura.

-sede: se un sanitario esperto può già ipotizzare, guardando la sede della ferita, quali possano essere le lesioni concomitanti (organi, nervi o vasi), chi non ha conoscenze di anatomia può farsi trarre in inganno. Molte volte, ad esempio, un piccolo taglio all’addome può far credere che il danno sia tutto li, mentre in realtà potrebbero esserci lesioni a carico degli organi sottostanti (fegato, milza, intestino..). Come regola generale comunque non dobbiamo mai sottovalutare una ferita in quanto al di sotto di essa potrebbe esserci un organo, un nervo o un vaso lesionato; per esempio un ematoma od un rigonfiamento può indicare un’emorragia sottostante anche grave (se proveniente da un’arteria può portare ad uno stato di shock in tempi brevi), una perdita di sensibilità ad una mano o ad un piede può farci pensare che quella ferita sull’avambraccio o sulla caviglia abbia interessato un nervo. Molti traumi, con ferita (traumi aperti) e non (traumi chiusi) possono avere un’evoluzione un po’ infida ovvero, in un primo tempo il soggetto può sentirsi bene per poi peggiorare nel giro di pochi minuti o poche ore; questo può essere causato da complicanze quali emorragie cerebrali, pneumo o emotorace (presenza di aria (pneumo) o sangue (emo) all’interno del torace, eventualità che porta a difficoltà respiratoria, per compressione dei polmoni, fino alla morte) ed altre. Quindi, nel dubbio conviene sempre contattare il 118. Altra cosa importante, soprattutto se la ferita interessa un braccio o una gamba, è verificare che nella parte distale dell’arto (mano o piede) non vi siano fenomeni quali formicolio, perdita di sensibilità o difficoltà di movimento, tutti segni che indicano una lesione di un nervo periferico.

-sanguinamento: un sanguinamento lento, superficiale, di piccola entità può indicare una lesione dei capillari e quindi potrebbe indicare una ferita superficiale. Un sanguinamento copioso, non a getto, potrebbe indicare invece una lesione di una vena. Importante è in tutti i casi provvedere a fermare il sanguinamento; questo può avvenire comprimendo con delle garze la zona di sanguinamento, applicando poi, se necessario, una benda per comprimerle sulla ferita. Se molto sporca, possiamo prima lavare la ferita con acqua pulita; una siringa senza ago potrebbe aiutare a creare un getto di acqua a pressione per irrigare e portare via i detriti eventuali dal letto della ferita. Un sanguinamento copioso, a getto, potrebbe farci pensare invece ad una emorragia di tipo arterioso: in questo caso, se è un arto ad essere interessato, potrebbe essere utile effettuare una compressione “a monte” dell’arto stesso con un laccio emostatico (che non deve comunque rimanere in sede per più di 60 minuti). Un’alternativa al laccio emostatico è il tourniquet: questo si realizza annodando un telo abbastanza lungo attorno al braccio, in modo da creare una specie di anello; a questo punto, nel nodo, viene fatto passare un bastone. Quest’ultimo può essere utilizzato per aumentare o diminuire la compressione. Per trattare un sanguinamento arterioso altrimenti, e questo interessa soprattutto zone nelle quali la compressione a monte non può essere effettuata (cranio, addome..), si utilizza nuovamente la compressione diretta con garze.
Altri metodi per fermare un’emorragia prevedono l’uso di particolari presidi quali l’acido tranexamico, che può essere utilizzato tal quale irrigando la ferita oppure tramite garze imbevute dello stesso, la cellulosa ossidata o una speciale spugna che, a contatto con il sangue, gelifica fermando l’emorragia. Questi ultimi due emostatici, molto in uso nella pratica ospedaliera, sono riassorbibili e possono quindi essere lasciati in sede (nella ferita) dopo l’uso.

-grado di contaminazione: importante è valutare quanto la ferita è sporca e con quali materiali è venuta a contatto. Molto spesso si tratterà di terra, fogliame, detriti vari: questo comporta perciò un alto tasso di infezione ed infiammazione perciò la regola base è non chiudere mai senza prima pulire. La detersione può iniziare togliendo i detriti più grossolani tramite pinzette per poi procedere ad una irrigazione con soluzione fisiologica, acqua potabile, acqua e sapone o acqua ossigenata; quest’ultima è da preferire nelle ferite francamente sporche in quanto ha una maggiore efficacia nella rimozione dei detriti. L’effetto istolesivo (dannoso per le cellule) riguarda solo in un secondo momento la ferita: ci si riferisce infatti ai possibili danni al tessuto di granulazione (di colore rosso, che indica la formazione di nuovi capillari sanguigni), tessuto che compare solo dopo alcune ore, durante la fase proliferativa (fase di sostituzione del coagulo, formatosi in pochi minuti dall’evento traumatico, con del tessuto solido). La ferita può essere anche irrigata, come già detto, creando una pressione tramite l’utilizzo di una siringa senza ago, azione importante soprattutto nelle ferite più sporche. Una lente di ingrandimento potrebbe aiutare ad identificare eventuali schegge o frammenti rimasti in sede. Un caso particolare invece dove il corpo estraneo eventualmente presente nella ferita deve assolutamente rimanere in sede, è rappresentato dai traumi cosiddetti trafittivi: il corpo estraneo è rappresentato da una lama, da un frammento di legno o da qualsiasi altro tipo di materiale, con una lunghezza di svariati centimetri, che penetra all’interno del nostro corpo e vi rimane. In questo caso mai tentare di rimuoverlo in quanto esso potrebbe stare tamponando una lesione ad un vaso sottostante: la rimozione comporterebbe quindi un aggravamento delle condizioni dell’infortunato.

-margini della ferita: per effettuare un corretto accostamento dei margini (chiusura della ferita) bisogna prima verificare che questi siano vitali e lineari e che non vi sia perdita di sostanza; margini vitali sono lembi di cute ben vascolarizzati (colorito roseo) e ben adesi al tessuto circostante. La linearità esclude poi i margini frastagliati, che possono formarsi ad esempio in un trauma lacero (taglio con sega, taglio a strappo..). La perdita di sostanza può essere definita come la distanza tra i due lembi: se la ferita è “a cratere” questa non può essere chiusa in alcun modo nell’immediato in quanto si avrebbe un rischio di infezione (si parla perciò di guarigione per seconda intenzione). Nel nostro caso ipotetico però,la ferita non presenta perdita di sostanza: se i margini sono lineari possono quindi essere accostati e chiusi tramite sutura o steri-strip, se i margini sono frastagliati e necrotici (cute di colore scuro, tendente al nero quindi non più irrorata dai vasi sanguigni) deve essere effettuato un ricruentamento dei margini; si tratta di una “ferita nelle ferita” in quanto, tramite una lama, si vanno a pareggiare i lembi cutanei ottenendo così margini lineari.

Riassumendo, la sequenza di atti per il trattamento della ferita traumatica, inizia con l’emostasi (controllo del sanguinamento), continua con il lavaggio o detersione per eliminare eventuali detriti e ridurre così il rischio di infezione, con l’accostamento dei margini e la chiusura, con la disinfezione che può essere effettuata sia con clorexidina che con iodopovidone e infine con l’apposizione di una medicazione corretta.
La scelta del tipo di medicazione si deve basare sia sul tipo di ferita, che sul materiale a nostra disposizione:
-in caso di una ferita profonda, chiusa in maniera non definitiva e che necessita quindi di punti di sutura una volta raggiunto il campo base o una struttura sanitaria, avrà sicuramente tendenza al sanguinamento; potrebbe essere utile una medicazione compressiva costituita da due o più garze ripiegate fasciate con una benda o con del cerotto
-in caso di una ferita penetrante, con corpo estraneo in sede, potrebbe invece essere applicata una medicazione tutto intorno al punto di inserzione del frammento e quest’ultimo dovrebbe essere assicurato con del cerotto, in modo da ridurne i movimenti, durante il trasporto dell’infortunato
-in caso di ferita semplice invece, la medicazione può essere rappresentata da un tipico cerotto premedicato (cerotto con garza)
Un caso particolare è rappresentato dalle ferite traumatiche oculari: in caso di trauma trafittivo, anche in questo caso il corpo estraneo deve essere lasciato in sede e assicurato con cerotti e bende per limitarne i movimenti. Utile potrebbe essere l’utilizzo di un bicchiere (o di un oggetto simile) messo a coprire l’occhio traumatizzato ed assicurato al cranio tramite bende e cerotti, per evitare che l’infortunato vada a toccare la parte, cosa che frequentemente causa l’aggravamento della lesione.

Sperando di aver fatto cosa gradita, rimango a disposizione per eventuali chiarimenti sullo scritto :)
 
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