È il mio primo trekking. La prima volta che cammino per più giornate. Il percorso scelto era la Grande Traversata del Supramonte, un itinerario di quattro giorni nei monti più selvaggi della Sardegna, ideato da Corrado Conca, autore del libro-guida in cui il trekking viene spiegato. Non siamo riusciti a completare il percorso, fermandoci a tre quarti della seconda tappa, ma comunque sia è stata un’esperienza indimenticabile ed emozionante. Per essere stato il mio primo trekking sono molto soddisfatto e felice di quello che ho vissuto. Il resoconto non include molti dati tecnici, specie sui dislivelli, in parte perché le informazioni tecniche si possono già reperire su Internet (metterò i link di riferimento in fondo) e in parte perché, non avendo concluso la seconda tappa, non avrei i dati certi di quello che abbiamo effettivamente percorso. Spero che con la lettura risulti comunque chiaro lo svolgersi di quest’avventura di tre giornate nel territorio del Supramonte.
1° giorno: da Arco Correboi a Monte Novo San Giovanni
Ci facciamo accompagnare in automobile al punto di accesso della Grande Traversata del Supramonte (d’ora in poi GTS), il passo denominato Arco Correboi. Un pranzo al sacco precede l’avvio lungo il sentiero. Mangiamo, superiamo il cancello che chiude la strada sterrata, ed eccoci in ballo: abbiamo cominciato ufficialmente a muoverci lungo la GTS. Per fortuna non presenta grossi dislivelli in salita nella fase iniziale, con il risultato che la nostra digestione ringrazia. L’inizio di questa prima tappa è caratterizzato da escrementi sparsi qua e là e da bovini al pascolo. E se il buongiorno si vede dal mattino… Cerchiamo l’albero di perastro isolato citato nella guida, ma non lo troviamo manco a pagarlo oro. D’altra parte raggiungiamo subito il primo cuile, ma decidiamo di non fotografarlo perché tanto ne incontreremo altri lungo il tragitto. E in realtà non è che ne abbiamo visto così tanti dopo…
Scendiamo lungo il sentiero affianco a un torrente, sulla destra una recinzione metallica. Anche in questo caso siamo attenti a trovare un guado segnato nella guida, ma ne attraversiamo tanti piccoli e quello che ritenevamo fosse grande è tra quelli, perché arriviamo comunque alla fine di quella zona. Le descrizioni sulla guida coincidono. Continua a esserci una bella puzza, ma ci si inizia subito ad abituare alla cosa.
Risaliamo la collina e incrociamo il cammino con dei maiali, e troviamo un ometto di pietre che ci rincuora e rassicura. Intanto mi accorgo di aver perso degli accessori dei bastoncini da trekking, nonostante il sistema di fissaggio tanto decantato dalle istruzioni fornite con i bastoni. Continuiamo senza più traccia di sentiero verso la collina successiva, e da qui navighiamo a vista verso il fianco ovest di monte Sas Codas. Incrociamo quindi una strada sterrata, che a mio avviso sembra più simile a un sentiero, e arriviamo al bivio che porta a Ianna ’e Ventu. Ignoriamo quella variante e ci fidiamo ciecamente della guida che ci dice di andare avanti (nord, nord-est) anche se dritto davanti a noi c’è il nulla, con annessi e onnipresenti bovini.
Fidarsi è bene, e infatti dopo aver raggiunto la vetta scorgiamo monte Fumai e monte Novo! Arrivare a monte Fumai poteva richiedere un lungo percorso in discesa e di nuovo in salita, ma aggirando la vallata è molto più rapido e meno faticoso. Poco di fronte alle pendici del monte ci accolgono dei cavalli selvatici. Un esemplare grigio inizia a galoppare proprio di fronte a noi, fornendo uno spettacolo meraviglioso per i nostri occhi. Proseguiamo sul lato est decidendo di non salire in cima al monte e arriviamo al cuile Gutturinu ’e Fumai, lercio oltre ogni dire e senza porta, rinvenuta per terra qualche metro più in là. In quella vallata incontriamo molte mucche e maiali, sicuramente hanno scelto quella zona perché più riparata. Camminando sulle rocce rischio due volte la mia caviglia e spavento una mucca, poverina. E povero me, anche. Non riusciamo subito a imboccare il sentiero giusto, ma poco dopo scorgiamo il corrimano in legno citato nella guida e raggiungiamo il percorso giusto. Finiamo quindi nel trivio in cui imbocchiamo la variante per Funtana Bona.
Una volta raggiunta l’area attrezzata ci prendiamo la prima vera pausa della giornata. Aver proceduto senza segnaletica è qualcosa di nuovo, ed è stato entusiasmante. Si respira già un’aria diversa dalle escursioni giornaliere: la mente non è libera di vagare, non è un seguire passivamente dei segnavia, ma un procedere attivamente attraverso la natura, vivendola e interiorizzandola. Non ci si perde alcun dettaglio. Riprendiamo attraverso la sterrata che porta ai piedi del monte Novo. Illusi che manchi poco, l’ultima salita ci distrugge e arriviamo esausti ai suoi piedi. Monte Novo appare in mezzo alla vegetazione illuminato dal sole, lo spettacolo è meraviglioso. Ai piedi c’è un cancello con una scritta sulla parete di roccia. Saliamo dunque la scalinata e dopo un po’ arriviamo finalmente in cima al monte Novo San Giovanni, meta della prima tappa della GTS!
Subito esploriamo i tre edifici e scegliamo quello più in alto, che è più spazioso, per pernottare. Dopodiché foto ai panorami magnifici che si vedono da lassù. Poi cena, sistemazione e a nanna. Durante la notte il vento soffia impetuoso, la posizione che ho assunto non mi è molto comoda e non sono stato molto capace di formare un cuscino decente coi vestiti. Insomma, dormo poco, appena due orette. Il sacco a pelo è bello caldo, nonostante il freddo che fa fuori arrivo a sudare e a dover togliere uno strato, quindi da quel punto di vista non ci sono stati problemi.
2° giorno: da Monte Novo San Giovanni a Nuraghe Mereu, e rientro al Cuile Sa Sennepida
Ci svegliamo avvolti dalle nuvole. La visibilità è ridotta, ma dura poco. Il tempo di risistemare dopo il pernottamento e il tempo di scendere ai piedi del monte, e la visuale si fa nuovamente nitida. Imbocchiamo il sentiero da cui inizia la seconda tappa. La guida dice che è poco visibile, in realtà è evidente e ben battuto. Continuiamo fino a raggiungere il cuile di Ziu Mulittu Iseri, che apriamo per osservarne l’interno. Rimaniamo stupiti dalle numerose attrezzature: c’è addirittura una cucina a gas e un tavolo con tovaglia. Proseguendo dobbiamo arrivare alla sella Gutturu de Su Biu, con un grosso leccio isolato. Qualche difficoltà per trovare il punto, infatti ci accorgiamo del leccio quando siamo più a ovest rispetto a lui. Dirigendoci a est, vediamo un muflone zampettare lungo il versante della collina, e la visione ci costringe a fermarci per ammirare l’esemplare. Infine ci rimettiamo nel tracciato della GTS e optiamo per aggirare monte Su Biu dalla variante orientale.
La sterrata che abbiamo raggiunto continua fino al guado di Badde Tureddu e finalmente il sole inizia a fare capolino, dopo una mattinata ricca di nuvoloni. Seguiamo il fiume per andare a vedere il leccio secolare S’Elighe de Tureddu, dai sei metri di circonferenza. Pensiamo che sia sulla riva sinistra, quindi quasi non ci accorgiamo di essere arrivati al suo cospetto perché si trova in realtà sulla destra. È solo una coincidenza, per fortuna alziamo lo sguardo e ce lo troviamo di fronte. Foto di rito e grande soddisfazione per questa breve deviazione, il leccio merita davvero una visita.
Tornati indietro superiamo il guado e seguendo la sterrata giungiamo in vista del cuile Sa Sennepida e poco più in là la fontana omonima. Alla fontana facciamo pausa pranzo. Qualche difficoltà per accendere il fornello autocostruito, ma alla fine ha compiuto egregiamente il suo lavoro. L’unico appunto è quello di provare a costruire un paravento più efficace. Dopo mangiato laviamo gavette e panni sporchi, messi poi ad asciugare sullo zaino. Il catino pieghevole si rivela così un ottimo acquisto.
Con il cibo sullo stomaco ci aspettano altri 50 minuti di salita e infatti la fatica si fa sentire: arriviamo alla sella di Punta Arzane piuttosto stanchi. Per fortuna la strada ora prosegue senza dislivelli e ci immettiamo nella sterrata che attraversa Campu de Su Mudercu. Percorso lunghissimo che mi fa addirittura pensare che non finirà mai. Ignoriamo la deviazione per Su Disterru, per non aggiungere 40 minuti di cammino: vogliamo arrivare alla fine della tappa il prima possibile e secondo il ritmo che abbiamo dovremmo arrivarci alle 18:15. Per lo stesso motivo decidiamo a priori che più avanti ignoreremo la variante per Nuraghe Mereu. Proseguiamo lungo Campu de Su Mudercu sotto la stretta osservazione delle mucche lì presenti.
Scendiamo in un bosco e il terreno è ora pieno di rocce bianche. Siamo alla ricerca di un imbocco di sentiero, segnato nella guida con il numero 17, e seguiamo ometti di pietra verso nord-est, dato che vengono citati anche nel libro. Continuiamo in quella direzione e incontriamo addirittura dei segnavia rossi, cosa che inizia a insospettirci, perché non sono citati nel percorso della GTS. Inoltre i sospetti riguardano la direzione presa, perché il sentiero oltre il punto 17 va sì a nord-est, ma solo dopo aver fatto un tratto a nord-ovest. A un certo punto, dopo circa mezzora, suggerisco di raggiungere la cima, appena visibile del versante in cui siamo, per avere una visione del panorama e capire dove ci troviamo. Salendo ci accoglie il Nuraghe Mereu, che invece avevamo deciso di ignorare! Senza volerlo abbiamo imboccato la variante per andarlo a vedere, e la guida ci conferma che in questa deviazione ci sono segni rossi oltre agli ometti di pietra.
Nel frattempo si è fatto più tardi del previsto e decidiamo di tornare molto velocemente al punto 17 dove cercare il famoso sentiero, definito dalla guida poco visibile. Ci arriviamo con la lingua a terra, a causa dello sprint fatto dopo Nuraghe Mereu per recuperare un po’ di tempo. Quello che abbiamo di fronte a noi però non è incoraggiante. La zona è boscosa con le solite rocce bianche. La guida parla di tronchi abbattuti, ma ce ne sono un po’ ovunque. È una visione tutta uguale, da qualunque parte si guardi. C’è un ometto di pietra ai margini della sterrata, pensando che sia l’imbocco del sentiero poco visibile proviamo ad andare lì, ma avanti non c’è nulla. Tentiamo un po’ più in alto, ma in direzione nord-ovest non troviamo nessun sentiero. Rientriamo a sud-est per tornare alla sterrata. Esploriamo la zona per un totale di un’ora, poi decidiamo di desistere. Della traccia di sentiero non c’è traccia.
Sono le 18:30 e accendiamo i cellulari. Non c’è rete, nemmeno per chiamate di emergenza. È tempo di tirare un attimo il fiato e fare un briefing. Guida della GTS alla mano decidiamo di abbandonare il trekking e l’obiettivo diventa tornare al cuile Sa Sennepida per dormirci e l’indomani mattina seguire la via di fuga suggerita dalla guida che porta alla caserma forestale di Ilodei Malu. Rientriamo attraverso il percorso già fatto, tenendo sempre accesi i cellulari, nel caso in cui ci sia un punto in cui possa prendere e così avvisare i familiari che tutto va bene. Il ritorno a Sa Sennepida ci fa incrociare il passo con tre cerbiatti, ma non c’è verso di trovare un po’ di campo per il cellulare. Dopo due orette abbondanti, stanchi e un pochino delusi per non aver potuto proseguire, rientriamo a Sa Sennepida.
Sono le 20:30 e c’è ancora luce, ma dentro il cuile è buio pesto, quindi dobbiamo accendere le luci frontali. Il cuile è molto attrezzato: ci sono un camino, un tavolo, un bidone d’acqua e alcuni utensili da cucina. Ceniamo con cibo già pronto, per non dover star lì a cuocere e poi ci infiliamo nei sacchi a pelo, stanchi e desiderosi di dormire. Nonostante il cambio di programma sono molto soddisfatto di quello che abbiamo fatto e visto, di come ci siamo comportati sul campo, lungo i sentieri e in fase di orientamento. La notte scorre tranquilla, riesco finalmente a trovare una posizione più comoda rispetto a monte Novo, il cuscino fatto coi vestiti lo realizzo meglio e non c’è il vento forte che c’era la notte precedente. Insomma, si dorme bene.
3° giorno: dal Cuile Sa Sennepida alla Caserma Forestale Ilodei Malu (Funtana Bona), e infine rientro a casa
Ci alziamo abbastanza velocemente, c’è fretta di raggiungere un punto in cui il cellulare prenda, per rassicurare i nostri familiari. Imbocchiamo la sterrata verso ovest dalla fontana Sa Sennepida e dopo circa un’ora di cammino il segnale per il cellulare appare magicamente. Chiamate e SMS per tranquillizzare i genitori e poi riprendiamo il cammino in salita. La fatica accumulata e il vento, dato che nel primo tratto la sterrata è esposta, rendono difficoltoso il cammino. Per fortuna dopo un po’ la strada inizia a scendere e si immette dentro la foresta. Incrociamo una fontanella e una casa in legno, e dopo qualche tempo iniziamo a sentire i primi rumori umani da due giorni: il rombo di una motosega. Il nostro obiettivo della giornata è raggiungere, come preventivato la sera prima, la caserma forestale di Ilodei Malu. Giungiamo in vista di alcuni forestali che hanno acceso un fuoco, ma non vediamo altro. Continuando troviamo delle auto parcheggiate e in una è seduto un forestale, con cui scambiamo un cenno di saluto.
Certi che alla caserma manchi poco continuiamo sulla sterrata. Però ci stiamo impiegando troppo, siamo in cammino da due ore e mezza e ancora non siamo arrivati. Torniamo indietro, in salita, per chiedere informazioni al forestale nell’auto. La salita è lieve, ma con i trascorsi dei due giorni precedenti è faticosa. Con la lingua a terra arriviamo alle auto e parliamo con l’uomo. Inizialmente c’è stata qualche difficoltà di comunicazione, perché loro chiamano la caserma in un altro modo, caserma di Funtana Bona e non di Ilodei Malu, e poi per le evidenti differenze di pronuncia tra noi e lui. Riusciamo comunque a spiegare quello che abbiamo fatto il giorno prima e perché cerchiamo la caserma. Al che lui ci informa che abbiamo mancato la caserma di un soffio, dato che si trova poco più su della zona in cui abbiamo visto gli uomini accendere il fuoco. L’uomo, gentilissimo, ci offre un passaggio in auto a Orgosolo, il paese più vicino, dove lui abita. Sono le 11:30 e lui deve aspettare mezzogiorno per poter staccare da lavoro. Ci porta un attimo al piazzale della caserma, che effettivamente era vicinissima a dove eravamo passati, ma dal basso, dalla sterrata in cui stavamo passando noi, non era affatto visibile.
Nel piazzale è il momento di tirare finalmente il fiato. Il trekking è finito e anche se non abbiamo completato la GTS, abbiamo fatto tre giorni e due notti in Supramonte, senza difficoltà, per essere il primo trekking è un’ottima esperienza! Ne sono molto soddisfatto, ne sono felice. Ci rilassiamo. C’è già della nostalgia: nonostante la voglia di tornare alla civiltà e riposare, le montagne già mi mancano. I ricordi, per quanto vividi, sembrano già distanti, quasi appartenessero a un’altra vita, vissuta secoli fa. A mezzogiorno l’uomo si ripresenta e ci accompagna come pattuito a Orgosolo, lasciandoci alla fermata del pullman ARST che ci porterà a Nuoro. Abbiamo un’oretta di tempo prima che passi il mezzo, quindi facciamo sosta in un bar per mettere qualcosa sotto i denti e approfittare del più alto segno di civiltà: la toilette!
Il pullman arriva a un orario un po’ sballato rispetto alle informazioni in nostro possesso, ma alla fine arriva. Saliamo e ci accorgiamo, da come guida l’autista, che in montagna da soli eravamo più al sicuro, rispetto a questo pullman guidato da un indemoniato. Arrivati a Nuoro sono le tre del pomeriggio, la biglietteria apre tra mezzora. Facciamo una passeggiata in città e sfruttiamo il secondo segno più alto di civiltà: un supermercato a orario continuato per comprare delle patatine!
Torniamo alla stazione e nella biglietteria acquistiamo i biglietti per il pullman privato – della Turmo Travel – che ci riporterà a Cagliari. Mangiamo le patatine, sbadigliamo e riguardiamo le foto scattate in questi tre giorni. Infine il pullman arriva e saliamo di buon grado a bordo. Il viaggio è comodo e godibile, ben diverso da quello tra Orgosolo e Nuoro.
Infine ci siamo. Siamo a Cagliari. Siamo a casa. È ora di scendere. Ma io non vedo già l’ora che una cosa del genere inizi di nuovo.
Ore di cammino:
Avvistamenti:
Memo:
Link utili per la GTS:
Per vedere le foto del trekking basta cliccare sul mio blog!
1° giorno: da Arco Correboi a Monte Novo San Giovanni
Ci facciamo accompagnare in automobile al punto di accesso della Grande Traversata del Supramonte (d’ora in poi GTS), il passo denominato Arco Correboi. Un pranzo al sacco precede l’avvio lungo il sentiero. Mangiamo, superiamo il cancello che chiude la strada sterrata, ed eccoci in ballo: abbiamo cominciato ufficialmente a muoverci lungo la GTS. Per fortuna non presenta grossi dislivelli in salita nella fase iniziale, con il risultato che la nostra digestione ringrazia. L’inizio di questa prima tappa è caratterizzato da escrementi sparsi qua e là e da bovini al pascolo. E se il buongiorno si vede dal mattino… Cerchiamo l’albero di perastro isolato citato nella guida, ma non lo troviamo manco a pagarlo oro. D’altra parte raggiungiamo subito il primo cuile, ma decidiamo di non fotografarlo perché tanto ne incontreremo altri lungo il tragitto. E in realtà non è che ne abbiamo visto così tanti dopo…
Scendiamo lungo il sentiero affianco a un torrente, sulla destra una recinzione metallica. Anche in questo caso siamo attenti a trovare un guado segnato nella guida, ma ne attraversiamo tanti piccoli e quello che ritenevamo fosse grande è tra quelli, perché arriviamo comunque alla fine di quella zona. Le descrizioni sulla guida coincidono. Continua a esserci una bella puzza, ma ci si inizia subito ad abituare alla cosa.
Risaliamo la collina e incrociamo il cammino con dei maiali, e troviamo un ometto di pietre che ci rincuora e rassicura. Intanto mi accorgo di aver perso degli accessori dei bastoncini da trekking, nonostante il sistema di fissaggio tanto decantato dalle istruzioni fornite con i bastoni. Continuiamo senza più traccia di sentiero verso la collina successiva, e da qui navighiamo a vista verso il fianco ovest di monte Sas Codas. Incrociamo quindi una strada sterrata, che a mio avviso sembra più simile a un sentiero, e arriviamo al bivio che porta a Ianna ’e Ventu. Ignoriamo quella variante e ci fidiamo ciecamente della guida che ci dice di andare avanti (nord, nord-est) anche se dritto davanti a noi c’è il nulla, con annessi e onnipresenti bovini.
Fidarsi è bene, e infatti dopo aver raggiunto la vetta scorgiamo monte Fumai e monte Novo! Arrivare a monte Fumai poteva richiedere un lungo percorso in discesa e di nuovo in salita, ma aggirando la vallata è molto più rapido e meno faticoso. Poco di fronte alle pendici del monte ci accolgono dei cavalli selvatici. Un esemplare grigio inizia a galoppare proprio di fronte a noi, fornendo uno spettacolo meraviglioso per i nostri occhi. Proseguiamo sul lato est decidendo di non salire in cima al monte e arriviamo al cuile Gutturinu ’e Fumai, lercio oltre ogni dire e senza porta, rinvenuta per terra qualche metro più in là. In quella vallata incontriamo molte mucche e maiali, sicuramente hanno scelto quella zona perché più riparata. Camminando sulle rocce rischio due volte la mia caviglia e spavento una mucca, poverina. E povero me, anche. Non riusciamo subito a imboccare il sentiero giusto, ma poco dopo scorgiamo il corrimano in legno citato nella guida e raggiungiamo il percorso giusto. Finiamo quindi nel trivio in cui imbocchiamo la variante per Funtana Bona.
Una volta raggiunta l’area attrezzata ci prendiamo la prima vera pausa della giornata. Aver proceduto senza segnaletica è qualcosa di nuovo, ed è stato entusiasmante. Si respira già un’aria diversa dalle escursioni giornaliere: la mente non è libera di vagare, non è un seguire passivamente dei segnavia, ma un procedere attivamente attraverso la natura, vivendola e interiorizzandola. Non ci si perde alcun dettaglio. Riprendiamo attraverso la sterrata che porta ai piedi del monte Novo. Illusi che manchi poco, l’ultima salita ci distrugge e arriviamo esausti ai suoi piedi. Monte Novo appare in mezzo alla vegetazione illuminato dal sole, lo spettacolo è meraviglioso. Ai piedi c’è un cancello con una scritta sulla parete di roccia. Saliamo dunque la scalinata e dopo un po’ arriviamo finalmente in cima al monte Novo San Giovanni, meta della prima tappa della GTS!
Subito esploriamo i tre edifici e scegliamo quello più in alto, che è più spazioso, per pernottare. Dopodiché foto ai panorami magnifici che si vedono da lassù. Poi cena, sistemazione e a nanna. Durante la notte il vento soffia impetuoso, la posizione che ho assunto non mi è molto comoda e non sono stato molto capace di formare un cuscino decente coi vestiti. Insomma, dormo poco, appena due orette. Il sacco a pelo è bello caldo, nonostante il freddo che fa fuori arrivo a sudare e a dover togliere uno strato, quindi da quel punto di vista non ci sono stati problemi.
2° giorno: da Monte Novo San Giovanni a Nuraghe Mereu, e rientro al Cuile Sa Sennepida
Ci svegliamo avvolti dalle nuvole. La visibilità è ridotta, ma dura poco. Il tempo di risistemare dopo il pernottamento e il tempo di scendere ai piedi del monte, e la visuale si fa nuovamente nitida. Imbocchiamo il sentiero da cui inizia la seconda tappa. La guida dice che è poco visibile, in realtà è evidente e ben battuto. Continuiamo fino a raggiungere il cuile di Ziu Mulittu Iseri, che apriamo per osservarne l’interno. Rimaniamo stupiti dalle numerose attrezzature: c’è addirittura una cucina a gas e un tavolo con tovaglia. Proseguendo dobbiamo arrivare alla sella Gutturu de Su Biu, con un grosso leccio isolato. Qualche difficoltà per trovare il punto, infatti ci accorgiamo del leccio quando siamo più a ovest rispetto a lui. Dirigendoci a est, vediamo un muflone zampettare lungo il versante della collina, e la visione ci costringe a fermarci per ammirare l’esemplare. Infine ci rimettiamo nel tracciato della GTS e optiamo per aggirare monte Su Biu dalla variante orientale.
La sterrata che abbiamo raggiunto continua fino al guado di Badde Tureddu e finalmente il sole inizia a fare capolino, dopo una mattinata ricca di nuvoloni. Seguiamo il fiume per andare a vedere il leccio secolare S’Elighe de Tureddu, dai sei metri di circonferenza. Pensiamo che sia sulla riva sinistra, quindi quasi non ci accorgiamo di essere arrivati al suo cospetto perché si trova in realtà sulla destra. È solo una coincidenza, per fortuna alziamo lo sguardo e ce lo troviamo di fronte. Foto di rito e grande soddisfazione per questa breve deviazione, il leccio merita davvero una visita.
Tornati indietro superiamo il guado e seguendo la sterrata giungiamo in vista del cuile Sa Sennepida e poco più in là la fontana omonima. Alla fontana facciamo pausa pranzo. Qualche difficoltà per accendere il fornello autocostruito, ma alla fine ha compiuto egregiamente il suo lavoro. L’unico appunto è quello di provare a costruire un paravento più efficace. Dopo mangiato laviamo gavette e panni sporchi, messi poi ad asciugare sullo zaino. Il catino pieghevole si rivela così un ottimo acquisto.
Con il cibo sullo stomaco ci aspettano altri 50 minuti di salita e infatti la fatica si fa sentire: arriviamo alla sella di Punta Arzane piuttosto stanchi. Per fortuna la strada ora prosegue senza dislivelli e ci immettiamo nella sterrata che attraversa Campu de Su Mudercu. Percorso lunghissimo che mi fa addirittura pensare che non finirà mai. Ignoriamo la deviazione per Su Disterru, per non aggiungere 40 minuti di cammino: vogliamo arrivare alla fine della tappa il prima possibile e secondo il ritmo che abbiamo dovremmo arrivarci alle 18:15. Per lo stesso motivo decidiamo a priori che più avanti ignoreremo la variante per Nuraghe Mereu. Proseguiamo lungo Campu de Su Mudercu sotto la stretta osservazione delle mucche lì presenti.
Scendiamo in un bosco e il terreno è ora pieno di rocce bianche. Siamo alla ricerca di un imbocco di sentiero, segnato nella guida con il numero 17, e seguiamo ometti di pietra verso nord-est, dato che vengono citati anche nel libro. Continuiamo in quella direzione e incontriamo addirittura dei segnavia rossi, cosa che inizia a insospettirci, perché non sono citati nel percorso della GTS. Inoltre i sospetti riguardano la direzione presa, perché il sentiero oltre il punto 17 va sì a nord-est, ma solo dopo aver fatto un tratto a nord-ovest. A un certo punto, dopo circa mezzora, suggerisco di raggiungere la cima, appena visibile del versante in cui siamo, per avere una visione del panorama e capire dove ci troviamo. Salendo ci accoglie il Nuraghe Mereu, che invece avevamo deciso di ignorare! Senza volerlo abbiamo imboccato la variante per andarlo a vedere, e la guida ci conferma che in questa deviazione ci sono segni rossi oltre agli ometti di pietra.
Nel frattempo si è fatto più tardi del previsto e decidiamo di tornare molto velocemente al punto 17 dove cercare il famoso sentiero, definito dalla guida poco visibile. Ci arriviamo con la lingua a terra, a causa dello sprint fatto dopo Nuraghe Mereu per recuperare un po’ di tempo. Quello che abbiamo di fronte a noi però non è incoraggiante. La zona è boscosa con le solite rocce bianche. La guida parla di tronchi abbattuti, ma ce ne sono un po’ ovunque. È una visione tutta uguale, da qualunque parte si guardi. C’è un ometto di pietra ai margini della sterrata, pensando che sia l’imbocco del sentiero poco visibile proviamo ad andare lì, ma avanti non c’è nulla. Tentiamo un po’ più in alto, ma in direzione nord-ovest non troviamo nessun sentiero. Rientriamo a sud-est per tornare alla sterrata. Esploriamo la zona per un totale di un’ora, poi decidiamo di desistere. Della traccia di sentiero non c’è traccia.
Sono le 18:30 e accendiamo i cellulari. Non c’è rete, nemmeno per chiamate di emergenza. È tempo di tirare un attimo il fiato e fare un briefing. Guida della GTS alla mano decidiamo di abbandonare il trekking e l’obiettivo diventa tornare al cuile Sa Sennepida per dormirci e l’indomani mattina seguire la via di fuga suggerita dalla guida che porta alla caserma forestale di Ilodei Malu. Rientriamo attraverso il percorso già fatto, tenendo sempre accesi i cellulari, nel caso in cui ci sia un punto in cui possa prendere e così avvisare i familiari che tutto va bene. Il ritorno a Sa Sennepida ci fa incrociare il passo con tre cerbiatti, ma non c’è verso di trovare un po’ di campo per il cellulare. Dopo due orette abbondanti, stanchi e un pochino delusi per non aver potuto proseguire, rientriamo a Sa Sennepida.
Sono le 20:30 e c’è ancora luce, ma dentro il cuile è buio pesto, quindi dobbiamo accendere le luci frontali. Il cuile è molto attrezzato: ci sono un camino, un tavolo, un bidone d’acqua e alcuni utensili da cucina. Ceniamo con cibo già pronto, per non dover star lì a cuocere e poi ci infiliamo nei sacchi a pelo, stanchi e desiderosi di dormire. Nonostante il cambio di programma sono molto soddisfatto di quello che abbiamo fatto e visto, di come ci siamo comportati sul campo, lungo i sentieri e in fase di orientamento. La notte scorre tranquilla, riesco finalmente a trovare una posizione più comoda rispetto a monte Novo, il cuscino fatto coi vestiti lo realizzo meglio e non c’è il vento forte che c’era la notte precedente. Insomma, si dorme bene.
3° giorno: dal Cuile Sa Sennepida alla Caserma Forestale Ilodei Malu (Funtana Bona), e infine rientro a casa
Ci alziamo abbastanza velocemente, c’è fretta di raggiungere un punto in cui il cellulare prenda, per rassicurare i nostri familiari. Imbocchiamo la sterrata verso ovest dalla fontana Sa Sennepida e dopo circa un’ora di cammino il segnale per il cellulare appare magicamente. Chiamate e SMS per tranquillizzare i genitori e poi riprendiamo il cammino in salita. La fatica accumulata e il vento, dato che nel primo tratto la sterrata è esposta, rendono difficoltoso il cammino. Per fortuna dopo un po’ la strada inizia a scendere e si immette dentro la foresta. Incrociamo una fontanella e una casa in legno, e dopo qualche tempo iniziamo a sentire i primi rumori umani da due giorni: il rombo di una motosega. Il nostro obiettivo della giornata è raggiungere, come preventivato la sera prima, la caserma forestale di Ilodei Malu. Giungiamo in vista di alcuni forestali che hanno acceso un fuoco, ma non vediamo altro. Continuando troviamo delle auto parcheggiate e in una è seduto un forestale, con cui scambiamo un cenno di saluto.
Certi che alla caserma manchi poco continuiamo sulla sterrata. Però ci stiamo impiegando troppo, siamo in cammino da due ore e mezza e ancora non siamo arrivati. Torniamo indietro, in salita, per chiedere informazioni al forestale nell’auto. La salita è lieve, ma con i trascorsi dei due giorni precedenti è faticosa. Con la lingua a terra arriviamo alle auto e parliamo con l’uomo. Inizialmente c’è stata qualche difficoltà di comunicazione, perché loro chiamano la caserma in un altro modo, caserma di Funtana Bona e non di Ilodei Malu, e poi per le evidenti differenze di pronuncia tra noi e lui. Riusciamo comunque a spiegare quello che abbiamo fatto il giorno prima e perché cerchiamo la caserma. Al che lui ci informa che abbiamo mancato la caserma di un soffio, dato che si trova poco più su della zona in cui abbiamo visto gli uomini accendere il fuoco. L’uomo, gentilissimo, ci offre un passaggio in auto a Orgosolo, il paese più vicino, dove lui abita. Sono le 11:30 e lui deve aspettare mezzogiorno per poter staccare da lavoro. Ci porta un attimo al piazzale della caserma, che effettivamente era vicinissima a dove eravamo passati, ma dal basso, dalla sterrata in cui stavamo passando noi, non era affatto visibile.
Nel piazzale è il momento di tirare finalmente il fiato. Il trekking è finito e anche se non abbiamo completato la GTS, abbiamo fatto tre giorni e due notti in Supramonte, senza difficoltà, per essere il primo trekking è un’ottima esperienza! Ne sono molto soddisfatto, ne sono felice. Ci rilassiamo. C’è già della nostalgia: nonostante la voglia di tornare alla civiltà e riposare, le montagne già mi mancano. I ricordi, per quanto vividi, sembrano già distanti, quasi appartenessero a un’altra vita, vissuta secoli fa. A mezzogiorno l’uomo si ripresenta e ci accompagna come pattuito a Orgosolo, lasciandoci alla fermata del pullman ARST che ci porterà a Nuoro. Abbiamo un’oretta di tempo prima che passi il mezzo, quindi facciamo sosta in un bar per mettere qualcosa sotto i denti e approfittare del più alto segno di civiltà: la toilette!
Il pullman arriva a un orario un po’ sballato rispetto alle informazioni in nostro possesso, ma alla fine arriva. Saliamo e ci accorgiamo, da come guida l’autista, che in montagna da soli eravamo più al sicuro, rispetto a questo pullman guidato da un indemoniato. Arrivati a Nuoro sono le tre del pomeriggio, la biglietteria apre tra mezzora. Facciamo una passeggiata in città e sfruttiamo il secondo segno più alto di civiltà: un supermercato a orario continuato per comprare delle patatine!
Torniamo alla stazione e nella biglietteria acquistiamo i biglietti per il pullman privato – della Turmo Travel – che ci riporterà a Cagliari. Mangiamo le patatine, sbadigliamo e riguardiamo le foto scattate in questi tre giorni. Infine il pullman arriva e saliamo di buon grado a bordo. Il viaggio è comodo e godibile, ben diverso da quello tra Orgosolo e Nuoro.
Infine ci siamo. Siamo a Cagliari. Siamo a casa. È ora di scendere. Ma io non vedo già l’ora che una cosa del genere inizi di nuovo.
Ore di cammino:
- 1° giorno: 5 ore e 20 minuti (Partenza alle 14:10, arrivo alle 19:30)
- 2° giorno: 10 ore e 50 minuti (Partenza alle 08:10, arrivo alle 20:30, pausa pranzo di un’ora e mezza)
- 3° giorno: 3 ore e 5 minuti (Partenza alle 08:15, arrivo alle 11:20)
Avvistamenti:
- Tante mucche, tanti maiali
- Un paio di cavalli selvatici
- Un muflone
- Tre cerbiatti
Memo:
- Stare attento ai prossimi accessori dei bastoni che comprerò
- Studiare sempre eventuali rifugi e vie di fuga, in caso di cambi di programma. Per la GTS era già tutto presente nella guida, ma non è detto che sarà sempre tutto scritto nei libri.
- Costruire un paravento migliore per il fornello.
Link utili per la GTS:
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