Una riflessione su tracce GPS e sicurezza presunta - Articolo di Stefano Ardito

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Condivido quasi tutto di quanto ho letto nell'articolo.

Io la traccia della gita, se disponibile, la porto con me, ma utilizzo il GPS (smartphone) solo in caso di dubbio (e.g. ai bivi) o se mi perdo irrimediabilmente per ritornare sul sentiero, altrimenti rimane tranquillamente nella memoria del cellulare inutilizzata.

Però sono passato dalle cartine, all'inizio della mia esperienza escursionistica avevo sempre le cartine (1:25.000) con me. E l'utilizzo delle cartine ti impone di saperti orientare un minimo (e.g. trovare il nord) e trasferire quello che vedi sulla carta nella realtà tridimensionale che vedi intorno a te.

E sì, affidarsi esclusivamente alla traccia può causare problemi, tutti abbiamo sentito almeno una volta la storia di uno che è finito nei guai per aver seguito una traccia: la traccia può essere sbagliata, il GPS potrebbe non funzionare correttamente, il terreno potrebbe essere cambiato nel tempo, etc.

Come sempre l'unico strumento veramente indispensabile è il proprio cervello, e quello è sempre bene averlo acceso e funzionante.
 
Nel mio percorso da neofita ignorante, il gps mi ha permesso di iniziare , facendo uscite in posti a me ignoti e da solo. Avevo la carta, ma il gps era per me più accessibile.
Devo dire che nel tempo è cresciuta la voglia di una esprienza più semplice e immersiva, muovendomi con mappa e usando il gps come back up. Da cui lo studio di orientamento che sto facendo. È una cosa ancora agli inizi, ancora a livello di desiderio e non qncora di pratica, per cui vedremo..
Cmq direi che il.gpa mi ha fatto da levatrice accompagnafomj ad una voglia di più libertà e meno tecnologia
 
Gli spunti proposti dall'articolo sono parecchi, anche se molti non nuovi.
I ragazzi che ravanano come bestie su una pietraia mentre Ardito passa sul comodo sentiero poco sopra e gli dicono "non è possibile, la traccia è qui!" (negando cioè l'evidenza), non è una semplice banale risposta, ma la trasposizione "escursionistica" della terribile deriva attuale, per cui la forma mentis di tanti è quella di sostituire e scambiare letteralmente la realtà virtuale con quella reale.

Mi soffermo poi su quell'accenno ad Alto Adige (dove mi trovo), o Svizzera, perché colpisce in pieno un aspetto che non ho mai compreso. In questo preciso istante sto scrivendo seduto su due gradini davanti alla diga e al lago di Neves, reduce da un lungo anello iniziato stamane e giunto quasi a conclusione.
Tutto su sentieri perfettamente numerati, segnalati e rappresentati su una cartina, senza bisogno di alcuna traccia, progettazione attraverso app o quant'altro. Possibilità di perdersi pari a zero.
E allora mi chiedo: il problema è solo la sentieristica, oppure ci mettono del loro anche i cultori del gps pretendendo di andare in giro fuori sentiero, letteralmente alla cieca, infilandosi in qualsiasi anfratto, burrone, e quant'altro il gps gli suggerisca di andare ? Che poi tra l'altro non ho mai capito anche l'andare "fuori sentiero" per un escursionista normale, magari con zaino pesante, che senso avrebbe : è forse piacevole ritrovarsi con la schiena carica in mezzo a rovi, savane, pendii scoscesissimi, scivolosi ed esposti, pietraie dove inciampare e fratturarsi è un attimo, e così via ?
Perché questo sembra : che il gps di per sé, per il solo fatto di orientare e offrire una traccia, renda padroni assoluti del territorio, anzi proprio del terreno, a prescindere da qualsiasi sua morfologia: manca solo di camminare sulle acque...perché la traccia passa di lì.

Chiudo allegando l'ultimo dei tre commenti a quel post, in cui mi ritrovo in pieno: ormai andare in natura sembra essersi ridotto tutto a un parossistico, tracciare, conservare, riprodurre, schematizzare, raccontare, dichiarare dati (distanze, pendenze, dislivelli), ecc. ecc.
Un effluvio di tecnologia che si presta a narcisistici esibizionismo o che, in certi casi, fa addirittura venire il sospetto che sia la natura ad essere utilizzata come divertente "test" per la tecnologia stessa, anziché essere cercata, assaporata e goduta in quanto tale.
Non mi sembra un gran progresso.
 

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La provocazione è interessante, ma nel mio caso un po' inutile. Ho il cellulare con un buon software cartografico e di navigazione (osmand+), ma me lo porto solo "perché non si sa mai".
Certo, comodo fermarsi, aprire una app e sapere dove si è senza colpo ferire. Ma serve principalmente per capire a che punto sono ("quanto manca, papà?"), più che per avere un'idea di dove devo andare. La direzione, anche in un bosco fitto, anche nelle nuvole, so istintivamente qual è.
Nulla di straordinario, non ho mangiato una bussola da piccolo, come sostenevano i miei figli da bambini. Semplicemente, esperienza. Ho cominciato ad andare in montagna negli anni '60, bambino, con un papà geologo, che prima mi faceva "vedere" il percorso sulle carte igm. Fate i conti dei decenni di esperienza e capirete perché parlo di istinto.

Le tracce, se le scarico, è solo per avere un'idea a tavolino del percorso. Diciamo, per fare una simulazione dei tempi e delle difficoltà. Poi però non me le porto neanche dietro. So che il percorso sarà diverso, per forza: più lento, più veloce, in alcuni punti bisognerà fare un altro giro. In montagna è così, le variabili sono davvero tante. Così, arrivo al punto di partenza con un percorso di massima in testa e poi me la gioco di volta in volta, strada facendo.
È giusto? Sbagliato? Boh, a me piace così.
Ho un amico che è arrivato tardi alle escursioni: quando facciamo un giro già fatto e cambio percorso, lì per lì pensa ad un errore. Ha scoperto che invece, a volte il cambiamento è una necessità, altre volte è... noia! :)
 
https://www.stefanoardito.it/2022/0...cPqu0Pve_5RLjFw_49_jBo7sWC8AgzpGpXPXKFJa8nhyY

Interessantissima riflessione di Ardito sui dispositivi di tracciamento che mi sento di condividere in pieno essendone io stesso un utilizzatore.
Quanto si perde in termini di capacità personali e di adattamento utilizzando un GPS? Si può rischiare di affidarsi eccessivamente ad esso finendo per prendere decisioni totalmente illogiche?
A voi.

In ordine sparso:
  • Per me Ardito ha ragione al 100%. Anche se non saprei quanto, dove e come risolvere la cosa. Di sicuro, ci sono zone dove puoi far trekking marciando dalla mattina alla sera per 4,5,6 giorni senza nulla di nulla (senza carta, bussola, gps, niente) senza mai pensare o alzare lo sguardo, soltanto seguendo la segnaletica dei sentieri
  • Parlando di tracciamento, il link per l'articolo senza essere tracciati da Facebook appiccicato e' questo: https://www.stefanoardito.it/2022/06/28/una-riflessione-su-tracce-gps-e-sicurezza-presunta/ . @southrim , sarebbe carino correggere il link anche nel post originale (basta cancellare tutto da "?fbclid" in poi)
  • "ho trovato sulla pagina Facebook di una casa editrice del Lazio un’affermazione sorprendente: Una volta raggiunto l’eremo, si sconsiglia di proseguire per il Monte Fogliano..." Per intuire qual e' la casa editrice in questione bastano 2 millisecondi, per averne la certezza basta cercare su Google la frase in grassetto.

    E quando lo si fa, c'e' da farsi un sacco sia di risate che di domande, guardando gli autori coinvolti e pensando a come e grazie a chi quella casa editrice e' diventata leader del settore.

    Per dire, io adesso sarei anche curioso come una scimmia di sapere come e perche' son passati dal periodo dei titoli "A piedi in X" con carta, bussola e.. certi autori, all'attuale periodo "capovolto" sia nei titoli che nella filosofia, di "X a piedi", seguendo innanzitutto la traccia GPS

  • Parlando di consapevolezza sui sentieri, io francamente non capisco nemmeno quelli che li percorrono con le cuffiette, per motivi molto collegati a quelli di Ardito contro il GPS: la musica e' bella e indispensabile nella vita, ci mancherebbe, ma in momenti in cui dovresti davvero concentrarti su quello che hai intorno, sia per godertelo davvero che per ragioni di sicurezza, non la capisco. Ma di questo magari ne parliamo un'altra volta.
AGGIUNTA:

dopo questo thread e un controllo del catalogo attuale della casa in questione, in cui diversi titoli dell'epoca "A piedi in..." risultano gia' esauriti mi viene da andare di corsa per bancarelle a procurarmeli prima che spariscano, semplicemente per nostalgia :).

E Franco Michieli sembra un grande che finora mi era sfuggito, devo studiarmelo, grazie
 
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Ahh Franco Michieli.
Un mito, ricordo degli articoli bellissimi sulla Rivista della Montagna, raffinatissimi.
Grazie mille per averlo citato, cercherò qualche suo libro.
(Ricordo con gusto un aneddoto che aveva raccontato, sulla leva militare. Se non sbaglio sapevano che era forte in montagna, ma non lo avevano messo negli alpini. Un pomeriggio andò in libera uscita e fece una sorta di exploit in una cima vicina, con un tempo formidabile).

L'articolo è molto interessante, lo condivido, ma non mi stupisco.
Il GPS non ce l'ho, ma non per vezzo, al mio livello non serve.
In certi contesti può però essere provvidenziale.
Penso che goda dell'attrattiva, per alcuni, propria dei dispositivi digitali.
Ad esempio, quando anni fa giravo con amici, l'unico con la borsa topografica e qualche nozione di navigazione terrestre ero io. E se tiravo fuori bussola e carta i presenti si voltavano stupiti e divertiti ("ecco il nerd"). E pure preoccupati.
Quando sono apparsi i GPS, i Suunto e le App dedicate, tutti i miei amici si sono dotati di questi dispositivi.
Bussola, righello, goniometro, o coordinatometro, carta e penna no, manco per sbaglio. C'è stato il salto.
Ora anche su di una strada taglia fuoco vengono citate coordinate stile acquisitore di obiettivo. ("Ripulitemi quella collinaaa!")

Mi aveva condizionato o qualche articolo di Michieli o "Perdersi mi è dolce" di Passig/Scholz perchè ad un certo punto ho sposato il concetto che non ci si perde. Al limite non si sa dove si è. Nel Borneo magari è un problema, da noi basta guardarsi intorno ed eventualmente tornare sui propri passi (prima di fare la vaccata di tentare di evitare di perdere tempo, e cercare una scorciatoia, cercarla talmente pervicacemente, che non di rado è una scorciatoia per la cronaca locale).

L'unico rischio del GPS (che comunque è comodo, inutile girarci intorno) è che può dare confidenza a proseguire in condizioni di scarsa visibilità pensando più alla mappa invece che al territorio.
Molti incidenti avvengono perchè si pensa in termini lineari. In montagna non è sempre così. Ci sono passaggi, singolarità. Come delle chiavi. Alle volte non sono neanche nelle cartine più accurate. Occorre la serenità di accettare di non capire come avanzare, prendersi il lusso di esitare, e un po' armeggiare, un po' cercare indizi, alla fine trovare la traccia.
Questa parte, l'armeggiare, è considerata sconveniente. Credo sia anche ansiogena. "Ma perché, mica ci sono i tedeschi?" (citazione del padre di Andrea Gobetti).
Piace l'idea della certezza e della risolutezza, inevitabilmente in montagna ci si porta quello che si respira a casa o in ufficio.
Comunque, basta non farsi male e divertirsi, e va bene tutto.
 
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Cavolo che discussione complicata
secondo me la questione si riassume con solo due concetti:
- competenze
- attrezzatura
La seconda per quanto sia spaziale NON puo' sopperire alla prima e punto.
Ma se si ha la competenza allora l'attrezzatura puo' essere di aiuto. Vale per il GPS ma vale anche per qualsiasi altra cosa simile ad esempio: Lame spettacolari, se le metti in mano ad uno che non le sa usare fai danni, se invece le metti in mano ad uno esperto possono aiutare.
Quindi Prima acquisire le competenze e poi magari farsi aiutare dall'attrezzatura.
Io il gps lo tengo in tasca con l'allarme di fuori sentiero, ovvero se sbaglio strada quando sono a 10mt dalla traccia mi avvisa e io decido cosa fare (e spesso lo ignoro).
Pero' una considerazione la devo fare provate un po' a scendere da alcune cime senza gps quando si alza quella nebbia che non ti vedi manco la patta dei pantaloni....
Come sempre le mie sono solo considerazioni personali
Saluti The_Hawk
 
Non so, io ho notato che da quando ho il GPS studio molto meno il percorso e questo è un errore perché appunto si delegano alla tecnologia delle capacità personali. Poi chiaramente quando vado a fare escursioni particolarmente impegnative la pianificazione la faccio eccome, ma diciamo che su tracciati sulla carta facili l'utilizzo dello strumento tende a farmi abbassare la guardia. Chiaramente ognuno può utilizzarlo in un modo diverso ma mediamente non fatico a credere che la maggior parte dell'utenza veda nel GPS un sostituto integrale del senso di orientamento personale e dello studio preparatorio del tracciato. D'altronde accade lo stesso in città dove ormai vedo diverse persone non riuscire più a guidare per le strade di Roma senza il dispositivo.
 
A volte pur di prendersela con qualcuno si usa una narrazione con personaggi di comodo e fatti "aggiustati".

Esiste veramente un idiota talmente idiota non solo da farsi un intero percorso fuori sentiero "per seguire il GPS" ma perfino da rifiutare l'aiuto di chi segnala che il sentiero è a pochi metri?

E se veramente esiste un personaggio simile cosa ci importa se è destinato a campar poco o a finire nei casini? Perché impedire sempre e comunque alla pietosa legge di Darwin di fare il suo sporco lavoro?

Per finire: diciamolo francamente, quanti di noi hanno smadonnato in turco negli anni '90 per i sentieri del Lazio, quando l' unica risorsa disponibile erano le guide di... Stefano Ardito? (giocosamente soprannominate... "Perdersi nel Lazio"!)

Avessi avuto allora il GPS, ma che scherziamo?
 
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Esiste veramente un idiota talmente idiota non solo da farsi un intero percorso fuori sentiero "per seguire il GPS" ma perfino da rifiutare...

Mi sa che tu esci poco... Certo che ce ne stanno. A parte il fatto che uno come Ardito non ha certo bisogno di inventarsi storie se gli sta sul gozzo il GPS o qualsiasi altra cosa sul vivere la montagna.

se veramente esiste un personaggio simile cosa ci importa se è destinato a campar poco o a finire nei casini
Ci importa perche' e' l'esistenza e l'accettazione di queste persone che provoca per tutti (inclusi i contribuenti che pagano certi deliri pure se in montagna non ci vanno mai) i problemi chiaramente descritti nell'articolo (lo avete letto TUTTO?):

Il Parco Sirente-Velino, in Abruzzo, ha deciso che per camminare sui loro sentieri bisogna aver firmato uno scarico di responsabilità online, e aver scaricato una “traccia”

Aggiornamento: ho provato a cercare sul sito di quel Parco lo "scarico" da firmare, senza successo. Se qualcuno lo trova, faccia un fischio.
 
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https://www.stefanoardito.it/2022/06/28/una-riflessione-su-tracce-gps-e-sicurezza-presunta/

Interessantissima riflessione di Ardito sui dispositivi di tracciamento che mi sento di condividere in pieno essendone io stesso un utilizzatore.
Quanto si perde in termini di capacità personali e di adattamento utilizzando un GPS? Si può rischiare di affidarsi eccessivamente ad esso finendo per prendere decisioni totalmente illogiche?
A voi.

Non si può che essere d'accordo.

Prima del GPS andrebbe acceso il cranio.
 
A volte pur di prendersela con qualcuno si usa una narrazione con personaggi di comodo e fatti "aggiustati".

Esiste veramente un idiota talmente idiota non solo da farsi un intero percorso fuori sentiero "per seguire il GPS" ma perfino da rifiutare l'aiuto di chi segnala che il sentiero è a pochi metri?

E se veramente esiste un personaggio simile cosa ci importa se è destinato a campar poco o a finire nei casini? Perché impedire sempre e comunque alla pietosa legge di Darwin di fare il suo sporco lavoro?

Per finire: diciamolo francamente, quanti di noi hanno smadonnato in turco negli anni '90 per i sentieri del Lazio, quando l' unica risorsa disponibile erano le guide di... Stefano Ardito? (giocosamente soprannominate... "Perdersi nel Lazio"!)

Avessi avuto allora il GPS, ma che scherziamo?

Io nei primi anni di escursionismo andavo in giro con cartina (a volte manco quella) e con le guide di Ardito che portavo nello zaino e tiravo fuori ad ogni bivio. Non mi sono mai perso anche perché seguivo il tracciato con una attenzione meticolosa non avendo alcun supporto tecnologico a salvarmi il posteriore all'evenienza.
Ho imparato molto di più in quelle situazioni, magari con escursioni di media difficoltà, che uscendo oggi con il gps e improvvisando anelli molto più arditi (tanto per restare in tema).
 
E se veramente esiste un personaggio simile cosa ci importa se è destinato a campar poco o a finire nei casini? Perché impedire sempre e comunque alla pietosa legge di Darwin di fare il suo sporco lavoro?
Il problema è che poi qualcuno deve andarli a recuperare, con costi a carico della comunità e talvolta rischio personale per gli addetti al soccorso. Come in mille altri campi (per me in primis la guida) l'elettronica può essere d'aiuto ma spesso risulta essere una falsa sicurezza per persone che si affidano ad essa in maniera totale, dimenticando le basi tecniche di quello che sta dietro e che l'elettronica si propone di sostituire. Ci vuole sempre consapevolezza e utilizzare certi strumenti come supporto, non come un dictat e tenendo sempre acceso il cervello.
Io stesso, almeno per uso su strada, mi affido per praticità al GPS, un po' perché le strade cittadine mi sembrano tutte uguali e non ho interesse (curiosità) a conoscerle, un po' perché preferisco focalizzarmi sulla sola guida sia per la parte tecnica che di sicurezza (visto il traffico e la capacità media dei conducenti, che fan tutto meno che guidare).
Grazie @southrim per l'articolo, molto interessante.
 
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L'importante è non farsi male e divertirsi. Io uso sempre di più metodi criollos, (a c...) e mi diverto così, ma grazie al cielo i gusti sono diversi e cambiano nel tempo, magari in futuro mi intrippo di GPS e inizio a scaricare tracce, e al contrario qualcun altro inizia a usare mappe a schizzo (con la Bic) e la raccolta di info nei bar di paese.
 
A volte pur di prendersela con qualcuno si usa una narrazione con personaggi di comodo e fatti "aggiustati".

Esiste veramente un idiota talmente idiota non solo da farsi un intero percorso fuori sentiero "per seguire il GPS" ma perfino da rifiutare l'aiuto di chi segnala che il sentiero è a pochi metri?

E se veramente esiste un personaggio simile cosa ci importa se è destinato a campar poco o a finire nei casini? Perché impedire sempre e comunque alla pietosa legge di Darwin di fare il suo sporco lavoro?

Per finire: diciamolo francamente, quanti di noi hanno smadonnato in turco negli anni '90 per i sentieri del Lazio, quando l' unica risorsa disponibile erano le guide di... Stefano Ardito? (giocosamente soprannominate... "Perdersi nel Lazio"!)

Avessi avuto allora il GPS, ma che scherziamo?
Certo alcuni potrebbero dire, legittimamente: Ardito conserva la memoria e l'affezione al modo di andare in montagna di 40 anni fa, e non accetta quello dei contemporanei.
Oppure : cambiano i tempi, e lui non è cambiato con essi.
Tutte lecite queste obiezioni, tuttavia se ne potrebbero trovare anche altre di opposte. Ad esempio, che il suo lunghissimo articolo potrebbe condensarsi in una sola frase : "oggi la grande maggioranza di persone non saprebbe andare in montagna senza gps". O in senso esteso: non saprebbe vivere la natura senza tecnologia.
Tutto qui.
Ma allora, in questo caso, smettiamola almeno con la retorica della fuga e dell'avventura.
 
Pianificare l'uscita, studiare e memorizzare il tracciato sulla carta igm, stampare la sezione dell'escursione e portarsela dietro insieme alla bussola (in molti gps la bussola funziona solo se ci si muove) ed il gps con la traccia, perchè permette in modo più rapido di capire, grosso modo, dove si è. E' uno strumento utile ma non fondamentale quanto la bussola e la cartina.
 
Consiglio anche io di leggere Michieli.
Io ho appena letto "La vocazione del perdersi" e gli spunti sono moltissimi.
Non è solo il problema dello "smarrire" delle capacità di orientamento. E' qualcosa che va più in profondità nelle faccende evolutive.
Consiglio la lettura.
A tal proposito consiglio anche "Sulla pista animale" che, introducendo un approccio ancora diverso (Michieli studia la geografia dei territori prima di intraprendere un viaggio) l'autore francese (Morizot) invece abbandona il tracciamento umano seguendo esclusivamente le tracce animali.
 
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