- Parchi del Trentino-Alto Adige
-
- Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina
Dati :
Data: 08.07.2016
Regione e provincia: Trentino Alto Adige, prov. Bolzano
Località di partenza: Casere (Kasern), fraz. di Predoi, 1582 m.
Località di arrivo: Forcella del Picco, 2665m.
Tempo di percorrenza:
Chilometri:
Grado di difficoltà: E+ (sentieristica ottima)
Descrizione delle difficoltà: solo un po' di attenzione in prossimità della forcella
Periodo consigliato:
Segnaletica: Ottima
Dislivello in salita: 1083 m.
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 2665 m.
Accesso stradale: Casere
Descrizione
Un saluto a tutti.
Torno a scrivere dopo parecchio tempo in questo forum, e dopo ancor più tempo di un'escursione (in realtà una di una piccola serie svolte sull'arco di una settimana).
Si tratta di luoghi nei quali sono tornato a distanza di quasi dieci anni dall'ultima volta - e ad oltre 15 dalla prima - e da me tra i più amati in assoluto. In un certo senso, quindi, tornare anche sul forum per scriverne rappresenta l'altra faccia della stessa medaglia, dello stesso bisogno.
Valle Aurina, Alto Adige, il più profondo ed estremo Nord d'Italia, l'opposto di Lampedusa. Due luoghi antitetici (sotto mille aspetti non certo solo geografici) ma, per uno strano gioco del destino, uniti dal filo invisibile del nuovo fenomeno delle migrazioni come ormai tutti quelli di frontiera : a pochi chilometri da qui c'è il Brennero, dove ci si ripromette di piazzare fili spinati, ma in realtà tutt'intorno le stesse creste costituiscono un confine naturale senza soluzione di continuità...: i fili verranno messi anche su quelle ?
A ben vedere qui tutto odora di frontiera da ben prima che si materializzassero i migranti : questo sembra un frammento teutonico appiccicato all'Italia, attraversando il quale l'italiano prova non di rado la strana quanto tipica sensazione di essere lui il "migrante" (sia pur di lusso), e l'istinto di "approfittarne finchè dura".
Più che integrazione c'è tolleranza, l'atmosfera umana è permeata da una sorta di sottinteso "patti chiari amicizia lunga" che non è certo poco, sia chiaro, eppure dà comunque l'idea di una convivenza basata più sulla convenienza, sul portafoglio, che su un sentimento comune.
A me non dispiace del tutto visto che per non pochi aspetti caratteriali, in fondo, mi sento più vicino proprio ai tedeschi che agli italiani...forse sarà (anche) da questo che deriva la mia affezione ai posti: ossia il trovarli proprio come intimamente mi aspetto che siano, che siano trattati, che siano custoditi.
E purtuttavia, il rischio di generalizzare nelle impressioni e nei giudizi è sempre dietro l'angolo. Alla stazione ferroviaria di Fortezza, carico di valigie come un mulo, me ne son visto prenderne una di peso e di getto da un signore meranese sui 60 anni, sonante accento crucco, al quale mi ero avvicinato solo per chiedere un'informazione: di propria iniziativa, senza neppure dargli il tempo di dire un "no, grazie" di cortesia. Giusto per smentire lo stereotipo dell'egoismo tedesco ( o forse avrei dovuto domandarmi come dovevo sembrar conciato per riuscire a impietosire un crucco ? ).
Tutto emana ordine, precisione, pulizia.
In primo luogo è la natura stessa che sembra partecipare a ciò, rasentando quasi la leziosità - almeno fino a certe quote - nella sua riproposizione costante di fianchi vallivi fitti di conifere, punteggiati da radure verde smeraldo che sembrano rasate con un tosaerba. Ma in questo viene assecondata in pieno anche dall'uomo indigeno con una serie di elementi così onnipresenti da poter essere considerati dei veri e propri simboli, di una peculiarità inconfondibile : i gerani ai balconi, sempre così perfetti da sembrare finti (e invece son veri) ; le malghe disseminate ovunque, anch'esse così composte da apparire attrazioni turistiche (e invece sono reali !), con tutt'intorno un odore di stallatico che si integra con quello dell'erba fresca e sembra a sua volta dosato per avvicinarsi più al profumo che alla puzza. Le edicole sacre, col Crocifisso sotto al tetto spiovente, che punteggiano strade e sentieri quasi a voler richiamare - anche per chi non crede - un senso di umiltà verso tutto quanto attorno.
Soltanto più su, ancora più in alto, l'uomo quasi scompare con i suoi manufatti ma soprattutto la stessa natura si libera delle briglie e sembra "abbandonarsi" al disordine armonioso del selvaggio che caratterizza ed accomuna ovunque la montagna.
Torno dunque qui dopo esserne mancato dai primi anni 2000, mosso da una sorta di istinto.
Ho sempre pensato che il desiderio di rivisitare un luogo, quello che consideriamo un luogo del cuore qualsiasi esso sia, derivi proprio dall'essenza del "luogo" in quanto tale: una natura ibrida, che racchiude e fonde l'immutabilità di un oggetto e il cambiamento a cui è soggetta una persona.
Un luogo non invecchia, noi sì : dunque è qualcosa di in-animato che però custodisce quel pezzetto di anima che noi ogni volta ci lasciamo allontanandocene, quasi in custodia, con la segreta inconscia speranza di ritrovarlo intatto ad ogni nostro ritorno. Torniamo a ritrovare la nostra natura primigenia, la più autentica, la più vera, risalente ad anni, talvolta persino a decenni prima, quand'eravamo ancora bambini, mentre nel frattempo la vita ci ha cambiato tutto il resto. Forse l'istinto sta proprio qui : usando parole non mie, " il desiderio di ricongiungimento con ciò che aderisce di più alla nostra natura è un assioma dell'umanità".
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L'escursione inizia qui, a Casere (Kasern), 1582 m., che rappresenta l'abitato più settentrionale d' Italia, condividendo per ovvi motivi la peculiarità di questo "primato" con tanti altri elementi geografici e morfologici di questo fazzoletto di terra : la vetta, la chiesa, il rifugio, ecc. ecc.
Ci troviamo nella parte più settentrionale della Valle raggiunta dalla strada Statale. Oltre il parcheggio (limite obbligatorio per le auto), la Valle continua però con una larga sterrata - riservata alle sole auto di servizio dei rifugi che si trovano oltre - per poi infine, come vedremo, ridursi a un semplice sentiero che si inerpica in due frazioni successive, intervallate da un ampio pianoro. La parte più alta, la vera origine della Valle, da cui si origina il torrente Ahr che le dà il nome tedesco (Ahrtal) si trova in corrispondenza della cosiddetta Forcella del Picco, ossia il valico lungo il confine in corrispondenza del quale ci si affaccia sulla valle attigua in territorio austriaco : "forcella" sta ad indicare l'inconfondibile forma del valico visto da sotto, anche da lontano (appena fuori Casere), il "Picco" si riferisce al Picco dei 3 Signori, l'imponente montagna che si trova alla sua destra in prosecuzione della cresta di confine, e che costituisce una delle cime più elevate dell'intera Valle (3500 m.).
Il luogo di partenza.
La forcella s'intravede già da subito, in quella piccola "V" centrale formata dalla cresta.
Corrisponde all'origine della Valle (lunga oltre 20 km.) e vi transita il confine.
Il percorso viene condiviso da diverse altre specie ...
Qui termina la sterrata, ed il sentiero comincia ad inerpicarsi.
Un cartello dà fin da ora il benventuo al Rifugio Br. Tridentina
Si svalica sul primo pianoro...
Dove il sentiero viene ad assomigliare al basolato romano (manco fosse l'Appia Antica)
Si riprende a salire...
Il pianoro visto dall'alto
Sulla cresta del versante sinistro della Valle il tempo è più che mai incerto. Un percorso alternativo rispetto a quello da me effettuato sarebbe consistito in un anello, iniziando con una deviazione già poco dopo Casere, transitando per il rifugio dei Tauri (nella foto, zoomato), poi per il Passo dei Tauri (con eventuale deviazione alla Vetta D'Italia) e ricongiungimento in quota nei pressi della Forcella.
Si comincia a vedere la forcella in modo ravvicinato.
Il punto di ricongiungimento tra il sentiero in cresta (13A) e quello diretto (13) accennato poc'anzi.
Il vecchio Rifugio Brigata Tridentina, il più settentrionale d'Italia.
Il Picco dei Tre Signori (3499 m.), più o meno zoomato, ed il sottostante ghiacciaio,
Si prosegue oltre il Rifugio...
e siamo in vista della Forcella.
...sempre con il Picco ad incombere sulla destra.
Siamo ormai a livello della forcella e occorre attraversare un breve tratto in alternanza tra neve e ghiaione
e finalmente si spalanca il panorama sul versante austriaco. In fondo potrebbe essere un valico alternativo al vicino Brennero, per evitare le code...e il Tridentina a fungere da autogrill
Sguardo verso Nord alla Vetta d'Italia...
...e nuovamente al Picco che stavolta è possibile immortalare in modo più nitido, con le nuvole baluginanti che si sono temporaneamente diradate.
Con lo zoom si può apprezzare il curioso profilo di un tratto di cresta a dx del Picco, dove la pietra sembra piegata da qualche folata di vento...
Dopodiché arriva il solito momento più sgradevole dei percorsi A / R : quello di girare le suole e tornare indietro. Ma per le condizioni in cui ero, a rischio di bloccarmi in qualsiasi momento e fin dal primo giorno costretto a rinfoderare tutte le mie iniziali velleità, è stato già un mezzo miracolo. Benedirò sempre i sentieri di questi posti, altrove pressoché introvabili.
Data: 08.07.2016
Regione e provincia: Trentino Alto Adige, prov. Bolzano
Località di partenza: Casere (Kasern), fraz. di Predoi, 1582 m.
Località di arrivo: Forcella del Picco, 2665m.
Tempo di percorrenza:
Chilometri:
Grado di difficoltà: E+ (sentieristica ottima)
Descrizione delle difficoltà: solo un po' di attenzione in prossimità della forcella
Periodo consigliato:
Segnaletica: Ottima
Dislivello in salita: 1083 m.
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 2665 m.
Accesso stradale: Casere
Descrizione
Un saluto a tutti.
Torno a scrivere dopo parecchio tempo in questo forum, e dopo ancor più tempo di un'escursione (in realtà una di una piccola serie svolte sull'arco di una settimana).
Si tratta di luoghi nei quali sono tornato a distanza di quasi dieci anni dall'ultima volta - e ad oltre 15 dalla prima - e da me tra i più amati in assoluto. In un certo senso, quindi, tornare anche sul forum per scriverne rappresenta l'altra faccia della stessa medaglia, dello stesso bisogno.
Valle Aurina, Alto Adige, il più profondo ed estremo Nord d'Italia, l'opposto di Lampedusa. Due luoghi antitetici (sotto mille aspetti non certo solo geografici) ma, per uno strano gioco del destino, uniti dal filo invisibile del nuovo fenomeno delle migrazioni come ormai tutti quelli di frontiera : a pochi chilometri da qui c'è il Brennero, dove ci si ripromette di piazzare fili spinati, ma in realtà tutt'intorno le stesse creste costituiscono un confine naturale senza soluzione di continuità...: i fili verranno messi anche su quelle ?
A ben vedere qui tutto odora di frontiera da ben prima che si materializzassero i migranti : questo sembra un frammento teutonico appiccicato all'Italia, attraversando il quale l'italiano prova non di rado la strana quanto tipica sensazione di essere lui il "migrante" (sia pur di lusso), e l'istinto di "approfittarne finchè dura".
Più che integrazione c'è tolleranza, l'atmosfera umana è permeata da una sorta di sottinteso "patti chiari amicizia lunga" che non è certo poco, sia chiaro, eppure dà comunque l'idea di una convivenza basata più sulla convenienza, sul portafoglio, che su un sentimento comune.
A me non dispiace del tutto visto che per non pochi aspetti caratteriali, in fondo, mi sento più vicino proprio ai tedeschi che agli italiani...forse sarà (anche) da questo che deriva la mia affezione ai posti: ossia il trovarli proprio come intimamente mi aspetto che siano, che siano trattati, che siano custoditi.
E purtuttavia, il rischio di generalizzare nelle impressioni e nei giudizi è sempre dietro l'angolo. Alla stazione ferroviaria di Fortezza, carico di valigie come un mulo, me ne son visto prenderne una di peso e di getto da un signore meranese sui 60 anni, sonante accento crucco, al quale mi ero avvicinato solo per chiedere un'informazione: di propria iniziativa, senza neppure dargli il tempo di dire un "no, grazie" di cortesia. Giusto per smentire lo stereotipo dell'egoismo tedesco ( o forse avrei dovuto domandarmi come dovevo sembrar conciato per riuscire a impietosire un crucco ? ).
Tutto emana ordine, precisione, pulizia.
In primo luogo è la natura stessa che sembra partecipare a ciò, rasentando quasi la leziosità - almeno fino a certe quote - nella sua riproposizione costante di fianchi vallivi fitti di conifere, punteggiati da radure verde smeraldo che sembrano rasate con un tosaerba. Ma in questo viene assecondata in pieno anche dall'uomo indigeno con una serie di elementi così onnipresenti da poter essere considerati dei veri e propri simboli, di una peculiarità inconfondibile : i gerani ai balconi, sempre così perfetti da sembrare finti (e invece son veri) ; le malghe disseminate ovunque, anch'esse così composte da apparire attrazioni turistiche (e invece sono reali !), con tutt'intorno un odore di stallatico che si integra con quello dell'erba fresca e sembra a sua volta dosato per avvicinarsi più al profumo che alla puzza. Le edicole sacre, col Crocifisso sotto al tetto spiovente, che punteggiano strade e sentieri quasi a voler richiamare - anche per chi non crede - un senso di umiltà verso tutto quanto attorno.
Soltanto più su, ancora più in alto, l'uomo quasi scompare con i suoi manufatti ma soprattutto la stessa natura si libera delle briglie e sembra "abbandonarsi" al disordine armonioso del selvaggio che caratterizza ed accomuna ovunque la montagna.
Torno dunque qui dopo esserne mancato dai primi anni 2000, mosso da una sorta di istinto.
Ho sempre pensato che il desiderio di rivisitare un luogo, quello che consideriamo un luogo del cuore qualsiasi esso sia, derivi proprio dall'essenza del "luogo" in quanto tale: una natura ibrida, che racchiude e fonde l'immutabilità di un oggetto e il cambiamento a cui è soggetta una persona.
Un luogo non invecchia, noi sì : dunque è qualcosa di in-animato che però custodisce quel pezzetto di anima che noi ogni volta ci lasciamo allontanandocene, quasi in custodia, con la segreta inconscia speranza di ritrovarlo intatto ad ogni nostro ritorno. Torniamo a ritrovare la nostra natura primigenia, la più autentica, la più vera, risalente ad anni, talvolta persino a decenni prima, quand'eravamo ancora bambini, mentre nel frattempo la vita ci ha cambiato tutto il resto. Forse l'istinto sta proprio qui : usando parole non mie, " il desiderio di ricongiungimento con ciò che aderisce di più alla nostra natura è un assioma dell'umanità".
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L'escursione inizia qui, a Casere (Kasern), 1582 m., che rappresenta l'abitato più settentrionale d' Italia, condividendo per ovvi motivi la peculiarità di questo "primato" con tanti altri elementi geografici e morfologici di questo fazzoletto di terra : la vetta, la chiesa, il rifugio, ecc. ecc.
Ci troviamo nella parte più settentrionale della Valle raggiunta dalla strada Statale. Oltre il parcheggio (limite obbligatorio per le auto), la Valle continua però con una larga sterrata - riservata alle sole auto di servizio dei rifugi che si trovano oltre - per poi infine, come vedremo, ridursi a un semplice sentiero che si inerpica in due frazioni successive, intervallate da un ampio pianoro. La parte più alta, la vera origine della Valle, da cui si origina il torrente Ahr che le dà il nome tedesco (Ahrtal) si trova in corrispondenza della cosiddetta Forcella del Picco, ossia il valico lungo il confine in corrispondenza del quale ci si affaccia sulla valle attigua in territorio austriaco : "forcella" sta ad indicare l'inconfondibile forma del valico visto da sotto, anche da lontano (appena fuori Casere), il "Picco" si riferisce al Picco dei 3 Signori, l'imponente montagna che si trova alla sua destra in prosecuzione della cresta di confine, e che costituisce una delle cime più elevate dell'intera Valle (3500 m.).
Il luogo di partenza.
La forcella s'intravede già da subito, in quella piccola "V" centrale formata dalla cresta.
Corrisponde all'origine della Valle (lunga oltre 20 km.) e vi transita il confine.
Il percorso viene condiviso da diverse altre specie ...
Qui termina la sterrata, ed il sentiero comincia ad inerpicarsi.
Un cartello dà fin da ora il benventuo al Rifugio Br. Tridentina
Si svalica sul primo pianoro...
Dove il sentiero viene ad assomigliare al basolato romano (manco fosse l'Appia Antica)
Si riprende a salire...
Il pianoro visto dall'alto
Sulla cresta del versante sinistro della Valle il tempo è più che mai incerto. Un percorso alternativo rispetto a quello da me effettuato sarebbe consistito in un anello, iniziando con una deviazione già poco dopo Casere, transitando per il rifugio dei Tauri (nella foto, zoomato), poi per il Passo dei Tauri (con eventuale deviazione alla Vetta D'Italia) e ricongiungimento in quota nei pressi della Forcella.
Si comincia a vedere la forcella in modo ravvicinato.
Il punto di ricongiungimento tra il sentiero in cresta (13A) e quello diretto (13) accennato poc'anzi.
Il vecchio Rifugio Brigata Tridentina, il più settentrionale d'Italia.
Il Picco dei Tre Signori (3499 m.), più o meno zoomato, ed il sottostante ghiacciaio,
Si prosegue oltre il Rifugio...
e siamo in vista della Forcella.
...sempre con il Picco ad incombere sulla destra.
Siamo ormai a livello della forcella e occorre attraversare un breve tratto in alternanza tra neve e ghiaione
e finalmente si spalanca il panorama sul versante austriaco. In fondo potrebbe essere un valico alternativo al vicino Brennero, per evitare le code...e il Tridentina a fungere da autogrill
Sguardo verso Nord alla Vetta d'Italia...
...e nuovamente al Picco che stavolta è possibile immortalare in modo più nitido, con le nuvole baluginanti che si sono temporaneamente diradate.
Con lo zoom si può apprezzare il curioso profilo di un tratto di cresta a dx del Picco, dove la pietra sembra piegata da qualche folata di vento...
Dopodiché arriva il solito momento più sgradevole dei percorsi A / R : quello di girare le suole e tornare indietro. Ma per le condizioni in cui ero, a rischio di bloccarmi in qualsiasi momento e fin dal primo giorno costretto a rinfoderare tutte le mie iniziali velleità, è stato già un mezzo miracolo. Benedirò sempre i sentieri di questi posti, altrove pressoché introvabili.
Allegati
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