- Parchi dell'Emilia-Romagna
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- Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano
Questa è stata la mia prima uscita del 2014. Quest'anno non sono neppure allenato, a riprova, che anche un percorso che richiede un certo impegno, può essere affrontato da chiunque, basta avere la voglia di alzarsi la mattina e camminare. Inoltre la possibilità di pernottare in strutture ricettive sparse ovunque lungo il percorso, anche al di fuori dei centri abitati rende il trekking scomponibile come una serie di semplici uscite giornaliere.
Personalmente ho operato la scelta di ridurre il peso del mio zaino, selezionando con accortezza cosa portare e cosa no. Il risultato è stato uno zaino che escludendo i consumabili (acqua, cibo, alcool) si aggirava sui 9kg. Per l'acqua io giravo con 2L. 1L è più che sufficiente per la giornata, a patto di regolare l'andatura, sopratutto il primo e l'ultimo giorno le fonti sono svariate lungo il percorso. L'ulteriore litro mi consentiva la sera di cucinare, lavarmi i denti e lavare le stoviglie. Secondo me la primavera è il periodo migliore, giornate lunghe, temperature miti in quota. La notte non faceva mia freddo, fresco si, ma con una felpa di deca modello base si stava benissimo.
Di seguito il report giorno per giorno.
Ho sempre dormito fuori tranne il giorno 3 che ho pernottato al camping il sergente, anche come sosta tecnica.
Giorno 0
Il giorno del mio avvicinamento era stato pianificato per essere estremamente semplice e lineare. Treno da roma a sasso marconi. Si avete letto bene, di base volevo saltare quei 13km da bologna a sasso marconi, e recuperare un giorno. Caso vuole che per motivi di famiglia mi son dovuto recare il medesimo giorno in toscana, e da li muovermi alla volta di sasso marconi. Il risultato è stato che ho lasciato la macchin a firenze e sono giunto a sasso alle nove di sera con 38 di febbre e un gran mal di testa.
Sbrigate le pratiche per prendere una stanza, mangiato al volo in una trattoria sulla piazza principale di S.m. (invero mangiato anche bene.) vado a dormire per le dieci e mezza.
Giorno 1
Mi sveglio alle 10! Sto meglio, la febbre è una lieve alterazione, passo in farmacia a prendere un aspirina e mi avvio ad incominciare.
Passo il ponte sul reno, passo sotto i cavalcavia dell'autostrada, e inizio il sentiero, sbagliando subito al bivio, invece di prendere il più blando sentiero 122, imbocco il ripido e implacabile 118, che mi porterà alla sella di monte mario e poi sul monte mario vero e proprio, immediatamente a contatto con il contrafforte pliocenico, vera star di questo tratto del sentiero. I segnavia sono sporadici, spesso poco visibili, risultato imbocco sentieri sbagliati, o diversivi in maniera imbarazzante. solo gli incroci principali sono adorni di ben visibili e chiare palerie. Alla fine arrivo a badolo da un sentiero secondario, che mi consente inoltre di fare rifornimento di acqua a una fonte non segnalata sulla carta. Continuo oltre badolo, riattacco il contrafforte, e nell'imbrunire arrivo al monte adone, lo supero non prima di aver lasciato un paio di righe sul libro di cima. Scendo di un 100m di quota, trovo uno spiazzo con i resti di un fuoco, e una panca con tavolo! Soffia un ponente forte con raffiche fastidiose, cerco quindi un posto riparato per alzare il tarp. Lo monto, mi accendo un fuoco, anche se non ho nulla da fare alla brace, nell'imbrunire un focolare fa sempre casa, anche su una antecima a 30 metri da uno strapiombo che precipita per 400m. Mi cucino una zuppetta con il fonello ad alcool, guaro per un pò le braci, penso al fatto che sono solo e non ho incontrato nessuno, e la cosa un po mi intristisce. Vado a dormire. La notte mi sveglio svariate volte, il materassino scivola sulla plastica che mi protegge dal suolo, il giaciglio è in lieve pendenza, il prezzo da pagare per essere a riparo dal vento furioso.
Giorno 2
Mi sveglio in tarda mattinata, son quasi le 9, smonto rapidamente il campo, piego il tarp e alle 9:30 sono già in movimento, la giornata è nuvolosa, il sole è un punto offuscato tra le nubi. Il vento è rinforzato, indosso l'antivento è mi metto in movimento. Raggiungo in breve brento, lo supero, lungo tratto su asfalto, arrivo alla carrareccia che aggira monterumici, supero anche questa, torno su asfalto fino a monzuno, dove arrivo che i negozi han chiuso da 20 minuti, son le 12:50, il tempo è brutto, tuttavia riesco ad acquistare una salsiccia dal macellaio sulla piazza. Riempio le bottiglie dalla fontanella, mangio un paio di nocciole, guardo la fauna del bar di fronte, le rade macchine che passano. Mi riposo per una 20ina di minuti e mi rimetto in movimento. Ormai fuori il paese presso il campo sportivo comincia a piovigginare, ri indosso l'antivento. Supero l'agriturismo, che inizia a piovere seriamente. Sono tentato, vedo come un segno del destino, il trovare sto agriturismo in mezzo al nulla prorpio mentre inizia a piovere seriamente. Accetto il destino. Indosso la giacca antipioggia e proseguo, entro nel bosco, le scapre fanno cattiva presa sul terreno fradicio, incorocio un cinghiale bello grosso. E di li a poco un pastore con le pecore che mi avvisa di stare attento ai lupi. Non è il primo che me lo dice, ma sono convinto che il lupo sia troppo furbo per mettersi a litigare con un uomo, sopratutto in una stagione come la primavera in cui non mancano alternative più redditizie. Supero il pastore e continuo a salire, monte venere? Non mi ricordo. E' già meta pomeriggio quando raggiungo la vetta e scorgo alla mia sinistra in lontananza le pale eoliche del monte galletto. Le avevo viste anche la sera prima, lontanissime all'orizzonte, e adesso son li, che potrei quasi prenderle. Arrivo alla stazione telecom, recintata come fort knox, la supero ed entro in una strada bianca, larga e senza nessuno. Il cielo comincia ad aprirsi, e tardo pomeriggio, quando arrivo al galletto e il sole filtra tra le nuvole e le pale eoliche con il loro assordante ruggito. Il rumore di un jet d'alta quota, che non sfuma mai nella lontanza. Ma rimane. costante. Comincio ad essere stanco. Supero le pale e ampi prati verdi immensi. Il vento è così forte da risultare davvero fastidioso. Le raffiche quasi mi buttano a terra. Eppure non riesco a staccare gli occhi dalla strada bianca che fende questi campi verdi, un immagine bucolica che pare uscita da qualche scorcio di Myazaky. Arrivo sulla strada, trovo un casotto dell'enel e cerco riparo dal vento, mi mangio un po di nocciole e mandorle. Mi rendo conto che da quando son partito l'appetito mi è diminuito moltissimo, in un intera giornata mangio 3 barrette ai cereali.
Arrivo a madonna dei fornelli, stanco e triste, la cittadina è una località di villeggiatura dei bolognesi, tipo altipiani di arcinazzo o monte livata, e siccome non è ancora stagione, non c'è nessuno, è tutto chiuso, e in giro ci son solo vecchi, e macchine di passaggio. Mi assale una grande tristezza, non ho incontrato nessuno. Tira vento, fa freddo. Non c'è nessuno. Solo vecchi. Mi prende un grande sconforto. Ho una salsiccia, ma non ho legna per fare un fuoco.
Cerco un posto riparato e in piano, lo trovo alle propagini del paese, in alto, dove ci sono case in costruzione, monto il tarp. Guardo la sera colorare il cielo alfine limpido. Decido di andare in paese per ricaricare la macchina fotografica e quindi di mangiare una pizza. Sono l'unico avventore del locale, addirittura accendono la sala per me. I lumini sono così fievoli e mesti che mi sovviene il racconto "la morte" di dickens.
La pizza non è un gran che. Esco, fa freddo. Attraverso il bosco, la salita, e torno al tarp che cadono le prime gocce. Sintesi perfetta del mio umore. Sono tentato di mollare. Non mi sto divertendo. tanto, troppo asfalto. Saliscendi inutili. E nessuno.
Mi metto a dormire, che fuori inizia a piovere.
Piove tutta la notte.
Giorno 3
Mi svegliano i commenti degli operai della casa in costruzione sul mio tarp. Mi cambio e mi vesto, esco da sotto il tarp, fuori mi accoglie un cielo plumbeo e pesante, un omogenea coltre grigia ricopre il cielo. Intorno è tutto bagnato. smonto il campo. Regalo la salsiccia e il pane preso al forno il giorno prima agli operai, e mi metto in marcia, voglio lasciare il prima possibile madonna dei fornelli. La giornata è una lunga ascesa tra i boschi, resa impervia dal fatto che il passaggio da percorrere è stretto e angusto, e peggio ancora usato dall'acqua per defluire verso valle. Ovunque c'è acqua che scorre e fango. Ma il peggio deve venire. Raggiungo pian balestra, mi inoltro in un bosco di abeti neri, completamente differente da tutto quello visto finora, fatto di lecci o castagni. Sembra di essere tra le alpi. Il bosco è cupo. Gli alberi nascondono la luce, il sottobosco è praticamente assente, tutto è coperto da un velo di aghi rossicci. L'aria è fresca, e a tratti il cielo mostra benevoli stralci di cielo tra le nuvole. E poi, infine davanti a un cancello spalancato, la fitta e cupa foresta lascia il passo a verdi colline coperte di fiori, e lo sguardo può fuggire lontano, alla valle sottostante.
La tentazione di sedersi sotto un albero a guardare le nuvole in cielo è fortissima. I prati di maggio, adorni di margherite, denti di leone, borraggine e papaveri, sembrano chiamarmi come una coperta su cui distendermi. e invece ancora una volta proseguo. Più avanti il terrenno è segnato dal passaggio d i macchine per il taglio e il movimento dei tronchi, e difatti ampie, ampissime zone sono state disboscate, e la luce del sole picchia implacabile, ove nn c'è alcun albero a recar ombra. I segni dei cingoli sul sentiero, si son riempiti la notte precedente di acqua, trasformando la discesa verso il cimitero germanico in una lunga ed estenuante lottam contro il fango. Il fango è ovunque, talora palese, in altri casi il terreno sembra solido, ma si affonda non appena vi si posa il piede. E' cosi infatti che finisco per perdere la scarpa. Faccio un passo odo un "swuuosh" e sollevo il calzino sinistro. La scarpa è visibile in fondo a un orma profonda 30cm. Recupero la scarpa, e alla fine arrivo al cimitero germanico, poi alla futa, poi al basolato e infino a monte di fo, al camping il sergente, dove pernotto. Dormo sotto un tendone di plastica, per terra, così da nn dover montare il tarp ed essere più velòoce l'indomani.
La sera a cena trovo un gruppo che fa il mio stesso giro, tuttavia hanno adottato un approccio più soft, pernotti in alberghi, b&b e viaggiano con lo zainetto giornaliero, ogni giorno i vestiti vengono portati da un posto all'altro dal luogo che lasciano. Io invece come una tartaruga mi porto dietro casa. Faccio una bella cena. Ottimi i tortelli alle patate. Lavo un po di roba e l'asciugo. E' stata una lunga giornata, ma l'aver camminato quasi sempre nel bosco la resa magnifica, nonostante il fango.
Giorno 4
Mi sveglio alle 7 e alle 7:30 già lascio il sergente, dove tutti dormono ancora. Mi aspetta una giornata magnifica, proficua e drammatica, ma io questo ancora non lo so. Non rivedrò più il gruppo di bolognesi, starò sempre avanti a loro. Parto di buona lena, e nella'ria fersca del mattino, mantengo un ottimo ritmo. Tanto che arrivo al passo dell'osteria bruciata che sono appena le dieci. E qui fatalmente preda della hyubris, decido che non voglio perdere la quota aquisita e che so che domani dovrò riguadagnare, decido quindi di non andare ne a sant'agata ne a s. piero a sieve. Ma punto verso il giogo. So che il giogo si trova non lontano dal monte senario, tappa più alta il giorno successivo, sarebbe un bel risparmio di quota e di tempo. Tuttavia quello che non so, è che ci sono due "giogo" e non sono affatto vicini, e la mancanza di una bussola e di una cartina, non mi mostrava con l'evidente chiarezza che andare a s piero a sieve era la via più breve perché bisogna per forza scendere dal versante nord per isalire dal versante sud sella valle di sieve. Prendo per la ripida salita per il giogo, e mi ritorvo sul sentiero 00 GEA, il sentiero e abbastanza segnato, di tanto in tanto ci sono ampi tratti con segni molto vecchi e quasi invisibili, eppure poi dopo magari mezzo chilometro riappaiono segni freschi e recenti. Cammino per ore senza incrociare alcun sentiero che va verso valle, e comincio a provare inquietudine, non avevo vermante paura, avevo con me più di un litro d'acqua, scorte di cibo, non sapevo dove fossi, ma sapevo di essere su un sentiero cai (lo 00) ma non capivo dove fosse diretto, inoltre il non incrociare nessuno, e le poche rade volte che mi ritrovavo a a poter vedere dinnanzi a me da qualche crestina, mi si stendeva il nulla sconfinato.
Alla fine giungo a un incrocio, nel bosco, davanti a me il sentiero continuava in quota, ma i segni erano così vecchi e sbiaditi, e il terreno intonso, lasciava intendere che quel sentiero non fosse in uso da molto tempo, l'altro scendeva e aveva segni più freschi. Decido di scendere. Dopo un ulteriore ora arrivo a una carrareccia che beffardamente mi indica la via per sant agata!
Seguo la carrareccia in direzione opposta, e in 5 minuti arrivo al passo del giogo. E' sempre scioccante, passare in meno di 20 minuti da una situazione tesa, in cui nn sai dove sei e dove stai andano, a quella di ritorvarsi in una stazione di passo, con ristornate annesso e gente intenta nella quotidianità, il frigo che ronza, la musica dalla radio, i motociclisti che bevono birra ai tavoli in ombra. Mi guardo intorno stordito.
Chiedo un bicchiere d'acqua frizzante con il limone. il barista, prende un bicchiere.
io: - più grande per favore.
Ne prende un altro.
io: - più grande per favore.
Ne prende un altro.
io: - Ancora più grande per favore.
Prende un bicchiere da una pinta. Lo scolo tutto e ne chiedo un altro. l'euforia di essere tornato alla civiltà, di essere arrivato al giogo, quello sbagliato, di aver percorso per più di 3 ore il sentiero di cresta che mi ha portato molto lontano dalla mia destinazione, dovevo andare a sud e sono andato a est. Decido di prendere il bus per san piero a sieve, se nn avessi fatto sta cazzata ora sarei li da almeno 1 ora.
Prendo il bus e dopo poco più di 1 ora sono a S. piero a sieve. Sono le 15, la giornata è ancora lunga, e decido di attacare l'ultimo tratto, che in teoria mi attendeva domani, riempo le bottiglie alla fontanella, e attacco lascio S. piero. Giungo dopo appena mezzora all'inizio della via crucis per castel trebbio. 45 minuti di carrareccia solo in salita. Arrivo in cima, fontanella. Bevo. Ri bevo, lo spiazzo antistante la piccola chiesa è molto invitante, tuttavia accanto c'è il recinto dei cavalli che non è molto invitante come odore. Riparto. Arrivo verso le 6 a tagliaferro, e ottenuta la fiducia di una famiglia, mi consentono di accamparmi nel loro prato.
E' stata una grande giornata.
Mi cucino una doppia porzione di brodo e tortellini, la famiglia mi invita a cena, ma non me la sento di approfittare oltre modo della loro ospitalità, sono cmq un estraneo, e non ho certo un buon odore. Vicino casa loro c' èa nche una fonte. vado la a sciaquare la gavetta e a lavarmi i denti.
Alle 9:30 vado a dormire. Dormo come un sasso.
Giorno 5
Il mattino la famiglia mi offre un caffè, il tempo di poggiare la tazzina e son già in strada. Sarà una giornata lunga e sopratutto alla fine molto dura per la quantità di asfalto concentrata alla fine. Essendo io giò a tagliaferro, mi aspettava la salita diretta al senario, che avevo scorto all'orizzonte prima di andare a dormire. Tappa intermedia se così si può dire, la badia del buon sollazzo. La salita è costante, ma la giornata è bella, ho dormito bene, son partito presto, mi prendo il lusso di fermarmi 20 minuti a far asciugare il tarp riposto ancora coperto di condensa e di rugiada. Odo poi un suono curioso, come di api inferocite, e scorgo a una decina di metri da me, presso una casa diroccata uno sciame inferocito. Mi allontano di una decina di metri, aspetto che il tarp si asciughi, ma ci vogliono più di 30 metri prima che il suono cominci ad affievolirsi. Raggiungio il senario e il suo santurio, breve visita, ricarica d'acqua e via verso fiesole. Proseguo per vetta le croci, dove scorgo una coppia di intenta a prendere il sole integrale, proseguo per l'alberaccio, e per la massacrante salita a poggio pratone, da li poi tutta discesa e infine gli ultimi 4km di asfalto arrivo a fiesole. Mancano ancora 8km per firenze e comincia a fare sera. arrivo alla terrazza di S. Francesco per una foto di rito alla splendida firenze. La quantità di turisti vocianti, americani, tedeschi, ragazzetti urlanti, con le loro acconciature, le sigarette fumate per darsi un tono, gli schiamazzi, mi disorientano dopo tutti questi giorni fatti di silenzi e di riflessioni. Rapidamente trovo la via per il monte cere che sovrasta fiesole e dali la via per perdere quota e giungere a maiano. Da lì gli ultimi 3 km di asfalto per firenze e la macchina.
Arrivo cotto. I piedi mi fanno male. La macchina è coperta di polvere gialla. Ormai è troppo tardi per cercare un supermercato per prendere un po di schiaccia, e quindi accendo le luci e mi dirigo verso roma.