Si, interessante questo post.
Si parla spesso dell'importanza di avere con se una bussola e una cartina, se è meglio andare col GPS o con la bussola, ma finora questo è il primo argomento che incontro in cui si descrive l'uso di questi strumenti (della bussola in particolare). La bussola è uno strumento che non ha bisogno di essere alimentato, non ingombrante, leggero e sempre a portata di mano. Usarla bene sarebbe un valido aiuto.
Io la bussola la tengo in tasca, ma per ora sono uno di quelli di cui dici "tenerla in tasca per il solo, falso, senso di sicurezza serve ben poco". Diciamo che mi piacerebbe imparare ad usarla bene.
L'uso della bussola così come è stato descritto mi piace perchè non fa uso della cartina lì sul posto, e questo è importante quando si sta in montagna in cui il vento, la nebbia, la mancanza di luce, la pioggia e molti altri fattori potrebbero rendere molto poco agevole e sicuramente non immediata la decisione su cosa fare. D'altra parte è anche vero che forse questa procedura può andar bene quando si va per boschi e si fa un breve tragitto, ma quando si fanno escursioni più lunghe richiederebbe troppo tempo e impegno e immagino che anche essa diventerebbe inapplicabile.
Mi piacerebbe sentire l'esperienza di chi trova, nella bussola, un valido ausilio alla progressione nella sua escursione in montagna, soprattutto dal punto di vista di come la usa.
Intanto un grazie per l'articolo che illustra concretamente la marcia all'azimut.
Il tipo di uso descritto nell'articolo funziona molto bene nei contesti "aperti" con visibilità ampia, pendenze lievi, e sentiero non obbligato (o inesistente), ma naturalmente non è adatto per tutte le occasioni di marcia in montagna.
Ad es. nel bosco in pendenza io trovo che non solo non si hanno punti di riferimento ma quando li prendo (osservando un certo albero che mi sembra un po' diversi dagli altri) poi facilmente me li perdo (perché una gobba, un ramo anomalo ecc. spariscono facilmente quando cambia l'angolazione sotto cui li si osserva).
Quello che ho notato è che, almeno per me, tendo molto facilmente a perdere l'orientamento sui pendii boscosi, cioè l'andamento della pendenza (che spesso è una dolina, ha delle curvature) la necessità di fare zig-zag ecc. mi fanno perdere l'orientamento con estrema facilità.
Quando metto occhio alla bussola, dopo 5 minuti scarsi di salita, ho in mente la mia "direzione" e guardando la bussola vedo che in realtà è a 90°, e talvolta persino di più, di quella in cui è veramente! Se non è la conformazione stessa del terreno a guidarmi (una selletta, un canalone) allora perdo l'orientamento in pochi minuti.
Penso che questo avvenga perché nella mente tendo a "rettificare" i percorsi, ad es. se un pendio è fatto a gradinata di anfiteatro nel percorrerlo cambi lentamente direzione ma nella mente hai la sensazione di stare su un pendio "dritto" e di seguire un certo azimut.
La tecnica degli appunti e dei punti noti
nel bosco uniforme non si applica molto anche perché quello che da sotto in approccio è visibile (un masso, un albero caduto, un salto di roccia) da sopra al ritorno può non esserlo.
Non ho suggerimenti da offrire per ovviare a questo inconveniente salvo guardare la bussola più spesso, appendendola al collo oppure dotarsi di una piccola bussola a bottone, di precisione decente, da tenere al cinturino dell'orologio. Guardando la bussola ogni 30 secondi si dovrebbe mantenere bene l'idea della direzione di marcia senza farsi fuorviare dal pendio, e procedere così senza "punti noti" tenendo a mente solo la direzione di marcia. Tutto questo in teoria perché in pratica, poi, soprattutto fuori sentiero, è l'orografia stessa del terreno che "spinge" con forza in una certa direzione! (tendo ad andare a mezza costa o per la massima pendenza, è difficile tenere a mente con chiarezza gli azimut intermedi).
In generale io uso la bussola in questo modo: idealmente divido su carta il sentiero in segmenti rettilinei, ognuno dei quali ha un certo azimut di marcia, e sapendo qual'è la direzione "di massima" da tenere su un certo segmento, verifico a bussola, a spanne, che la direzione sia giusta. L'orientamento del "segmento" normalmente è determinato dall'orografia del luogo (cresta, canalone, fosso) e verifico che la marcia sia coerente con l'essere in cresta, nel canalone, di fianco al fosso.
Se seguo un sentiero, non deve "contraddire" la bussola (segno che ho sbagliato a un bivio, mi sono perso un bivio).
Se sono in un bosco senza traccia chiara, faccio come sopra e correggo i miei frequenti errori di orientamento senza cercare punti noti.
Per fare un esempio concreto, nel sentiero che dalla località Tirinsanola porta al Monte Lupone, si ha un primo tratto di sterrata che procede, come sempre fanno le sterrate, con andamento ondivago, e in cui la bussola è sostanzialmente inutile o fuorviante.
Poi si arriva (seguendo una delle opzioni) su un lungo tratto di piccoli rilievi poco accennati, e qui la tecnica descritta nel testo originale funziona alla grande per svariati chilometri.
Ci si trova poi davanti un rilievo fittamente boscato in cui ogni volta che ci vado perdo l'orientamento in modo che sorprende persino me, e ne emergo solo di bussola (ci si può far guidare dalla cresta, ma una volta ho addirittura sbagliato di 180° e mi sono affacciato, dall'alto, al sentiero dal quale provenivo, guardando la bussola ho visto che avevo perso l'orientamento di 180° durante la salita! Ma io con l'orientamento sono un caso disperato

); qui, come detto, la tecnica descritta, per punti noti, sarebbe difficilmente applicabile.
Poi si arriva ad un tratto di cresta irregolare, che dura chilometri, qui la bussola serve comunque perché in alcuni tratti boscosi è possibile scendere per la dolina sbagliata e allontanarsi dalla cresta (che è molto a saliscendi ed è a tratti boscosa, non è la bella cresta aperta ed intuitiva). La tecnica descritta più che come orientamento servirebbe come "conferma" per ritrovare i punti noti fatti all'andata ed essere quindi sicuri circa il percorso (cioè evitare di prendere percorsi paralleli, che poi possono condurre ad errori di orientamento, io preferisco ritrovare, al ritorno, i riferimenti dell'andata).
Tutto questo come esperienza personale e parere personale.
Siccome il GPS ce l'ho io in effetti applico esattamente la tecnica descritta nel testo ma nei punti noti anziché prendere appunti su un blocchetto metto nel GPS un punto noto (bivi, fontanili, alberi caduti sul sentiero, muri, ecc.). In caso di nebbia o notte, da ogni punto noto mi faccio dire, dal GPS, l'azimut e la distanza del punto noto successivo. La differenza rispetto alla tecnica descritta nel testo è che non ho bisogno di contatto ottico tra i punti, mi basta avere un percorso "logico" nella mente e nel GPS.