- Parchi del Lazio
-
- Monte Terminillo
Dati
Data: autunno
Regione e provincia: Lazio - Rieti
Località di partenza: Antrodoco
Tempo di percorrenza: 5 ore a/r
Chilometri: 5445 andata
Grado di difficoltà: EE
Periodo consigliato: tutto l'anno
Segnaletica: bolli rossi e bianchi
Dislivello in salita: 1103 metri
Quota massima: 1820 metri
Accesso stradale: Santuario Santa Maria delle Grotte
Descrizione
Il monte Giano con i suoi 1820 metri di altezza sovrasta il paese di Antrodoco.
Le sue pendici boscose esposte a ovest sono ammantate da un fitto bosco di roverelle, querce, aceri, lecci e sempre grazie all’esposizione, molte essenze tipiche del clima mediterraneo.
Giunti ad Antrodoco, si seguono le indicazioni per l’Aquila e il Santuario della Madonna delle Grotte parzialmente scavato nella roccia. Attenzione perché il santuario è subito dopo il bivio per l’Aquila. Si entra in un ampio parcheggio asfaltato da dove parte una ripida carrareccia con segnavia 10 che ben presto si restringe fino a diventare una stretta mulattiera.
Il sentiero si svolge nel bosco fino alla quota di 1350 metri dove si supera uno stazzo e si entra in un’ampia radura.
Qui la vegetazione cambia e le querce lasciano il posto ai faggi, ma per poco. Su questo versante infatti il bosco si interrompe subito lasciando il posto ad un’arida prateria punteggiata da pochi esemplari di aceri e faggi.
Procedendo, sempre sull’ampia radura si raggiunge un secondo stazzo di recente restaurato e di proprietà di un privato, un simpatico signore che ci ha invitati a usare tutte le comodità presenti in quella che è diventata una piccola e accogliente baita. Tavolo, panche, un letto e tante pentole con un barbecue per intrattenersi in un eventuale pic nic. La gita basterebbe già fin qui.
Da qui si gode di uno splendido panorama della piana di Antrodoco. Ci troviamo a 1320 metri di quota. Nei pressi c’è una deliziosa chiesetta intitolata agli alpini.
Qualche metro più a monte della baita, inizia la grande fascia rettangolare creata con un rimboschimento di pino nero. Sopra la grande fascia campeggia la singolare scritta DVX anch’essa costituita da un rimboschimento di conifere.
Nell'immagine sottostante si vede il monte Giano ripreso dal dirimpettaio monte Nuria. Quei due puntini bianchi sotto la fascia rettangolare, un po' a sinistra sono la baita e la chiesetta degli alpini.
Come erroneamente qualcuno pensa, quella scritta non fu effettuata tagliando un bosco ma al contrario, impiantando dei pini e ricoprendo così una brulla costa calcarea dove non cresceva assolutamente nulla. Il rimboschimento fu eseguito nel 1939 dagli allievi della guardia forestale di Antrodoco utilizzando una specie estranea alla flora locale, appunto il pino nero. Recentemente l’opera è stata restaurata tagliando i numerosi pini che per disseminazione naturale erano nati negli spazi tra le lettere e piantandone di nuove dove serviva.
Dalle informazioni che ho preso risulta che quella zona del Giano è da sempre stata caratterizzata da brulle praterie e terreni glabri, quindi nessun taglio di boschi fu effettuato.
Sul bordo destro dell'immagine sottostante si vede appena l'inizio della lettera D
A sinistra una moltitudine di piccoli pini nati dalla disseminazione naturale
All'interno delle tre lettere sembra di stare davvero in una grande pineta.
Superato il rimboschimento e aggirata la dorsale verso est, il paesaggio cambia di colpo grazie alla diversa esposizione. Attraversiamo una fitta faggeta lungo un piacevole sentiero con poca pendenza, che all'inizio lascia intravedere eccezionali panorami sul vicino Terminillo.
Data: autunno
Regione e provincia: Lazio - Rieti
Località di partenza: Antrodoco
Tempo di percorrenza: 5 ore a/r
Chilometri: 5445 andata
Grado di difficoltà: EE
Periodo consigliato: tutto l'anno
Segnaletica: bolli rossi e bianchi
Dislivello in salita: 1103 metri
Quota massima: 1820 metri
Accesso stradale: Santuario Santa Maria delle Grotte
Descrizione
Il monte Giano con i suoi 1820 metri di altezza sovrasta il paese di Antrodoco.
Le sue pendici boscose esposte a ovest sono ammantate da un fitto bosco di roverelle, querce, aceri, lecci e sempre grazie all’esposizione, molte essenze tipiche del clima mediterraneo.
Giunti ad Antrodoco, si seguono le indicazioni per l’Aquila e il Santuario della Madonna delle Grotte parzialmente scavato nella roccia. Attenzione perché il santuario è subito dopo il bivio per l’Aquila. Si entra in un ampio parcheggio asfaltato da dove parte una ripida carrareccia con segnavia 10 che ben presto si restringe fino a diventare una stretta mulattiera.
Il sentiero si svolge nel bosco fino alla quota di 1350 metri dove si supera uno stazzo e si entra in un’ampia radura.
Qui la vegetazione cambia e le querce lasciano il posto ai faggi, ma per poco. Su questo versante infatti il bosco si interrompe subito lasciando il posto ad un’arida prateria punteggiata da pochi esemplari di aceri e faggi.
Procedendo, sempre sull’ampia radura si raggiunge un secondo stazzo di recente restaurato e di proprietà di un privato, un simpatico signore che ci ha invitati a usare tutte le comodità presenti in quella che è diventata una piccola e accogliente baita. Tavolo, panche, un letto e tante pentole con un barbecue per intrattenersi in un eventuale pic nic. La gita basterebbe già fin qui.
Da qui si gode di uno splendido panorama della piana di Antrodoco. Ci troviamo a 1320 metri di quota. Nei pressi c’è una deliziosa chiesetta intitolata agli alpini.
Qualche metro più a monte della baita, inizia la grande fascia rettangolare creata con un rimboschimento di pino nero. Sopra la grande fascia campeggia la singolare scritta DVX anch’essa costituita da un rimboschimento di conifere.
Nell'immagine sottostante si vede il monte Giano ripreso dal dirimpettaio monte Nuria. Quei due puntini bianchi sotto la fascia rettangolare, un po' a sinistra sono la baita e la chiesetta degli alpini.
Come erroneamente qualcuno pensa, quella scritta non fu effettuata tagliando un bosco ma al contrario, impiantando dei pini e ricoprendo così una brulla costa calcarea dove non cresceva assolutamente nulla. Il rimboschimento fu eseguito nel 1939 dagli allievi della guardia forestale di Antrodoco utilizzando una specie estranea alla flora locale, appunto il pino nero. Recentemente l’opera è stata restaurata tagliando i numerosi pini che per disseminazione naturale erano nati negli spazi tra le lettere e piantandone di nuove dove serviva.
Dalle informazioni che ho preso risulta che quella zona del Giano è da sempre stata caratterizzata da brulle praterie e terreni glabri, quindi nessun taglio di boschi fu effettuato.
Sul bordo destro dell'immagine sottostante si vede appena l'inizio della lettera D
A sinistra una moltitudine di piccoli pini nati dalla disseminazione naturale
All'interno delle tre lettere sembra di stare davvero in una grande pineta.
Superato il rimboschimento e aggirata la dorsale verso est, il paesaggio cambia di colpo grazie alla diversa esposizione. Attraversiamo una fitta faggeta lungo un piacevole sentiero con poca pendenza, che all'inizio lascia intravedere eccezionali panorami sul vicino Terminillo.
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