Ma no, il mio discorso è assolutamente aderente al topic, che origina dal caso di fuochi da bivacco trasformatisi in occasione di serio incendio.
Il senso di quel che ho scritto mi sembrava chiaro e muove da premesse assolutamente oggettive da cui derivavano conseguenze, a mio vedere altrettanto oggettive:
Premesse oggettive:
- a livello di scelte di impostazione della gita, da un punto di vista funzionale e nel contesto Italiano, accendere un fuoco libero non è assolutamente necessario, mai, perchè ci sono strumenti più rapidi, efficaci ed efficienti per raggiungere lo scopo di cucinare.
- Il 99% degli incendi è dovuto ad azione umana, colposa o dolosa, ma pur sempre ad azione umana. Accendere un fuoco libero significa quindi introdurre in natura un oggettivo elemento di rischio (soprattutto in contesti siccitosi) per tutti i motivi detti: scintille, deriva da vento, incendi sotterranei e manovre incaute o errate in generale.
Conseguenze:
1) quindi accendere un fuoco risponde ad una precisa scelta, che a sua volta dipende principalmente dal piacere di vedere la fiamma;
2) ciascuno ha gusti diversi su gratificanti dimensioni del fuoco: c'è chi si accontenta della fiammella della piccola fiammiferaia e chi invece ha istinti Neroniani ed i gusti dei secondi non sono meno legittimi dei primi

per sdrammatizzare, pensa un po' che è così per noi con le tette delle ragazze ed è così anche per le donne con altro

3) mi paiono sensati i divieti esistenti circa i fuochi liberi, soprattutto in situazioni siccitose.
Dov'è scusa che non fila il discorso?