Emergenza e sopravvivenza in mare

Dopo aver assistito e partecipato in prima persona a dei salvamenti nel mare di Sabaudia (LT) mi è venuto il desiderio di approfondire questo tema della sopravvivenza e del salvataggio in mare. Racconti, esperienze, links e quant'altro welcome!!!
 
Ripesco questa discussione perchè l'argomento mi interessa e volevo discutere con voi le mie conoscenze (speriamo corrette, non sono un esperto)
L'aspetto che mi spaventa di più è la sopravvivenza in mare cercando anche dei confronti con quella in montagna. Spero che vogliate aiutarmi in questo mio discorsetto con le vostre considerazioni.
Come ci insegnano a scuola per fare un buon tema bisogna fare una scaletta (che non è detto che rispetterò alla lettera :poke: sono sempre stato discolo a squola :D :D :D ):

  • Introduzione
  • Cosa succede quando si cade in acqua
  • Dotazioni a disposizione nella norma
  • Naufrago senza dotazioni
  • Naufrago con aiuti al galleggiamento
  • Abbandono Nave parte 1 – l'entrata in acqua
  • Abbandono Nave parte 2 - la permanenza in mare con giubbotto
  • Abbandono Nave parte 3a - la permanenza in mare su zattera di salvataggio
  • Abbandono Nave parte 3b - la permanenza in mare su zattera di salvataggio
  • Abbandono Nave parte 3c - la permanenza in mare su zattera di salvataggio
  • Recupero di un naufrago in navigazione
  • Recupero di un naufrago dalla riva
  • Conclusioni
  • Tabelle allegate
 
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introduzione

Quando siamo in crociera o in giro sulla barchetta degli amici a pescare il nostro ultimo pensiero è quello di cadere in mare e poi “tanto sappiamo nuotare, due bracciate e si arriva a riva”.
L'urlo “UOMO A MARE” è tra le chiamate che un marinaio non vorrebbe mai sentire.
Al fine della prevenzione quando il tempo non è favorevole in relazione al tipo di navigazione ed alla tipologia di imbarcazione dovrebbe essere vietato il transito di personale sui ponti scoperti. Chi ci deve andare per effettuare dei lavori dovrebbe andare in coppia e dotati di giubotto di salvataggio.
Chi soffre il mare non dovrebbe mai affacciarsi fuori le draglie per “raccare” (termine marinaro per definire qualcosa di poco piacevole), la probabilità di cadere in mare aumenta esponenzialmente. Un trucco potrebbe essere quello di usare dei piccoli sacchetti di plastica da sigillare subito dopo (come sugli aerei).
Se si rispettano queste indicazioni, ugualmente non possiamo abbassare la guardia. Anche con il mare “olio”, vuoi per un malore o per un gioco tra amici o altro, qualcuno può cadere fuori bordo.
Cadere in mare di notte o con nebbia può divenire una faccenda estremamente seria.
 
cosa succede quando si cade in acqua

I motivi per diventare naufraghi possono essere tantissimi: malore, spintone per scherzo di un amico, draglia alla quale si era appoggiati che si è rotta... si può essere coscienti o svenuti.​
In ogni caso la caduta non è prevista e il malcapitato naufrago non è preparato all'impatto con l'acqua.​
L'entrata improvvisa in acqua causa una brusca variazione di temperatura (tra quella dell'aria e quella più fredda del mare). Questo shock termico può far perdere conoscenza al naufrago, con possibilità di annegamento.​
Se la caduta avviene da un'altezza superiore ai 5 metri circa (tre volte l'altezza della persona) l'impatto con l'acqua ed il modo in cui avviene può causare dei traumi alle ossa o perfino ai polmoni. Durante la caduta, pericolosi possono essere gli urti contro le paratie (i fianchi della Nave). Una volta in acqua il naufrago rischia di essere travolto dallo scafo della Nave o, molto peggio, essere letteralmente risucchiato dalle eliche e letteralmente triturato.​
Se il naufrago sopravvive a tutto questo (ed è probabile che ciò avvenga non fatevi spaventare dai pericoli) è importante attirare l'attenzione delle persone rimaste a bordo. Bisogna urlare aiuto e, se dotati, utilizzare un fischietto. Se la Nave si allontana senza averci visto smettere di urlare e riaparmiare le energie. Saranno molto utili in seguito.​
Il naufrago può essere raccolto da una corrente superficiale e, anche se all'inizio è molto vicino alla costa, può essere trascinato in poco tempo in alto mare.​
Importante sempre sottostimare le nostre valutazioni delle distanze. In mare la distanza stimata è sempre inferiore a quella reale e solo l'esperienza in mare permette una più corretta valutazione.​
Chi rimane a bordo e vede una persona cadere in acqua deve immediatamente lanciare l'allarme urlando “uomo a mare sul lato......” e il lato di caduta. Si urla fino a quando l'allarme viene recepito dall'equipaggio della Nave. Sarebbe auspicabile non perdere di vista il naufrago per segnalarlo all'equipaggio.​
Importante lanciare tempestivamente l'allarme onde permettere al Comando della Nave di eseguire una manovra per non travolgere con le eliche il naufrago.
Su tutte le Navi e sulle imbarcazioni da diporto per legge devono esserci dei salvagenti attaccati ad una sagola... lanciateli in acqua ed accertatevi che questa non sia legata alla Nave (deve finire in mare cosicchè il naufrago possa afferrarla). Se il salvagente anulare è dotato di boetta fumogena e luminosa siamo a cavallo. Considerate che in mare bastano delle piccole onde per perdere di vista il naufrago.​

 
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Questa discussione mi fa venire in mente il libro di Alain Bombard, "Naufrago Volontario".

Un libro che narra le vicende di un medico con grande carattere e tanta forza di volontà che nel 1952 ha sperientato il naufragio su un piccolo gommone, dimostrando che si può sopravvivere in alto mare.
 
IO pure ti consiglio un ottimo libro, un po' datato (almeno la versione che ho trovato io, magari adesso ce n'è un'altra più aggiornata): pronto soccorso in mare di Edoardo Austoni, è un medico che da sempre andava in barca in giro per il mondo e faceva pesca subacquea, è fatto molto bene, proprio perchè di mare se ne intende per davvero. Ci sono pure delle tecniche non proprio "ortodosse", tipo la pulizia barotraumatica dei seni frontali tramite immersione con le bombole; tratta veramente tutto quello che ti puo' accadere in mare.
Poi una cosa che avevo letto una volta in un libro di survival inglese alla quale non ho mai trovato riscontro (come tante cose degli inglesi, del resto...) e cioè che nonostante tutti i pareri contrari, in caso di mancanza d'acqua dolce, si puo' bere acqua di mare, a patto di non essere già disidratati. Diceva pure che continuando a farlo si muore per disidratazione, ma per un breve periodo, e quando si è ancora idratati, no.
Amici medici mi hanno tutti confermato il contrario, pero' in quel libro c'era scritto.
 
Anche nell'esperienza di Bombard (Francese...) c'è scritto di bere acqua di mare a piccole dosi mentre l'acqua dolce la ricavava "spremendo" i pesci che riusciva a pescare.
 
bere acqua di mare = nefrite una delle prime cose che ti insegnano quando fai il corso di sopravvivenza in mare (imo stcw 95)
Infatti, pero' , come riporta pure Avrun, c'è chi lo consiglia.
Vedi link CULTURA MARINARA: Alain Bombard
Chiaramente in un corso non si possono prendere la responsabilità di insegnarti qualcosa di rischioso, neppure se in caso di emergenza potrebbe salvarti la vita.
Basta pensare che i volontari dell'ambulanza, a meno che non ci sia un medico con loro, cosa abbastanza rara, non possono neppure farti una puntura, o una tracheotomia neppure se la sanno fare, e il soggetto sta soffocando.
Nel senso che pagano per qualsiasi conseguenza negativa, quindi si astengono.
Per questo dico che se esiste una nuova edizione del "pronto soccorso in mare" che citavo, sicuramente avranno eliminato manovre come la pulizia barotraumatica (pericolosissima se non fatta bene...) E per lo stesso motivo vieteranno di bere acqua di mare in qualsiasi forma, anche se qualcuno l'ha fatto e gli ha salvato la vita...
 
Chi rimane a bordo e vede una persona cadere in acqua deve immediatamente lanciare l'allarme urlando “uomo a mare sul lato......”

Questo se chi rimane a bordo sa quello che deve fare.
Non credo siano molti i Capitani che si preoccupano di informare gli imbarcati di queste minime iniziative di sicurezza.
Spesso si esce per fare "una passeggiata" e non c'è modo, non c'è tempo, non c'è interesse, non è il momento ... infatti anche tu sottolinei che:

Quando siamo in crociera o in giro sulla barchetta degli amici a pescare il nostro ultimo pensiero è quello di cadere in mare e poi “tanto sappiamo nuotare, due bracciate e si arriva a riva”.

E' strano come si tenda a sottovalutare i rischi in mare rispetto ai rischi in montagna... eppure l'uomo è un animale terrestre non acquatico... o_O
 
M

millamilla

Guest
E' strano come si tenda a sottovalutare i rischi in mare rispetto ai rischi in montagna... eppure l'uomo è un animale terrestre non acquatico...

Infatti ho sempre pensato che i rischi in mare siano maggiori. La montagna mi rende molto tranquilla e tendo a non vedere, anche se esistono, i possibili rischi, il mare mi ha fatto "qualche scherzo" in passato quindi so che può anche ingannare...
 
ti sei dimenticato di aggiungere, in caso di uomo in mare, di buttare in acqua quante più cose galleggianti si può.

Vero aggiungo subito
E poi la moglie se si deve lanciare meglio appesantirla... così non si rischia l'infarto a vedercela ripescare da qualche buontempone

:rofl: :rofl: :rofl:

Appunto per colpa della moglie divido questa chiaccherata in più sezioni :(
 
IO pure ti consiglio un ottimo libro, un po' datato (almeno la versione che ho trovato io, magari adesso ce n'è un'altra più aggiornata): pronto soccorso in mare di Edoardo Austoni, è un medico che da sempre andava in barca in giro per il mondo e faceva pesca subacquea, è fatto molto bene, proprio perchè di mare se ne intende per davvero. Ci sono pure delle tecniche non proprio "ortodosse", tipo la pulizia barotraumatica dei seni frontali tramite immersione con le bombole; tratta veramente tutto quello che ti puo' accadere in mare.
Poi una cosa che avevo letto una volta in un libro di survival inglese alla quale non ho mai trovato riscontro (come tante cose degli inglesi, del resto...) e cioè che nonostante tutti i pareri contrari, in caso di mancanza d'acqua dolce, si puo' bere acqua di mare, a patto di non essere già disidratati. Diceva pure che continuando a farlo si muore per disidratazione, ma per un breve periodo, e quando si è ancora idratati, no.
Amici medici mi hanno tutti confermato il contrario, pero' in quel libro c'era scritto.

Un barotrauma è sempre un danno che lo sbalzo di pressione provoca ad una cavità del corpo. Forse il libro si riferiva alla compensazione forzata dei seni frontali, molte volte preludio al barotrauma frontale.
Il fatto di bere acqua di mare è come una roulette russa (però con tutti i proiettili nel tamburo :D :D :rofl:)
 
dotazioni a disposizione nella norma

come è stato suggerito giustamente “l'uomo è un animale terrestre, non acquatico” quindi senza aiuti in mare non riesce a sopravvivere a lungo. Iniziamo a vedere questi aiutini (tra l'altro previsti anche dal codice della navigazione)​

  • Salvagenti anulari: i migliori sono quelli dotati di sagola (in marineria esiste solo una corda ma vi svelerò il mistero alla fine della chiacchierata, hihihihihihihi :cool: ) e boetta fumogena e luce lampeggiante. Queste ultime si attivano una volta che vengono capovolte durante il lancio del salvagente a mare (quindi se le vedete non ci giocate potrebbero scoppiarvi in faccia). Logicamente tutto deve finire in mare, non legato all'imbarcazione. Il naufrago è più probabile che riesca ad afferrare la cima che il salvagente.​
  • Aiuti al galleggiamento: sono dei giubbotti indossabili, ben conosciuti da chi esercita il kayak, non garantiscono che il naufrago rimanga con la testa fuori dall'acqua. In parole povere il naufrago deve essere cosciente e deve nuotare. Permettono grande libertà di movimento.​
  • Giubbotto di salvataggio: sono dei giubbotti che si indossano quando le condizioni meteo-marine sono avverse o in caso di abbandono nave, dotate di collare per tenere la testa fuori dall'acqua. Impacciano i movimenti ma garantiscono che il naufrago incosciente mantenga la testa fuori dall'acqua. Si suddividono in base alla spinta di galleggiamento, al fatto di essere gonfiabili o dotati di imbottitura rigida galleggiante. Una precisazione è d'obbligo. Raramente qualche esperto lo dice ma tutti i giubbotti galleggiano per un determinato periodo di tempo e poi l'acqua piano piano invade le celle d'aria dell'imbottitura galleggiante (una specie di polistirolo la tecnologia sta sempre migliorando in questo campo) o l'aria esce dalla vescica di galleggiamento. Come ho già detto la tecnologia sta migliorando sempre di più in questo campo ed oggi un giubbotto (non scaduto di collaudo è importante) grazie anche ad alcune accortezze da parte nostra, ci terrà sicuramente a galla fino al nostro recupero o fino a quando incontreremo un amichevole squalo o dei simpatici barracuda (si, sono arrivati anche nelle nostre acque). Questi giubbotti sono dotati di alcuni accessori quali fischietto (in mare la voce umana si perde prima che tra le montagne), bande fotorifrangenti, maniglia di sollevamento, cima con eventuale moschettone, bomboletta d'aria compressa per il gonfiaggio della vescica attivabile in 2-5 secondi attraverso lo scioglimento in acqua di una pasticca di sale o manualmente tirando una cordicella (se gonfiabili), cannuccia per il gonfiaggio a bocca (ricordate ciò che abbiamo detto prima?), eventuale seconda bomboletta d'aria compressa attivabile solo manualmente, eventuale cinghia a cosciale, eventuale cyalume, eventuali bustine di acqua potabile (poca, veramente poca), eventuale luce stroboscopica attivata dall'acqua di mare, eventuale polvere antisqualo (ma qui siamo a livelli di ultraprofessionisti e per usi particolari). Insomma facciamo sempre il controllo di ciò che abbiamo addosso.​
  • Zattere/scialuppe di salvataggio: sono utilizzate per l'abbandono Nave e vengono messe in acqua dall'equipaggio addestrato della Nave. Permettono una lunga permanenza a bordo. L'unica differenza tra le due è che le zattere sono autogonfiabili e non hanno propulsione, mentre le scialuppe sono delle barchette a scafo rigido che garantiscono direzionabilità (timone) e propulsione (anche se limitata, quindi va gestita). Vediamo la dotazione delle zattere, quelle presenti anche a bordo dell'imbarcazione dell'amico, abilitata senza limiti dalla costa: bombola d'aria compressa per il gonfiaggio (si attiva in automatico durante la caduta in mare o per scioglimento della famosa pasticca di sale o al limite manualmente tirando un cordino); tubicino per il gonfiaggio a bocca (il termine corretto è “orale” ma volevo evitare battutine hihihihihi me le faccio da solo hihihihihihihi); razzi di segnalazione; kit sanitario; kit riparazione gommone; kit pesca; ancora galleggiante; ripetitore radar (deve essere montato); eventuale ripetitore epirb (almeno su quelle più costose e recenti); coltello; sassola (o altro presidio di sgottamento); pagaie; distillatore solare; torcia elettrica; eliografo; fischietto; apriscatole; coperte isotermiche; istruzioni di sopravvivenza in mare e uso dei presidi; razioni di viveri (circa 500gr a testa); razioni di acqua potabile (circa 1,5 lt a testa). Per le razioni ho trovato in giro notizie discordanti, comunque queste quantità sono quelle che troverete più probabilmente.​
Ho finito la chiaccherata più noiosa.
:zzz:
 
Forse il libro si riferiva alla compensazione forzata dei seni frontali, molte volte preludio al barotrauma frontale.
Non ho qui con me il libro al momento, ma ricordo bene:
Se si ha del muco nei seni frontali (tipo sinusite) diceva che il problema si puo' risolvere immergendosi a 10 mt con le bombole, togliersi la maschera e risalire velocemente buttando fuori l'aria dal naso. Dato che a 10 mt l'aria all'interno delle cavità si comprime, praticamente nelle risalita, riespandendosi rapidamente, "spara fuori" tutto quello che puo'....... Pratica secondo me pericolosissima se non si è esperti.
 
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